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Autore: TheOnlyWay    23/04/2013    8 recensioni
Eve è normale.
È normale nel suo accento britannico, nei suoi anfibi consumati, nei suoi maglioni larghi e nella sua insicurezza.
È normale nella sua voglia di accontentare sempre gli altri, è normale quando affronta cose più grandi di lei. È normale nella sua paura dei temporali e nella sua testardaggine.
Zayn è il contrario della normalità.
È scorbutico, istintivo, diffidente e non gli piacciono i colori vivaci. Odia parlare troppo con chi non conosce, odia le persone assillanti e le sue debolezze.
Ma, come le persone normali, anche Zayn ha paura: di restare solo, della morte, dei viaggi lunghi in aereo e di crescere.
È la paura a fargli firmare il contratto che cambia per sempre la sua vita. È la paura che prende il sopravvento su di lui quando Eve gli è vicino, è la paura di stare male che lo spinge ad allontanarla sistematicamente.
Ma cosa succede, quando la normalità delle giornate, delle persone, di Eve, rompe le barriere che Zayn si è creato tutt'attorno? Cosa accade, quando si è esposti così tanto che il confine si tocca con un dito?
È vero, dunque, che la normalità è rivoluzione, e non, come in questo caso, una guerra?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 



 
Astio.
Mi raggiunse ad ondate ed era così evidente che la mia presenza nella stanza non fosse gradita, che mi bloccai dopo aver compiuto neanche un passo.
Zia Kate si voltò a guardarmi, estremamente seria e scosse il capo. Con la mano, mi fece cenno di accomodarmi e andò a sedersi dietro la sua scrivania.
Mi guardai intorno, cercando una poltrona o una sedia o qualunque cosa, ma le uniche due sedie disponibili erano occupate da Zayn Malik e da Liam Payne.
Sul divanetto posto contro la parete opposta, invece, c’era i restanti tre quinti dei One Direction e tutti e tre (più i due seduti davanti a zia Kate) mi guardavano decisamente male.
Arrossii e ciondolai sul posto, in difficoltà. Forse potevo ancora battere in ritirata senza sembrare una stupida.
«Evangeline, non restare lì impalata come uno stoccafisso. Siediti.»
Grazie tante, ma dove? Non c’era posto e nessuno sembrava intenzionato a cedermi il suo.
Poi, dopo un minuto che parve interminabile e in cui desiderai morire in almeno diciotto modi diversi, Liam sbuffò e lasciò la sedia.
Lo ringraziai con un sorriso tirato, al quale non rispose. Lo osservai, perplessa, mentre andava a sedersi sul bracciolo del divano. Avevo fatto qualcosa di male? Era improbabile, ancora non avevo aperto bocca. Che poi, fondamentalmente, ero innocua. Non ero una persona aggressiva, né cinica, né troppo orgogliosa. Forse un po’ sarcastica, ma nessuno è perfetto.
«Questo» zia Kate mi porse un plico di fogli «è il tuo contratto.» 
Confusa, inclinai la testa da un lato e gettai un’occhiata breve alla prima pagina. Era scritto in caratteri microscopici e, senza gli occhiali, non sarei riuscita a leggere nemmeno una parola.
Intanto, intorno a me, c’era solo il più completo silenzio.
Imbarazzata mi schiarii la voce.
«Non ho gli occhiali, non riesco a leggere.» borbottai, con le guance in fiamme. Ma perché dovevo sempre fare certe figure?
Zayn, seduto accanto a me, emise uno sbuffo sprezzante. Lo guardai con la coda dell’occhio, stupita da tutto quel risentimento. Non gli avevo fatto niente, allora per quale motivo mi guardava come se gli avessi appena accoltellato la madre?
Zia Kate sospirò.
«In poche parole, sarai la fidanzata di Zayn. Il contratto ha la durata di un anno e ti sarà garantito uno stipendio sostanzioso e regolare.» spiegò, con indifferenza.
Impallidii, con la speranza di aver sentito male. Quello, avrebbe giustificato senza ombra di dubbio tutto l’astio che stavo ricevendo.
«Pensavo si trattasse di un lavoro d’ufficio.» pigolai, in difficoltà.
Ecco. Ancora una volta, avevo avuto la conferma che mettersi in affari con zia Kate non fosse mai una buona idea.
Ma come le era venuto in mente di fare una cosa del genere? Come potevano pilotare la vita delle persone fino a quel punto?
Capivo alla perfezione che i One Direction fossero celebrità - avevano conquistato il mondo musicale ed erano famosi dappertutto – e che, di conseguenza, avessero un’immagine da mantenere. Ma, ingenuamente, avevo sempre pensato che fosse più semplice. Una truccatrice, magari qualcuno che stabiliva il loro stile nel vestiario, o qualcuno che controllava ciò che avrebbero dovuto dire, ma non avevo mai sospettato che anche la loro vita amorosa potesse essere messa così sotto controllo.
Grazie al cavolo, che mi odiavano tutti. Ero la stronza pagata per fingere di stare con uno di loro.
«Io non ho mai parlato di lavoro d’ufficio.» puntualizzò zia Kate, infastidita.
Probabilmente, si aspettava che mi sarei prostrata ai suoi piedi per ringraziarla della sua offerta.
«Zia, non credo di poterlo fare.» sostenni, sincera.
Alla parola “zia” si scatenò il putiferio.
Louis, seduto sul divano accanto ad Harry, scattò in piedi e cominciò ad urlare.
«Una raccomandata! Dovevamo aspettarcelo! È inconcepibile!» mi guardò con odio, poi tornò a sedersi sotto richiesta di Harry, che gli aveva afferrato il braccio per trattenerlo.
«Sai cosa è inconcepibile, Louis? Che il tuo collega sia stato fotografato sette volte, ubriaco, sempre in compagnia di una ragazza diversa: questo è inconcepibile. E la vostra immagine ne risente, ogni volta che esce fuori uno scandalo simile.» sibilò zia Kate, infastidita.
«Per quanto riguarda te, Evangeline, ti conviene firmare il contratto. Ho già contattato il tuo padrone di casa, ha detto che non paghi l’affitto regolarmente e che ha tutta l’intenzione di sfrattarti alla fine di questo mese.»
Arrossii fino alla radice dei capelli, umiliata. Perché mi faceva questo? Mi stava facendo passare per una morta di fame – cosa che forse potevo anche essere, ma non c’era bisogno di farlo presente in quel modo – davanti a cinque quasi coetanei che probabilmente avevano tanti soldi da potersi comprare dieci palazzine come quelle in cui vivevo.
Tuttavia, aveva detto la verità. Non avevo pagato l’affitto dello scorso mese, ma non era colpa mia se i signori Jackson non mi avevano pagato come d’accordo. Cosa avrei dovuto fare? Prostituirmi?
Zia Kate mi allungò una penna e aprì il plico di fogli, fermandosi sulla pagina in cui avrei dovuto lasciare la firma.
Deglutii, in difficoltà. Cosa dovevo fare? Firmare, oppure no? Mi sentivo quasi una prostituta e la cosa non mi piaceva. Non volevo essere scorretta e non volevo neanche costringere Zayn a sopportarmi. Forse, però, avrei potuto essergli d’aiuto, in qualche modo. Non sapevo come, ma ci avrei pensato.
Cosa fare?
Pensai un’altra volta all’affitto, a Andy – che anche se mi avrebbe accolto, sarebbe senz’altro rimasta delusa per il mio fallimento – a mamma e papà, che erano così fieri di me e raccontavano a tutti quanti che la loro bambina era cresciuta ed era indipendente.
«Mi dispiace.» mormorai, rivolta a Zayn.
Firmai, con mano tremante e con la sensazione di aver appena commesso un terribile sbaglio.
Zia Kate si sfregò le mani, soddisfatta dalla vittoria appena conseguita. Io mi limitai a fissare la scrivania con aria assente. Non avrei dovuto firmare. Ero una persona orribile.
«Ora, mentre aspettiamo Suzanne con la colazione, sarà il caso di chiarire un paio di punti.» zia Kate si sistemò gli occhiali sulla punta del naso e fece cenno ai One Direction di avvicinarsi alla scrivania.
Con aria svogliata, tutti e quattro si posizionarono dietro la sedia di Zayn, che continuava a rimanere stoicamente in silenzio. Io, stretta in un angolo, mi sentivo piccola e infame.
Mi detestavo per quello che avevo fatto, ma avevo scelta? In realtà sì, avrei potuto non firmare, ma non volevo proprio tornare a casa e ripetere a tutti che non ero stata capace di cavarmela da sola.
«Punto primo: nessuno, ovviamente, deve venire a conoscenza di questo accordo. Vale per tutti voi. Evangeline, tieni la bocca chiusa.»
Certo, perché proprio non vedevo l’ora di dire che ero una persona di merda. Quel contratto sarebbe stato il primo dei miei scheletri nell’armadio.
«Punto secondo: vi comunicherò le date delle uscite ufficiali, per tutto il resto, sarebbe meglio che non vi faceste vedere in giro senza avvisarmi. Punto terzo: per ogni cosa, dovrete fare riferimento a me. La vostra immagine è tutto, mettetevelo bene in testa. E, ultima cosa, quando siete insieme, sorridete, fate finta di divertirvi, parlate come se foste davvero innamorati. Se qualcuno sospettasse qualcosa, decideremo come agire. Oh, ecco il caffè!» cinguettò, improvvisamente entusiasta.
Non avevo neanche il coraggio di guardare Zayn negli occhi, certa che vi avrei trovato solo il disprezzo. Non avrebbe mai funzionato, nessuno ci avrebbe scambiato per una coppia di innamorati. Era impossibile. E poi, io ero una pessima attrice.
«Caffè?» Suzanne – la segretaria che poco prima mi aveva guardato con disgusto – mi porse il bicchiere di Starbucks con un sorriso maligno.
Non capii il motivo del suo divertimento, fino a che non finse di inciampare e mi rovesciò il contenuto del bicchiere sulla camicia bianca.
Balzai in piedi, perché il caffè scottava e la camicia mi si era appiccicata addosso.
«Sono mortificata.» sibilò Suzanne.
Come no, era il ritratto della desolazione. Agitai una mano, per dirle di lasciar perdere.
«Non importa. Potresti darmene un altro, per cortesia?» stupita dal mio tono tranquillo, mi porse un altro bicchiere.
Avrei sarebbe piaciuto rovesciarglielo addosso, ma non volevo abbassarmi ai suoi livelli. Perciò mi sedetti, la ringraziai e cominciai a bere.
Che giornata del cavolo. Era cominciata male, ma avevo la sensazione che le cose sarebbero peggiorate ulteriormente.
«Suzanne, porta una delle mie camicie di scorta. E fa in modo che non succeda più, o la prossima volta ti licenzio in tronco.» berciò Kate.
Suzanne arrossì e annuì, rivolse un’occhiata ai ragazzi ed uscì dalla stanza.
«Tutto okay?»
Era la prima domanda gentile che mi veniva posta e mi colse decisamente in contropiede.
Guardai Liam con gratitudine, ma lui sembrava già essersi pentito di avermi parlato. Probabilmente, era una persona gentile e gli era uscito spontaneo chiedere, ma non significava che mi avrebbe accolto a braccia aperte o che si sarebbe mostrato disposto a conoscermi.
«Sì, grazie.» mormorai, imbarazzata. Zayn mi rivolse un’occhiata risentita – l’ennesima – e si voltò dall’altra parte. Perfetto, già non mi sopportava.
Cadde di nuovo il silenzio, finché Suzanne rientrò con la camicia di zia Kate. Me la porse con un sorriso gelido, poi mi indicò il bagno con un cenno del capo.
Ringraziai e corsi a cambiarmi. In tutta probabilità, l’aria del bagno sarebbe stata più respirabile di quella dentro la stanza.
Non appena chiusi la porta, mi sentii libera di tirare un sospiro di sollievo. Non mi ero nemmeno accorta di essere rimasta praticamente in apnea, fino a che non avevo sentito la necessità di prendere fiato.
Mi cambiai lentamente, cercando di ritardare il più possibile il momento in cui avrei incontrato di nuovo lo sguardo di cinque quasi sconosciuti che mi odiavano.
«Stupida, stupida, stupida.» mi insultai.
Mi cadde lo sguardo sullo specchio. Rifletteva esattamente ciò che non avrei mai voluto vedere: una brutta copia di zia Kate.
Quella camicia, all’improvviso, mi sembrava troppo stretta, i capelli troppo ordinati e la mia faccia non era più la mia faccia.
Era una sconosciuta dall’aria familiare e non mi piaceva. La vera Eve non avrebbe mai firmato quel contratto e non sarebbe mai caduta in quel subdolo tranello.
Perciò, in quel momento, decisi che sarei stata dalla parte di Zayn, anche se lui mi avrebbe disprezzata, anche se non mi avrebbe mai accettata.
Doveva essere rimasto un po’ di me stessa, sotto quella camicia bianca.
Un po’ più serena, tornai in ufficio.
La situazione non era cambiata poi tanto, se non per il fatto che la mia sedia era stata occupata di nuovo da Liam: non avrei mai avuto il coraggio di chiedergli di alzarsi e, dopotutto, pensavo che la “riunione” – se così poteva chiamarsi quello schifo di incontro – fosse finita.
Perciò sorrisi a zia Kate, afferrai il mio contratto, ripromettendomi che l’avrei letto molto meglio una volta arrivata a casa e agitai la mano verso Liam, che si stava alzando per cedermi il posto.
«Non ti preoccupare, rimani pure. Tanto sto andando via.» gli sorrisi, tranquilla e mi avviai verso la porta. Una volta superato lo choc iniziale e presa una decisione più o meno intelligente, mi sentivo più a mio agio.
Dopotutto, ero una persona pratica.
«Evangeline?» mi richiamò zia Kate, stupita dal fatto che me ne stessi andando di mia iniziativa. Chissà, forse cominciava a pensare che non fossi dotata di un cervello funzionante.
«Sì, zia?»
«Ti accompagnerà Zayn. L’autista è a vostra disposizione. Fate conoscenza, ti contatterò io per decidere le date delle prossime uscite.» sostenne.
«Potete andare.»
E fu in quel momento, che Zayn Malik mi guardò negli occhi per la prima volta. Quello che vide, però, non gli piacque per niente.
 
 

***



Buonaseeera, fanciulle! Ecco qua il primo capitolo, in cui si comincia a capire qualcosa di più su Eve, sul suo modo di pensare, sulla bastardaggine di zia Kate e... be', vi dico solo che questo Zayn lo amo, don't know why. O, meglio, lo so perchè, ma non posso dirlo anche a voi, o spoilero troppo e non và bene.
E niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio per le recensioni al prologo, per aver inserito la storia tra le seguite e blablabla e vi adoro. Punto.
Se vi và, fatemi sapere che ne pensate :):)

Baci,
Fede!
 
 
   
 
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