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Autore: Waterproof    18/04/2013    2 recensioni
Dal XII capitolo:
"Harry, vaffanculo." Borbottai, voltandomi per andarmene.
"Ci andrei, ma ci vai spesso tu. Mi toccherebbe condividere con te anche quel posto."
Ora gli spacco la faccia.
*
"
Mi stai toccando il sedere, Styles? " Domandai, scostando violentemente la sua mano.
" Io posso. "
" Ah, sì? E chi lo dice? " Incrociai le braccia al petto, aspettandomi una risposta esauriente.
" Questo. " Sussurrò, indicando il segno rosso sul collo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2.







<< Ragiona, Abbey. Non puoi rinunciare per quello. >>
<< Certo che posso. Si chiama “libero arbitrio”. >>
E con quello lasciai cadere il discorso. Tornammo allo studio di Conrad, certamente più interessante e fruttifero di tutti i tentativi di Elena di convincermi a prendere parte a quella vacanza studio.
Che mi avrebbe aperto le porte del college.
Che mi avrebbe permesso di andare via da quell’inferno.
Sì, ma per recarmi nel paradiso col diavolo in persona. Giammai. Quegli occhi verdi, il volto angelico e i riccioli castani potevano ingannare chiunque, ma non me. Non Abigail Lewis.
<< Sai a cosa stavo pensando? >> La sentii ridere, e sollevai lo sguardo dal libro di letteratura, guardandola interrogativa.
<< A cosa? >>
<< “L’odio ad un certo punto diventa eccitante”. >> Deglutii, arrossendo e chinando nuovamente il capo su “Cuore di Tenebra”.
Quelle parole erano mie. Dette in uno stato di rabbia ed incoscienza, ma erano pur sempre uscite dalle mie labbra.
<< Tra me e Styles non c’è odio, Elena. >> Spiegai, mangiucchiando la matita. << Si tratta di intolleranza. >>
<< Ma dai, neanche lo conosci! >>
<< Spero tu stia scherzando. >> Inarcai un sopracciglio, sperandolo ardentemente. << O forse hai ragione. Forse è così antipatico, acido e cattivo solo con me. Altrimenti non si spiegherebbe il numero non quantificabile di donne che si porta a letto. >>
Pensai alla mia teoria, ma non riuscivo a trarne una base solida. Insomma, era abbastanza antipatico con tutti, meno con quegli altri quattro amichetti con cui stava sempre. Non ne conosceva neanche uno, eccezion fatta per Liam, ma poteva essere pronta a scommettere di tutto, era certa fossero uguali a lui.
Aveva solo un lato positivo: una mente geniale. Ecco perché era stato preso a quel campo estivo. Probabilmente, se non fosse stato così poco amichevole, sarebbe stato anche piacevole parlare con lui.
<< Pronto, Liam? >>
Non mi ero neanche resa conto che il cellulare della mia amica avesse preso a suonare, presa com’ero dalle mie fantasticherie.
<< Sì, certo. Aspetta, glielo chiedo. >> Poggiò il telefono sulla spalla e mi chiese se fosse  stato un problema per me se Liam fosse venuto qui a studiare. Scossi il capo, sorridendo.
<< Ti aspettiamo. >> Gli disse atona. Quella reazione mi confuse.
<< Ma scusami, dov’è finita tutta l’eccitazione da fan girl? >> Domandai.
<< Pile scariche. Mr. Payne non si fa avanti, e sinceramente sono stanca di sentirmi dire “quant’è bella quella”, “ho parlato con Tizia”, “sono uscito con Caia”. Fa un po’ male. >>
<< Ehi, guardami. >> Le sollevai il mento con un dito, sorridendole. << Lui non può immaginare cosa tu provi. Forse dovresti semplicemente dirglielo. >>
In fatto di consigli giusti ero pessima. Io per prima non avrei mai fatto una mossa del genere, e lei lo sapeva benissimo. Difatti mi spintonò lievemente, ridendo.
Sentimmo bussare alla porta, così mi offrii di andare ad aprire.
<< Liam. >> Dissi sorpresa, spostandomi per lasciarlo entrare. << Eri per strada? >>
<< Sì. >>
Raggiungemmo Elena che si sporse per abbracciare l’amico, poi ci sedemmo tutti insieme. Prendemmo a studiare alcuni autori del Novecento, scambiandoci, di tanto in tanto, battutine irrisorie. Mi piaceva stare con loro, mi facevano dimenticare certe cose. Forse erano gli unici esseri umani che ancora ritenevo buoni sulla faccia della Terra.
<< Allora? Che fai? Parti? >> Mi chiese tutto ad un tratto lui, posando la penna.
<< Con Mr. Simpatia? No, grazie. >> Rise di gusto a quella mia frecciata.
<< Andiamo, vuoi davvero perdere un’opportunità simile per Hazza? >> La mia amica si trovò d’accordo con lui, annuendo semplicemente a tutte le parole pronunciate da quel ragazzo.
Insistettero così tanto che un’ora dopo non riuscii a credere a ciò che dissi.
<< E va bene, firmerò! >>
E lo avevo fatto davvero. Elena, onde evitare che avessi ripensamenti, aveva nascosto il consenso chissà dove per non permettermi di strappare quel pezzo di carta.
Mi sarebbe bastato rimanere lontana anni luce da quell’essere. Non sarebbe stato poi così difficile.
 
Un mese dopo…

Avevo preso tutto. Erano le dieci di sera del giorno precedente alla partenza, e i miei bagagli erano pronti. Nell’ultima settimana non avevo toccato cibo, ansiosa ed eccitata com’ero per quel corso, e mia madre aveva dato in escandescenza. Si era improvvisamente accorta che esistevo, perlomeno.
Con un gesto rapido serrai la valigia, notando un movimento sospetto di Elena dall’altro lato della camera. Si era voltata di scatto, e si stava sedendo sul letto, immobile.
Quella ragazza stava impazzendo. Forse avrei dovuto dare una spintarella a Liam e convincerlo a prendersi un po’ di tempo per cercare di guardare la mia amica con occhi diversi. Forse ci sarei anche riuscita, ma se Elena fosse venuta a conoscenza del mio intervento, mi avrebbe urlato contro. Preferii evitare.
Mi misi a sedere accanto a lei, stendendomi subito dopo, stanca.
<< Voglio sapere tutto nel dettaglio, ogni giorno. Anche se sarò a Parigi. >>
Affermò, seria. Erano mesi che stressava i genitori per convincerli a mandarla in viaggio in Francia, certa che prima o poi li avrebbe convinti. Ed infatti, ce l’aveva fatta.
<< Sono felice di sapere che le mie lezioni ti interesseranno così tanto. >> Risposi, ironica.
Sapevo benissimo dove volesse andare a parare, ma non capiva che non ci sarebbe stato alcuno sviluppo con Styles. Almeno fino a quando entrambi ci impegnavamo ad evitarci.
<< Al mio ritorno da Parigi parlerò con Liam. >>
Mi voltai di scatto verso di lei, sgranando gli occhi.
<< Gli dirai tutto? Compresi gli anni, i mesi, i giorni, le ore, i minuti e i secondi in cui ti sentivi scissa tra odi et amo? >>
<< Tutto. Partirà per il college a Settembre, non voglio lasciare nulla di intentato. >> Le sorrisi per tranquillizzarla, cercando poi ti cambiare discorso onde evitare che si deprimesse prima della partenza per Parigi.
Elena era forte, decisa, bellissima. Liam non sarebbe stato così idiota da rifiutarla. Se poi i suoi amichetti gli avrebbero fatto il lavaggio del cervello quell’estate, non potevamo saperlo.
Come potevamo essere amiche io e lei, era una cosa che mi ero chiesta spesso. Eravamo molto diverse, e non solo a livello estetico – i miei amabili, indomabili capelli scuri, una carnagione olivastra e una tendenza ad arrossire come un peperone al minimo sentore di imbarazzo. Ci ascoltavamo, ci capivamo, ed era quanto bastava.
Era stata lei la prima ed ultima persona a vedermi piangere. E non per un ragazzo, non ero mai arrivata a tanto.
Per me.
Quella volta non ero riuscita a tenere a bada le emozioni, le sensazioni, ed un crollo emotivo mi aveva distrutta.
Durante la fase di “riabilitazione” era arrivato Matthew, sparito poi poco dopo. Mi ero sentita presa in giro, non avevo sofferto pene amare. Forse neanche mi era mai importato della nostra relazione.
 
L’indomani mattina, ero di umore nero. Il tempo non prometteva bene, mia madre non mi aveva neanche preparato la colazione, convinta che non dovessi partecipare a quel corso.
Avendo fatto tardi, non mi era stato neanche possibile prepararmela da sola, così mi ero accontentata di una mela e di un paio di biscotti presi dalla credenza un minuto prima di uscire. Il bus era lì fuori ad aspettarmi, e giurai di non aver mai visto nulla di più giallo in vita mia. Detestavo quel colore.
Mi avviai lungo il vialetto, quasi arrancando con le valige. L’autista scese, mi salutò con un grugno indistinto e mi aprì lo sportello per permettermi di posare i bagagli. Fatto questo, sospirai ed entrai nell’abitacolo.
C’erano circa dieci ragazzi, di cui quattro ragazze. Mi avviai verso il fondo del veicolo, cercando di non inciampare e fare figuracce il primo giorno di convivenza forzata con quelle persone, e mi misi a sedere accanto al finestrino. Infilai le cuffie dell’iPod e mi dedicai all’ascolto di un po’ di musica.
Avrei volentieri schiacciato un pisolino se non si fossero messi quei chiacchiericci insopportabili che non mi permettevano di riposare. Preferii rimanere sveglia, dato che fino a Londra era in tutto un’ora di viaggio.
Il pullman si riempì in poco tempo, e un ragazzo, che doveva avere la mia età, si mise a sedere accanto a me, rivolgendomi un sorriso mesto. Ricambiai, tornando a guardare fuori, quando lo sentii picchiettarmi sulla spalla.
Mi liberai degli auricolari e mi rivolsi a lui.
<< Josh. >> Disse, allungando la mano. Inarcai un sopracciglio, fissandolo stranita.
Non ero esattamente la tipa capace di fare amicizia in poco tempo.
<< Abbey. >> Risposi infine, stringendogliela.
<< Sei stata presa al corso? >> Domandò, sistemandosi meglio. Solo allora notai la sua camicia blu cielo abbottonata fino al collo e i capelli perfettamente tirati indietro. Sembrava un secchione di prima categoria.
<< Già. >> Lo sentii ridacchiare e lo fulminai con lo sguardo. Cos’aveva da ridere?
<< Diciamo che su questo bus… Sei un po’ diversa dalle altre. E dagli altri. >> Cercai di capire a cosa si stesse riferendo quando la mia mente registrò i dati.
Ero l’unica ad indossare una canotta nera e un paio di jeans con le Converse, mentre le ragazze apparivano educate e meccanicamente intelligenti nei loro abiti casti e puri. I ragazzi, da canto loro, erano ben vestiti.
Avevo per caso preso un pullman per un convegno di “Viva la castità”?
<< Iniziamo bene… >>
Mormorai quelle parole, e senza neanche rendermene conto sentii di doverle ripetere quando le porte si aprirono e dalle tre scale spuntò la faccia di Styles. Non dovevo apparire affranta, scocciata o irata. Semplicemente indifferente.
<< E’ una bella cosa, dai. Se avessi saputo, mi sarei messo qualcosa di decente anch’io. Mia madre è una perfetta idiota. >>
Mi ritrovai a ridere di quella sua affermazione, forse troppo animatamente dato che alcuni sguardi saettarono su di noi. Mi cucii la bocca e guardai altrove, imbarazzata. Mi reinserii le cuffie e mi lasciai andare contro il sedile, mentre anche Josh mi imitava.

 

Forse quel viaggio sarebbe stato anche troppo lungo.


*


Sperai vivamente si trattasse di uno scherzo del destino. Ad accoglierci era stato Douglas, con una pozzanghera al posto delle ascelle e uno sguardo serioso che mi aveva spaventata non poco. Josh mi era stato accanto tutto il tempo, ridendo di tanto in tanto alle mie smorfie di disappunto ed attirando l’attenzione di qualche vicino.
Il mio rammarico raggiunse il vertice quando, durante la spartizione delle camere, sulla mia porta vidi scritto il nome mio e quello di Sandy Connor.
Avrei preferito spararmi in bocca piuttosto che dormire con quell’arpia, ma purtroppo Douglas non avrebbe mai potuto immaginare quanto la detestassi.
Vidi i suoi capelli d’oro scintillante accompagnare la gonna fluttuante mentre lei muoveva i passi all’interno della stanza. Senza neanche chiedermi nulla, si appropriò del letto accanto alla finestra, sedendosi poi su di esso per fissarmi.
<< Finalmente sembri quasi una donna. >> Ghignò.
Strinsi forte la cerniera della valigia, resistendo all’impulso di rispondere. Indifferenza, dovevo ricordarmene.
<< Piacere di rivederti, Sandy. >> Dissi, sarcastica. Mi alzai e iniziai a svuotare i bagagli, collocando i vestiti nell’armadio di legno di fronte al mio letto. Sentivo il suo sguardo addosso, poi finalmente la sentii fare lo stesso.
<< E’ passato un bel po’ di tempo, vero? L’ultima volta che ti ho vista eri una tavola piatta. >>
Istintivamente lasciai cadere il mio sguardo sul seno. Tre anni prima, una prima scarsa, oggi una terza abbondante. Solo che… a me non poteva importare di meno di che taglia avessi. A differenza sua, che sembrava essere più attenta alle mie tette che alle sue.
<< Madre Natura mi ha premiata. >> Mi trattenni dal riderle in faccia.
<< Non ci giurerei… >> Prima che potessi anche solo pensare di aver capito male, la vidi tirar fuori un mini abito blu elettrico e un paio di decolleté nere, con un tacco abnorme sul quale io non sarei mai riuscita a camminare. Il tutto, in forte contrasto con il candido vestito che indossava in quel momento.
<< Stasera diamo una festicciola, così ci conosciamo. >>

Con quel coso addosso non conosceranno solo la tua faccia.

Ed ora che ci pensavo non avevo un bel niente da mettere. Quando aprii la seconda valigia quasi non tossii per la sorpresa.

Perché c’erano delle mutandine di pizzo con reggiseno abbinato nella sua borsa?

Elena.
Era stata lei, la sera precedente. Non potevo crederci, era convinta davvero che quelle cose le avrebbe viste qualcun altro all’infuori di me? Pazza, era pazza. Mi affrettai a metterli in un cassetto più piccolo, certa che da lì non si sarebbero mossi. Sospirai e tirai fuori il resto infilando poi i borsoni sotto il letto, sul quale mi accasciai esausta.
Inviai un messaggio alla mia amica, per chiederle cosa significassero quei completini. Non mi rispose subito, e quando lo fece deviò completamente il discorso.
Era brava a farlo, ma con me non funzionava.

Tu sei matta, io quelle cose non le metto. Toglitelo dalla testa.

Chiusi così il dialogo, e tornai a dedicarmi al nulla. Per quel giorno non erano previste lezioni, per lasciarci il tempo di ambientarci. Pur di non restare un secondo di più a sentire le chiacchiere della papera al telefono, uscii in corridoio. Magari avrei potuto chiedere a Josh di andare a fare un giro. Tutto sommato, qualcuno con cui parlare quelle sei settimane lo avrei pur dovuto trovare, e lui sembrava essere il più umano.
Cercai di ricordare il numero della stanza, e quando quindi quel ‘23’ dorato sospirai di sollievo. Bussai, e una voce all’interno mi diede il permesso di entrare.
Abbassai lentamente la maniglia, e quando feci il mio ingresso, mi trovai dinanzi ad un paio di occhi verdi che avevo ormai imparato a riconoscere.
<< Tu. >> Disse, riducendo gli occhi a due fessure.
<< Che ci fai qui? >> Chiesi, maledicendo il destino in tutte le lingue del mondo.
<< Si da il caso che ci dorma. Tu che ci fai qui? >> Quella sua aria da duro non gli si addiceva per niente. Forse perché lo detestavo, forse perché in circostanze del tutto diverse l’avrei trovata perfino eccitante. Ma in quel momento avrei voluto distruggergli quella bella faccia che si ritrovava.
<< Josh! >> Chiamai, ignorandolo.
<< Sta facendo una doccia. >> Rispose Styles, chiudendo la porta alle sue spalle.
Avrei dovuto andarmene, allora, e tornare più tardi. O forse mai più, assodato che il mio conoscente dimorava con quel demente.
Tuttavia decisi di sedermi, lontana da Hazza, che mi parve alquanto infastidito per la mia presenza. Nulla di più piacevole per me.
<< Siamo qui da due ore e ti vedi già con il mio compagno di stanza. Sei settimane sono lunghe, non darti troppo da fare. >>
<< Non sono affari tuoi. >> Mi limitai a commentare.
<< Dio, quanto sei acida. Era un consiglio da amico. >> Lo sentii ridere della sua stessa battuta.
<< Grazie, caro, ma sono fatti miei se decido di consumarmi o meno. >>
<< Josh è un bravo ragazzo, non rovinarmelo. >> Parlava quasi come se fosse improvvisamente diventato un amico di infanzia, quasi alla pari di quei quattro che si portava dietro.
<< Tu cerca di non rovinare quelle povere ragazze. >> L’ironia era tangibile, il sarcasmo era un’arma che avevo sempre amato usare.
Soprattutto per attaccare lui.
<< Saranno notti molto interessanti, queste. >> Mormorò, socchiudendo gli occhi. Provai un moto di nausea che riuscii a tenere a freno solo non immaginando Harry tra le lenzuola.
<< Sei disgustoso. >>
In quel momento dal bagno uscì Josh, completamente cambiato. Indossava una maglia dei Queen, bianca, e un paio di jeans scuri che lo facevano sembrare ancora più alto. Non c’era più traccia del damerino di poco prima, sembrava addirittura sexy.
Pensai a cosa potesse credere Harry, vedendoci insieme. Forse, neanche credeva avrei trovato qualcuno con cui passare del tempo al campus, e lasciai che la sua immaginazione corresse in verdi prati fioriti, pur avendo io le idee chiare.
Solo amici.
Niente storie.
Mi alzai dal letto e gli chiesi se gli andasse di fare una passeggiata con me, vedendo la mascella di Styles contrarsi. Forse non si aspettava che qualcuno che non fosse lui trovasse uno spasso per primo.

<< A dopo, Harry. >>




Salve :33
Ho deciso di aggiornare oggi, poi metterò il terzo domani, perché poi farò una full immersion in storia e quindi fino a lunedì non posterò molto :c
Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite e le seguite, davvero.
Siete dolcissime <3


 
  
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