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Autore: staygood    17/04/2013    4 recensioni
Anastasia è una ragazza che vive da sola, le uniche persone che conosce sono la sua migliore amica Jen ed il suo allenatore George. La sua vita verrà sconvolta dall'arrivo di un ragazzo di nome Harry il quale si presenyta per una lezione di atletica e perde la testa per la ragazza. vita molto diverso rispetto a quello della ragazza, lui cerca di cambiare affinchè la loro relazione possa essere stabile.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Bondage
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Chapter 2






Non appena arrivammo davanti alla grande struttura entrammo dai cancelli senza nemmeno rivolgerci una parola o uno sguardo. Mi avviai verso il centro del campo ormai isolato dato l'orario. Raccolsi  la bottiglietta d'acqua che avevo di­strattamente buttato a terra per poi dirigermi verso gli spogliatoi.
Presi velocemente la borsa e le chiavi da sopra la panca per poi uscire. Anche se leggermente spaventata aspettai Harry che uscisse per dargli gli orari delle prossime lezioni ma invano, probabilmente se ne era già andato.
Entrai a casa, sbattendo violentemente la porta di legno dietro di me e mi in­camminai goffamente verso il bagno per farmi una doccia.
Il giorno seguente mi svegliai con un terribile mal di testa, causato probabil­mente dal fatto che la sera prima ero andata a dormire senza aver toccato cibo. Cercai di rimediare alzandomi faticosamente dal letto e mi diressi verso il fri­go, lo aprii e notai che c'era solo un succo di frutta e delle uova. Presi le uova e dell'uva passa da aggiungere alla frittata,ma quando ebbi tutto quel cibo davanti agli occhi mi resi conto che non avevo voglia di cucinare,così decisi di andare in un bar a prendere un cappuccino ed una brioches.
Entrai nel bar facendo suonare dietro di me una squillante campanella di ferro per poi sedermi su di uno sgabello davanti al bancone.
< Cosa gradisce? > disse il barista da dietro il bancone.
< Un cappuccino e una brioches. > dissi mostrando un timido sorriso. Il barista annuì per poi scomparire dietro le rumorose macchine di ferro.
Mentre aspettavo tirai fuori il telefono guardando che ore erano, il cellulare segnava le 10.00 dopo feci per riporlo all'interno della borsa.
Un ragazzo moro accanto a me mi dava le spalle cercando di coprire il suono del­la sua voce che pian piano diventava sempre più irritata mentre parlava a tele­fono.
< Non me ne frega un cazzo se ti piace quella ragazza, devi portarmi quei fottuti soldi entro domani mattina. > sbottò alla fine attaccando il telefono e infilandoselo nella tasca posteriore dei Jeans. Si girò verso il bancone come se nulla fosse, in seguito mi squadrò con fare inquisitorio con i suoi occhi blu, oscurati dalla luce fioca del bar. Mi rivolse un sorriso debole per poi andarsene totalmente disinvolto.
Dopo qualche minuto il barista arrivò porgendomi la brioches e il cappuccino che avevo ordinato. Delle immagini del pomeriggio precedente cominciarono a scorrere nella mia testa: le sue mani, i suoi capelli, i suoi muscoli e... i suoi occhi. Presi un morso della brioches, ma a fatica riuscivo a mandarlo giù, un blocco mi si era formato nello stomaco e un vortice di emozioni si stava aprendo all'in­terno di esso. Scacciai immediatamente quei pensieri e decisi di tornare a casa a piedi, così che avrei avuto l'opportunità di rimettere a posto le idee all'a­ria aperta.
Mi avviai nel vialetto dietro al bar, presi la scorciatoia così sarei potuta ar­rivare prima e sarei passata anche dalla mia migliore amica,Jen.
Suonai il campanello della casa di Jen due o tre volte, per poi vedere il suo viso apparire dalla finestra facendo cadere davanti ai suoi occhi qualche ciocca ribelle. Mi fece cenno di salire cosa che io feci di conseguenza.
Jen mi aprì la porta di casa facendomi entrare nella sua piccola dimora. Viveva in una casa ad un piano composta da un salone abbastanza spazioso, una piccola cucina affiancata alla camera da letto e un piccolo bagno.
Mi accomodai su uno dei suoi divani rustici, sprofondando la testa tra i cusci­ni, ne presi uno tra le mani e me lo portai al viso così da poterlo coprire.
< Ciao Ana. Mi sei mancata. > disse sedendosi vicino a me e poggiandomi un braccio su una spalla.
Spostai il cuscino dal mio viso e abbracciai senza preavviso Jen, la quale ini­zialmente esitó a ricambiare l'abbraccio per poi aumentare la stretta.
< Cosa c'è? > disse in tono rassicurante.
< Ho paura. > dissi mentre le lacrime minacciavano di scorrere sul mio viso.
< Di cosa? > chiese aggrottando le sopracciglia.
< Il punto è questo, è che non so cosa sia. >
Passammo tutto il pomeriggio ad analizzare la situazione senza trarne alcuna so­luzione. Lei era felice, sembrava che si fosse innamorata di un nuovo ragazzo che da poco si era trasferito nel suo palazzo. Mi incuriosì, così la supplicai di farmi vedere chi fosse il ragazzo che era riuscito finalmente a farle battere il cuore. Inizialmente non era favorevole alla mia proposta, ma dopo numerevoli suppliche si arrese e mi accompagnò al piano superiore .
< Cosa gli dico? Non so nemmeno come si chiama. > disse agitata.
< Gli diremo che siamo del piano di sotto e che ci è giunta voce che sarebbero arrivati dei nuovi coinquilini e abbiamo deciso di fare conoscenza con loro. > dissi sfoggiando un sorriso compiaciuto dell'ottima idea appena proposta. Lei fece un verso gutturale per poi annuire e girarsi verso la porta. Bussò freneti­camente per tre volte per poi aspettare che il padrone aprisse la porta.
Quei occhi, li avrei riconosciuti ovunque, quel blu acceso mi era rimasto im­presso come un ricordo d'infanzia nitido. Dischiusi la bocca leggermente ester­refatta e allo stesso tempo impaurita.
< Chi sono queste belle principesse? > disse con tono seducente.
Jen cominciò a parlare fermandosi di tanto in tanto a causa della sua evidente agitazione. Lui fece gesto di accomodarci, quando mi avvicinai di più alla luce, mi resi conto che mi aveva riconosciuto dati i suoi occhi spalancati e la sua bocca dischiusa.
< Prego, accomodatevi. > ci offrì garbatamente.
La casa era completamente moderna rispetto a quella di Jen. Le pareti bianche erano decorate da quadri astratti e qualche foto in bianco e nero. La casa era prevalente bianca a eccezione del bagno, il quale sembrava volesse far contrasto con il resto della casa.
Cominciai a sentirmi in soggezione, il suo sguardo blu non smetteva mai di con­trollarmi, decisi di andarmene dando la possibilità a Jen di avere un po' di in­timità con Louis, così si chiamava.
Quei occhi verdi continuavano a invadere i miei pensieri e non riuscivo a scac­ciarli. Camminavo distrattamente finché non andai a sbattere contro una persona la quale stava correndo freneticamente. Alzai lo sguardo e per un momento pensa­vo che le mie gambe non avrevbbero retto ma con mia sorpresa riuscii a rimanere in equilibrio.
Il mio respiro si bloccò di colpo mentre quei due occhi smeraldo mi squadravano severamente, aveva una maglia scollava la quale lasciava intravedere i suoi pet­torali bagnati a causa del sudore, portava dei pantaloni grigi i quali gli cade­vano perfettamente sui suoi fianchi. Cercai inutilmente di riacquistare un re­spiro regolare.
< Cavolo Ana, respira > disse con tono autoritario.
Al quanto sorpresa riuscii a regolarizzare il mio respiro, di conseguenza lui accennó un sorriso facendomi arrossire violentemente.
Prese la mia mano e sentii il suo tocco dolce e delicato sfiorarmi il palmo, non ebbi la forza di ritirare la mia mano, ma a dire la verità non ne avevo nemmeno l'intenzione, quelle morbide dita affusolate erano così confortanti.
< Volevo chiederti scusa > disse leggermente a disagio.
< Per cosa in particolare? > ' per il fatto che mi fai quasi morire ogni volta che mi guardi o per il fatto che mi fai leggermente paura? '
< Per ieri, non volevo spaventarti, non volevo, veramente. > disse lasciando le mie mani e dirigendo lo sguardo verso il basso.
< Lo so che non era tua intenzione. >
< Davvero? > chiese stranamente sorpreso.
< Si, il punto è che non mi sono mai ritrovata da sola con un ragazzo > cavolo i miei pensieri sono andati oltre la scatola cranica, ma perché gliel'ho detto? ' Stupida ' mi rimproverò la mia vocina.
< Veramente? non me lo sarei mai aspettato. > disse sfoggiando un sorriso malizioso.
< Quanto sei superficiale. > dissi voltandomi e camminando dalla parte opposta.
La sua mano mi afferró e mi giró, le mie gambe non ressero così caddi a peso morto sulle sue possenti braccia, mentre le mie gli circondavano il collo. Il mio sguardo era fisso su di lui, ammirai da vicino ogni piccolo dettaglio, sof­fermendomi sulle sue rosee e carnose labbra. Il mio respiro si bloccò inalando di tanto in tanto il suo inebriante profumo. Le mie labbra sembravano pulsare vogliose di un suo bacio, le sue labbra si piegarono in un sorriso per poi po­sarsi sulle mie.  Le sue labbra morbide accarezzavano le mie, dischiusi legger­mente la bocca dando la possibilità alla sua lingua di esplorare la mia, lui in tutta risposta fece entrare a contatto la sua lingua esperta con la mia facendo­le danza in una passionale danza. Mi morse infine il labbro facendomi gemere. Entrambi avevamo un respiro pesante e affannato, come se avessimo appena finito di correre in una maratona. Lo guardai leggermente imbarazzata, i nostri sguardi si incrociarono facendomi avvampare, le mie guance si colorarono di un rosa ac­ceso.
< Questo colore ti dona. > disse accarezzandomi le guance.
< Questa cosa è sbagliata. >



SPAZIO AUTRICE:
Macciao bellissime, come state?
Spero che questo capitolo vi piaccia anche se so che molto probabilmente vorreste uccidermi, ma No problem prestissimo aggiornerò e saprete come continuerà la storia tra Ana e Harry.
Recensite in tanti.
Baci Eli















  
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