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Autore: Waterproof    23/04/2013    2 recensioni
Dal XII capitolo:
"Harry, vaffanculo." Borbottai, voltandomi per andarmene.
"Ci andrei, ma ci vai spesso tu. Mi toccherebbe condividere con te anche quel posto."
Ora gli spacco la faccia.
*
"
Mi stai toccando il sedere, Styles? " Domandai, scostando violentemente la sua mano.
" Io posso. "
" Ah, sì? E chi lo dice? " Incrociai le braccia al petto, aspettandomi una risposta esauriente.
" Questo. " Sussurrò, indicando il segno rosso sul collo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4.









Quando il mattino dopo mi alzai, il mio primo pensiero andò a Sandy.

Lewis me la pagherà.

Cos’aveva voluto dire?
Avevo lasciato perdere l’intenzione di addormentarmi per cancellare ogni buon proposito nei confronti di Styles, e mi ero dedicata alla riflessione su quell’affermazione di Miss Antipudore. Ergo, avevo dormito benissimo, dato che poco mi importava di cosa pensasse quell’arpia.
 Mi vestii in fretta e legai i capelli, un inferno rispetto alle volte precedenti in cui li avevo asciugati senza neanche pettinarli. Uscii dalla mia stanza alle otto meno dieci e mi diressi verso la nostra classe, ove quattro ore di lezione ci attendevano. Quando varcai la soglia, trovai già Josh intento a leggere i suoi appunti.
Mi accomodai accanto a lui, incurante della mia compagna di banco rimasta sola per quel giorno. Le lezioni erano già noiose di per sé, non mi serviva l’aiuto di chi non sapeva neanche dove iniziare a sbuffare.
La classe si riempì in pochi minuti, e quando Harry fece il suo ingresso evitai di guardarlo. Si mise a sedere sul lato opposto della stanza, di fronte alla lavagna.
<< Buongiorno, ragazzi. >> Il professore entrò, sorridendo. Forse era l’unico a cui interessasse realmente essere lì.
Posò la sua ventiquattrore sulla scrivania e si voltò verso la lavagna, prima di scrivere, a caratteri cubitali, Flaubert.
<< Cosa vi ricorda? >> Ci furono svariate risposte, prima che io mi decidessi ad alzare timidamente la mano.
<< Bovarismo. >> Lo vidi indicarmi ed accennare un “esatto”, prima di disegnare una freccia accanto al nome dello scrittore con ciò che avevo detto. Quando mi chiese di cosa si trattasse, cercai di tenere lo sguardo fermo su di lui.
Ero particolarmente ansiosa, in certe situazioni.
<< Flaubert divide in due il personaggio di Emma. Da un lato la utilizza per descrivere la condizione di chi richiamava dal passato valori ormai tramontati, sogni romantici. Dall’altro la ridicolizza perché calati al suo livello borghese, quei sogni diventano stupidi e kitsch. >>
Styles mi lanciò uno sguardo divertito, evidentemente alludendo ad uno dei nostri incontri, quello in cui mi aveva rovinato la lettura del romanzo rivelandomene tutto il finale. Bastardo.
<< E lei cosa pensa di Emma, signorina Lewis? >>
<< Stupida e illusa. Io credo abbia sposato più l’idea della vita che avrebbe potuto avere con Charles che Charles stesso. In fondo, si capisce sin da subito che tipo sia: ottuso e troppo posato. >> Non avevo mai espresso le mie idee in classe, durante gli anni del liceo.
Semplicemente, temevo avrebbero potuto essere sbagliate. Ma ora non avevo nulla da perdere, il professore era lì per ascoltarmi, e a quanto pareva era così interessato da spronarmi a continuare con un’altra domanda.
<< Non credo di dover fare di tutta l’erba un fascio, professore. >> Commentai, arrossendo.
<< Allora mi dica, a lei che tipo interessa? >>
Mi tornarono alla mente le numerose chiacchierate avute con Elena, che era scoppiata a ridere alla mia risposta. Ora speravo non accadesse lo stesso, sarebbe stato alquanto imbarazzante.
<< Disadattato, disilluso. Un Mr. Darcy. Qualcuno che io possa tentare di salvare. >> Vidi Josh sorridermi, mentre io mi calavo sempre più nei meandri della vergogna.
Come avevo potuto confessare una cosa del genere, davanti ad una classe di diciannove persone, in più? Dovevo essere impazzita. La mancanza di zuccheri mattutina noceva gravemente alla mia salute psichica già dannosamente ed irrimediabilmente provata.
<< Lei si ritiene in grado di salvare? >> Chiese infine, socchiudendo le palpebre e appoggiandosi alla cattedra, senza distogliere lo sguardo da me.
<< No. >> Risposi, inchiodando i miei occhi ai suoi. << Ma posso essere lì in caso di crollo. E’ a questo che serve un compagno, no? >>
<< Questa è la sua idea di amore? >>
<< No, questa è la mia idea di “coppia”. Non ce l’ho un’idea di “amore”. >> Ammisi.
<< Conosce il finale di Madame Bovary? >> Il mio sguardo stavolta si rivolse a Harry, che lo stava ricambiando. Annuii, incerta. << Quello è amore. >>
<< Morire con una ciocca di capelli della moglie tra le dita? >> Domandai, inarcando un sopracciglio. Sorrise, sardonico, e mi fece quasi ridere. Qualcuno si voltò a guardarmi mentre acquistavo più sicurezza e mi appoggiavo serenamente allo schienale della sedia, incrociando le braccia. << Quella è ingenuità, e forse dedizione. Non amore. >>
Improvvisamente, in quella camera c’eravamo solo noi due. Non sentivo gli occhi addosso di nessuno, non come prima, almeno.
<< Ma scusi, lei non ha detto di non avercela, un’idea? >> Annuii, veementemente.
<< Certo, ma questo non vuol dire che io non sappia cosa invece sia lontano da ciò che voi chiamate “amore”. Io credo che una storia sia al culmine quando raggiunge la stabilità. Insomma, una bella famiglia, con dei figli, un lavoro. Ma quella è solo apparenza. Cosa c’è dentro? L’assiduità, l’abitudine, uccidono noi e le nostre compagnie, e ce ne rendiamo conto quando ormai è troppo tardi. Ci si stanca, lo so per certo. Purtroppo sono molto pragmatica, valuto ciò che mi viene sotto gli occhi. Seneca probabilmente si starà rivoltando nella tomba. >> Spiegai, sorridendo per l’ultima frase.
<< Sono d’accordo con lei sull’abitudine, ma non sulla stabilità. Vorrebbe davvero un rapporto basato su continui alti e bassi? Sarebbe stancante anche quello, ad un certo punto. >>
<< Non sto dicendo questo, sia chiaro. Per abitudine intendo mancanza di… Credo sia la mancanza di… >>
Non riuscivo a continuare, eppure quella parola ce l’avevo sulla punta della lingua.
<< Istinto. >> Intervenne Styles, senza sollevare lo sguardo dal banco.
Fu la sua voce a riportarmi alla realtà, e quindi in quella classe piena di gente che stava solo aspettando che io dicessi qualcosa. Il professore, colto di sorpresa, si voltò verso il suo alunno e lo guardò perplesso, aspettandosi evidentemente che continuasse da solo quello che aveva intenzione di dire con la sua risposta. Harry si fece attendere, ma quando finalmente sollevò il capo e parve voler guardare il signor Owens, si rivolse a me. Mi fissò dall’alto dei suoi occhi verdi, con un’intensità che non avevo visto neanche nei momenti di litigio più accesi. Mi pregai da sola di stare attenta alle sue parole, che mi stavano in qualche modo dando ragione nella discussione con l’insegnante.
<< L’abitudine è mancanza di elettricità. Manca la scossa che aveva fatto nascere il tutto. >> Spiegò, sibillino. Tuttavia lo capii benissimo, perché era proprio quello che intendevo dire io.
<< Quindi un colpo di fulmine, magari. O forse un odio che si trasforma in passione. >>
<< Sciocchezze. >> Dicemmo all’unisono, facendo sussultare l’insegnante. Io stessa mi sorpresi della sincronia della nostra esclamazione.
<< Non potrebbe mai interessarmi chi ho detestato. >> Quelle sue parole mi colpirono.
Erano dirette a me, ne ero certa. Ero l’unica di sesso femminile che lui detestasse, su questo ero sicurissima dato che conoscevo praticamente tutte le ragazze che frequentava.
Ma a me non interessava… interessargli. Neanche nel mio caso la situazione sarebbe potuta cambiare.

Ad un certo punto l’odio diventa eccitante.

Forse era vero, ma non con Styles. C’era troppa distanza tra noi, nessuno dei due avrebbe mai provveduto a risanare quell’enorme vuoto che si era venuto a creare col tempo.
Il professore preferì chiudere lì la discussione e tornò sul tema principale, mentre io, ancora scossa, fissavo il volto teso di Harry. Sembrava fosse quasi pentito di avermi dato una soddisfazione simile. Darmi ragione, lo sapevo, era l’ultimo dei suoi desideri. Eppure condivideva la mia tesi, e la cosa mi faceva uno strano effetto che forse non potevo neanche paragonare alle infinite volte in cui un desiderio struggente di ucciderlo si faceva spazio in me.
Era… Diverso. E immediatamente mi tornò in mente la sera prima, il suo intervento, e la mia ingratitudine. Forse ero stata troppo brusca.
Al termine della lezione non feci in tempo ad alzarmi per potergli andare vicino, che l’insegnante di spagnolo fece il suo ingresso in aula ansante. La sua fronte – così come il resto del suo corpo – erano imperlati di sudore. Era una brutta visione, ma la nostra attenzione fu distolta dalla sua persona per volgersi ad una ragazza dai capelli scuri che se ne stava sulla porta, esterrefatta dalla scena che le avevano propinato dinanzi.
Aveva dei capelli molto corti, neri e un corpo minuto. Sembrava più piccola di noi, ma ogni dubbio mi fu tolto quando l’insegnante ce la presentò. Era della nostra stessa classe d’età, pertanto aveva diciotto anni. Intercettò il mio sguardo e mi sorrise, e inconsciamente mi ritrovai a ricambiare. Sembrava simpatica.
Si mise a sedere al banco accanto a quello mio e di Josh, così mentre la signorina Gallagher si voltava per cancellare alla lavagna e scrivere l’argomento della sua lezione, mi allungai verso la nuova arrivata, Louise, per presentarmi. Josh cercò di fare lo stesso, ma onde evitare di farci cadere entrambi a terra per un movimento troppo brusco, gli vietai di stringerle la mano.
<< Bien chicos. Hoy vamos a hablar de los dialectos. >>  
Dialetti. La nostra insegnante prese a parlare spagnolo, quasi noi fossimo di indole messicana o iberica. Non si fermava neanche per chiedere se fosse tutto chiaro, ma preferimmo non farci caso e tornare a prendere appunti, per quanto potessimo.
 
La fine delle lezioni fu una sorta di miracolo. Non appena la campanella suonò, avevo completamente rimosso ciò che avrei dovuto fare circa tre ore prima, quando prima che entrasse Gallagher mi stavo alzando per andare da… Ah, sì.
Ora ricordavo.
Attesi che tutti fossero usciti ed intimai a Josh di aspettarmi fuori. Ci avrei messo un attimo.
Mi avvicinai silenziosamente al banco di Styles, cercando di farmi vedere senza dover attirare in qualche modo la sua attenzione. Tossicchiai, schiarendomi la gola, e subito i suoi occhi furono su di me. Dato che non mi decidevo a parlare, con un gesto vago mi spronò a farlo, prima di alzarsi raccogliendo le sue cose.
<< Aspetta! >> Scattai, allungando un braccio verso di lui. Ritrassi subito la mano, quasi scottata. << Volevo solo ringraziarti per ieri sera. Tutto qui. >>
<< Prego. >> Rispose, laconico, e si dileguò. Il mio dovere lo avevo fatto, ma forse un senso di irritazione stava crescendo dal momento che neanche sembrava aver apprezzato il mio gesto.

A chi importa?

Zaino in spalla, uscii dalla classe, raggiungendo Josh. Al solito, raggiungemmo il nostro albero per pranzare, quando vedemmo da lontano la figura di Louise, seduta sul muricciolo del cortile, sola. Allungai un braccio per richiamare la sua attenzione, e quando finalmente sembrò notare la mia presenza, sorrise e si avvicinò, a testa bassa. Doveva essere molto timida.
Al mio fianco, vidi Josh sistemarsi la t-shirt, prima di volgere i suoi occhi altrove.
Gli interessava!
Dio, non lo avrei lasciato in pace per quello.
<< Siediti con noi. >> L’incitai, facendole spazio. << Allora, di dove sei? >>
<< New Castle. Sono arrivata stamattina qui. >>  Rispose. << Voi due? >>
Diedi una gomitata a Josh, perché rispondesse al posto mio e iniziasse finalmente a parlarle. Massaggiandosi il costato, mi lanciò un’occhiataccia torva prima di replicare; sarebbe stata un’impresa fallo uscire allo scoperto.
<< In che camera sei? >> Domandai, mangiando il mio panino. Fortuna voleva che la sera a mensa ci fosse della pasta.
<< La 36, con una ragazza irlandese. Jamie Horan. >>
Quel cognome mi suonava vagamente familiare.
<< La cugina di Niall! >> Intervenne Harry, sedendosi. Un momento, ma quando era arrivato?
Iniziavo a credere che fosse una sorta di ninja, un fantasma che appariva improvvisamente per turbare la quiete. Non era possibile riuscisse a spuntare senza che nessuno se ne rendesse conto, o forse era un problema solo mio.
<< Piccolo il mondo. Devo dirglielo. >> Afferrò subito il cellulare, distogliendo l’attenzione da noi. Da canto mio, tornai a Louise, per cercare di metterla a suo agio, dato che sembrava particolarmente tesa.
<< Josh, perché non le porti a vedere il campetto di tennis? >> Incitai, socchiudendo le palpebre a mo’ di sguardo inquisitorio. Sapeva che non avrei accettato un “no” come risposta, pertanto si alzò e attese che Louise lo raggiungesse. Con due dita gli feci cenno che avrei saputo tutto, se si fosse comportato male o altro, quindi avrebbe fatto meglio a stare attento.
Quando sparirono dalla mia visuale, tornai al mio pranzo, senza far caso a chi era ancora lì a mangiucchiare il proprio sandwich.
<< Conosci Il mondo nuovo di Huxley? >> Chiesi, scavando nella mia borsa.
<< Dovrei leggerlo a breve, perché? >>
<< Bene, così non mi rovinerai il finale. >> Commentai, prima di prendere il tomo ed iniziare a sfogliarlo.
<< Quanto la fai lunga… Se non mi sbaglio lo avevi già letto e riletto quel libro. >>
<< Non potevi saperlo. >> Affermai, guardandolo.
<< Io so tutto, dolcezza. >>
Inarcai un sopracciglio, inserendo un dito nel punto in cui ero arrivata e lo fissai. Se il suo tutto equivaleva a niente, allora ero decisamente d’accordo con lui.
<< Sai anche che sto per mandarti via con un calcio nelle palle? >> Borbottai, acida.
Okay, forse avevo esagerato.
<< Togliti dal sole, yogurt. >>
<< Demente. >>
<< Idiota. >>
<< Scassapalle. >>
<< Parlare con te mi fa venir voglia di suicidarmi! >> Imprecò, alzandosi di scatto.
Lo seguii a ruota, lasciando cadere il libro ai miei piedi prima di puntargli un dito contro.
<< Forse dovrei parlarti più spesso! >>
<< Non sperarci troppo, non mi ucciderei mai per te. >>
Era appena stato contraddittorio o mi sbagliavo? Insomma, prima aveva detto che si sarebbe suicidato, poi… Ohh, mi stava confondendo! Brutto…
<< Mi stai scartavetrando gli organi genitali maschili che non ho, me ne vado! >>
<< Oh, adesso sei anche uomo! Wow! >> Gridò, per farsi sentire.
Mi fermai di scatto, furente, prima di voltarmi verso di lui.
<< Non lo saprai mai, Styles! >>
<< Non ci tengo, grazie! >>
Ora stava davvero superando ogni limite.
<< Dio, ma perché? PERCHE’? Hai creato tanti coglioni, perché anche lui?! >> Mi lamentai, rivolgendo il volto verso il cielo. Intanto tutta l’attenzione si era spostata su di noi, era calato un silenzio tombale al quale Harry non sembrò fare caso perché continuo imperterrito nella sua cavalcata verso la morte certa.
Sì, perché lo avrei ucciso tra tre, due..
<< Per dare una vita a te, Lewis! >> Sul suo voltò apparve un ghigno vittorioso. << A parte me chi hai, eh? La tua amica a Parigi? Saresti sola se non ci fossi io, quello con cui te la prendi per ogni cosa che ti va male. >>
Sentii il libro scivolarmi dalle mani, per cadere a terra con un tonfo. Incassai malamente quel colpo, perché era la verità. Non che lui fosse la mia unica ragione di vita, giammai. Mi stava rinfacciando la mia solitudine.
<< Fatti una vita, verginella! >>
Non sapevo bene cosa mi avesse trattenuto dallo scagliarmi su di lui per prenderlo a schiaffi: forse il fatto che me ne stessi andando nella direzione opposta, con  un paio d’occhi pungenti per lacrime che spingevano per uscire e venti sguardi puntati addosso.
 
 





HOOOOOOLA
Ho deciso di rendere i capitoli più piccanti, quindi più Habbey in arrivo!
Louise è un nuovo personaggio, l’ho introdotto perché sarà fondamentale per lo sviluppo del racconto! E poi presenta una sorta di omonimia con il cognome di Abbey u.ù

Grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite, siamo ancora agli inizi! Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando :3
A.

  
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