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Autore: syderalcollision    24/04/2013    1 recensioni
C’è un momento, un momento preciso, in cui si dice che un bambino ‘cresce’.
Nello stesso esatto momento nasce un nuovo e preimpostato adulto, già formato dalla società e tante grazie.
Ma nello stesso esatto momento succede anche un’altra cosa, poco notata.
Anzi, totalmente dimenticata.
Il vero fattore che fa scattare il cambiamento nel bambino.
Controlli Neurologici Avanzati. CNA.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4
Doom and gloom


I had a dream last night
That I was piloting a plane
And all the passengers were drunk and insane

I crash landed in a Louisiana swamp

Rolling Stones - Doom and gloom

‹‹Allora, cosa hai chiesto all’infermiera?››

Elizabeth sorrise soddisfatta e diede un colpetto alla cartellina.

Poi, imitando una voce ingenua e tremendamente irritante recitò: ‹‹Buonpomeriggio, signorina, mi scusi per il disturbo, ma....avrei bisogno di un enorme favore.››

Nel parlare si toccava ripetutamente i capelli e sottolineò la parola enorme, rendeva tutto sufficientemente credibile.

‹‹Ecco, come posso spiegarle...sto svolgendo una ricerca didattica sulle malattie infettive e non che oggi sono presenti sulla Terra, specialmente alcune, e avrei bisogno del suo aiuto.

Mi servirebbero dei numeri, tutto qui. Senza nomi, senza nulla, non toccherò nemmeno lontanamente la privacy. Sarebbe disposta ad aiutarmi?››

Concluse porgendo la cartellina a James, decorando il suo discorso con pause strategiche, per nascondere il fatto che aveva imparato a memoria il discorso.

James prese la cartellina e vide che sopra vi erano annotati numeri e piccoli appunti.

Elizabeth aveva scritto la malattia e l’infermiera aveva compiuto un magistrale lavoro, segnando i dati dei malati di quell’anno e anche di due, tre e quattro anni prima.

Geniale.

Le malattie di cui Elizabeth aveva chiesto erano schizofrenia, disturbi mentali generici,  frebbre comune, varicella e malattie infettive collocabili nella zona celebrale.

Era evidente che le malattie non erano stati scelti a caso, bensì era tutto pensato perchè non emergesse il reale intento dei due ragazzi. 

Tornando al suo normale tono di voce Elizabeth iniziò a parlare: ‹‹Come puoi vedere c’è stato un picco di malati di schizofrenia, specialmente durante l’eta infantile, questo me l’ha detto lei stessa, e anche di mentalmente disturbati, ma non abbiamo alcun dato di nuove o pericolose malattie infettive, anzi, mi ha detto di evitare errori simili nel mio compito.››

E in questo modo abbiamo appurato due cose.

‹‹Impressionante, davvero. Adesso abbiamo la sicurezza che la CNA non faccia quello che realmente afferma, perchè non esistono le malattie che loro dimostrano di curare e studiare. E sappiamo anche...››

‹‹Che la CNA è in azione da quest’anno, al massimo un anno e mezzo, e che altri sono traumatizzati da questi Avvoltoi, poichè denunciano ai loro psicologi di vederne ovunque. Direi che abbiamo concluso qualcosa di ottimo, no?››

James sorrise.

‹‹Siete due geni.››

‹‹No, quello è John. Mi ha detto cosa dire, esattamente quando e come dirlo. Conosce sufficientemente bene la psiche umana.››

‹‹Nulla mi fa smettere di pensare che siete entrambi dei geni››

Sorrise anche Elizabeth, ma poi si alzè di scatto.

‹‹Che si fa adesso?››

Erano stati un’oretta buona a chiacchierare e cercare di capire perchè quella vecchia pellicola fosse ancora in riproduzione, ma adesso dovevano muoversi dalla loro postazione tra i sedili, e lo sapevano entrambi.

James controllò l’orologio, erano appena passate le quattro.

‹‹Per cenare c’è tempo, forse ci converrebbe sentire John prima di muoverci.

E’ possibile che abbia novità o qualche piano già preimpostato per noi.››

‹‹Sarebbe nel suo stile.››

Elizabeth si chinò sulla sua borsa e prese il telefono con una smorfia.

Dopodichè iniziò ad attendere che John le rispondesse.

‹‹John, idee?››

James sentì la voce di John impartire meccanici ordini seguiti da un’esclamazione distorta, dopodichè riattaccò, lasciando Elizabeth senza parole.

‹‹Beh, una conversazione molto interessante, oserei dire›› dissi.

‹‹Tutte le mie conversazioni con John sono così, James.››

‹‹Non oso immaginarmi le cene di famiglia.››

Elizabeth sorrise e si scostò i capelli dal viso, ripose il telefono e recitò le stesse parole che le aveva appena detto John.

‹‹Vi serve un Internet Point. Ora. Ho continuato le ricerche, ma è tutto blindato e ben protetto da password, specialmente una sezione interna del sito, spero di concludere qualcosa.- qui ha imprecato -Bene, adesso andate e ricercate informazioni su come accedere alle conferenze nel Palazzo Bianco.››

‹‹Palazzo Bianco?››

‹‹E’ una normalissima casa che sta iniziando ad essere usata da filosofi post-moderni intenzionati a ricreare i circoli culturali ottocenteschi. Lì si tengono numerose conferenze, ma onestamente non saprei dove sta cercando di andare a parare mio fratello.››

Concluso il discorso sospirò rassegnata fissando il vuoto, poi si diresse verso l’uscita del cinema.

‹‹Cosa hai intenzione di fare?›› le gridò James mentre lei si allontanava.

‹‹Muovermi. Ho bisogno di aria e un panino. Di nuovo.››

James scosse la testa e la seguì, ormai rassegnato agli sbalzi di umore troppo complessi che Elizabeth aveva.

 

 

***

 

Stava piovendo a dirotto e Allison era rintanata in casa, sotto le coperte, cercando di staccarsi da un sonno troppo agitato.

Non riuscendo a dormire, neanche impegnandosi, neanche sforzandosi, decise di alzarsi e subì un primo trauma dato dal contatto delle gelide mattonelle con i propri piedi.

Si strofinò gli occhi e sistemò la folta capigliatura castana.

Voleva fare due passi.

Sgattaiolò fuori dalla propria camera, silenziosamente, per paura che i suoi genitori potessero sentirla.

Prese il suo impermeabile e corse sotto la pioggia, allontandosi dalla propria piccola casa isolata.

Corse pochi metri, poi si fermò e scostò alcune foglie da uno strano cumolo, soprendo una piccola porta.

Era la rimessa annessa alla sua casa, inutilizzata dai suoi genitori e mal tenuta.

Lei però ci si trovava bene e appena poteva vi si intrufolava.

Non c’era nulla di che dentro, solo foto e documenti.
Sua madre aveva pensato che fosse un posto dove ‘nascondere il suo diario’, totalmente convinta che lei andasse lì per sfogarsi.

Ma Allison faceva ben altro.

Aveva alcune indagini da approfondire, indagini usate più che altro come passatempo, nulla di che.

Almeno, lei le vedeva così.

La rimessa era minuscola, una stanza rettangolare con due tavoli ai lati e appunti ordinatamente disposti sopra.

Aveva una strana mania per l’ordine, così come per il colore verde e le persone che sapevano parlare un inglese corretto.

Preferiva trascorrere tempo con poche e selezionate persone, che però, recentemente erano scese a zero, a causa della sua poca socialità verso i suoi nuovi compagni del Liceo, anche perchè erano tutte ragazze - frequentava un istituto femminile - e le trovava una più stupida dell’altra.

Il rumore del temporale continuava ad aumentare e fortunatamente nella piccola rimessa c’era una stufa alla quale Allison stava praticamente appiccicata.

Prese il suo ultimo foglio di annotazioni e lo rilesse mentalmente, per poter riprendere il filo del discorso.

“Considerando che nessuno nota le strane apparizioni e tanto meno nessuno nota le momentanee e misteriose scomparse, posso solamente pensare che ci sia qualcosa che le stia progettando e nascondendo, anche se non riesce a farlo, evidentemente, a tutte le persone presenti in questo pianeta.

Riassumendo quello che ho scoperto negli ultimi mesi è emersa una lista di nomi di persone scomparse, chi per un mese, chi per una settimana, chi per addirittura una semplice ora.

Scomparse rade e sopratutto strane, raccontate come se fossero accadute in sogni, scomparse dimenticate anche dalle stesse persone rapite.

Credo di essere scomparsa anche io, più volte, tutte dimenticate e individuate dal mio subconscio come brutti incubi.

Punti in comune degli incubi: persone che nessuno nota, sfere semoventi sufficientemente complesse, medici (in nero) e un logo.”

Prese la penna ed aggiunse qualche riga, dicendo di essere stata appena ‘rapita’ un’altra volta, quello stesso pomeriggio, scrivendo che era finalmente riuscita a identificare la faccia di un medico, senza però ricordare altro.

Sbuffò e appoggiò la penna sul tavolo con forza.

Commento inutile. Appunto inutile. Tutto inutile.

Prese un altro foglio, appartenente ad un altro gruppo e lesse la lista di nomi delle persone probabilmente rapite.

Erano tutti pazienti di suo padre, uno psicologo, dei quali aveva letto segretamente il referto e accomunato tutti i punti collegabili a questi ‘rapimenti’ e sparizioni.

Per di più, aveva notato, sparivano persone abili in qualcosa, e maggiore era la tua abilità maggiore era il tempo per cui venivi rapito.

Lo aveva notato leggendo le professioni segnate, oppure, semplicemente, leggendo quello che la gente diceva, poichè spesso alle persone piace vantarsi delle proprie abilità.

Ripose anche quel foglio e uscì dalla rimessa, per niente tranquilla, nella speranza di riuscire nuovamente a dormire.

  
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