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Autore: uadjet    20/04/2013    1 recensioni
“Già la tua presenza è un regalo per me” mi rispose lei con un sorriso sincero, e successivamente, come dopo un’illuminazione, disse: “Ma perché non andate insieme alla cerimonia? Siete entrambi senza accompagnatore, no?”
Oddio. No. No, assolutamente no. Non con Edward.
“ Io …” feci per ribattere, quando il giovane, voltatosi verso di me, rispose con uno sguardo strafottente: “se per Sassenach non è un problema la inviterei molto volentieri”
Con gli sguardi del ragazzo e della madre puntati su di me non potevo rifiutare. Non dopo tutto quello che avevano fatto per me. E, pensai in un lampo, forse Edward lo sapeva già.
“C-certo, sarebbe un piacere” risposi, con l’espressione di un condannato a morte di fronte alla forca. No, quello sarebbe stato infinitamente peggio.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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2.

“Io … non so chi sono”
“Perfetto, ora dobbiamo sorbirci pure una malata mentale” La pace in cui mi trovo viene improvvisamente rotta da questa frase pronunciata con un tono sarcastico ed arrogante. Volgo lo sguardo per cercare la bocca da cui proviene quella voce e mi accorgo dello spazio angusto in cui mi trovo: è una camera da letto veramente piccola, immagino come la casa dove sono stata portata. A parte il letto, vedo solamente un tavolino che sostiene una candela accanto a me, un altro tavolo che dovrebbe fungere da scrivania e due vasi, di cui uno contenente dell’acqua. Chissà qual è il loro utilizzo.
“Per i Tuatha, ma perché non la smetti, Edward? E’ disorientata, è normale” gli risponde la voce angelica del ragazzo biondo. Mi giro ancora, sentendo una fitta alla testa, mentre lui, ascoltando il gemito fuoriuscito dalle mie labbra, si sporge verso di me e gira per le spalle, mettendomi così di fronte all’oggetto del mio interesse.
Un demone. Un demone bellissimo. E’ ciò che vedo nel ragazzo che mi ha presa in giro poco prima. Capelli neri come le piume di un corvo, e occhi altrettanto scuri, ad adornare un viso perfetto ed eburneo e due labbra rosse come il sangue appena sgorgato da una ferita. Qualcosa nei suoi lineamenti mi ricorda l’altro ragazzo, ma la sua espressione è completamente diversa: la gentilezza dell’angelo biondo viene sostituita da una smorfia di disgusto nel volto bianco di Edward, accompagnata da uno sguardo carico di fastidio. “Vedi, quel ragazzaccio è mio fratello, Edward” mi sussurra invece la voce melodiosa dell’altro. Non mi interessa il suo nome, penso, voglio sapere il tuo, mentre mi volgo nuovamente verso di lui, cercando di fuggire quello sguardo che mi promette l’inferno. Forse è stato un gesto troppo impulsivo, poiché la mia testa ricomincia a vorticare, e l’emissario celeste mi sostiene tra le sue braccia dolcemente ma con un tocco fermo e virile. “Ecco, l’hai spaventata” lo rimprovera, mentre mi distende nuovamente sul letto, “ non ti preoccupare, adesso ti lasciamo riposare. Io ritornerò più tardi con qualcosa da mangiare” mi dice con un sorriso alzandosi, ma devo saperlo.
“Aspetta!” mormoro con una voce che risuona supplichevole alle mie orecchie, mentre con un tocco delicato gli tocco il braccio, per paura di rovinare quella pelle perfetta, “m-mi … diresti ….” balbetto imbarazzata, di fronte all’espressione scocciata del ragazzo di nome Edward, “ il tuo nome?” concludo, consapevole di essere rossa in viso.
Un sorriso precede le sue parole. E’ la cosa più bella e splendente che abbia mai visto, come i raggi di luce che mi avevano svegliata nel bosco. “Certo”, mi dice, avvicinandosi, “ ma solo se tu mi dici il tuo”. Ma io non so il nome. Sono mortificata, e triste, perché allora non saprò mai come si chiama, e qualche lacrima comincia a fuoriuscire dai miei occhi.
“Ecco, e sarei io quello insensibile, eh?” lo schernisce il moro, venendo subito interrotto dal biondo, che, preoccupato dai miei singhiozzi sempre più rumorosi, gli intima di andarsene. Con uno sguardo pieno di risentimento il ragazzo se ne va. Già mi sembra che le mie lacrime scendano più lente. L’angelo appare dispiaciuto, e questa volta parlo io per prima: “Io … n-non … so il … mio nome” gli rivelo in un soffio, alzando gli occhi gonfi verso i suoi. “ Ma … non ti devi dispiacere per questo, non importa” mi risponde lui gentile, “lo scopriremo insieme”.
“ Ma in questo modo tu non mi puoi dire il tuo nome” ribatto in un soffio. Il solo dirlo ad alta voce è come una pugnalata al petto, e le lacrime a malapena evitano di scorrere nuovamente. Una risata segue a questa mi affermazione. Una risata cristallina, piena di gioia. Come la vita. A questo punto fa una cosa inaspettata: mi bacia sulla fronte. Mi marchia. A quel contatto qualcosa cambia. In me. Nel mondo. Tra noi due. Un legame si è stabilito tra noi, e non si potrà mai tagliare. Prima di andarsene dice solo una cosa. Una scarica elettrica.
“ Io mi chiamo Emer, comunque”



  
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