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Autore: pallade    23/04/2013    5 recensioni
Ecco un romanzo cavalleresco con una madamigella un po' sui generis.
Un gran torneo di cavalieri dà il benvenuto a sir Olrich, potente signore delle terre di Ychmal dalla lama affilata ed infallibile, che dovrà affrontare Artù Pendragon nella finale della competizione.
Sir Olrich esprime il desiderio di usufruire dei servigi di Merlino (di giorno e di notte).
Artù, suo malgrado, si trova costretto ad accettare. Merlino, dal canto suo, non disprezza le attenzioni che giovane ed appetente cavaliere non manca di dimostrargli ed arriva a farsi qualche domanda.
Una storia di cocente gelosia e confessioni macerate nel cuore, passione travolgente e rivalità.
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(le introduzioni sono il mio tallone d'Achille. Mi promettete di dare almeno un'occhiatina?)
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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In quanto ospite d’onore, a sir Olrich erano state date le stanze nell’ala ovest del castello che si affacciavano sull’intera città. Erano spaziose e vantavano pezzi di mobilio di gran lusso. Il letto aveva un baldacchino riccamente ornato ed i tendaggi alle finestre erano impreziositi di finissimi ricami. Il torneo durava in totale quindici giorni con un’aggiunta variabile alla permanenza a seconda dei festeggiamenti.

Dopo esser stato visitato dal suo medico personale, un anziano studioso di nome Igor che aveva preso posto nella più nota locanda di Camelot, Il Sole Crescente, Olrich si era ritirato nelle sue stanze, seguito da Flaccus. Dopo averlo aiutato a svestirsi, il servitore gli aveva preparato la tinozza riservata agli ospiti, quella capiente ed in solido legno, con l’aiuto di alcuni servitori di Corte.
A quel punto Olrich aveva congedato il suo valletto, ricordandogli di passare per l’alloggio del cerusico Gaius fingendo un qualche dolore. Pur titubante Flaccus aveva obbedito, riservando al padrone un ultimo inchino prima di chiudersi la porta alle spalle.

Olrich era appoggiato al davanzale della finestra a rimirare il paesaggio quando qualcuno bussò.

– Avanti. – disse il cavaliere con voce solenne, senza cambiare la sua posizione. La serratura scattò e la porta cigolò sui cardini mentre si apriva rivelando il volto incerto di Merlino.

– È permesso? – chiese adocchiando dubbioso la figura alla finestra.
Olrich si voltò lentamente e sorrise caldamente quando notò il servitore fermo sulla porta semiaperta.

– Caro ragazzo! Quale piacere! – esclamò come se il loro incontro non fosse stato programmato: – Ma entra, insomma, cosa fai lì sull’uscio? Non mi temi, spero. O già desideri che il nostro tempo sia concluso? – mentre parlava, gli si avvicinava tenendo le braccia tese verso di lui.
Merlino si sentì in qualche modo rassicurato dal suo modo di fare e richiuse la porta, azzardando qualche passo dentro la stanza.

Aveva attraversato il castello per raggiungere le stanze dell’ospite con un groppo fisso in gola e la paura di compiere un tale sacrificio per Camelot solo perché non aveva possibilità di scelta. Nei giorni precedenti non aveva mai avuto modo di trovarsi faccia a faccia col cavaliere di Ychmal. Lo aveva osservato da lontano e ne aveva temuto l’abilità nel caso in cui si fosse scontrato con Artù. Quest’ultimo, dal canto suo, non sembrava provare alcun rancore nei suoi confronti né disprezzo di sorta. Ne ammirava la bravura ma non commentava il suo operato come signore terriero o la sua fama di amatore. Solo dopo quanto successo quel pomeriggio Merlino aveva potuto comprenderne il motivo.

Però il suo atteggiamento quella sera era quello di uomo d’onore e Merlino si permise di esalare un sospiro di sollievo.
Olrich aveva raggiunto una cassa in legno e cuoio ai piedi del suo letto e stava trafficando con il gancio d’apertura. – Desideri qualcosa, Merlino? Quando riuscirò ad aprire il mio bagaglio avrò l’occasione di farti assaggiare il nettare più saporoso che esista. –

La cerniera cedette ed il cavaliere emise un verso vittorioso. All’interno della cassa vi erano vesti ben piegate, pergamene arrotolate e boccette e piccole anfore sigillate.
Olrich ne estrasse una di media grandezza con manico singolo e dal collo sottile che si allargava all’estremità. – Viene da Foyer. Sono gli abati della collina del Prono a produrlo. – strappò la stoppa che avvolgeva il tappo e aprì il contenitore, annusandone il contenuto ad occhi chiusi. – I vigneti della mia terra d’origine sono molto rinomati. Ogni anno mi faccio inviare decine e decine di botti del nostro vino più profumato e pregiato. Gli abitanti di Foyer mi sono grati perché in cambio del loro nettare io chiudo un occhio su alcuni… – fece una pausa sogghignando fra sé: – commerci illeciti. –

Merlino non sapeva come replicare, perciò si limitò ad annuire. Olrich sembrò intuire il suo disagio, perché sorrise e gli passò l’anfora, abbassandosi di nuovo verso la cassa ed estraendone due calici in argento che ritraevano entrambi due civette cesellate. Merlino inclinò il recipiente in argilla e riempì i calici, apprezzando il suono scrosciante del vino corposo che ricadeva su se stesso.
A quel punto, ripose l’anfora nella cassa dopo averla richiusa con il tappo in legno e si girò verso il cavaliere, che gli allungava uno dei due calici con un sorrisetto in volto. Il servitore glielo sfilò dalle dita titubante.

– Un brindisi. – disse l’altro sollevando il calice.

– A cosa brindiamo? –

– Ai cavalieri, all’arme e agli amori: che siano tanti, d’onore e buoni. –

Portarono entrambi i calici alle labbra e sorseggiarono il liquido. Merlino si trovò costretto a strizzare le palpebre e a fermarsi più volte, non abituato al sapore forte e puro di quel vino. Olrich lo bevve come fosse stata acqua.
Fingendo nonchalance quindi il cavaliere si allontanò, sistemandosi sul bordo del letto, accarezzandone le lenzuola di lino leggero.
Merlino si rigirò il calice fra le dita senza avere il coraggio di guardarlo.

– Cosa aspetti, Merlino? – aveva cambiato tono di voce oppure il nervosismo nelle orecchie del mago aveva provocato problemi di ricezione. Deglutì con forza, sentendosi già la testa girare.
Un fruscio alle sue spalle lo convinse a farlo voltare.

Olrich si era alzato e si stava sfilando la tunica. I muscoli delle braccia si torsero nel movimento. La stoffa scura lasciò il posto ad una carnagione dorata ed appetente. Gli anni di allenamento gli avevano fatto bene: aveva spalle larghe e petto ampio, una costituzione compatta e gradevole. Il vino aveva conferito alle sue gote velate dalla barba un rossore piacevole e gli occhi, neri come la notte, sembravano ancora più oscurati dal desiderio. I capelli scuri gli ricadevano sulla fronte in ciocche sbarazzine e Merlino non sapeva come trattenersi. – Mio signore, io… –

Si bloccò dimentico di quanto avesse da dire.
Olrich si avvicinò lentamente senza staccare gli occhi dai suoi. Gli poggiò una mano sul petto, accarezzandolo sensualmente e facendo scivolare le dita sotto il fazzoletto. – Sei troppo vestito, Merlino. – raggiunse il nodo e lo slegò, facendo scivolare il pezzo di stoffa rossa a terra.

– Mio signore, io non ho mai… – il pollice di Olrich si frappose fra le sue labbra e Merlino strabuzzò gli occhi.

– Non credo che il nostro caro principe non abbia mai preso ciò che gli spetta di diritto. –  disse, sfilandogli il calice ormai vuoto dalle mani e lasciandolo cadere sul materasso.

– Artù non mi ha mai… – si interruppe ancora, distratto dai denti del cavaliere che gli morsicarono gentilmente il collo scoperto. Respirando a fatica riuscì a concludere la frase: – Artù non mi ha mai toccato. –

Olrich si allontanò di scatto e aggrottò le sopracciglia. Merlino ansimò ancora e si sentì in dovere di spiegare. 

– Artù non vuole me, lui non fa certe cose. Ha già espresso il suo interesse nei confronti di un’altra serva. Lui non è così. – concluse d’un fiato.

– Flaccus è il mio valletto personale da cinque anni e mai oserebbe chiamarmi per nome. Tu ti rivolgi in modo impertinente al tuo padrone chiamandolo “Artù”. Non me la dai a bere. –

Merlino sospirò scrollando le spalle. – Non abbiamo mai… fatto niente. Lui non prova interesse per me. Sono solo il suo servo. –

Olrich colse la malcelata amarezza nelle sue parole ed addolcì la sua espressione, cingendo le spalle del servitore con un braccio ed attirandolo a sé. – Pazienza, mio caro. Ciò che desideriamo di più spesso resta fuori dalla nostra portata. –
Si accomodò di nuovo sul materasso, facendo segno all’altro di sedersi al suo fianco: – Vorrei tediarti con il racconto di un mio amore perduto, ma penso che troverò un altro modo per distrarti. –

Prese ad accarezzare la guancia di Merlino, che arrossì sotto il suo tocco. Il mago chiuse gli occhi abbandonandosi alla sensazione ed il contatto di Olrich si fece più insistente. Lo spinse lievemente sulla schiena e Merlino si lasciò cadere.

Le labbra di Olrich gli scorrevano sulla clavicola ed aveva già infilato le mani nelle braghe. – Il principe è uno sciocco. – gli baciò il naso: – Perdersi questo magnifico fiore, denigrandolo e gettandolo via… – si interruppe puntellandosi sui gomiti. Sotto di lui il mago ansimava, rosso in volto. Si era sfilato la camicia durante uno dei movimenti e giaceva sul lino, nudo e scoperto. Olrich era un amatore d’eccezione e sapeva ciò che ogni amante desiderava sentirsi dire (anche e soprattutto quando non voleva la sua compagnia).

Si avvicinò al suo volto e gli baciò piano le labbra una, due, tre volte. – Sei uno spettacolo, Merlino. –

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
– Dannazione! – gridò Artù scaraventando il fodero del suo pugnale contro il muro.

I primi raggi dell’alba graffiavano il cielo notturno schiarendone i colori.
Il principe aveva cercato di dormire. Si era infilato nel letto e non aveva fatto altro che rigirarsi fra le coltri per tutta la notte, sbuffando. Era tormentato dalle visioni che vedevano protagonisti il suo buffo, stupido, imbranato servitore e quel cavaliere che gli era ormai rivale anche nella vita privata.

Non si era mai interrogato su ciò che provata, Artù. Aveva lasciato solo che le cose continuassero per la loro strada, non sentendo il bisogno di arrivare alle conclusioni (o probabilmente temendo le conclusioni di un ragionamento circa i sentimenti).

Ma non poté più ingannare se stesso dopo quella notte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Quando Merlino si svegliò Olrich lo stava osservando con una strana espressione in volto.

– Buongiorno. – lo salutò il cavaliere sporgendosi per stampargli un bacio sulla fronte.

Merlino bofonchiò qualcosa in risposta e non poté trattenere il sorriso che gli attraversò le labbra.
Fece per alzarsi ma una fitta dolorosa glielo impedì. Gemette e si accasciò di nuovo sul cuscino.

Olrich ridacchiò. – Non temere, il bruciore dura solo le prime volte. –

– Mi sembra di essermi seduto su una torcia. – borbottò l’altro. Olrich rise di gusto e si scostò le lenzuola dal corpo, arruffando i capelli di Merlino prima di alzarsi.

– Il cerusico saprà consigliarti un unguento per placare il dolore. Della salvia, magari… –

– Non ho intenzione di dire a Gaius di tutto questo. – lo interruppe Merlino.

Olrich sollevò un sopracciglio. – Non c’è bisogno che tu glielo dica. L’intero castello non avrà altro argomento di conversazione fino alla mia partenza. –

Merlino gemette di nuovo strappando un’altra risata ad Olrich.

– Orsù, mio adorato, levati. Il carro di Helios ha già cominciato il suo viaggio e noi quaggiù abbiamo doveri da compiere. –

Il servitore ridacchiò e si sollevò con cautela, sotto l’occhio divertito dell’altro. – Non ti facevo un poeta, Olrich. –

Il cavaliere gli si avvicinò di nuovo e lo baciò ancora, più coinvolto e profondo. Quando di separarono avevano entrambi il fiato corto e l’urgenza nello sguardo: – Sei tu che mi ispiri. –

Merlino sorrise chiudendo gli occhi.

Preferì non farsi domande su quello che era successo e su quanto avrebbe comportato. Preferì non ripetersi il nome di Artù nella mente e si concentrò solo sul sapore più reale e concreto di Olrich sulle sue labbra. Olrich, che lo desiderava e l’aveva avuto. Olrich, che lo aveva notato e preso con passione, senza preoccuparsi di nient’altro che del desiderio personale. Olrich, che l’aveva fatto sentire bene come mai prima.

Ma il nome di Artù non sfumava facilmente e nel petto di Merlino crebbe un sentimento di bruciante rimorso.
 
 
 
 

 





 
 
 
 
 
 
 

 



angolino ino ino

ve l’avevo detto che avrei potuto anticipare, no? comunque, ringrazio tutte voi che avete letto e commentato o solo inserito fra seguite e addirittura preferite. <3 è bellissimo
Olrich è un gran figo, ma non temete il merthur arriverà. Personalmente mi piace questa “notte di transizione”. Mi auguro piaccia anche a voi, con un merlino che si sente non apprezzato e pensa di non poter avanzare pretese verso chi desidera (e non sa che artù si tormenta nel sonno). 

Grazie per tutto il seguito che ha avuto il primo capitolo! Questo secondo è un po’ lento, breve e poco erotico e ho pensato di abbassare il rating, purtroppo. Ho preferito rimandare l'incontro fra i nostri due eroi al prossimo. qui sarebbe venuto un po' lunghetto..
Il prossimo sarà un poco angst.

Bene bene allora fatevi sentire ancora in tanti, vi aspetto!
Perché sempre il silenzio non è d’oro! ^^ 
   
 
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