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Autore: amy_m88    24/04/2013    0 recensioni
"Ragazze, è l'ultimo giorno di vacanza:aiuto!!" così iniziai il discorso lavoro
"Magari oggi incontrerai la tua anima gemella!" disse Mary scherzando.
"Sai cosa penso dell'argomento:niente uomini prima dei 30 anni!" risposi tra lo scherzoso e il serio.
"Sei sicura?" mi chiese Michelle senza ricevere risposta.
"Michi, e se troveremo il tuo futuro sposo?" intervenne Chris sorridendo.
"Patetico: non mi piace avere uomini tra i piedi!" così Michelle chiuse il discorso. Discorso che doveva essere di lavoro.
Litigavamo spesso, eravamo sempre in disaccordo: per questo eravamo amiche praticamente da sempre.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quattro Ragazze'
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CAPITOLO 6

 

Michelle

Io mi sento molto fortunata, sono molto fortunata. 


Io ho Daniel, Daniel e i bambini: due pesti adorabili.

Chris ha incontrato il mostro dagli occhi verdi che risponde al nome di gelosi, povera ragazza. 
Chissà cosa ci faceva Alex in quella gioielleria alle tre del pomeriggio con una donna che non è lei? Povera Sullivan.
E Mary Hicks, io non vorrei mai trovarmi nei panni di Mrs Smith. Non saprei come reagire se un’altra donna si infatuasse di Daniel, del mio Daniel. 
Se fosse Jo non saprei proprio da dove iniziare…

Mary le aveva tolto la parola e con Andrew il dialogo si limitava a frasi di circostanza. Non voleva perderlo ma neanche passare per stupida. 
Perché Mary Hicks aveva fatto solo una cosa che si potesse qualificare stupida in tutta la sua vita: innamorarsi.

Innamorarsi è la stupidità per eccellenza. L’unica stupidità che ti rende completa. Le altre ti rendono stupida, stupida come un agnello forse, ma stupida.

La mia stupidità si chiamava Daniel. Lui era il mio Leone, era nato ad Agosto. Anche lui.

“Mi chiedo come Mary possa essere arrivata al punto da togliere il saluto a Jo! Loro due sono le ragazze su cui avevo scommesso. Avrebbero risolto tutto nel giro di pochi giorni…” disse Christine sconcertata.
In fondo aveva ragione: Mary aveva capito che le emozioni descritte in quella lettera erano le sue. Anche quell’estate fu Jo a scrivere ciò che io provavo per Mr Hoffman. James. 

“Michelle, hai sentito?” mi chiese Christine. “Jo ed Andrew! Non è sorprendente? Non volevo crederci quando Alex mi ha raccontato di loro!” mi salutò e mi sedetti sul divano in contemplazione.

Quando Chris mi raccontò di Alex non mi sorprese. 
Non mi sorpresi. Quell’estate ci aveva davvero cambiate. Tutte, nessuna esclusa. Solo Andrew Smith rimase; degli altri nessuna di noi ebbe più notizie. Neanche di lui.

Jo e Drew. Prima o poi sarebbe successo. Di nuovo. 
Perché tutto torna, tutto ritorna. 
La vita è un cerchio. Alfa e Omega, senza Omega perché, nei romanzi, c’è sempre una fine ma, nella vita, la fine è solo un nuovo inizio.

Si ritorna sempre al punto da cui si è partiti. Non vale la pena viaggiare? 
Chi ha letto l’Alchimista di Paulo Coelho dovrebbe sapere che…

_ Se Santiago, il protagonista, non fosse partito non avrebbe visto le Piramidi. Scoperto la loro bellezza.
_ Non avrebbe saputo che il vento non portava solo l’odore delle invasioni ma anche il suono di un bacio. Fatima.
_ Fatima, colei che ama. Tutto l’universo aveva cospirato perché giungesse a lei. 
_ Perchè se è materia pura non potrà mai marcire e la ritroverai al tuo ritorno. Ma se è stato solo un attimo di luce,come l’esplosione di una stella,non troverai più nulla… avrai visto un’esplosione di luce. E anche solo per questo ne sarà valsa la pena. 

Il viaggio e le nostre esperienze sono materia pura o semplici esplosioni ma perché non affrontarle? 

La Leggenda Personale è quello che noi chiamiamo Filo Rosso, altrimenti detto Destino. Solo una parola, una parola che racchiude il tutto Maktub. Maktub “ così è scritto” . Ecco.
Nella vita niente è certo ma tutto è scritto. Noi scriviamo il nostro destino nello stesso tempo in cui ci facciamo trasportare da esso. 
Ho letto questo libro tanto tempo fa e ho dovuto leggerlo tre volte per piangere. 
Insieme al Piccolo Principe: dalla terza volta ho pianto anche solo sfogliandolo. 

Le Petit Prince è un libro unico del suo genere. L’incontro tra presente e passato, il passato che fa visita al presente dopo un incidente. Un libro tutto da sottolineare: non ricordo frase che non abbia evidenziato. Mi commuovo anche solo a pensarci. Un passato che ascolta e raramente risponde arrossendo. Un passato che ti interroga curioso di sapere come sei diventato e perché. Non ci sono parole per descrivere le emozioni che ho provato e che mi fa provare. Lacrime, solo lacrime! Il primo libro che mi ha fatto piangere. Il mio mondo. Non il passato, il deserto, un silenzio che parla e che si fa ascoltare.
La filosofa del gruppo era Jo. Ma io non posso non provare ad esprimere quello che “Il Piccolo Principe” mi ha insegnato. 

“Michi! Posso?” mi sento chiamare. E’ Jo.
“Vieni, entra!” e la invito a sedersi mentre vado in cucina a prendere qualcosa da bere. 
“Hai sentito Alex ultimamente? Chris come sta?”
“Vuoi parlare di Chris ed Alex? Chris ed Alex? Tuo fratello! Con te in questa situazione ti preoccupi di loro due!” risposi quasi furiosa. 
La mia calma era andata a farsi benedire subito. Ecco perché non potevo essere io la filosofa del gruppo. Niente calma e pazienza, niente filosofia.

“Perché in che situazione sono io?” mi domandò fingendo di sapere poco e niente. Meno di niente.
“Andrew Smith, Clark Steel, Tour Eiffel… Parigi, Boston, Roma … Mary Hicks!” conclusi. Mi fissò sorpresa. Non immaginava potessi sapere tutto questo. 
Si stupì della mia sintesi quanto io mi stupii del fatto che lei fosse stata a Roma quell’estate.
Non aveva detto a nessuno del suo breve soggiorno italiano. Era sempre stata misteriosa Josephine Watson, in quel periodo più che mai. Non riuscii a capirne mai il motivo. Non me lo ero mai chiesta in fondo. La curiosità non era parte di me. 

Chissà cosa avrebbe pensato quel bambino dai biondi ricci. Chissà cosa avrebbe pensato dei miei capelli quel bambino. Chissà cosa avrebbe pensato di me se solo lo avessi incontrato.

“Mary ha frainteso tutto, Michi!Credimi almeno tu, ti prego” mi supplicò Jo. “Sai che cosa provo per Drew, sai che non è amore. Sai cosa ho passato quell’estate. Sai perché sono tornata a Boston!” stava piangendo. 
Io non sapevo perché fosse tornata a Boston. Sapevo solo che dal suo ritorno aveva cominciato una battaglia interiore contro il genere maschile fino all’incontro con Drew. 

“Ti credo cara, lo sai che ti credo. Non piangere così!” l’abbracciai “Ricordati che sei tu la mia confidente migliore. Sei tu a dovermi consolare. E’ grazie a te che ho dimenticato The Mask Spumeggiante, non ti ho mai ringraziato!” sentii il suo respiro fermarsi un secondo, alzare gli occhi lucidi dal pianto e fissarmi. Uno sguardo che non le avevo mai visto. Colpa. Si sentiva in colpa. In colpa per cosa?
“E’ grazie ad Andrew che l’ho dimenticato, eppure continuo a ricordarlo! Continuo a pensarci, a chiedermi perché è successo! Mi dispiace!” era in lacrime. Copiose lacrime. Non riusciva a smettere, come se piangendo potesse cambiare il passato.

Il passato non torna a farti visita. Non è mai esistito che qualcuno parlasse con se stesso bambino.

Mi dispiace? Cosa significava quel “mi dispiace”? Di cosa? Che cosa mi aveva tenuto nascosto? Perché non mi aveva detto tutto? 
Non continuai a farmi domande. Appoggiai la sua testa sulla mia spalla in silenzio. Non c’era bisogno di parlare in quel momento.

Passammo così minuti interminabili: fortuna che i bambini erano con Daniel per negozi, non avrei sopportato la vista di Jo se non fossi stata sola. Io e lei, come un tempo. Un tempo passato, sempre presente. Perché io e lei non ci saremmo mai divise. Mai! Io credevo in lei.

La porta era aperta ed entrò…

“Ciao ragazze, scusate l’intrusione!” si presentò “Come state?”

Nessuno disse più nulla. Jo si irrigidì, io non sapevo cosa fare: meno male che i bambini erano fuori con Daniel.

Era tornato.

Joey


Mi sono ritrovata a piangere tra le braccia di Andrew Smith. Tra le braccia di Drew. Per Mary, per me, per loro e per il mio innato difetto di fuggire. Da tutto e da tutti.
Troppo tempo era passato ormai da quando avevo iniziato a scappare: dall’estate migliore della nostra adolescenza. Dall’estate dei nostri sedici anni. Adesso di anni ne ho ventinove.
Adesso, a ventinove anni, era arrivato il momento di sciogliere i nodi della matassa. 

Sono passati due giorni dalla nostra uscita:è da due giorni che non sento Mary Smith. Due giorni che Miss Hicks non si fa sentire. 

Adesso Michelle avrebbe dovuto sapere del mio tour italiano. Miss Higgins avrebbe saputo di Roma,oggi. Lei avrebbe saputo quanto Drew sapeva da anni. Avrei raccontato tutto, io, Josephine Watson. Senza aiuti, senza punti di vista, solo il mio punto di vista. Solo la mia storia.
A ventinove anni era il caso di prendere il toro per le corna e affrontare il problema. 

Avrei raccontato tutto a Michelle Higgins. Doveva sapere. Volevo sapesse.

Presi le chiavi e chiusa la porta mi diressi da lei.

Quando mi venne ad aprire notai subito che aveva ricevuto una telefonata:la posizione della cornetta avrebbe segnalato occupato. Qualcosa mi diceva che Michelle mi aspettava. 
Mi fece accomodare e andò in cucina a prendere da bere…

“Michi… come sta Alex?” chiesi curiosa. Era passato un secolo da quando lo sentii l’ultima volta. “Tutto bene con Chris?” continuai.
“Alex e Chris?” mi domandò furiosa. “Nella tua situazione ti preoccupi per tuo fratello?” disse aumentando il tono di voce.
La sua tranquillità era finita: aveva sempre vita breve.

“Quale situazione scusa?” chiesi non badando al tono. “Per me va tutto okay!”
“Jo, parliamoci chiaro cherie: Clark Steel, Andrew Smith, Tour Eiffel, Boston, Roma…” rispose decisa “E Mary Hicks!” concluse.

Bene, aveva elencato tutti! Quasi tutti!

Cominciai a sentire l’amaro delle mie stesse lacrime. Ancora. Non facevo altro da due giorni.

“Michi, mi dispiace! Avrei dovuto parlarti di Roma. Di Roma e di lui. Mi dispiace!” dissi tra le lacrime. “Scusami, scusami davvero! Io ti ho sempre voluto bene!” 
E il mio angelo custode non fece altro che farmi appoggiare la testa sulla sua spalla. 
Una spalla pronta a bagnarsi, come sempre! Io e lei, unite da sempre!

Fortunatamente Daniel e i bambini erano fuori: non avrei sopportato che loro mi vedessero in questo stato.

La vicinanza di Miss Higgins mi tranquillizzò, fu allora che sentii qualcuno alle spalle…

“Ciao ragazze! Michi …” salutò “Jo!” sorrise fissandomi. “Come state?”

Vidi Michelle confusa: Daniel e i bambini erano fuori, per fortuna. Vedere Michelle in preda alla confusione era strano. Io, che ero cresciuta con lei, pochissime volte l’avevo vista così: una volta. Solo una volta. Un’estate…
Mi voltai: non poteva essere vero. Non poteva…invece sì! Impallidii…

Dov’era Alex?
Dov’era finito il mio fratellone?

Alex

Io sono Alexander Watson, sono entrato nella vita di mia sorella a ventidue anni. Ci siamo risentiti quando avevo ventidue anni. Ora ne ho trentatre. Undici anni sono passati da quando ho rivisto Jo.

Voleva organizzare un certo non so che, recita diceva lei, io accettai subito. Conoscevo mia sorella: cominciai a preoccuparmi quando Andrew Smith mi scambiò per il suo ragazzo. Jo aveva pensato bene di non avvertirmi di questa eventualità. Mi fidai comunque: la mia sorellina aveva bisogno di me e io ci sarei stato.

Mai avrei pensato di innamorarmi follemente di una delle sue migliori amiche.

La prima volta che vidi Christine Sullivan fu al matrimonio di Michelle Higgins e Daniel Ryan. Fui subito affascinato dal suo sguardo: occhi verde smeraldo di una profondità unica. Occhi che fissavano me. Lei mi sorrideva. Mi sentii attratto da lei come un pezzo di ferro lo è dalla calamita. Avrei vissuto con lei la mia eternità … Mille e Una Notte …
Io il Sultano, lei la mia Sherazad. La mia narratrice. Narratrice conquistata da una poesia.
Hikmet: per me galeotto; per la mia sorellina, non troppo.

Josephine Watson, la mia sorellina, era stata lasciata da Clark Steel. Il suo Kent. Il suo uomo d’acciaio.
Una coppia d’acciaio distrutta dai pregiudizi su un fabbro. Povera sorellina. 
Spero non si aggiunga lui. Povera Jo. 

Da due giorni Chris mi ignora. Come se mi tenesse nascosto qualcosa. Mi ignora palesemente: non era mai successo. Cominciavo a preoccuparmi. 

Bussarono alla porta, era Miss Sherazad Sullivan..finalmente!

“Preparo la cena!” mi disse “Mettiti comodo!” e io mi misi in attesa. Tranquillamente.

Dalla cucina non proveniva alcun suono. Chris era silenziosa. Stranamente.

“Alexander Watson!” iniziò una volta a tavola. Non mi aveva mai chiamato così. “Martedì cosa hai fatto di bello?”
“Un giro per Parigi” risposi vagamente.
“Solo?” domandò lei.
“Se ti mancano le indagini della tua adolescenza chiedi a Dan di assumerti…” riusciva a spazientirmi: quando iniziava a fare domande Christine Sullivan era peggio di Miss Marple. 
Lei era cresciuta con i gialli di Agatha Christie. Io preferivo Sherlock Holmes. Ovvio, no?
“Vorrei risposte non allusioni stupide come il mio Sultano dearling!” ribatté decisa.
“Gelosa Miss?” le chiesi a tradimento.
“Naturalmente!”ribadì subito. Senza precisare se fosse un naturalmente sì o un naturalmente no.

Naturalmente. Così.

Io amavo questa donna. A trentatre anni dopo sei anni di matrimonio, amavo questa donna come il primo incontro. Mancava poco alla nostra ricorrenza.
Chissà se lo ricordava anche lei…

Joey

Era tornato!
Michelle cercò il mio sguardo, perplessa. Fu una sorpresa per entrambe la sua visita. 
Ecco, avrei raccontato tutto. Senza omettere nulla. Non sarei più scappata.

The Mask Spumeggiante era tornato senza maschera, senza trucchi. James Hoffman era davanti a noi con un sorriso disarmante.

“James, cosa ci fai qui?” chiesi. Domanda ovvia, ovvia e scontata.
“Passavo da queste parti e ho fatto un salto per salutare: Andrew mi ha detto dove potevo trovarvi!” rispose semplicemente. 
Da Roma a Parigi, per caso? Con chi credeva di parlare? 

“Come si sta a Roma quest’anno?” iniziai.
“Non ho più quattordici anni, si cresce!” disse. Ma guarda che discorso. Si cresce. Adesso avevo davanti un uomo di ventinove anni. Un ragazzo di ventinove anni che dice, si cresce. Oh cielo, come ho potuto cascarci con tutte le scarpe? Mea Culpa.
Andrew poi odiava quel ragazzo. Non era stato lui ad avvertirlo: avrei dovuto ricordarmi di ringraziare l’informatrice. Era sempre pronta ad aiutarmi, anche in silenzio.

Okay, era giunto il momento. Avrei raccontato tutto! 

Ho paura. Mi tremano le gambe. Ho fatto sedere Michelle ma anche io avrei bisogno di una sedia, qualsiasi sostegno.
James è seduto accanto a Miss Higgins e mi osserva curioso, con il sorriso adesso-voglio-vedere-come-ne esci.. Grazie Mr Hoffman! Meno male che eri cresciuto:immagino se non lo fossi. Aiuto, qualsiasi aiuto!
Squilla un cellulare, non può essere il mio: è spento! A qualcuno è arrivato un sms, non a me!

“Joey, tutto bene?” mi sentii dir da Michelle. Mi ricorda così di essere in piedi davanti a lei con lo sguardo perso nel vuoto, pallida e tremante.
Come può andare bene? Un ragazzo da Roma piomba nella città della Senna; quel ragazzo è il maschio Casanova; un ragazzo che risponde al nome di James Hoffman. Come può andare bene?

Voglio tornare a seguire Bianconiglio e festeggiare con il Cappellaio!

Ho paura, caspio! E’ difficile da capire? E’ difficile intuire la mia fifa? E non parlo della mia passione calcistica.
Jo, inspira e respira… leeeeen-taaaaaa-meeeeen-teee! Tranquilla Jo, sei Miss Tranquillità. Torna in te. E’ solo un ragazzo con poco cervello. Tranquilla!
Torna qui il tempo di raccontare e poi ti prometto che ti farò bere tutto il thè che vorrai.

“Jo, sicura di stare bene?” mi chiese James. Cosa vuole che gli risponda? Con che faccia me lo chiede? 
No, caspio! Come posso stare bene con te davanti,sottospecie di maschera. Saresti stato il modello perfetto per Pirandello, razza di personaggio in cerca d’autore e identità! Traditore! Pusillanime!

Okay, io non odio James Hoffman…

Mary

Sono due giorni che non sento Jo. Non voglio superare i limiti: non siamo più bambine.

“Andrew, vado da Michelle!” avviso “Sistema casa!” aggiungo. So che farà di tutto fuorché sistemare casa. Non sono stupida. E lui non è un leone. Drew è solo un ragazzo inglese del Taurus.

Io sono una Libra nata ad Ottobre. Chris una Taurus di fine Aprile. Michelle è nata nel nono mese dell’anno, una giovane Virgo. E Jo, nata a novembre, è Scorpio Girl!

“Mary, almeno tu ricordati le chiavi!” disse Andrew in tutta risposta. Le chiavi, ancora. Tra le quattro non ero io ad essere Alice. Io ero semplicemente Bella. Okay, la smetto!

Scendendo le scale inviai un sms…

Sapevo che sarebbe stata una sorpresa; sapevo che avrei rischiato più della mia stessa vita; sapevo che non avrei ricevuto risposta prima di sera. Forse non avrei mai ricevuto risposta. Sapevo di…non sapere un fico secco su come affrontare la mia situazione, ma avrei aiutato lei. 
Ero l’unica che poteva farlo: avrei mantenuto la mia promessa! 
Ero ancora sotto casa quando Andrew mi chiamò…

“Mary, puoi salire un secondo?”
“Senti Vampire Guy, non possiamo prendere il thè tra un’ora? E’ Agosto, l’ora legale servirà pur a qualcosa…” sapevo che seguendo il mio ragionamento avremmo dovuto prendere il thè alle quattro.
“L’ora legale serve unicamente per risparmiare energia, risparmio su cui ho molti dubbi!” rispose. Dubbi su cosa? L’ora legale aveva un solo obiettivo: farti perdere un’ora di sonno. Le aziende di materassi non ci guadagnavano di certo. “Piccola…” continuò “da domani non mi scappi più! Non puoi scapparmi!” promise.
“Io non voglio scappare da te, tu sei tutto per me, lo sai!” ribadii.
“So solo che ti amo!” mi ricorda quotidianamente il suo amore. Sono stata una stupida.
Come ho potuto scambiare una carezza per un bacio? Andrew sapeva di Clark; sapeva che Jo voleva parlare con qualcuno che non fossimo noi; aveva bisogno di lui e lui le era stato vicino. Io sono stata solo una stupida donna innamorata.

Le apparenze ingannano anche in amore.

Jo era stata fantasticamente perfetta, ancora. Adesso però toccava a lei rispondere: avevo già fatto la mia mossa. Per lei, sicura di passare in vantaggio e chiudere la partita. Nel frattempo Andrew mi aveva raggiunto…

“Mary, le chiavi!” avevo dimenticato le chiavi. Io, che non ero Alice.
“Stavo salendo, Drew!” dissi pronta “Prendiamo il thè!”
Mr Smith sorrise. “Thè freddo alla pesca!”
“Come sempre, Drew!”
“Come sempre, Mary!” ribadì lui. Sorrise e mi fece sorridere. Non potevo non sorridere con lui.
Il thè delle cinque non poteva essere rimandato. Non per lui, il mio ragazzo inglese. Non per me, amavo questi momenti con lui.

Tra Andrew Smith e Josephine Watson c’era un’amicizia particolare. Drew le aveva fatto dimenticare un maschio presuntuoso da cui era stata profondamente delusa.

Apparenze in amore? Allora forse Chris… fui interrotta! Mr Smith sapeva come fermare i miei pensieri…

E mi lasciai trasportare!

Joey

No, io non odio Sono-Bello-e-Impossibile Hoffman.
All’improvviso non sentii più nulla: solo un profumo, i suoi occhi, e le nostre canzoni!
Avevo quattordici anni quando successe tutto. Quando tutto ebbe inizio…

Il soggiorno durò due mesi che trascorsi in una casa in collina. 
Ricordo il profumo della macchia mediterranea e l’alba sul mare, che si vedeva dalla terrazza. Era la prima volta che attraversavo l’Oceano Atlantico:non avevo mai visitato il Vecchio Continente.
I primi giorni furono difficili. Sentivo nostalgia di Boston, dell’America e delle mie amiche. Soprattutto di quelle tre ragazze:cosa avrebbero combinato in mia assenza? Non esisteva ancora Facebook in quel periodo, fortunatamente tutto il resto sì.
In compenso ringraziai il cielo per la cucina:era unica. Riuscii a dimenticarmi di McDonalds in quei due mesi. Tra primi e secondi mi chiedevo come avevo potuto sostenermi per quattordici anni esclusivamente di fast food.
Fu in una pizzeria che lo notai. Anche lui aveva quattordici anni ed era incredibilmente alto per la sua età. Un gigante. Sì, era incredibilmente alto. Era arrivato poche settimane dopo di me. Biondo, occhi verdi. Un verde acqua: intenso. Mi incantai e non finii la mia quattro stagioni. Lui sorrise. Ero stata colta in fragrante, arrossii.
Quella notte non riuscii a dormire:io, Jo la razionale…non potevo crederci.
La sera successiva mi invitò a cena.

“Ti va di venire a mangiare qualcosa con me, Jo?”
“Mah, non saprei. Mi piacerebbe, ma io di soldi ne ho pochi. Non so…” tergiversai.
“Ma è un invito!” protestò lui “Pago io!”
“Sicuro?”
“Certo!”
“Ah be’, allora accetto!” cosa?Come era successo? Sarei passata per la degna nipote di Paperone. Jo la-tirchia-che-tirchia-non-sembra.. che tristezza! “Se per te è un piacere, lo è anche per me!” cercai di rimediare.
“Bene,andiamo!” mi sorrise. “Dopo di lei Miss!”
Il ristorante in cui entrammo, dopo aver studiato a lungo i menù e soprattutto i prezzi (sempre più Miss Paperett in missione per PDP), era molto modesto. I tavoli erano apparecchiati con tovaglie a quadrettini bianchi e azzurri:una trattoria.

“Mangio qui solo per te!” mi sussurrò lui. Dietro il bancone notai il motivo della sua affermazione. Aquile. Sorrisi.
“Mi spiace!”
“A me no” rispose “Essere con te, Jo!” precisò.
“Neanche a me…” ribadii “Romanista!” sorridendo.
“Colpito e affondato!” e mi passò il menù.
Ordinammo spaghetti alla carbonara, un piatto sostanzioso ed economico. Miss Paperett e PDP ci avrebbero invidiati.
“Tu cosa bevi?” mi chiese fingendo di consultare la lista dei vini.
“Aranciata!” dissi. Quella bibita mi riportava alla mente dolci ricordi che avrebbero lasciato l’amaro in bocca altrimenti. Non potevo farne a meno.
“Due aranciate! Bene, sono astemio!”
Brindammo alla cena, mangiammo gli spaghetti e ci scoprimmo euforici come se al posto dell’aranciata ci fosse stato del vino rosso. Alla faccia dell’astemio. Per la prima volta da quando ero arrivata mi sentivo a mio agio.

“Sicuro di non voler fare alla romana?” chiesi al romanista quando finimmo la cena
“No, pago io!” disse lui prendendo il portafogli.
Mi accompagnò a casa e aspettò che entrassi prima di partire. Assurdo, che stava succedendo?

Passammo insieme anche il giorno seguente: mi aveva invitato al mare. In quel paesino, in cui tutti conoscevano tutti e per le novità non serviva il giornale, mai avrei creduto di trovarmi così bene.
Andai in camera presi il necessario e in meno di mezz’ora mi ritrovai in spiaggia con lui.

“Sai che non si potrebbe entrare in acqua a Ferragosto? Potresti perdere conoscenza!”
“Sì certo, e io mi chiamo Mary!” risi “E’ solo una leggenda! E poi oggi non è Ferragosto!”
“Se avessi paura tanto ci sarei io…” disse spalancando le braccia.
Non so come successe. Ma mi ritrovai tra le sue braccia e lui non volle saperne di lasciarmi. Io meno di lui, ad essere sinceri. 
Mi aveva incantato, non volevo allontanarmi dai suoi occhi, fu allora che sentii le sue labbra avvicinarsi alle mie. Fu un bacio timido, incredulo, dolcissimo.

“Jo, mi piaci!” mi disse quel giorno.
“Anche tu, parecchio!” dissi arrossendo come una stupida.

Verso sera ci fermammo in una pizzeria. Questa volta riuscii a finire la mia capricciosa e da quella sera diventammo inseparabili. 

Quando arrivò il giorno della sua partenza mi svegliai all’alba per poterlo salutare, lo accompagnai in aeroporto e lui mi promise che sarei stata la prima ad essere avvertita del suo arrivo. 
Lì, davanti agli addetti al controllo, mi prese le mani e mi baciò. 
Mi baciò come se fosse l’ultima volta. Come se fosse un addio.
Il giorno seguente non rispose alla mia telefonata; nessuna risposta ai miei messaggi. Restai in ascolto.

Il ragazzo che mi aveva riempito di promesse era scomparso nel nulla, mantenendo la promessa di farsi rivedere!

James Hoffman era scomparso nel nulla, facendosi rivedere due anni dopo!

Lo squillo di un cellulare mi fece tornare al presente, era un messaggio, per me!

Mary

Alle nove sentii il cellulare squillare: Grazie a te! Grazie, davvero!

James

Michelle divenne pallida quando Jo finì di raccontare la nostra estate. Io rimasi stupito da quanti particolari ricordava.

Ma adesso dovevo raccontare io…

Joey


James Hoffman The Mask si scurì in volto quando smisi di parlare. Non era più verde in faccia. La sua maschera era caduta.
Gli occhi di Michelle guardavano lui, fissavano me. Annuii al suo sguardo.

“Jo, perché?” mi sedetti al suo fianco facendo alzare l’ex maschera. Lui si alzò senza una parola. 

Silenzio in salotto. Un silenzio che voleva essere ascoltato. E si sa cosa potrebbe succedere se non si restasse in ascolto del silenzio!
Mi è capitato spesso di ascoltare il mio silenzio e sempre mi ha indirizzato lungo la retta via. Solo una volta non lo ascoltai, solo una volta. Non ero più Josephine Steel.

Appoggiai una mano sulla spalla di Michelle e lei mi guardò... 

“Michi, perdonami per averti tenuto nascosto il mio tour italiano. Forse oggi ti ho perso, ma promettimi di non piangere! Non per me, non per lui! Io non merito le tue lacrime, okay?”
“Jo, cosa stai sparando? Smettila! Abbiamo ventinove anni, quando ci siamo conosciute? Secondo me dovresti fare due conti!” Quattro anni, avevamo quattro anni il giorno del nostro primo incontro. Una vita era passata, una vita, letteralmente. Come potevo non ricordare? 

“Tu non potresti mai perdermi! Io non ti lascio partire. Chi ti ha riportato sempre a Boston?” sorrise “Non ti lascio sola Alice, neanche per tutto l’oro del mondo!”
Il mio angelo custode mi era sempre stato vicino. Anche quando lui aveva preso baracche e burattini mortali e si era trasferito.

Lei, Michelle Higgins! Loro, Chris e Mary! Noi, noi! 

“Io sono stata stupida a non averti raccontato tutto!” dissi tra le lacrime. 
“Io più di te a non aver voluto ascoltare le tue distinzioni tra maschio e uomo!”rispose fissando un punto non definito del pavimento. Una maschera non definita. La maschera caduta di James.

James Hoffman, che non sentì una parola del nostro discorso. Perché era perso nei suoi pensieri.
Non sentì una sola parola perché avevamo ritrovato il nostro linguaggio. Io e Michelle. Un linguaggio fatto di sguardi. E lui non ci conosceva. Non ci aveva mai conosciuto. 

James

Dovevo difendermi, forse difendere non era il verbo adatto perché nessuno mi aveva accusato direttamente, ma rendeva perfettamente l’idea. Dovevo spiegare il mio punto di vista, ecco, forse spiegare andava decisamente meglio. Di una sola cosa ero certo: qualsiasi cosa avessi detto; in qualsiasi modo avessi esposto la mia versione io, James Hoffman, non ero giustificabile! Dritto in presidenza ed espulso dalla scuola.

Mi stupii nello scoprire quanti particolari Jo ricordasse di noi. Ero seduto accanto a Michelle ed ero convinto che Miss Watson non avrebbe avuto il coraggio di raccontarle di noi. E invece…

Il viso di Michelle perse colore, lei mi guardò ma i suoi occhi mi oltrepassarono: Miss Higgins stava fissando Jo cercando una risposta a quella tacita richiesta.
Michelle Higgins, la ragazza a cui avevo regalato un anello nel giorno del mio diciassettesimo compleanno e che non sentii più da allora. Dopo quell’estate non mi feci più sentire.
Jo era furiosa, fissò Michelle annuendo. Mi fulminò con lo sguardo. 
Josephine Watson, la ragazza a cui avevo promesso il mio amore e il mio ritorno. Parte della promessa la mantenni: ritornai due anni dopo. Non da lei e non in Italia. A Boston, durante una vacanza. L’estate del mio diciassettesimo compleanno!

All’improvviso ebbi l’impressione di essere osservato. Sentii gli occhi di quelle due ragazze su di me. Una bionda e una mora. Due ragazze. Due ragazze che avevo deluso.
Michelle fissava un punto del pavimento a me sconosciuto; Joey cercava di fermare le lacrime che le scorrevano incessantemente sul viso. Forse l’aranciata in questo momento le sarebbe servita poco. Meno di niente. Josephine Watson stava piangendo. 

Eppure i loro sguardi erano su di me.

Qualcuno mi aveva avvertito; ecco il mio errore: non sarei dovuto tornare da loro. Il passato non torna; non può tornare; non deve tornare. Io ero il loro passato e non sarei dovuto tornare. Eppure eccomi qui. Perché qualcuno mi aveva detto di passare.

Qualcuno mi aveva detto di passare ed io ero passato.

Ecco il mio errore. 

Michelle

Jo è stata fantastica: io non sarei riuscita a tenere nascosto questo segreto, perché di segreto si trattava. Perché tutte hanno un segreto. Tutti. E noi quattro non facevamo eccezione.

Impallidii quando Jo concluse la sua storia. Una storia passata certo; ma pur sempre una storia che valeva. 
Quando il passato torna a farti visita devi avere il coraggio di affrontarlo. Perché se il passato torna non lo fa mai gratuitamente. Grazie al Piccolo Principe, quel bambino che non risponde ma quando arrossisce vuol dire sì, il pilota riscopre l’infanzia in un mondo fatto di cifre.
Come detto però, io non sono la filosofa del gruppo. Se parlo, lo faccio sempre e solo per esperienza. Perché il io passato era tornato: per caso quanto è vero che sono Miss Sullivan, certo; ma io, Michelle Higgins, non lo avrei affrontato come invece aveva fatto Jo.
Josephine Watson, che tra le lacrime mi supplicava d perdonarla. Lei. Io, perdonare lei. E’ davvero strano il mondo: quell’estate, quando lei continuava a ricordare le distinzioni tra maschio e uomo, non avevo ascoltato una parola. Non avevo voluto ascoltare mezza parola. Adesso, lei chiedeva scusa a me.

Adesso, il mio passato mi era davanti e io non lo vedevo. Perché non conoscevo quel viso barbuto, una barba selvaggiamente curata. Non conoscevo quegli occhi, verde acqua. Non conoscevo quelle mani! Perché io non riconoscevo James in quell’uomo. Quell’uomo era tutto forse, ma non il mio James Hoffman. Perché di James Hoffman un’estate mi ero innamorata. Sinceramente.
Quell’estate, per lui, mi ero allontanata da Jo. Lei, così vicina eppure così lontana. Ma lei era rimasta. Perché eravamo amiche, vere!
E lei non mi avrebbe mai persa. Anche se mi avesse supplicata, non l’avrei mai abbandonata! 

Lei, Josephine Watson; loro, Chris e Mary; noi, noi!

James Hoffman stava uscendo. Il ragazzo che ci separò ieri, unendoci oggi! Il nostro passato!

In quel momento qualcuno parlò…

“Grazie, James! Se sono quella che sono oggi, lo devo anche a te. Perché sei stato una delle persone che ho incontrato nella mia vita. Perché noi abbiamo una matita per scrivere il nostro destino; ma le persone che incontriamo sono indelebili!
Grazie perché tu sei il mio passato e ora, grazie a te, ho una persona che voglio conquistare; riconquistare con tutta me stessa! Grazie per avermi ispirato l’inizio di tutto questo. L’inizio della mia storia!
Grazie per quello che diventerò!”

Josephine Watson, la nostra filosofa!

Ringraziare il passato, sempre e comunque!

Joey

Mary Smith aveva informato James Hoffman. Mary Hicks informò Clark Steel.

Ero tornata a casa. Erano le nove. E squillò il cellulare…

“Noi siamo un quadrato senza angoli e senza punte; manterrò la mia promessa!”
Sorrisi tra le lacrime.

Mary! Lei, sempre e comunque! 

Un quadrato, guerriere senza macchia e senza paura. A proposito…
Chissà come se la passava Christine. Ero passata da Michelle per avere sue notizie: chissà come andavano le cose con…
Ebbi un fremito! Come una sensazione. Ed io ascoltavo sempre le mie sensazioni…
Forse mio fratello… no, non poteva essere… o forse sì?

Mi addormentai senza troppi pensieri, quella notte!
   
 
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