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Autore: Shark Attack    22/04/2013    4 recensioni
Prendete una classica storia fantasy e buttatela via: il protagonista cade dalle nuvole e si ritrova a dover salvare il mondo come dice una profezia sbucata da chissà dove, giusto? No, non qui.
Lei è Savannah, lui è Nehroi: sono fratelli senza fissa dimora, senza passato, senza futuro ma con un presente che vogliono vivere a cavallo tra il loro mondo e il nostro seguendo solamente quattro regole: non ci si abbandona, si restituiscono i favori, non si prendono ordini e non si dimentica.
Sfidano antiche leggende, rubano amuleti e armi magiche di ogni genere per il solo fine di diventare più forti e usano i poteri per vivere da nababbi a NewYork. Il resto non conta. (... o almeno, così credono!)
[Grazie anticipate a chiunque vorrà essere così gentile da leggere e lasciare due parole di commento! ^-^]
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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28
Signori, la cena




Era un uomo fisicamente imponente, muscoloso, dall'aria scaltra e minacciosa allo stesso tempo.
Entrò nel giardino poco dopo Nehroi e Heim e molti visi si voltarono nella sua direzione quando lo fece.
Aveva la pelle ambrata dal sole che lo aveva accompagnato in mille battaglie, capelli neri ma talvolta ingrigiti prematuramente dal tempo e occhi blu scuri, profondi, che saettavano freneticamente in giro tra i presenti come se ne stesse analizzando e memorizzando ogni dettaglio.
Indossava la tipica divisa delle guardie, ma non era marrone come quella di tutti i soldati che i Fratelli del Deserto avevano incontrato nel corso della loro scapestrata vita: era una divisa color avorio, una tonalità così elegante che l'uomo sembrava un sontuoso principe arabo.
Scese gli scalini bianchi affiancato da due guardie, alla sua destra ed alla sua sinistra come ali spiegate tra i civili. Indossavano la divisa marrone, senza alcun segno speciale se non una stellina rossa al posto dell'ultimo bottone del colletto; uno dalla carnagione chiarissima e i capelli rossi come rame lucente, con occhiali dalla montatura ampia e spessa; l'altro scuro come la corteccia di un albero, dall'aspetto meno robusto del collega, con occhi azzurri come il timido cielo dell'alba che vagavano attenti tra le fronde degli alberi variopinti.
Si muovevano con lo stesso passo dell'uomo che li divideva con imponenza, come burattini legati dai fili al loro marionettista. Savannah si voltò verso Phil quando immaginò sovrappensiero a quel modo i due ragazzi e si stupì di non essersi accorta prima che anche l'umano aveva lo stesso atteggiamento con Heim, il Capo a cui faceva da consigliere, e che lo stesso comportamento lo manifestavano anche la ragazzina che era accanto a Decra durante la riunione e persino Silar con suo nonno, sebbene l'anziano reggente non fosse ancora comparso quella sera e non potesse fare un paragone in diretta.
Fu Olus il primo ad accogliere il trio di guardie e si prodigò in poderose strette di mani e pacche sulle spalle dell'uomo al centro.
«Ani, carissimo, che piacere rivederti!», esclamò col viso talmente illuminato da sembrare ringiovanito.
L'uomo in avorio sorrise a sua volta e rispose con la stessa cordialità al saluto visibilmente entusiasta. «Quanto tempo!», commentò con nostalgia.
«Sei ancora sposato con Sanlia?»
L'altro fece una smorfia e poi scoppiò in una fragorosa e breve risata, facendo notare la sua presenza anche a chi ancora non se ne fosse accorto. «Oh no, l'ho rispedita da sua madre! Meglio a Eastreth che ad asfissiare me, le ho detto!»
Olus rise della sua battuta e mentre Savannah lo osservava ripensando all'ottusità che aveva dimostrato nei suoi confronti la sera della festa, Heim pose una mano sulla sua spalla e la fece sussultare. «Aner!», chiamò con la sua voce profonda e imperiosa. «Posso presentarti anche la sorella del tuo nuovo cadetto?»
«Futuro cadetto», sottolineò l'uomo tornando serio ma sempre solare. Si avvicinò alla ragazza con ampie falcate e i due angeli custodi tennero il passo con naturalezza.
«Aner Nekkis, capo delle guardie di Ataklur», disse marziale sollevando una mano, e Savannah pensò alla sua cameriera e ai suoi modi ugualmente bruschi. Poi l'uomo indicò il ragazzo rosso alla sua destra, «Fazil Menthis», e il nero alla sua sinistra, «Ur Kal. Piacere di conoscerti.»
Quando vennero nominati, i due soldati fecero un lieve cenno con la testa e la jiin rispose di riflesso imitandoli. «Savannah», disse poi lei alzando una mano per stringere quella che Nekkis le stava porgendo.
«Savannah Krajal», precisò il capo delle guardie mentre scuoteva le loro mani con forza. «Ho già sentito parlare di te, molti miei sottoposti hanno avuto molte gatte da pelare a Feinreth negli anni scorsi...»
Savannah inspirò, sorprendendosi di essere svuotata di ogni interesse per quei nuovi volti e per ciò che le stavano dicendo. Provò però irritazione sentendosi correggere il suo nome e la manifestò arricciando il naso con uno scatto.
«Anche voi ne avete date a noi», soffiò tra i denti ritirando la mano dolorante. Un paio di fiori del suo abito si chiusero nel bocciolo come se si fossero spaventati dal suo cambio d'umore e qualche petalo arancione cadde a terra.
Il capo delle guardie tirò in su un angolo della bocca, divertito, e i suoi occhi sembrarono accendersi. «A ognuno il suo punto di vista. Noi siamo dalla parte della legge e della giustizia, e credimi quando dico che regolare un mondo di jiin non è affatto facile... per fortuna ci sono giovani talentuosi pronti ad offrire il loro aiuto tra le forze dell'ordine!»
Si voltò verso Nehroi ed alzò un braccio come se volesse accoglierlo. «Lui, cara ragazza, ha capito tutto. Sarà un piacere vederlo in azione.»
Savannah assottigliò lo sguardo. «Non le importa quanti dei suoi soldatini abbia fatto fuori nella vita, quindi. Chissà che penseranno i “suoi uomini”...», sibilò senza neanche curarsi dell'espressione basita del fratello.
I suoi occhi violacei erano incatenati solamente a quelli del capo delle guardie, in una battaglia trincerata tra espressioni finte e corporature sproporzionate.
Aner Nekkis sostenne quello sguardo senza battere ciglio e, anzi, si chinò per raggiungere l'altezza della ragazza e fissarla più da vicino. «Credi che le guardie siano tutti dei sangue blu?», domandò con vaga soddisfazione.
Savannah non rispose. Si inumidì le labbra e la sua mente si arrovellò rapidamente sulle ipotesi e le nuove informazioni che quella semplice frase stava aprendo, ma tutto quello che fece fu cercare di non sembrare troppo sorpresa.
La comparsa sui gradini di una affaticata Decra, morbidamente avvolta in un lungo abito verde che svolazzava sotto il pancione ad ogni passo come una bandiera al vento, divenne il pretesto della giovane jiin per evitare quel campo minato che si era creato tra lei e Nehroi. Esclamò rapidamente un «Ti aiuto!» e saettò verso l'ingresso del giardino, porgendole un braccio come sostegno.
«Disinteressatamente?», domandò Decra con un piccolo ghigno. Accettò il suo braccio e riuscì a scendere le scale con più facilità.
«Immagino che una donna incinta non debba sforzarsi troppo...», buttò lì la ragazza. Seguì con la coda dell'occhio gli spostamenti di suo fratello e delle tre guardie, sentendosi tradita nel vedere i tentativi del brehkisth di seguire i movimenti di Nekkis come le due marionette che gli facevano da ombra.
«E io immagino che tu voglia solo evitare tutto quel testosterone ambulante.»
Attraversarono il boschetto di alberi variopinti, seguendo il percorso di lanterne di carta fino al centro del giardino. Uno spiazzo di erba perfettamente verde e curata si stendeva come un frusciante tappeto fino alla foresta scura che precedeva i monti della barriera, che si ergevano alti fino a nascondere molte delle stelle nel cielo.
Al centro del prato, circondato da fiaccole accese e piantate nel terreno come picche, c'era un tavolo rotondo e persino più grande di quelli delle sale delle riunioni. Era solo una striscia di legno, lunga e robusta, con tante gambe arcuate a sorreggerla; a differenza degli altri due tavoli che Savannah aveva visto a Tolakireth, al centro era cavo ed ospitava un grande falò che rischiarava l'ambiente imbrunito come su una spiaggia d'estate.
Era circondato da quindici sedie e ad ognuna corrispondeva una disposizione impeccabile di stoviglie lucenti; non c'era un'unica tovaglia ma tante strisce di tessuto bianco che separavano piatti e posate dal legno scuro, pendendo all'interno ed all'esterno del cerchio come drappeggi medievali. Non appena qualcuno si sedeva, sul lato della tovaglia rivolto verso il fuoco compariva la sua iniziale finemente ricamata e decorata con elementi floreali.
Presero posto solo dopo aver osservato chi si era già seduto e calcolato la posizione migliore per evitare Nekkis, Heim, Silar, Chawia...
«Non possiamo metterci lontane da tutti!», aveva protestato Decra con una risatina frizzante. «Ci sarà almeno una persona che puoi sopportare di avere accanto per qualche ora.»
Nehroi si era seduto tra Nekkis e il soldato di colore, mentre l'altro si sedeva accanto al suo capo.
Dietro Savannah e Decra erano comparsi anche Hartis e Kin, impegnati in una complessa conversazione sul mondo ai tempi della loro gioventù, poi un infastidito Goon con Deiry al seguito, gli occhi così tanto fissi al terreno che rimase un mistero come riuscisse a non andare a sbattere contro nulla e nessuno, e infine Helea, che aveva donato subito un'occhiataccia ai due fratelli ed aveva sbuffato.
«Dubito che ci sia qualcuno di realmente sopportabile», aveva commentato amaramente la jiin mentre si immaginava a gambe incrociate per terra, col piatto sulle ginocchia, che mangiava lontano da tutti.
Decra si sedette su una sedia a caso e la ragazza sentì un fremito lungo la schiena vedendo che non era troppo distante da Chawia. «Non devi avercela con Nehroi», disse il Capo di Feinreth con voce materna, invitandola a prendere posto accanto a lei battendo una mano sul tessuto della sedia. «Sta solo facendo la scelta migliore per la sua vita.»
«Tu non sai cosa sta facendo.»
La donna alzò un sopracciglio e il suo sguardo si addolcì. «Non sta per arruolarsi tra le guardie?», domandò candidamente.
Savannah sospirò e si guardò attorno come se stesse per fare una cosa proibita. Poi si sedette e si voltò completamente verso Decra, dando le spalle a chiunque si sarebbe seduto alla sua sinistra.
«Lascia perdere», tagliò corto con decisione e desolazione.
Alla destra della donna comparve la raggiante e sfrontata Helea, che posò una borsetta lilla sulla sedia e poi sparì nel percorso illuminato dalle Stelle bianche.
«Perché sei sempre così scontrosa?», chiese Decra. Stava lisciando il tessuto della tovaglia che pendeva sulle sue gambe e lo sguardo era fisso sulle posate scintillanti che circondavano in gran numero i due piatti impilati di fronte al viso.
«E perché tu sei sempre così gentile con me?», sputò Savannah con indifferenza. Intuì dalle chiacchiere alle sue spalle che i posti liberi alla sua sinistra erano stati occupati dai due anziani del gruppo, Hartis e Kin.
«Perché sono il tuo Capo», rispose con naturalezza la donna incinta.
Savannah rise, dapprima soffiando dal naso, a labbra serrate, poi in maniera sempre più vivace.
«Scherzi?», disse con irriverenza agitandosi sulla sedia. Dall'altro lato del tavolo circolare si stavano sedendo Phil, Heim, Silar, Olus e Goon praticamente in contemporanea, l'uno accanto all'altro come compagni di banco dall'infanzia.
«Ad un tratto sono degna di un qualche cortesia perché sei il mio Capo?»
Decra non sollevò il suo sguardo dalle posate e si morse un labbro.
«Tu non potevi non conoscere i tuoi predecessori, sapevi chi erano, sapevi che... chi, sapevi chi eravamo. Chi siamo. E non hai mai fatto nulla!»
«So cosa stai pensando», esalò Decra con voce colpevole. «Perché non vi ho mai trattato con riguardo, lasciandovi vivere a quel modo.»
Savannah annuì e sembrò tranquillizzarsi almeno un po'. Vide con la coda dell'occhio che Helea stava per arrivare assieme a Chawia ma la cosa non la interessò troppo. Il cielo era ormai scuro, la sera era calata rapidamente in quelle chiacchiere che scioglievano gli attriti e scaldavano gli animi prima della cena e il fuoco al centro della tavolata circolare iniziava ad essere davvero brillante ed imponente, bello come il sole. Nehroi sembrava davvero a suo agio tra le guardie, dall'altro lato della tavolata...
«È un inizio», asserì Savannah dopo un po'.
La donna si sfiorò il pancione ed abbassò lo sguardo su quell'ingombro che le impediva di avvicinarsi di più al tavolo. I suoi occhi si trasformarono in pozzi liquidi quando si persero nella contemplazione del fuoco e la giovane jiin sentì che il vociare che le circondava si stava indebolendo man mano che la sua attenzione aumentava.
«Io non volevo fare il Capo», esordì Decra con voce stanca. «Ma i miei genitori mi iscrissero comunque al Gran Torneo per l'elezione e per non deluderli feci del mio meglio. Non mi interessava vincere, ma per loro sarebbe stato un grandissimo onore... in effetti non li biasimo. Io ho sempre vissuto la cosa dal punto di vista della ragazzina capace e abbastanza sveglia, avevo sedici anni e non me ne poteva importare di meno della politica e del governo di una regione come Feinreth. Avevo altri progetti per la mia vita, volevo viaggiare e...»
Savannah corrugò la fronte e si sentì confusa. Sapeva bene come venivano eletti i nuovi Capi, sebbene non avesse mai avuto l'occasione di assistere ad un Torneo e alle sfide che dieci tra i più anziani della città organizzavano per testare i candidati, ma non capiva come quel ricordo potesse rispondere ai suoi dubbi. «Cosa c'entra?», domandò quindi.
«Sai quanti anni ho?»
La giovane jiin si sentì spaesata e la osservò come se la stesse vedendo per la prima volta, guardandola per davvero. La sua pelle era abbronzata a causa del sole del deserto, ma non era particolarmente rovinata. Poche rughe, nessun capello bianco, sguardo vispo, ma sapeva che quello in arrivo non era di certo né il primo né il secondo figlio. «Quaranta?», ipotizzò con un'alzata di spalle. Un cameriere in divisa comparve tra tavolo e fuoco ed iniziò a versare vino scarlatto nei calici di tutti e quindici gli ospiti versandolo da una bottiglia apparentemente inesauribile.
«Trentasette», precisò Decra con un sorriso complice. «Brava, di solito me ne danno di meno.»
«Ancora non capisco cosa c'entra con noi», commentò Savannah senza scomporsi. Il cameriere era ancora a due metri da lei, stava versando il vino nel calice di un Phil immerso in una conversazione con Heim, tanto fitta che sembrava una confabulazione.
Decra annuì e riprese il suo racconto. «Io sono il Capo da ventuno anni, voi due eravate già nati ma eravate troppo piccoli per ricordare. Nehroi aveva succeduto con talento e successo alla guida già prolifica di Ughrei, e insieme avevano condotto Feinreth in un felice ventennio d'oro. La nascita del suo primogenito era stata celebrata con gioia da tutta la regione, perché si sperava che avrebbe proseguito l'epoca positiva con un terzo mandato in famiglia... ma la morte di Adalé fu un colpo troppo duro per vostro padre, e questo fu l'inizio della fine. L'inizio dei problemi.»
La jiin posò entrambe le mani sul tavolo con tanta forza da far tintinnare le posate e i bicchieri anche degli ospiti accanto a lei. I suoi occhi erano sgranati e le palpebre si muovevano febbrilmente con stupore. Provò ad immaginare Feinreth in festa per la nascita di suo fratello, provò a trasformare il ricordo di una festa che aveva vissuto in quella che non aveva visto, ma le venne solo un gran mal di testa.
«Impossibile. E... nostra madre è morta prima... nostro padre non ha retto?», domandò con un filo di voce, credendo di aver capito male.
Cercò di far combaciare quelle informazioni con l'idea che aveva cullato con gelosia per tutta la vita, anche se in poche ore erano molte le finte certezze che le erano crollate addosso. Ogni sogno, ogni convinzione, ogni ipotesi sulla verità... era tutto sbagliato.
«Sì», confermò Decra con più asprezza del previsto. «Tanto da fargli perdere il senno. Iniziò a diventare un Capo sempre meno presente, più avventato che saggio. Non sembrava che gli importasse più la guida della regione, aveva occhi solo per i figli. Voi due, l'ultima cosa che gli rimaneva della sua amata.»
Qualcosa di caldo ed allo stesso tempo spiacevole cadde lascivo nelle viscere di Savannah, improvvisamente a disagio. Non li avevano abbandonati, non erano scappati, li avevano amati. Erano stati amati dai loro genitori, suo padre aveva occhi solo per loro... Il cameriere arrivò a lei e riempì il suo calice, ma la ragazza non se ne accorse nemmeno.
«Però eravamo anche in guerra con Lagireth e un Capo che non sapeva più fare nulla non era di alcun aiuto», proseguì Decra. «La gente iniziò ad insorgere contro di lui, chiedendo che si facesse da parte o che tornasse a lavorare seriamente. Quando le truppe di Lagireth iniziarono a farsi troppo vicine alle soglie della città, quelle proteste lo smuovettero e finalmente Nehroi tornò in azione. Combatté in prima linea dando tutto sé stesso, ma ormai era così poco in grado di ragionare che non riuscì a farcela. Fu la sua ultima battaglia e la popolazione chiese a Ughrei di tornare a rivestire la carica di Capo, sperando che portasse ancora anni di felice prosperità e, magari, una tregua con la regione delle alte montagne.»
Savannah spostò lo sguardo da Decra, immersa fino al midollo nel mare dei ricordi, al falò. Oltre quelle fiamme gialle ed accecanti c'era il suo viso, quello dell'unico Nehroi che lei avesse mai conosciuto. Provò a figurarsi gli eventi appena uditi immaginando un uomo identico al fratello che amava, che aveva figli, che governava, che sedeva a Tolakireth come avevano fatto loro in quei due giorni. Chissà se aveva avuto una cena simile, se si era seduto anche a quello stesso tavolo, se sarebbero stati vicini di stanza...
Le fiamme tremarono e Savannah credette di aver visto un altro Nehroi, ombra del fratello, fissarla con i suoi stessi occhi viola. Non era fiero e sicuro di sé come nel ritratto nella sala delle riunioni, non guardava in faccia il futuro, non era speranzoso. Guardava la morte, la disperazione, con un viso impazzito come la ragazza immaginava dal racconto di Decra. Aveva perso la moglie, a casa c'erano due bambini piccoli ad aspettarlo, ma lui fronteggiava la battaglia senza curarsi delle ferite, attaccando e rifiutandosi di tornare, forse era meno doloroso stare lì e...
L'ombra sparì in una fiamma più alta delle altre e Savannah tornò a guardare la donna. La stava fissando in attesa di poter continuare.
«Poi?», domandò la ragazza. Provò un'orribile sensazione di vuoto allo stomaco e si sentì a disagio.
Decra esitò e il suo sguardo divenne indecifrabile. Probabilmente era solo un effetto della luce danzante del fuoco davanti a loro, ma i suoi occhi divennero stranamente vitrei.
«Nehroi era crollato per la perdita di Adalé, Ughrei crollò per la perdita di Nehroi. In più c'eravate voi, i suoi figli, così piccoli che non poteva che badare a voi e fare il nonno. Neanche lui riuscì a guidare la regione a lungo, così istituì il Gran Torneo. Si ritirò nella vostra abitazione e sparì dalle scene, ricomparendo solo alla bottega degli alcolici, nelle giornate più cupe.»
Iniziarono a servire le prime portate e Savannah se ne accorse solo quando il vociare si attenuò e venne sostituito dal tintinnare delle posate nei piatti. Abbassò lo sguardo al suo e non riuscì nemmeno a distinguere cosa le avessero servito.
Nella sua mente c'era solo Ughrai, il vecchio burbero che aveva conosciuto, amato ed odiato durante l'infanzia. Cercò di scavare nella sua mente fino a far riemergere il ricordo più lontano che possedesse, ma fallì. Provò allora ad immaginarlo con due bambini piccoli, lei con gli occhi del padre e Nehroi che probabilmente era la sua copia rimpicciolita...
«Feinreth conobbe i suoi due anni più bui della sua storia grazie a loro. Metà città era ridotta a ruderi, cenere, e Lagireth aveva mietuto molte vittime», proseguì Decra dopo aver assaggiato il pesce che le era stato posto nel piatto. «Quando salii al potere, sebbene fossi solo una ragazzina, gravò su di me il peso e la responsabilità anche delle loro azioni. La popolazione li odiava, dimenticando le due decadi di prosperità che i tuoi parenti avevano consentito prima di quel rapido declino, e io non potei fare altro che ignorarli. La guardia cittadina si rifiutava di proteggervi dalle loro angherie e la vostra casa prese fuoco due volte. Ughrei vi portò nella casetta fuori città in cui avete vissuto e fu un'altra mossa degna del saggio Capo: così lontani dalla folla, finì nel dimenticatoio e non ci furono più dispetti nei suoi confronti.»
Savannah schioccò la lingua contro il palato ed annuì, intuendo quale sarebbe stata la frase successiva. «Aggiungiamo il naturale odio per gli orfani e abbiamo trovato i bambini con tutte le carte in regola per essere odiati fin dalla culla.»
Con grande sorpresa di Savannah, due lacrime rigarono il viso di Decra. Tirò su con il naso, poi infilzò rapidamente un boccone con la forchetta, mandò giù e si passò il tovagliolo sul viso, fingendo di doversi pulire la bocca.
«Io non vi ho mai odiati», disse con voce strozzata. «Non vi ho mai incolpati del crollo dei nostri Capi, non pensarlo... ma la gente a volte è folle, soprattutto quando è indebolita dalla guerra e mezza città era distrutta e voi due eravate l'unica causa visibile, tangibile e... ogni volta che le guardie mi riferivano cosa vi succedeva, io... mi veniva voglia di scendere in piazza e difendervi a viso scoperto, ma che avrebbe pensato la popolazione? Ormai ero un Capo, non potevo più fare la prima cosa che mi passava per la testa. La regione intera si aspettava che fossi responsabile, così non potei fare altro che insabbiare moltissime accuse che pendevano su di voi in continuazione da quando siete finiti negli orfanotrofi. Quando vi richiamavo nel mio ufficio volevo solo controllare che cresceste sani, volevo vedere che...»
La sua voce sparì in un singhiozzo e Savannah intuì che la storia era finita.
«Avevamo puntato tutto sulla ragazza», commentò pensieroso Heim mentre la osservava, lisciandosi la barba biancastra. La giovane jiin stava pateticamente consolando il suo Capo con timide ed imbarazzate carezze sulla spalla, balbettando qualcosa mentre si guardava attorno con nervosismo. «... e invece il più sentimentale tra i due si è rivelato il fratello.»
Silar fece spallucce e si grattò una tempia. Allontanò da sé il piatto ed alzò una mano per chiamare il cameriere, indicandogli il suo bicchiere vuoto. «I rapporti sulla loro infanzia dicevano che lui era duro e testardo e lei incapace di fare un passo da sola, che altro potevamo pensare?»
«Che dobbiamo aggiornarli?», suggerì Olus mentre si sistemava con astio il nodo della cravatta, facendo cadere il tovagliolo dal tavolo.
«Decisamente. Dirò a Mayson di farlo non appena torna nell'archivio.»
«Ad ogni modo... l'importante è che li abbiamo presi, bel colpo!», commentò contento Silar.
Le sue labbra si distesero in un largo e soddisfatto sorriso mentre gli occhi si illuminavano, e non era merito del fuoco. «Nehroi sarà la fine di tutte le rivolte monarchiche, il sogno di Chawia non potrà che frantumarsi ancor prima di nascere e andrà tutto per il meglio.»
Omise ciò che avrebbe pensato per sistemare anche Savannah, ma la sua mente continuò a correre anche dopo aver terminato la frase.
Olus prese tre calici, ne porse due ai colleghi e sollevò il suo con un sorriso soddisfatto. «Un brindisi?»

Più tardi, quella sera, quando ormai mancava solo il dolce, Nekkis si alzò da tavola stagliandosi possente nel cielo stellato e picchiettò il coltello sul bicchiere, richiamando l'attenzione di tutti i presenti.
«Signore e signori», tuonò con la sua voce potente. «Volevo innanzitutto ringraziare Tolakireth e la splendida cena che ci è stata offerta, se si potesse mangiare così tanto e bene tutti i giorni nel corpo di guardia... avremmo dei soldati più larghi che alti!»
Qualche risata si levò da vari punti del tavolo, ma Nekkis alzò una mano e le spense prima che si potessero diffondere ulteriormente. «Ma non è di questo che volevo parlare. Questa sera stiamo festeggiando il grande passo che il qui presente Nehroi Krajal ha deciso di affrontare! Chiedo il permesso ai nostri Capi di istituire un piccolo torneo, diciamo, uno spettacolo improvvisato per testare le uniche e speciali abilità del nuovo cadetto!»
Per qualche istante la proposta rimase sospesa in un lugubre silenzio, come se i presenti avessero bisogno di qualche momento in più per comprendere cosa avesse detto. I primi ad acclamarla furono Silar e Olus, alzando i bicchieri, seguiti a ruota da Heim, che batté i piedi a terra con ritmo, e persino da Phil, finendo per smuovere un po' tutti. I due soldati, Menthis e Kal, aumentarono il tono delle approvazioni battendo le mani e facendo incitamenti da stadio mentre Nehroi si lasciava trasportare dall'entusiasmo e si alzava in piedi come una star al concerto.
Solo Helea e Chawia sembravano non aver mai avuto meno voglia di sorridere ed entusiasmarsi in tutta la loro vita e ripresero le loro chiacchiere tra donne come se non fosse successo nulla, tornando nel piccolo ed isolato mondo in cui si erano rintanate lungo tutta la serata. Si erano interrotte solamente quando Decra aveva iniziato a piangere, ma la presenza di Savannah aveva reso vana ogni speranza che potessero intervenire.
Nehroi aggirò tutti i commensali fino ad arrivare alle spalle della sorella, intenta a passare il dito sul bordo del suo bicchiere con un'espressione annoiata.
«Annah», la chiamò con un sorriso. Lei si voltò lentamente e lo guardò di sbieco.
La sua voce scattò secca come una trappola per topi. «Vuoi che ti tolga il sigillo per far divertire i tuoi nuovi amici?»
Nehroi però non si lasciò demoralizzare e voltò subito lo sguardo verso i Capi. «Oh no! Sono nei guai!», esclamò ironico enfatizzando la sua finta disperazione portandosi le mani al viso. «Dove potrò mai trovare un altro jiin abbastanza potente da aiutarmi?»
Questa volta le risate furono più fragorose e persino le due dame spocchiose aggiunsero la loro voce al coro. Rise anche Goon, e Deiry accanto a lui; risero i vecchi Kin e Hartis, rise Decra, rise Phil.
Savannah desiderò sprofondare nel terreno o incendiarli tutti, il suo animo furibondo ed imbarazzato era molto combattuto.
Cercò di non guardare nessuno di quei volti tronfi e divertiti e si focalizzò sulle fiamme. Senza che se ne rendesse conto, si sentì ribollire tanto che immaginò di essersi data fuoco da sola e le risate si spensero come se qualcuno avesse premuto l'interruttore.
«Annah, i tuoi...», sussurrò Nehroi con voce stupita.
«I miei?», domandò voltandosi rapidamente verso di lui, allarmata.
Lo vide alzare un dito verso la sua testa, senza scostare lo sguardo da lei. «I tuoi capelli», disse.
Savannah afferrò un cucchiaio ed immaginò di allargarne il metallo dilatandolo fino a farlo diventare grande e piatto come uno specchietto. Lo alzò e si osservò la testa mentre i presenti continuavano a rimanere in silenzio, come se la sua reazione potesse scatenare qualcosa.
Le labbra della ragazza disegnarono una tonda O non appena comprese cosa avesse ammutolito e stupito tutti quanti. Alcune ciocche dei suoi capelli neri come la notte sopra di loro erano diventate rosse incandescenti, incredibilmente simili al fuoco che danzava tra loro. Non bruciavano, non scottavano: si erano tinte all'improvviso, fiammeggianti, e senza che la loro proprietaria se ne accorgesse. Persino il suo viso era più rosso.
«Non l'ho fatto apposta!», esclamò Savannah come se volesse giustificarsi, sorprendendosi del suo tono lievemente impaurito.
Hartis, alla sua sinistra, le posò una mano sul braccio e la fece voltare verso di sé. «Attenta, giovane jiin: troppo potere senza controllo ti può sfuggire di mano», disse con serietà.
«Questo è il prezzo da pagare se non si ha un'istruzione magica alle spalle», commentò aspramente Helea con una punta di soddisfazione, ma lo sguardo torvo di suo marito la fece tornare in silenzio.
Savannah gettò il cucchiaio-specchio sul tavolo e si alzò freneticamente dalla sedia come se qualcosa l'avesse morsa. Si voltò verso Nehroi e gli posò una mano sul petto, nello stesso punto in cui la metteva da anni senza mai spostarsi di un centimetro, ed immaginò il sigillo scivolargli via dalla pelle e dallo spirito, liberandolo dall'oppressione e rilasciando la maledizione che li allontanava.
«Divertiti», gli disse quando fu costretta ad interrompere il contatto fisico. Ritrasse la mano in fretta mentre, alle sue spalle, Decra scattava in piedi gemendo di dolore con una mano stretta sul pancione. Contemporaneamente si alzarono anche Hartis, Kin e Chawia; le posate e i piatti tintinnarono nell'agitazione dei loro movimenti e un paio di sedie caddero a terra.
Si allontanarono di qualche passo da Nehroi e anche lui indietreggiò per non danneggiarli. «È un buon inizio, Nekkis?», domandò ad alta voce. I quattro Capi avevano sul viso espressioni miste di dolore e stupore e continuavano a spostarsi indietro, mentre si chiedevano quanti metri dovessero mettere tra loro per non sentire gli effetti anti-magici della maledizione.
Il capo delle guardie batté le mani soddisfatto e gli si avvicinò con i due soldati al suo fianco. Furono loro i primi a non riuscire a resistere alla vicinanza, ma il loro capo non durò molto di più ed alzò le mani sconfitto a due metri e mezzo dal ragazzo.
Con un'espressione davvero colma di ammirazione si voltò verso Savannah, ad appena una ventina di centimetri di distanza, per nulla turbata. «Complimenti! Che splendida forza di resistenza fisica!», la elogiò.
La jiin sbuffò e guardò altrove, provando disgusto mentre ad uno ad uno tutti i Capi si avvicinavano a Nehroi, ingaggiando una specie di gara per vedere chi riuscisse a rimanere più tempo degli altri in quella zona opprimente per tutti i jiin. Sfidando i tormenti che bruciature, soffocamento e pressione fisica abbattevano su di loro, sembravano bambini entusiasti di un nuovo giocattolo. Non sapevano come Nehroi se lo fosse procurato, né dove né perché, ma la cosa che fece irritare Savannah più di tutte fu la loro ignoranza dei problemi che quella maledizione aveva causato ai due fratelli negli anni, e il fatto che non se ne curassero affatto.
«Voglio provare anch'io!», esclamò Kin, ma Silar accorse rapido sostenendo che avesse un'età troppo veneranda per potersi sottoporre ad un gioco simile. La giovane jiin strinse i pugni con stizza e si allontanò dalla folla.
Rimasero sedute solamente Deiry, Helea e Phil, la prima perché le era stato vietato in ogni modo di avvicinarsi ancora ai due fratelli e gli altri due perché una brehmisth e un umano non avrebbero avuto nulla da testare. Helea stava giocherellando con il coltello quando due mani sulle spalle la fecero sobbalzare, il suo viso ruotò all'improvviso e le sue labbra incontrarono quelle del marito. Si baciarono con dolcezza per un lungo istante, poi lui le fece cenno di seguirlo. «Ho la vincitrice!», esclamò il Capo di Bastreth, poi spinse la donna nel raggio d'azione della maledizione e le fece un gran tifo mentre la guardava avvicinarsi sempre più al ragazzo senza incontrare il minimo ostacolo, scatenando le acclamazioni degli jiin sconfitti.
«Un potere davvero unico», commentò un Heim col fiatone. Nehroi lo ringraziò sorridente e si voltò verso sua sorella per dire che non sarebbe riuscito a sopportarlo senza di lei, ma non la trovò.
Helea stette al gioco facendo un inchino e prendendo in giro chi ancora testava la propria resistenza, poi diede loro le spalle e si indirizzò a Nehroi, distraendolo dalla ricerca di Savannah.
«Potete anche aver avuto il peggior passato del mondo e potete pure imbrogliare tutti, dal primo all'ultimo, ma non ingannerete mai me», sibilò velenosa. «Non importa dietro quante divise vi nasconderete: non siete nient'altro che assassini fuorilegge e lo resterete per sempre.»


*-*-*-*



Per scrivere questo capitolo (terminato ad un orario improponibile e soprattutto tra lo scritto e l'orale di un esame <.<) mi sono aiutata con un po' di canzoni malinconiche, una su tutte In my arms, in modo da migliorare il racconto di Decra... spero abbia fatto l'effetto che speravo, soprattutto le reazioni di Savannah!
Grazie ancora una volta a chi mi ha seguita fin qui, capitolo dopo capitolo!
Alla prossima!
Ciao!

Shark
   
 
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