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Autore: makyu_    23/04/2013    0 recensioni
Melissa Hopper racconta la sua storia, capitoli della sua vita che l'hanno portata fino a qui, l'hanno portata da lui.
La coincidenza o il destino li farà incrontrare, li fare innamorarsi, e tra mille avventure il loro amore continuerà per sempre, anche se lui non c'è più, nella loro bellissima bambina: Helo.
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Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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19.  Too late, too wrong, too pregnant.



*mi scuso per il banner assente, ma non si carica*
 



I giorni successivi a quel 31 dicembre erano stati i più brutti di tutta la mia vita dopo i giorni che seguirono il divorzio dei miei genitori.
Passavo il mio tempo a casa, nel letto, con la stanza avvolta nel buio più totale, pacchetti di fazzoletti e cestino per il vomito accanto al comodino.
Il morale sotto i piedi, soffocata dalle mie lacrime che non ne volevano proprio sapere di finire.
Mia madre che tentava inutilmente di capire il motivo del mio pessimo umore, mia sorella che mi portava barrette di cioccolata e gelato alla vaniglia senza fare domande.
Ero a pezzi.
Ma di certo non me ne ero stata con le mani in mano: ero andata casa di Ilary, implorandola di lasciarmi spiegare, di farmi ascoltare, ma non c’era stato verso.
Mi odiava, mi odiava davvero.
E come potevo biasimarla? Avevo lasciato che la mia migliore amica, l’unica che mi era stata accanto anche quando sembrava che di me non importasse più a nessuno – nemmeno alla mia famiglia -, venisse tradita con la mia complicità. Avevo lasciato che venisse usata, trattata come un tappetino, e ,cosa più schifosa di tutte, che venisse tradita da me.
Mi sentivo una merda.
Presi il cellulare, allungandomi sul comodino e andai sulla casella ‘messaggi inviati’.
15 messaggi inviati a Zayn Malik. [0 ricevuti.]
Una persona da aggiungere alla lista di coloro che mi odiavano? Beh, era lui.
Non avevo avuto il coraggio di affrontarlo faccia a faccia. Il solo pensiero che non mi avrebbe aperto la porta, o, peggio, che mi avrebbe guardata nello stesso modo in cui aveva fatto ieri, mi aveva raggelato e inchiodata al letto.
Ero una vigliacca, e lo sapevo.
Avevo rovinato tutto e con le mie mani, ma c’erano cose che Ilary e Zayn che sapevano e che non erano vere.
Tutte quelle stronzate uscite dalla bocca di Mario non avevano fatto altro che farmi detestare ancora di più e apparire per quella che non ero davanti ai miei amici.
Ma cosa potevo fare adesso? Niente, perché nessuno sarebbe stato disposto ad ascoltarmi.
Sbuffai, nascondendomi sotto il piumone caldo e guardai il display illuminato del mio cellulare sperando che, per qualche strano e impossibile motivo, suonasse.
Volevo Zayn. Volevo sentire la sua voce. Mi mancava più di quanto potessi immaginare.
Tirai su col naso, strofinandomi gli occhi e provai a dormire visto che domani sarebbe ricominciata la tortura della scuola e non avevo intenzione di saltare altre ore per quei stupidi crampi allo stomaco e quegli incessabili mal di testa. Per non parlare dei piedi gonfi.
Crollai in un sonno profondo, dove l’unica cosa che sognai erano due tacchette verdi su una specie di termometro.
 


***
«Tesoro, vuoi andare a scuola o preferisci stare a casa?»
Mia madre mi accarezzò i capelli arruffati e annodati provando a svegliarmi in modo dolce, cosa che non aveva mai fatto.
Mi stiracchiai le ossa, sbadigliando e mettendo a fuoco la sua figura fasciata dalla divisa lavorativa.
Scossi la testa, alzandomi dal letto «Sto bene, mamma. Stai tranquilla» mormorai con un fil di voce infilandomi in una felpa larga e grigia.
Presi le vans sotto il letto, spazzolai velocemente i capelli senza però riuscire ad acconciarli per bene e mi chiusi in bagno.
«Allora…io vado a lavoro. Ci vediamo questo pomeriggio, riguardati» sospirò mia madre, al di là della porta per poi uscire e lasciare la mia stanza in completo silenzio.
Afferrai con entrambe le mani il marmo freddo del lavandino e mi avvicinai allo specchio: gli occhi chiari contornati da strisce rosse, il viso scavato da occhiaie scure, le labbra screpolate.
Chiusi gli occhi, la bocca storta in una smorfia di disgusto.
«Sono un disastro vivente» borbottai, prendendo a scavare nella trousse alla ricerca di un correttore, del mascara.
Esteriormente potevo sembrare presentabile, ma era interiormente che ero turbata al massimo.
Issai la cartella, e uscii di casa trovando Matthew ad aspettarmi appoggiato al cancello.
Voleva una spiegazione, lo capivo dai suoi occhi fissi su di me.
Non ero ancora pronta ad affrontare la realtà una seconda volta, non ancora.
 


***


«Oh, c’è Sarah!» esclamò il mio migliore amico, una volta arrivati alla Beckfoot school, «Mel, io vado, ok? A dopo» mi salutò correndo verso la sua ragazza, la quale si lasciò avvolgere dalle sue braccia affondando il viso nella camicia a quadri.
Mi salii un groppo in gola al ricordo in cui Zayn mi vide piangere davanti a casa sua e senza avergli chiesto nulla mi aveva abbracciato proprio come Matthew stava facendo con la sua ragazza.
Spostai lo sguardo alla marmaglia di studenti che affollavano lo spiazzale della scuola, potevo riconoscere qualche volto ma nessuno mi interessava.
All’improvviso mi sentii tremendamente sola, sola come ci si può sentire in una stanza affollata di persone. Mi sentii mancare l’aria proprio quando la figura di Ilary mi sfilò sotto gli occhi.
Era circondata da un gruppo di ragazze, forse sue amiche, che la consolavano e le parlavano nell’orecchio, alcune ridacchiavano, altre si scambiavano occhiate di consenso, ma per un secondo tutto quel gruppetto fissò me, inerme e immobile davanti ai cancelli della scuola.
Ilary mi guardò dritto negli occhi, quasi a sfidarmi nell’abbassare lo sguardo, la sue espressione rasentava l’odio completo.
La lasciai vincere, abbassando lo sguardo e cercando di nascondermi sotto quegli sguardi accusatori quando un’altra persona di accorse di me.
«Oh, Mel! Ma che è diavolo è successo?» domandò preoccupatissima Alexia, abbracciandomi.
Era da un po’  che non eravamo in contatto, visto che era andata a Manchester per risolvere dei problemi economici della famiglia, ma comunque Alexia era sempre una mia amica, una cara amica.
Le avrei dovuto raccontare tutta la questione? Sospirai, cominciando dal principio.
E ancora una volta sentii il bisogno di averlo accanto. Zayn.
 


***


«E adesso come ti senti?» domandò Alexia, passandomi il suo panino. L’addentai affamata come non lo ero mai stata in vita mia in quel momento, e deglutendo tentai di risponderle mentre ci facevamo compagnia a vicenda sotto un albero del giardino della scuola, dato che la mensa era piena e non volevo incrociare nessuno, ne avere occhi insistenti addosso.
Le ero grata per essere con me in quel momento, in qualche modo avere la presenza di qualcuno al mio fianco mi faceva sentire meno sola, meno concentrata suoi miei pensieri.
«Diciamo che la sensazione di vomito è passata. Il mal di testa continua a martellarmi, e ho i piedi  e le mani gonfie» brontolai facendole vedere la mie mani, con espressione scocciata.
«Mel, posso chiederti una cosa?» chiese attentamente guardandomi di lato, con le mani incrociate sul grembo. Annuii, continuando a mangiare il panino.
«Scusa la schiettezza ma quando hai fatto sesso con Zayn, hai usato le precauzioni?»
Inarcai un sopracciglio, sentendo le guance andarmi a fuoco per l’imbarazzo, mentre con la mente cercavo di ricordare ogni dettaglio di quelle notti con lui.
Un improvviso attacco di panico s’impossessò di me, tanto da rendermi difficile ingoiare il boccone che avevo in gola.
Alexia si accorse del mio cambio d’espressione e il suo viso divenne una maschera di inquietudine totale, «Melissa, le hai usate vero?»
A tratti scossi la testa, lasciando cadere sull’erba ciò che restava del pranzo provando solo disgusto per quello che avevo ingerito e che minacciava di risalare e uscire dalla mia bocca.
Non dovevo vomitare, non dovevo.
«Ok, stiamo calme. Forse hai solo un’influenza» sorrise rassicurante la mia amica, alzandosi e pulendosi il jeans dal terriccio.
Scossi la testa, con una nuova paura. «Sono già andata dal dottore, non ho niente» sussurrai sempre più stanca e frastornata.
«Che cosa hai esattamente?» domandò Alexia, seria.
«Nausea, giramenti di testa, qualche volta gonfiore, e ho sempre sonno, fame…non lo so, ho per esempio voglia di caramello in questo momento. Dio Santo, voglio del caramello adesso» mi passai una mano tra i capelli, guardandomi in giro sperando di trovare qualcuno che avesse del caramello fuso.
La mano di Alexia afferrò la mia con forza, strattonandomi verso di lei.
« Sei impazzita? Dove lo troviamo il caramello qui? Comunque, questa cosa non mi piace…ho paura che tu…» borbottò lasciando in sospeso la frase, con occhi assottigliati e un cipiglio stampato in fronte.
«Hai paura che io…cosa?»
Scosse la testa, mollando la presa dal mio braccio quando la campanella di fine pranzo riecheggiò in giardino «Oggi pomeriggio ci vediamo a casa tua, ok?»
Acconsentii non sapendo cosa stava succedendo, e rientrai in classe sedendomi in fondo all’aula, nell’ultimo banco più lontano possibile da quella che era la mia migliore amica e che adesso mi trattava come un’appestata.
 

***


Il campanello di casa suonò e richiamai sorella per andare ad aprire, mentre io oziavo davanti alla televisione, entrambi i piedi incrociati sul tavolino di vetro davanti a me.
Mia madre era ancora a lavoro ma sapevo che sarebbe tornata tra qualche ora, quindi non mi preoccupai di mettere a posto la casa.
«Melissa, è Alexia alla porta» mi informò mia sorella, entrando in salotto per poi sparire di nuovo in cucina.
Mi alzai dal sofà andando verso la porta dalla quale stava entrando Alexia sventolando in una mano uno scatolino bianco e blu.
«Ce l’ho» disse, e senza avere il tempo di replicare di spinse su per le scale, chiudendoci entrambe nel bagno della mia stanza facendomi sedere sulla tazza alquanto confusa.
«Mi spieghi che sta succedendo?»
Alexia indaffarata ad aprire la scatola e a leggere dell’istruzioni su di un foglietto, evitò la mia domanda per voltarsi verso di me e porgermi una specie di termometro bianco e blu di plastica.
«Che cos’è?»
Il suo viso indecifrabile scandì bene ogni singola parole, seguito da una un’alzata di spalle.
«Un test di gravidanza», ripetei lentamente aggrappandomi al lavandino accanto a me per non cadere sul pavimento.
«E’ solo per essere sicure che tu non sia…incinta» spiegò Alexia, passandomi un braccio sulla spalla rassicurandomi.
Annuii per inerzia, senza però capire cosa avesse detto. Girai tra le mani quel bastoncino non avendo la minima idea di come cominciare quando poi Alexia mi aveva spiegato tutto con calma e per due volte.
«Adesso dobbiamo solo aspettare», sospirò la mia amica appoggiandosi di schiena al muro freddo del mio bagno. L’ansia che si percepiva era alle stelle, ero un solo fascio di nervi ed avevo una paura pazzesca di quale sarebbe stato il risultato ma la parte razionale del mio cervello mi rassicurava che era impossibile rimanere incinta solo dopo un rapporto. Non lo riuscivo a credere possibile.
Un ticchettio fastidioso mi riscosse dai miei pensieri e vidii Alexia prendere il test tra le mani e leggere il risultato.
Dal suo viso, nascosto dalla frangia non riuscii a capire nulla. Solo quando alzò lo sguardo su di me, con il terrore negli occhi mi resi conto che la mia vita era finita, che avevo combinato un casino più grande di me e che potevo considerarmi morta.
«Sei incinta, Mel. Sei incinta.»



*mi scuso anche per la mancanza della foto che è l'unica cosa interessante di questa ff, ma non carica nemmeno quella.
Maledetto Tinypic*



Corner**
Buonasera bellissime lettrici di efp, non so ancora come continuate a leggere questa merda di storia che non trova mai pace.
Ma non sempre c'è un perchè alle cose, quindi io mi accontento e anzi, vi ringrazio all'infinito-ito-ito.
Come si era già capito precedentemente, Melissa (finalmente, ahw) è incinta!
Ci sono comunque i soliti problemi che non mancano mai, e che troveranno una soluzione? Non lo si può sapere. 
Volevo solo avvisarvi che aggiornerò tra due/tre settimane, dato che aprile/maggio è il mese più tosto e devo impegnarmi (anche se ho le balls piene della scuola).
Detto questo, grazie ancora  a tutte. Alla prossima:
Makyu_
  
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