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Autore: agaetis    23/04/2013    6 recensioni
La tavolozza ha sette mutamenti,
uno per ogni bacio che mi hai dato.
Sette baci di labbra e assoluto. [Alda Merini]

I sette baci di Arthur e Merlin, le sette tappe del loro amore.
Buona lettura!
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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La tavolozza ha sette mutamenti

La tavolozza ha sette mutamenti,
uno per ogni bacio che mi hai dato.
Sette baci di labbra e assoluto.
                                                                                            Alda Merini



Il Secondo
 
Il secondo riaccadde, più per mancanza che per sentimento.


 
Non avevano più parlato di quell’accaduto, e Merlin non poteva che esserne sollevato.
Il tempo passava a Camelot, e la primavera mostrava tutto il suo splendore. I contadini rientravano tardi dalle famiglie per raccogliere i frutti della semina precedente, il sole lasciava sfumature dorate sulla cittadella fino alla campana del vespro, e le battute di caccia miglioravano nettamente, a detta di Merlin: era più piacevole vedere gli alberi attorno a sé di nuovo verdi e brillanti, e l’aria che prima pungeva sul suo viso ora era un dolce tepore. Anche Arthur, sì, anche lui cambiava; perché il suo regno era in festa dopo il rigido inverno, e così lui: un leggero sorriso, con l’arrivo della nuova stagione, era sempre presente sulle sue labbra.

Erano piene e rosse, quelle labbra. Arthur a volte le inumidiva con la lingua, quando era concentrato sul lavoro, o ne mordicchiava la parte inferiore, quando una decisione diventava ostile. E avrebbe potuto anche negarlo all’infinito ma Merlin non le aveva mai dimenticate, e le bramava ogni volta che si soffermava a guardare quei particolari, conoscendone ogni mossa.


Tuttavia le cose fra Arthur e Guinevere erano migliorate: i due passavano, quando gli impegni del Principe lo permettevano, giornate insieme fra pranzi nel mezzo della natura e sgattaiolate fuori dalla cittadella in piena notte; e Merlin non poteva che esserne felice. Doveva esserlo, perché Gwen era la persona giusta per Arthur.

Ma non riusciva a non chiederselo, se lui avesse davvero dimenticato quel bacio.



Il bicchiere d’argento urtò il tavolo scivolandogli dalle mani, e lo riportò alla realtà; sistemò le pesanti posate d’argento e così anche il piatto pieno di carne fumante. Il suo stomaco borbottò, non mangiava da quella mattina.

Corse giù nelle cucine a riempire una brocca di acqua fresca, e quando tornò nelle stanze reali Arthur era già seduto a tavola, a strappare con i denti la coscia di cinghiale nella sua mano.

«Oh. Buon appetito, Sire»

Riempì il suo boccale e lo lasciò mangiare in pace, riordinando la stanza. C’erano abiti stropicciati sparsi ovunque da quella mattina. Ma sentì ancora borbottii e strizze dallo stomaco, così decise che avrebbe sistemato tutto il giorno seguente, e avvertì Arthur che sarebbe andato a cenare.

«Non andare» gli disse questo prima di addentare un altro pezzo di carne.
«Come dite?»
Arthur finì di masticare. «Di non andare. Accomodati, resta a farmi compagnia»
«Oh. Ma, vedete, Gaius è-»
«Capirà» lo liquidò Arthur «Sa che il lavoro ti occupa molto tempo»
«Sì, ma» Era confuso. Non voleva passare tempo in più con lui, ultimamente già era stato difficile stargli vicino, e l’ultima cosa che voleva era cenarci insieme.
Fissò i propri piedi muovendo le mani prima sul viso, poi sui fianchi, poi ferme lungo il corpo. «…Il cibo non basta per due!»
«Oh, avanti, Merlin. Non trovare scuse, lo vedi anche tu che ci si sfamerebbe un esercito con un cinghiale del genere!» lo indicò Arthur. E sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi quando Merlin, rassegnatosi, acconsentì e si sedette al suo fianco, l’angolo del tavolo fra loro.

«E poi vi lamentate pure dei buchi da aggiungere alla vostra cintura…»
«Merlin! Stai per caso insinuando che io sarei grasso?»
«Oh, non mi permetterei mai, Sire»
«Mh, sarà meglio» disse Arthur sorridendo: quel loro teatrino era fra i più frequenti.
«A proposito, ecco qui, che sei tu quello tutto pelle e ossa» e gli offrì una porzione del cinghiale.
 
 
 
 

«Mh, Merlin?» chiese dopo aver ingoiato l’ultimo boccone.
«Sì, Sire?»
«Ricordi quella volta che ti ho detto che non ti avrei potuto offrire da bere in pubblico
Merlin alzò gli occhi dal suo piatto appena svuotato «Sì, certo».
«Beh, nella credenza laggiù c’è una bottiglia di sidro» indicò Arthur «Mi è stato regalato dal principe Aghrad delle terre dell’ovest, ma non avevo ancora trovato l’occasione giusta per aprirlo» e detto ciò Merlin si pulì la bocca col tovagliolo, annuì e si alzò verso la spessa credenza di legno.

Trovata la bottiglia, colmò i due calici e si risedette al proprio posto.

«Brindiamo» suggerì Arthur prendendone uno. «A Camelot!»

«A Camelot!» ripeté Merlin con un sorriso.
Le labbra di Arthur si bagnarono di sidro. Una goccia ne fuoriuscì, scendendo prima sul suo mento e poi sul suo collo; brillava come rugiada, e raggiunse il suo pomo d’Adamo ritmato dal bere intenso.

«Cosa c’è? Non bevi?» lo riportò alla realtà.
Merlin sperò che non si fosse accorto della sua faccia. «Sì, sì. Certo»

Il gusto del sidro invase la sua bocca. Ogni volta che deglutiva, sentiva un profondo calore aumentare dal petto verso la faccia, scoppiandogli nella testa. Strizzò gli occhi pur di non farsi vedere da Arthur, ma la sua espressione non doveva essergli passata inosservata, sentendo la sua risata invadere la stanza.
«Sei proprio una donzella…»

Merlin strinse i pugni e lo fissò negli occhi. «Dite?» Buttato giù il primo si sentiva più sicuro, ne avrebbe retti sicuramente altri. «Bene, vediamo se anche Voi sarete ancora così in forma dopo un altro bicchiere», e riempì nuovamente i calici.
«E d’accordo… Alla salute!»
«Alla salute!» ed entrambi si sgolarono un altro boccale.
 

«Bene, ora calmati però. Sai com’è, non vorrei morire prima di diventare re» ammise Arthur, e appoggiò i gomiti sul tavolo, lasciandosi andare a una posizione ben più comoda.
Merlin lo punzecchiò «E ora chi sarebbe la donzella?!»
«Merlin, non mi tentare»
«Oh, andiamo» Riempì il primo bicchiere. «Così deboluccio oggi? Ed io che vi credevo una roccia, un uomo dalle mille risorse» riempì anche il secondo, con così tanta forza che per poco non rovesciò tutto sul tavolo. «Basta solo qualche goccia a destabilizzarvi?» e l’espressione che si dipinse sul suo volto agli occhi di Arthur significava solo una parola: sfida.

Afferrò il bicchiere e bevve fino all’ultima goccia, non lasciando mai gli occhi di Merlin, che risplendevano di un azzurro più cupo del solito, sotto la luce del camino alle sue spalle.
E anche il terzo brindisi andò.


Così il quarto.


E il quinto.

 
Qualche parola buttata lì riguardo all’onore maschile, ed ecco anche il sesto.
 
 
 

La legna ardeva e scoppiettava nel camino, le ceneri sul fondo e le lingue di fuoco ora più alte, ora più basse. Si riflettevano le fiammelle negli occhi di Arthur scaldandogli lo sguardo, ammorbidendone i lineamenti, e scaldando la sua pelle. Merlin, appoggiato sul tavolo, continuava a giocherellare con il proprio calice, lanciando di tanto in tanto occhiate al Principe.


«E con Guinevere» osservava il tavolo «come va?», le guance arrossate dall’alcool e dal caldo.

Arthur osservò le sue dita tracciare il contorno delle decorazioni del bicchiere. «Sai, Merlin» Aveva la voce impastata «Credo di esserne innamorato» che rimbombò nel cranio di Merlin, che lasciò stare il suo calice per guardarlo con occhi socchiusi.

«Sono contento per voi» fu l’unica cosa che riuscì a rispondere, anche se non si capacitò del perché di quelle parole.

Il viso di Arthur era ambrato, sfumature più chiare e più scure enfatizzavano il suo sguardo: aveva gli occhi del loro azzurro più vivo, quella sera, mentre le labbra semichiuse fremevano sotto il respiro leggero.

Versò altro vino nei bicchieri. «E tu?» chiese tra un sorso e l’altro. «Insomma, niente amore in vista?»
«No, niente» si limitò Merlin. «Ma sono ancora giovane, e ho gusti molto difficili» Tuttavia la voce che uscì non la sentiva propria, come se un attore dovesse interpretare se stesso.

«Oh, Dio la benedica, la povera donna che dovrà passare la vita con te!»
«Da che pulpito…»
Arthur si avvicinò a Merlin, scandendo ogni sillaba «Cosa intendi dire?» con un sorrisetto sulle labbra.
«Oh, scusatemi, Vostra Altezza» e entrambi scoppiarono a ridere.
 
 

Arthur sospirò. «Eh… ti deve trovare proprio uno che ce n’abbia voglia, a te, Merlin…»* sbiascicò, anche se si accorse solo dopo di aver parlato ad alta voce.
«Una, vorrete dire» lo corresse Merlin.
«Ed io che ho detto, di grazia?»
«Uno»
Gli occhi di Arthur erano vispi e attenti, sicuramente più del suo intelletto annebbiato dall’alcool. Merlin fu certo di scorgervi sgomento, per un attimo.
«No, ti stai sbagliando, Merlin.» Continuò sicuro Arthur. «Una. Tu te ne devi trovare una.»
 
«Mh, e se invece fosse proprio uno?» rise sorseggiando altro sidro, che per poco non sputò subito fuori, vista l’espressione sconcertante dipintasi sul volto di Arthur.

«Oh, non dire sciocchezze. È contro la legge» La risata di Arthur riecheggiò nella stanza, forse addirittura troppo esagerata vista la situazione. Colpa del sidro pensò Merlin.

«Già» lasciò quindi in sospeso, beandosi della risata senza ritegno di Arthur e finendo il suo bicchiere fino all’ultima goccia.

Decise che era tempo di andare.



Così si alzò per sistemare i boccali e gli avanzi della cena. Barcollò un po’ e si guardò attorno: vedeva l’armadio in fondo alla stanza senza riuscire a distinguerne le ante, e le tende alle finestre addirittura triplicate, ma bene o male se la cavava. A fargli tremare il colpo e pulsare la testa, però, era lo sguardo intenso di Arthur che sentiva fisso su di sé.

E la pelle bruciava, sotto quello sguardo.

La sua risata, diventata più bassa e roca, era ancora nell’aria.

Mise il tutto sul lato opposto del tavolo: avrebbe pulito meglio l’indomani, con più lucidità.
«Allora, adesso vi preparo e poi vi metto a letto, d’accordo?» ed ebbe la conferma di quel che pensava: gli occhi di Arthur non lo avevano lasciato per un solo istante, e ora lui annuiva alla sua domanda, sorridendo stortamente. Azzurri, quegli occhi. Sempre così dannatamente azzurri e intensi, ladri di cuori di regni.

 
Prese la tenuta da notte dal cassetto di fianco al letto, e arrivò il momento di alzare Arthur dalla sedia: ondeggiò e sbatté contro lo spigolo del tavolo, e sarebbe caduto, se Merlin non l’avesse afferrato in tempo per le spalle.


«Proprio non lo reggete un po’ di alcool, eh» gli sussurrò mentre lo lasciava per afferrare la casacca, facendogli alzare le braccia per aiutarsi a sfilargliela.
«Oh, non mi sembra che tu lo regga molto meglio di me» sbiascicò Arthur, venuto fuori dalla veste. La sua figura sfocata prese forma agli occhi di Merlin: aveva i capelli scompigliati, e i pettorali evidenziati dalla luce, i muscoli rilassati e l’addome piatto, le guance del colore delle labbra. Merlin si concentrò sul togliergli i calzoni, piuttosto che su quel viso e quel corpo che lo avrebbero portato ad azioni ben poco pertinenti.

Tolti stivali e pantaloni, fu il momento di vestirlo per la notte. Prese i calzoni puliti appoggiati sul tavolo a fianco a loro, e si mise all’opera.


Fu un’ardua impresa.

Arthur era talmente ubriaco da barcollare anche da fermo, la vista ormai non era più nitida da quando aveva visto tre bicchieri sul tavolo, e anche l’udito si era fatto ovattato. Ma rideva, con una mano poggiata al tavolo per reggersi. E anche se insana e dovuta al fiume di sidro che gli scorreva al posto del sangue, Merlin adorava quella risata. E non poteva che essere felice pure lui, infondo.


Riuscì comunque a fare un lavoro più che decente. O almeno, Arthur i calzoni ce li aveva addosso, e non erano al rovescio. 
Aveva gli occhi lucidi per aver riso tutto quel tempo, e le labbra dischiuse in un sorriso sornione. E quando Merlin si voltò per prendere la tunica da notte, Arthur ebbe la forza di afferrarlo per il foulard e tirarselo addosso.
Gli cinse la vita magra col suo braccio muscoloso e lo girò, facendo aderire i loro corpi.


Il suo peso sbilanciò Merlin, ed entrambi scontrarono il tavolo per restare in piedi. Arthur lo baciò, e lo strinse più forte a sé. Lo alzò di un poco per le cosce e lo appoggiò sul tavolo, continuando a baciarlo, lo scoppiettio del camino come unico rumore insieme ai loro respiri.


Merlin non ebbe la forza né la volontà per opporsi a quel contatto, perché gli era mancato. E ora lo aveva colto alla sprovvista con tutta la sua intensità. Allacciò le gambe alla vita di Arthur, strette. Mise le mani sul suo petto nudo e gli si avvinghiò sempre di più.



Era passione cieca, erano gesti mal calcolati e sbadati. Merlin aprì gli occhi quando sentì Arthur baciargli il collo, e strinse i suoi capelli con una mano, mentre il desiderio si faceva sempre più intenso.

E poi un altro bacio. Al sapore di sidro, al sapore mancato di quello che era stato in passato.

Un bacio che ti distrugge, che ti mozza il fiato.

Anche quando le labbra si separarono, i respiri rimasero uniti.

«Questo sì che è un vero bacio » soffiò Arthur sulle sue labbra «Altro che quello nella tenda»
Merlin, le fronti ora l’una contro l’altra, aprì gli occhi «Allora ve lo ricordate», e fu come un lampo in tempesta.



Il respiro di Arthur era caldo. «Non ho mai dimenticato»
 


Merlin non poteva permettere a se stesso di lasciarsi andare così. Nulla di tutto ciò era stato giusto, né prima né in quel momento. Scostò Arthur da sé e scese dal tavolo, trascinandosi oltre la porta di quella stanza e chiudendosela alle spalle.

I suoi passi si fecero sempre più distanti nella testa confusa del Principe. Rimase con le braccia appoggiate al tavolo, fissando i piatti sporchi sul fondo, e i suoi vestiti stropicciati a terra. Versò quel che era rimasto della brocca dell’acqua sul camino, e quando finalmente il fuoco si spense, si trascinò fino al suo letto. Rimboccato sotto le coperte, prese un respiro pesante e soffiò sulla candela del comodino.



E il giorno seguente fu tutto come prima.



Incolparono l’alcool, e furono ben accorti dal non toccarne più una sola goccia quando si trovavano a una vicinanza pericolosa, ma non parlarono più dell’accaduto, per un’altra volta.

Non potevano affrontarlo.


Perché dovevano dimenticarlo.




Il secondo riaccadde, più per mancanza che per sentimento.









Note:

* Arthur è ubriaco marcio, fa fatica a dire più di cinque parole di senso compiuto. Spero che il senso si capisca, anche se credo proprio di sì :)

Comunque
Buonasera a tutti! :)

Inanzitutto vorrei ringraziare tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo, e messo la storia fra le seguite-ricordate-preferite! Grazie mille a tutti voi!

Beh, eccoci al secondo bacio fra i due!
Lo so, l'espediente dell'alcool è stra abusato nel mondo delle fan fiction e ormai è davvero un cliché... ma proprio per questo mi sono divertita molto ad usarlo! Ho cercato di essere il meno banale possibile e di mantenere la vostra attenzione, ditemi voi se è stato un esperimento andato a buon fine o meno.

Non penso di avere altro da dire, quindi vi do la buonanotte
Mara :)

"To the next kiss" :)


P.S.: la volta in cui Arthur disse a Merlin di non poter offrirgli da bere in pubblico fu nella 1x02. Gran bei vecchi tempi :')
   
 
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