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Autore: JustALittleLie    21/04/2013    10 recensioni
Quando Jude, cresciuta nel North Carolina, si era trasferita a New York per studiare alla Columbia, aveva pensato che quella sarebbe stata la svolta della sua vita. In una città così grande avrebbe sicuramente trovato un buon lavoro, delle persone intellettualmente stimolanti e, più importante di tutto, il suo principe azzurro.
Le cose non erano andate però secondo i suoi piani e tutto quello che aveva era un lavoro come ragazza delle consegne da Frankie's e due coinquiline alquanto strane.
Oh, ma il bello, la ciliegina sulla torta, doveva ancora arrivare ed aveva anche un nome: Andrew.
***
-ma questo è un ricatto!- si ritrovò quasi ad urlare, rossa in viso, mentre il ragazzo si allontanava
-e questa è New York, piccola- e le fece l’occhiolino mandandole un bacio, con tanto di schiocco.
  
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono ancora viva, non temete.

Scusatemi ancora una vota, ma ho davvero troppo poco tempo per dedicarmi alle cose che amo, come questa. Ce la metto tutta e spero che siate pazienti e che qualcuno mi segua ancora!

Per farmi perdonare vi lascio a questo capitolo pieno di svolte e confessioni!

Hope you enjoy!

 

 


 

 

 

 

 

 

Si rese conto di trattenere il fiato solo quando sentì la serratura scattare. Alzò lo sguardo sulle spalle di Andrew, avanti a lei, che stava aprendo la porta con un movimento che le sembrò lentissimo.

Andrew si sporse all’interno accendendo qualche luce, per poi farsi da parte per farla entrare.

-Grazie- sussurrò appena facendo un passo in avanti.

Jude si guardò attorno studiando l’ampio salone minuziosamente arredato. La prima cosa che notò fu l’enorme vetrata sul lato nord, da cui si poteva ammirare la Upper Bay. Persino l’enorme camino in marmo e l’impianto stereo che prendeva tutta la parete destra passarono in secondo piano, di fronte a quello scenario mozza fiato.

Studiò per qualche istante la stanza, cercando di trovarci qualche segno personale di Andrew: una foto, un quadro, un vaso particolare, ma non trovò nulla, era tutto molto neutro ed impersonale.

Si avviò come per riflesso verso la vetrata, restando incantata a fissare di fronte a se. Davvero viveva in una casa a Sunset Park, da solo?

-E’ bellissimo- soffiò, fermandosi ad un passo dalla vetrata.

-A mio fratello piace il panorama Newyorkese- disse in tono piatto rispondendo indirettamente alla domanda che si era fatta poco prima. Viveva lì con il fratello.

-E a te?- chiese spontanea, girandosi a guardarlo, ma lui era impegnato a sfilarsi il cappotto dandole le spalle.

-Preferisco il Tower Bridge al ponte di Brooklyn-

Allora perchè sei qui? Avrebbe voluto chiedergli, ma si strinse la lingua tra i denti, timorosa ancora una volta che se si fosse mostrata troppo invadente Andrew l’avrebbe tagliata fuori.

-Hai fame?- chiese, improvvisamente bisognosa di cambiare discorso.

-Un po’- ammise lui, passandosi una mano tra i capelli –Ma non credo ci sia molto da cucinare, mio fratello è a quel convegno e non credo abbia riempito il frigo prima di partire-

Andrew sembrava teso, nervoso, e questo a sua volta faceva innervosire Jude, che ora avrebbe dato qualsiasi cosa pur di allontanarsi da quella stanza.

-Ok, non c’è problema, potrei andare a prendere della pizza?-

Andrew sospirò pesantemente, portandosi una mano al volto. L’idea della pizza lo innervosiva così tanto?

-Perché stai facendo tutto questo per me, Jude?- sbottò improvvisamente, alzando lo sguardo verso di lei.

-Perché…- che diavolo di domanda era? Jude rimase interdetta, col cuore a mille, e zero risposte. Dopotutto quella era la domanda che si stava ponendo anche lei da qualche giorno: perchè voleva prendersi cura di lui a tutti i costi? Perchè le piaceva, ecco perchè, ma forse era meglio non dirglielo, per il momento.

 -Perché penso che nonostante tu voglia dare a tutti i costi a te stesso l’immagine del perfetto stronzo, da qualche parte lì dentro c’è una persona sensibile che ha solo bisogno di un po’ d’aiuto per ritrovare se stesso-

Una scintilla illuminò gli occhi di Andrew, che inarcò un sopracciglio.

-Quindi mi aiuterai, anche se sono uno stronzo?-

Jude sorrise, scuotendo la testa –Non ho detto che lo sei, ma è quello che vuoi far credere di essere-

Andrew abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore e quando rialzò gli occhi verso Jude, la ragazza si sentì avvampare per l’occhiata che le stava rivolgendo.

-Tu pensi di potermi aiutare, Jude?-

Non seppe se fu il tono in cui lo disse o lo sguardo tenero ed insicuro con cui accompagnò quelle parole a farla sciogliere e farle desiderare ardentemente di abbracciarlo.
Sospirò, indecisa tra il cuore che le suggeriva di buttarsi tra le sue braccia e la sua testa che le intimava di ragionare e non metterlo in imbarazzo.
Alla fine di quella che le sembrò una battaglia epica tra la sua testa ed il suo cuore, Jude allungò una mano verso quella del ragazzo, afferrandola saldamente.
Andrew abbassò lo sguardo, osservando le loro mani unite, per poi rialzarlo negli occhi cristallini di Jude, in cerca di una risposta.

-Non lo so Andrew- le disse con la sua tipica sincerità –Ma credo, sono sicura, di volerci provare-

-Non sarà facile-

Jude deglutì, lo sapeva che non era facile. Aveva passato più di un’ora nello studio del Dottore, che le aveva fatto firmare molteplici documenti, mentre le dava raccomandazioni su cosa fare in casi di emergenza come eventuali crisi d’astinenza.
Era spaventata, a morte, non sapeva cosa avrebbe dovuto affrontare, ne se ce l’avrebbe fatta, ma voleva farlo, con tutta se stessa.

-Puoi tirarti indietro da un giorno all’altro- disse, aumentando però la presa sulla sua mano –Se scapperai via urlando non ti biasimerò-

Jude scosse la testa con fermezza –Non succederà-

Forse fu il tono sicuro con cui disse quelle parole, o forse il suo sguardo determinato a spingere Andrew a strattonarla per la mano per poi avvolgerla con le sue braccia calde.

E quell’abbraccio, per Jude, in quel momento valeva più di ogni altra cosa, perché era l’unica cosa di cui aveva bisogno.

 

 

 

 

 

 

Un’ora dopo Jude ed Andrew sedevano all’enorme isola in marmo bianco della cucina pronti a mangiare. Alla fine Jude aveva trovato abbastanza ingredienti per cucinare un piatto di pasta e, inoltre, aveva scoperto che Andrew era una vera frana in cucina.

-Come sopravvivi ogni giorno?- gli chiese addentando un boccone di spaghetti

-Mi nutro di hot dog- la prese in giro, ricordando quella volta al parco quando con l’inganno era riuscito a farle dare un morso al suo panino farcito.

Jude storse il naso, mandando giù il boccone –Divertente-

Andrew ridacchiò, per poi soffermarsi a guardare la tavola di fronte a loro -E’ tutto così strano-

-Cosa?- chiese Jude aggrottando la fronte.

-Questo…- indicò il tavolo bandito avanti a loro -…del cibo buonissimo cucinato da qualcuno che si prende cura di me-

La ragazza sorrise, incrociando il suo sguardo.

-E’ strano, è come se mi sentissi a casa-

Jude lo guardò attentamente, studiando i suoi lineamenti che si addolcivano. Di certo trasferirsi dall’altra parte dell’oceano non doveva essere una cosa semplice; Lei era in un altro stato e sentiva terribilmente la mancanza della sua famiglia, figurarsi se fosse stata in un altro continente.

-Non che a Londra ne avessi mai avuto una vera- il tono amaro con cui pronunciò quelle parole fece accigliare Jude.

Andrew intercettò il suo sguardo dubbioso e sospirò leggermente, mentre abbassava la testa verso il piatto.

-Non ho mai avuto un buon rapporto con i miei genitori, Jude- cominciò e la ragazza si drizzò sulla sedia consapevole che quell’evento fosse più unico che raro.
Andrew che parlava di se stesso non era una cosa che si vedeva tutti i giorni.

-Anzi, non ho mai avuto alcun tipo di rapporto- una risata amara uscì dalle sue labbra.

-Mia madre e mio padre sono due dei più affermati chirurghi di tutta l’Europa, due persone fredde e calcolatrici anche nella vita privata- Jude non toglieva un attimo gli occhi da Andrew, pronta a cogliere ogni inflessione della sua voce, ogni suo minimo gesto.

-Hanno un piano ben preciso di come deve svolgersi la loro vita e in questo piano, ovviamente, eravamo inclusi anche io e mio fratello maggiore, Ben-

Al ricordo del fratello di Andrew, Jude riuscì a malapena a trattenersi dal fare una smorfia. Quel ragazzo proprio non le stava simpatico e, se aveva appreso quei modi dai genitori, poteva capire perchè Andrew non avesse alcun tipo di rapporto con loro.

-Avevano un piano anche per voi? In che senso?- chiese, ormai del tutto interessata a scoprire ogni cosa della sua vita.

Andrew giocherellò con un pezzo di pollo nel suo piatto, prima di rispondere alla sua domanda.

-Noi ovviamente saremmo dovuti crescere proprio come loro, frequentare Oxford e diventare due illustri chirurghi- un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra, mentre i suoi occhi restavano puntati sul piatto –Sin da piccoli ci hanno spinto, quasi obbligato, a frequentare certi ambienti: il circolo esclusivo di Tennis, i migliori campi estivi costati un occhio della testa e le migliori scuole. Tutti ambienti frequentati da stupidi ragazzini con la puzza sotto al naso-

-Quando Ben pese il diploma e fu accettato ad Oxford, i miei erano così fieri di lui, ed erano sicuri che io avrei seguito le sue orme, visto il legame che c’era tra di noi-

Il legame che c’era. Quindi una volta Andrew e Ben erano stati amici, oltre che fratelli? Cosa li aveva spinti ad arrivare a quello che erano ora?

Jude pendeva dalle sue labbra, totalmente interessata al suo discorso, quando Andrew alzò gli occhi verso di lei, facendole un sorriso tirato.

-Quindi potrai immaginare la loro sorpresa nello scoprire che il loro figlio minore dopo scuola frequentava dei corsi di arte invece che il circolo di tennis-

La ragazza trattenne il fiato, come se avesse mentito lei ai suoi genitori e fosse stata beccata.

-Frequentavi corsi d’arte?- sussurrò sorpresa ed Andrew annuì distrattamente.

-La mia professoressa del liceo mi avvicinò all’arte, spronandomi ad approfondire questo mio interesse. All’inizio ero titubante, sapendo che i miei non sarebbero stati d’accordo: Andrew Thompson, aspirante futuro chirurgo, che butta al vento il suo futuro per fare l’artista. Potevo vedere le loro espressioni di biasimo cristalline nella mia mente- scosse la testa con un’altra risata nervosa –Un giorno però mi lasciai convincere, andai ad una delle lezioni che la professoressa teneva a Londra e quando per la prima volta poggiai il pennello su una tela bianca mi si aprì un mondo, da allora capii che l’unica cosa che sarei riuscito a fare per tutta la vita era dipingere-

Una scintilla illuminò il suo viso e Jude sorrise di riflesso.

-Al quarto anno la professoressa mi mise tra le mani un plico di fogli: era la domanda d’iscrizione per “L’Accademia delle belle arti” a Parigi-

Jude strinse i pugni, sporgendosi verso di lui –Ti hanno accettato?-

Andrew rise sarcastico e lasciò cadere la forchetta.

-Non l’ho mai spedita. I miei hanno trovato il modulo che avevo nascosto, hanno fatto licenziare la mia insegnante d’arte e hanno dato chiaro ordine all’università di Parigi di rifiutare una mia eventuale candidatura-

La ragazza spalancò la bocca, allibita. I genitori di Andrew avevano davvero così peso? Erano così importanti?

-Ovviamente, così hanno fatto con tutte le università Europee- evidentemente si, erano davvero importanti.

-Come ci sono riusciti?- chiese in un sussurro basso

Andrew scrollò le spalle –Frequentare certi ambienti ti da l’opportunità di farti molti amici che contano-

Jude deglutì di fronte alla chiara ingiustizia subita da Andrew solo ed unicamente per uno stupido capriccio dei suoi genitori.

-E tu cosa hai fatto?-

-Ho cercato di parlargli, ma ovviamente loro non volevano sapere ragioni, dicevano che ero un ingrato, uno stupido immaturo che non prendeva seriamente il suo futuro. Non capivano che io non sono come loro, come Ben, io sono diverso- strinse i pugni sottolineando le ultime parole, come se fossero riferite più a se stesso che a Jude.

La ragazza allungò una mano verso il pugno chiuso, stringendola nella sua.

-Si che sei diverso- sussurrò fissandolo intensamente. Lui non era insensibile come suo fratello, non era glaciale come i suoi genitori. Lui era caloroso, passionale, intelligente, divertente, spiritoso. Lui era fantastico e non doveva sentirsi nemmeno un istante come loro.

Andrew le sorrise, prendendo un respiro, prima di ricominciare a parlare.

-Dissi ai miei che non volevo studiare medicina, che se non mi avessero fatto studiare arte, sarei diventato un artista di strada, avrei vissuto con le mie tele e i miei colori- Jude guardava affascinata il viso di Andrew illuminarsi alle sue parole.

-Mio padre mi prese in parola. Chiuse il  mio conto in banca e bloccò tutte le mie carte di credito. Finché non avessi ritrovato la ragione loro non mi avrebbero più dato nemmeno da mangiare. Subito dopo il diploma me ne andai di casa, prendendo in affitto una stanza nella city, con la speranza di trovare un lavoro per sopravvivere, ma ovviamente mio padre aveva sparso la voce e nessuno era disposto a darmi un lavoro- La ragazza gli strinse più forte la mano e lo vide sussultare leggermente.

-Dopo un mese mio fratello venne a farmi visita, stava partendo per l’America per collaborare con uno dei più grandi ospedali del nuovo continente e mi chiese di seguirlo. Sapevo che fosse un piano di mio padre per tenermi sotto controllo, per permettere a mio fratello di farmi il lavaggio del cervello, ma non avevo altra scelta, forse dall’altra parte del mondo avrei avuto qualche possibilità-

Jude scosse la testa, incredula di fronte a quella storia. Andrew aveva subito tutte quelle ingiustizie, gli era stato messo ripetutamente il bastone tra le ruote, dai suoi stessi genitori, le persone che avrebbero invece dovuto sostenerlo in tutte le sue scelte.

-Sei ancora in tempo Andrew, puoi ancora seguire i tuoi sogni-

Ora era in un altro continente, l’aveva detto anche lui, era libero di fare quello che voleva, senza sentire il fiato del padre sul collo.

Andrew le sorrise con espressione compassionevole, come se ci fosse ancora dell’altro.

-Quando sono arrivato a New York, per prima cosa ho fatto domanda alla Columbia e la mia domanda è stata rifiutata-

Jude spalancò la bocca –Tuo padre ha amici influenti anche qui?-

-Credo li abbia persino in Kazakistan, temo- rise lui, scuotendo la testa.

-Come sei finito a fare il modello?- Era una domanda che avrebbe sempre voluto porgergli, ma aveva sempre avuto il timore che lui non le avrebbe dato risposta. Visto che quella sera era in vena di confessioni, era meglio battere il ferro finché era caldo.

Andrew si concentrò, aggrottando le sopracciglia.

-Qualche giorno dopo la lettera di rifiuto della Columbia, ricevetti una chiamata dalla professoressa Green-

-La professoressa di arte?-

-Si, la mia domanda era passata tra le sue mani, ed era rimasta colpita da alcune foto di miei dipinti che avevo mandato come allegato. Voleva vedermi per parlare della mia “carriera”-

-Cosa ti disse?-

-Che se volevo, poteva darmi delle lezioni private- Sorrise al ricordo passandosi una mano tra i capelli –Ma allora ero scoraggiato e stanco e rifiutai, dicendole che avevo bisogno di un lavoro, non di uno stupido corso di pittura, allora lei mi presentò questo suo amico fotografo, che mi fece entrare in un’agenzia di modelli-

Jude lo guardò aggrottando la fronte, perchè aveva rifiutato un’opportunità del genere? Delle lezioni d’arte dalla professoressa Green, una delle più rinomate del paese.  

Andrew captò il suo sguardo e si affrettò a spiegare.

-Per un periodo, un lungo periodo, ho odiato l’arte Jude. La ritenevo la fonte di tutti i miei problemi, ma allo stesso tempo non riuscivo a farne a meno. Barattavo colori e tavolozze con la professoressa Green, in cambio io dovevo posare per lei- puntò gli occhi in quelli di Jude, che prontamente arrossì al ricordo di Andrew in quell’aula. Completamente nudo.

-Ho provato a farne a meno, dell’arte, ma ho capito che è stato il mio più grande sbaglio. L’arte fa parte di me, non è una cosa che posso cancellare, nemmeno con la robaccia che usavo-

Jude rabbrividì a quelle parole, capendole a fondo. Aveva cominciato a drogarsi perchè odiava se stesso, odiava quella parte che non poteva modificare.

-Andrew- Jude scosse la testa, cercando di trovare le parole adatte –Avere una passione, così forte, è una cosa bellissima-

Il ragazzo abbassò lo sguardo, per niente convinto.

-Riesco a capire come ti senti. La pittura e parte di te come la scrittura lo è di me- alzò lo sguardo interessato, prestandole finalmente attenzione –E non c’è niente di sbagliato in questo, anzi, ci rende speciali-

Allungò una mano verso il viso di Andrew, accarezzandogli una guancia. Deglutì sentendo il contatto con la sua pelle contro i polpastrelli e arrossì sforzandosi di pronunciare quelle parole. Non era momento di essere timidi, ora.

-Tu sei speciale- lo disse con così tanta fermezza e convinzione che fu impossibile per Andrew trattenersi dal sorriderle.

Jude gli sorrise di rimando, sospirando in cuor suo.

Andrew si era finalmente aperto con lei, le aveva raccontato la sua storia e si era fidato di lei. Quel ragazzo aveva sofferto davvero molto e non poteva ancora credere a tutte le ingiustizie che aveva subito a tutti i sogni che gli avevano strappato. Solo in quel momento si rese conto della solitudine di Andrew e sentì l’impulso di trasmettergli tutto il suo calore, il suo affetto.

Ci sarebbe riuscita, a poco a poco.

 

 

 

 

 

 

-Si è fatto tardi, è il caso di andare-

Andrew guardò l’orologio che portava al polso, per poi rivolgere uno sguardo severo a Jude.

-Non se ne parla-

Jude spalancò gli occhi, quasi spaventata dal tono duro e risoluto che aveva assunto. Aprì la bocca per controbattere, ma Andrew fu più veloce di lei.

-E’ mezzanotte passata e tu sei stata tutto questo tempo fuori casa a causa mia, il minimo che possa fare è non farti girare per la città a quest’ora-

La ragazza si trattenne dallo sbuffare e battere i piedi a terra come una ragazzina. Non aveva mica tre anni, era perfettamente in grado di tornare a casa da sola, a qualsiasi ora della notte o del giorno e poi l’alternativa qual’era? Dormire a casa di Andrew? Quella giornata aveva avuto fin troppi colpi di scena per i suoi gusti, ci mancava solo che le venisse un infarto.

-Chiamo un taxi, non è un problema- tentò, ma Andrew scosse la testa in senso negativo.

Va bene, ora cominciava ad innervosirla. Non poteva darle ordini, non era mica suo padre!

-Una ragazza non può girare da sola per le strade di New York a quest’ora-

Stava per partire con il suo tono polemico facendogli notare che era in uno dei quartieri più ricchi della città, non nel Bronx, e il suo discorsetto sulla parità dei sessi era già in procinto di cominciare, quando Andrew fece un passo verso di lei, con l’espressione più dolce che gli avesse mai visto in viso.

-Sono solo preoccupato per te- occhi languidi, parole sussurrate e labbro sporgente: l’aveva già messa KO.

-Andrew, è stata una giornata pesante, voglio solo tornare nella mia stanza- cercò di buttarla sul comfort della sua stanza, ma il tono con cui lo disse non convinse nemmeno se stessa, figurarsi lui che trattenne a stento un sorrisino di vittoria.

-Dormirai nella stanza degli ospiti, non ti disturberò per nessuna ragione al mondo, per rilassarti c’è una favolosa Jacuzzi nel bagno in fondo al corridoio, se poi vuoi rilassarti in altro modo…- le lanciò una strana occhiata, che Jude non colse al volo -la mia stanza è quella in fondo al corridoio- concluse passandosi la lingua sul labbro inferiore, in un invito esplicito.

-Andrew!- starnazzò lei diventando paonazza, mentre gli mollava uno schiaffo sul braccio –La Jacuzzi andrà benissimo, grazie- quel ragazzo era incredibile, un attimo prima sembrava la persona più profonda del mondo, coi suoi discorsi sulla famiglia e il senso della vita, quello dopo di perdeva in allusioni volgari e fuori luogo. Beh, magari non del tutto fuori luogo. Insomma, non che lei non ci avesse mai pensato all’eventualità di…

-Come preferisci- Andrew interruppe la pericolosa piega che stavano prendendo i suoi pensieri, sorridendole con una scrollata di spalle.

Jude sospirò, arrendendosi definitivamente –Sei tremendo, non ho nemmeno il pigiama con me!-

Andrew alzò un sopracciglio, arricciando le labbra in un ghigno malizioso e divertito.

-Zitto- sibilò Jude alzando una mano all’altezza del suo volto, bloccandolo prima che potesse dar voce ai suoi pensieri distorti –non importa, mi arrangerò-

-Che mal pensante!- Andrew scoppiò in una fragorosa risata –Volevo solo proporti di prendere in prestito una mia felpa!- Tirò la lingua fuori, prendendola palesemente in giro.  

La ragazza alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. La felpa, certo.

-Vieni su- ridacchiò allungando una mano per scompigliarle i capelli.

Seguì Andrew per il corridoio, fino ad arrivare in quella che doveva essere la sua stanza. Come il resto della casa quella stanza era bellissima, ampia e luminosa, ma era vuota. Nessuna fotografia, nessuna libreria o un qualsiasi segno di Andrew lì dentro: era totalmente anonima.

Andrew si avvicinò all’enorme armadio a muro accanto ad un letto a due piazze, aprendone un’anta. Frugò per qualche minuto mentre Jude prese a tormentarsi una ciocca di capelli improvvisamente nervosa e ansiosa nel sapersi nella stanza di Andrew, a pochi metri da lui e un letto dall’aria molto comoda. Dannazione, stava per caso diventando una ninfomane?

-Ecco- sentenziò in fine estraendo qualcosa dall’enorme armadio –Questa dovrebbe essere abbastanza grande- Le porse un enorme felpa grigia con uno stemma strano, che non aveva mai visto.

Quando alzò lo sguardo verso Andrew, lo trovò a guardarla con uno strano sorriso in volto. Non era il suo solito ghigno, un sorriso di scherno o malizioso, era stranamente dolce.

-Ti accompagno nella tua stanza- soffiò senza mai smettere di sorriderle.

Cosa diavolo aveva da sorridere in quel modo?

 

 

 

 

 

Jude girò con lo sguardo per quell’enorme stanza in cui Andrew l’aveva lasciata da più di venti minuti ormai.
Se la casa e la stanza di Andrew le erano sembrate vuote, quella lo era davvero. La stanza dalle pareti ocra, era del tutto vuota, eccezione fatta per il letto matrimoniale che padroneggiava accanto ad una finestra altrettanto grande.

Abbassò lo sguardo sulle sue gambe lasciate scoperte dalla felpa e si chiese cosa dovesse fare. Dal bagno non sentiva più il rumore della doccia, segno che Andrew ne era uscito. Doveva andare ad augurargli la buonanotte? Doveva andare a dormire senza dire una parola? Dio, quante complicazioni!

Sentì bussare alla sua porta e si alzò di scatto, cercando di allungare il più possibile quella maledetta felpa, che arrivava a coprirle fino a metà coscia.

La testa di Andrew fece capolino dalla porta, sorridente, ma quando la vide in piedi a pochi metri da lui, la sua espressione cambiò, diventando improvvisamente seria.

Cosa aveva fatto, ora?

Aprì del tutto la porta, facendo un passo all’interno della stanza, mentre Jude restava ferma col cuore a mille. Andrew si soffermò sulle sue gambe nude, poi sui fianchi e le spalle. Quando gli occhi di Andrew arrivarono ai suoi, Jude ci lesse una strana brama dentro e questo la fece tremare come se un cubetto di ghiaccio le stesse scendendo giù per il collo, che invece era accaldato.

Jude fissò Andrew, i capelli ancora bagnati e indossava solo un pantalone largo, probabilmente di una vecchia tuta. I suoi occhi si fermarono sul petto scoperto del ragazzo, ancora umido, e desiderò di sfiorare con le sue mani la sua pelle liscia.

Si morse un labbro imponendosi di tornare con gli occhi a quelli di Andrew, che ovviamente non si era perso nessuna delle sue espressioni da malata mentale ed ora sogghignava impunemente.

-Fa molto caldo qui dentro, non trovi?- Dio santissimo, doveva per forza dirlo con quel tono di voce basso e suadente? E doveva per forza muovere con non-chalance quella mano sul ventre scolpito?

-Un po’- balbettò cercando di allargare un po’ il collo di quella dannata felpa.

-La mia felpa…ti sta bene- si passò la lingua sulle labbra e Jude si sentì svenire come una ragazzina.

-Grazie- rispose titubante abbassando lo sguardo, mentre univa le mani.

-Jude…- la ragazza alzò lo sguardo e lo vide stringere forte la maniglia della porta, mentre la fissava con quegli occhi timorosi, ma decisi e quel ghigno dipinto sulla faccia.

Lasciò la maniglia con decisione, arrivando di fronte a lei in due falcate. Fissò i suoi occhi verdi in quelli cristallini, di Jude, studiandoli per qualche secondo. Poi leggera ed inaspettata arrivò una carezza sul viso di Jude, che si sentì andare a fuoco dalla tempia al mento. Lo sguardo che Andrew le stava rivolgendo era così carico di emozioni, così languido, fiducioso, speranzoso e quella carezza era stata così dolce che gli occhi le si fecero pesanti e la sua mano corse automaticamente a quella di Andrew, ancora ferma sul suo viso, per far intrecciare le loro dita in un gesto rassicurante e spontaneo.

-La prima volta che ti ho visto, ero talmente cieco che non mi ero nemmeno accorto della persona che avevo di fronte- sussurrò carezzandole una guancia col pollice –quando poi ti ho rivista ancora, sai cosa ho pensato?-

Jude cercò di sforzarsi di ricordare le prime volte che aveva visto Andrew, non perchè aveva una scarsa memoria, ma perchè le mani del ragazzo che accarezzavano il suo viso non erano di certo d’aiuto per la sua concentrazione.

-Cosa hai pensato?- ripeté meccanicamente le sue parole, ormai completamente andata.

-Che eri bellissima- sussurrò così vicino al suo volto che Jude non riuscì più a tenere gli occhi aperti.

Sentì Andrew sospirare prima di avvicinarsi e poggiare delicatamente le labbra sulle sue, senza muoverle. E poi sentì il vuoto sotto di lei.
Il cuore prese a batterle impazzito, lo stomaco si strinse in una morsa assassina e il suo cervello non aveva ancora captato quello che stava succedendo. Le sue mani furono più veloci della sua testa e lentamente andarono alle spalle del ragazzo, ma prima che riuscissero ad attirarlo verso di lei, Andrew si staccò, lasciandola interdetta.

Si guardarono per un istante, senza dir niente, poi Andrew le lasciò un’altra carezza sulla guancia, questa volta allontanandosi di un passo da lei.

-Buonanotte Jude- nessun sorriso dolce, solo uno sguardo pieno di qualcosa che non sapeva ancora riconoscere.

-Buona…notte- riuscì ad ansimare prima che lui uscisse dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Jude rimase impalata in quella stessa posizione per diversi minuti, lo sguardo verso la porta ed una mano ad accarezzare le sue labbra dove poco prima aveva sentito il calore di quelle di Andrew.

Non l’aveva immaginato, vero? Andrew l’aveva baciata. Certo, era stato uno sfioramento di labbra più che altro, uno di quel baci che si scambiano i bambini all’asilo, ma cavolo, aveva poggiato le sue labbra su quelle di Jude.

Sospirò sonoramente buttandosi all’indietro verso il letto sotto di lei, portando una mano a coprirsi gli occhi, mentre un piccolo sorriso si faceva largo sulle sue labbra.
Ora che conosceva la storia di Andrew, capiva di più il suo comportamento: quel voler sembrare sempre freddo, distaccato, indifferente, era tutto un riflesso del suo rapporto con i genitori. Vederlo ora aprirsi, anche se a poco a poco, con lei, vedere che era attratto da lei, era fantastico. Perchè poteva essere anche la persona più ingenua del mondo, ma ormai era chiaro che Andrew fosse attratta da lei almeno un terzo di quanto lei non lo fosse da lui.

Lui, al suo contrario però, sembrava timoroso di qualcosa. Andava lentamente con lei, forse anche troppo. Doveva spingersi e fare la prima mossa o rispettare i suoi tempi a costo di dover aspettare anni?
Scosse la testa, sbuffando infastidita: lei fare la prima mossa? Non ci sarebbe riuscita nemmeno volendo e poi doveva andarci piano con Andrew che non era abituato a tutto quello, ad avere qualcuno che si preoccupa e prende cura di lui. Una sua mossa avventata l’avrebbe solo spaventato e fatto allontanare da lei. Per ora Andrew aveva problemi ben più importanti di quelli di cuore che aveva lei, e Jude doveva sostenerlo e concentrarsi su quello.

Non sapeva cosa si provasse ad essere dipendenti da qualcosa, ma sapeva che per Andrew non sarebbe stato facile uscirne ed era suo compito stargli accanto e sostenerlo, sempre.

Doveva prima aiutarlo a guarire il suo corpo poi, magari, sarebbe riuscita a guarire anche il suo cuore.

 

 

 

*                *                  *

 

 

 

 

 

 

 

 

TATATATAAAAAAN!

Eccoci qui. Ecco scoperta la storia di Andrew, povero cucciolo, e finalmente tra i due la situazione si sta smuovendo.

Spero vi sia piaciuto il capitolo :)

A presto, spero!

Futuro. Cosa volete diventare? Lo sapete già o siete ancora indecisi?

 

   
 
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