Capitolo XII
Decisioni
Castello
della famiglia Montagu
Beaulieu, Inghilterra
Sentì un
nitrito provenire dall’esterno e si
alzò lentamente dalla poltrona, abbandonando il libro che stava
leggendo.
Si avvicinò
alla vetrata della biblioteca e
osservò fuori; le scuderie erano dall’altro lato del castello e l’ala
in cui si
trovava in quel momento era sempre molto silenziosa.
Scorse
l’animale, che sembrava passeggiare
libero, sul viale che conduceva verso il parco di Beaulieu, quella zona
alle
spalle della costruzione che si apriva su un’immensa distesa di prati
verdeggianti,
tipici della campagna inglese.
Vide lei
soltanto dopo, quando superò la
cavalla che teneva per le redini.
Era pronta
per una cavalcata, poiché indossava
un paio di calzoni marroni, stivali e una camicia bianca. Sorrise
dolcemente,
notando che non aveva con sé neanche una giacca: sua moglie era solita
uscire a
cavallo con indosso meno di quanto il tempo inglese, sempre molto
volubile,
normalmente richiedeva.
Quella
mattina il sole splendeva luminoso e
l’aria era tiepida, pertanto la giacca probabilmente non le sarebbe
servita; ma
ricordava ancora come, solo una settimana prima, fosse rientrata dalla
sua
cavalcata bagnata fradicia perché, nonostante avesse un logoro giaccone
a
scaldarla, aveva rifiutato l’impermeabile che il solerte Albert
pretendeva che
indossasse in quanto si preannunciava un temporale.
Era tornata
tutta grondante di pioggia, ma con
gli occhi luminosi e le guance arrossate, segno evidente che aveva
goduto
appieno della cavalcata, nonostante l’acquazzone. O, forse, proprio
grazie a
quello.
Con i lunghi
capelli incollati al corpo aveva
l’aria di un pulcino bagnato, eppure lui l’aveva trovata bellissima.
Forse era per
via di quella luce che aveva
scorto nei suoi occhi, che sembrava averla fatta tornare quella di un
tempo. La
donna vivace e brillante che aveva conosciuto, e non l’essere taciturno
e
triste che era diventato da circa un mese, dalla sera del loro
matrimonio
quando, tra le lacrime, gli aveva gridato che l’odiava.
L’aveva vista
così piena di vita che, per un
attimo, aveva sperato che fosse tornata
Non riusciva
ad avercela con lei, anzi soffriva
molto a vederla così.
Era
assolutamente certo che lei non si stesse
comportando a quel modo di proposito, per fargliela pagare.
Semplicemente stava
cambiando. Ne era sicuro perché, anche quando era sola e non immaginava
che lui
la stesse osservando, quell’aria triste e malinconica non l’abbandonava
mai.
Sembrava
quasi che si stesse spegnendo
lentamente. Che non avesse più nessuna ragione per gioire, ma neppure
per
arrabbiarsi.
Sembrava
quasi che si fosse rassegnata ad una
vita da prigioniera in casa propria.
Avrebbe
preferito vederla infuriata; avrebbe
preferito che litigasse con lui, che gli rinfacciasse ogni giorno
d’averla
sposata con l’inganno, piuttosto che vederla sempre più apatica, quasi
priva
della gioia di vivere.
Non
sopportava di vederla così. L’amava troppo.
Gli unici
momenti in cui sembrava rinascere
erano quelli durante i quali usciva a cavallo. Al rientro la sua
espressione
era più vivace, come se a cavallo ritrovasse quella parte di se stessa
che
stava a poco a poco scomparendo. O come se cavalcare le riportasse alla
mente
ricordi felici, l’unica cosa che ancora le regalasse un motivo per
sopravvivere.
Per questa
ragione, pur desiderando
disperatamente andare con lei, si era sempre trattenuto dal farlo.
Continuava a
sperare che quella malinconia l’abbandonasse; ma più passavano i giorni
e più
la vedeva triste, più temeva che il suo umore peggiorasse.
Sapeva bene
chi era il colpevole di tutto
quanto.
Lui.
Era soltanto
colpa sua. Avrebbe dovuto dirle
tutto quanto fin dall’inizio, ma aveva temuto di perderla. E ora,
forse, era
troppo tardi.
Aveva
sbagliato: aveva davvero creduto che se
fosse riuscito a legarla a sé, avrebbe avuto finalmente la possibilità
di farla
innamorare di nuovo.
Aveva sperato
che lei capisse… che il suo cuore
le parlasse… ma Sarah non voleva più ascoltare il suo cuore. E allora
non ci
sarebbero state speranze che s’innamorasse di Nicholas Thornton.
Aveva fatto
il possibile: era stato gentile,
paziente, dolce, premuroso… Aveva tentato di corteggiarla, di
interessarla a
conversazioni brillanti, persino di spingerla ad una discussione… aveva
tentato
di tutto, pur di ricordarle quanto potesse essere bello condividere le
proprie emozioni
e il proprio tempo assieme ad un uomo.
Non era
servito a nulla.
Osservandola
accarezzare Ginger, si disse che
avrebbe dato dieci anni di vita in cambio della possibilità di
stringerla
ancora tra le braccia…
Ma non
potevano andare avanti così, si
sarebbero distrutti a vicenda.
Per un attimo
ebbe l’impulso di uscire,
raggiungerla e dirle ciò che aveva pensato di fare proprio la notte
prima,
mentre attendeva che il sonno arrivasse e facesse cessare, almeno per
poche
ore, il tormento che provava ogni volta che pensava a lei.
Aveva deciso
che sarebbe tornato a casa sua e
le avrebbe concesso di vivere la propria vita lontana da lui. Non era
certo di
riuscire a sciogliere il loro matrimonio, ma in ogni caso le avrebbe
regalato
la libertà per la quale tanto aveva lottato e che tanto sembrava
desiderare.
Dei colpi
alla porta posero fine ai suoi
pensieri: il maggiordomo entrò e lo avvertì che era appena arrivato suo
zio.
Parco di
Beaulieu
Inghilterra
Le guance
arrossate, il respiro affannato e i
capelli al vento, Lady Sarah Jane Montagu cavalcava la sua purosangue
lanciata
al galoppo.
Quella mattina, approfittando della splendida
giornata, aveva allungato di parecchio il solito giro e tuttavia non
aveva
alcuna voglia di rientrare.
Gli unici momenti in cui si sentiva di nuovo
viva e felice erano quando cavalcava Ginger, come se solo la cavalla
potesse
trasmetterle la sua energia per continuare a sopravvivere.
La sua mente tornava ad essere libera; libera
di abbandonarsi ai ricordi, gli unici momenti che considerava ancora
suoi e che
le regalavano un po’ di gioia.
Quanto si era
sbagliata!
Era convinta
che la sua ragione di vita fosse
riottenere Beaulieu, le proprietà e il titolo dei Montagu; aveva
lottato per
anni per perseguire quello scopo e non si era fatta fermare da nulla,
neppure
dall’amore. Ma quando aveva ottenuto finalmente quello che aveva
rincorso a
lungo, si era sentita soltanto tanto vuota e sola.
Dopo la
discussione con suo marito aveva
riflettuto molto, analizzando eventi e sentimenti con estrema
sincerità, ed era
dolorosamente giunta alla conclusione che Nicholas aveva ragione.
Egli non
l’aveva mai costretta a sposarlo. Era
stata lei a trarre certe conclusioni. Non le aveva mentito,
semplicemente aveva
omesso di chiarirle che non pretendeva lo sposasse solo per ottenere il
suo
aiuto, ma che l’avrebbe aiutata comunque, come in realtà aveva fatto.
Lei sola si
era voluta convincere che lui l’avrebbe
aiutata solo in cambio di qualcosa; e si era convinta di questo per
nascondere a
se stessa di potersi innamorare di Nicholas Thornton, se solo gliene
avesse
dato la possibilità.
Perché, se si
fosse innamorata di Nicholas, avrebbe
potuto dimenticarsi di André. Ma non solo: aveva anche avuto timore di
arrivare
a fidarsi completamente di un uomo. Se il piano avesse avuto successo
(come in
realtà era accaduto), non avrebbe più avuto scuse per fuggire. Con
Hewitt in
galera e il nome dei Montagu riabilitato, non avrebbe avuto più scuse
per
fuggire l’amore, come aveva fatto con André D’Harmòn.
Ripensando
con spietata sincerità ai momenti
passati con André, doveva ammettere che se si era abbandonata all’amore
e ai
sentimenti che provava per lui era stato solo perché sapeva che, prima
o poi,
l’avrebbe lasciato.
Suo marito
aveva ragione: temeva i legami, ma
ancora di più temeva e fuggiva l’amore.
L’aver
accettato finalmente dentro di sé tutto quanto
era stato un notevole passo avanti e solo per quello avrebbe dovuto
ringraziarlo.
Ciò che
tuttavia suo marito ancora non sapeva
era la decisione cui era giunta dopo il procedimento mentale da lui
stesso
innescato: aveva ormai capito che non sarebbe più riuscita ad essere
felice a
metà.
Non poteva
amarlo. Lei amava ancora André François
D’Harmòn e lo avrebbe amato per sempre.
Ora era
intenzionata a fare il possibile per
ritrovarlo, per implorare il suo perdono e dirgli quanto lo amava. E se
egli
fosse stato ancora libero e l’avesse rivoluta con sé, lei sarebbe stata
soltanto
sua.
Nulla
l’avrebbe fatta desistere da questa
decisione, neppure il suo legame con Nicholas Thornton; solamente un
rifiuto di
André l’avrebbe fermata. Pur di vivergli accanto era disposta anche a
mettere a
repentaglio la propria reputazione.
Ripensando a
suo marito e a come si era
comportato con lei in quel mese dalle nozze, ora era dispiaciuta anche
per lui:
aveva capito quanto stesse soffrendo per non poterla avere, eppure era
stato
sempre gentile e dolce. Molti altri uomini non sarebbero stati
altrettanto
pazienti e avrebbero fatto valere i propri diritti, anche con la forza.
Nicholas,
invece, si era limitato ad amarla in
silenzio.
Purtroppo per
lui, lei voleva André.
Era
consapevole che questa sua decisione,
qualora non fosse riuscita a ritrovarlo o se egli l’avesse respinta, le
avrebbe
fatto correre il rischio di perdere anche l’unico altro uomo di cui si
sarebbe
potuta innamorare se solo non lo fosse già stata così tanto del Conte
D’Harmòn,
ma era disposta a correre il rischio.
Quella sera
stessa avrebbe parlato con Nicholas
e poi sarebbe partita per
Serena per la
decisione presa, fece rallentare
Ginger e, lentamente, ritornò al castello.
Bond Street
Londra
Quel
pomeriggio, per accontentare sua madre che glielo
chiedeva da tempo, Belinda era uscita in anticipo dall’ufficio e si era
incontrata con lei alla fermata della tube
di Bond Street.
In quel
momento la strada più famosa di Londra per i suoi
negozi di alta moda era affollatissima di ricchi londinesi, turisti e
studenti
sfaccendati. Non capiva il perché sua madre volesse farle acquistare a
tutti i
costi due abiti da cocktail e uno da sera. Aveva l’armadio strapieno di
abiti e
non le mancava certo il modello giusto da indossare per il the di quel
pomeriggio e la cena della sera che avrebbe inaugurato il torneo di
bridge di
Lady Victoria Kent. Vide sua madre scendere da un taxi proprio a pochi
passi da
lei. Elegantissima e impeccabile come sempre nel sobrio tailleur di
Chanel color
panna, le si fece incontro salutandola calorosamente.
“Belinda” le
disse baciandola su entrambe le guance, “mi
fa piacere che tu abbia accettato il mio invito.”
“Mamma sai
benissimo che non ho bisogno di andare da
Armani o Valentino per un nuovo abito.”
“Non è vero
mia cara” replicò Lady Kent. “I tuoi abiti
sono fuori moda e per questa serata ti serve qualcosa di nuovo.”
“Come vuoi”
si arrese alla fine Belinda, lasciandosi
prendere sottobraccio e trascinare in direzione della boutique di
Armani.
Entrarono e
subito le commesse riconobbero Lady Kent e le
proposero gli ultimi arrivi direttamente dalla maison
dello stilista italiano.
“Che ne dici
di questo?” chiese alla figlia mostrandole un
sobrio abito longuette. “Credo che per il the di oggi
andrà benissimo.”
“Non ti
sembra un po’ troppo lugubre per un semplice the?”
chiese un po’ dubbiosa Belinda.
“Ma il nero
ti sta d’incanto mia cara! E s’intona alla
perfezione con i tuoi capelli rossi” replicò Lady Kent.
Seppure poco
convinta di quella scelta, Belinda s’infilò
nel camerino di prova e indossò l’abito. Con suo sommo dispiacere
dovette
convenire che quell’abito le stava d’incanto. Dopo la cura dimagrante
aveva
perso cinque chili e il vestito faceva risaltare le sue forme ben
tornite ma
non troppo. Si rimirò soddisfatta nello specchio.
Cosa avrà lei
più di
me…, si ritrovò
a
pensare. Ma che le veniva in mente?! Harmon aveva dimenticato la sua
amica, e
le aveva detto che fra loro non c’era mai stato nulla. Si stava
preoccupando
eccessivamente.
Uscì dalla
cabina di prova. Sua madre la guardò con aria
soddisfatta.
“Visto che
avevo ragione? Quest’abito ti sta d’incanto
Belinda. Lo prendiamo” aggiunse rivolta alla commessa che le stava
seguendo
solerte e zelante come un cameriere cinese.
“Adesso
vorrei che provassi questo” disse a Belinda
mostrandole un altro abito da cocktail, questa volta composto da una
giacca
color panna e da un pantalone nero in leggero tessuto di fresco di
lana.
L’insieme era completato da una camicetta di seta bianco avorio.
“Ma mamma!”
protestò Belinda. “Si tratta di the, non di
colazioni a Buckingham Palace.”
“Hai bisogno
di rinnovare il guardaroba Belinda” sentenziò
perentoria Lady Kent porgendo il completo alla figlia.
Ormai
rassegnata, Belinda tornò nuovamente nella cabina di
prova.
Uscirono
dalla boutique
dopo circa un’ora: i pacchi sarebbero stati recapitati direttamente
all’abitazione della famiglia di Belinda, a Mayfair.
“Mamma adesso
mi vuoi spiegare cosa hai in mente? Sai
benissimo che non ho affatto bisogno di avere nuovi abiti nel mio
armadio. E
sai benissimo che non ho vestiti fuori moda.”
La donna non
rispose, fermandosi a contemplare una vetrina
di Chanel.
“Non trovi
che quel tailleur sia un amore?” domandò
serafica alla figlia.
“Mamma…” la
incalzò Belinda battendo
un piede a terra. “Sto aspettando.”
“Vorrei che
lo provassi” continuò imperterrita Lady Kent
fissando la vetrina e avviandosi all’ingresso del negozio.
A Belinda non
restò altro da fare che seguirla, tuttavia
aveva la ferma intenzione di scoprire cosa stava tramando sua madre.
Quando
uscirono dalla boutique
di Chanel Belinda possedeva un tailleur, due gonne e un paio di
maglioncini in
più.
Dopo
quell’ennesima performance di sua madre era più che
decisa a scoprire cosa covasse sotto la cenere.
Camminarono
lungo la via affollata, e più lei cercava di
andare a fondo della questione, più sua madre sviava il discorso
parlando del
più e del meno.
Quando
giunsero davanti all’atelier di Valentino e Lady
Kent insistette affinché lei comprasse un abito da sera del valore di
3.000 sterline,
non ci vide più.
“Allora mamma
vuoi dirmi cosa cavolo stai tramando dietro
le quinte? Cosa c’è che non va?” sbottò.
“Belinda!
Siamo in mezzo ad una strada! Non ti comportare
come una straccivendola qualsiasi!” esclamò scandalizzata.
“Se non mi
dici cosa hai in mente giuro che mi metto a
strillare qui” la minacciò.
Allarmata da
quella disdicevolissima prospettiva Lady Kent
si arrese: “Andiamo in quel cafè”.
Si sedettero
all’interno del locale e ordinarono una tazza
di the.
“Ebbene?”
insistette Belinda.
Lady Kent
fissò il soffitto: “Il tuo fidanzato non viene?”
chiese apparentemente più interessata alla complicata decorazione del
soffitto
che non alla figlia.
“Cosa vuoi
dire? Lo sai benissimo che Harmon questo fine
settimana è a Beaulieu per lo Spring Automotor Jumble” replicò Belinda.
“Quindi non
sarà presente alle cena di domenica sera” continuò
Lady Kent.
“No, mamma,
non sarà presente” rispose lei infastidita.
“Te l’avevo detto mi pare.”
“Sì è vero”
disse la madre tornando a posare gli occhi
sulla figlia.
Il cameriere
portò i the.
“Ad ogni
modo, forse è una fortuna che non ci sia.”
Gli occhi
verdi di Belinda si aprirono in un’espressione
interrogativa: “Mamma che vuoi dire? Se non sarà per questo fine
settimana
potremmo sempre organizzare per la prossima. Vorrei presentarvelo senza
tutti i
vostri amici intorno”.
“Sei sicura
di voler stare con lui?” chiese girando
distrattamente il cucchiaio nella tazza.
“Mamma! Ma
come ti permetti?!” esclamò Blinda. “Io lo amo
e lui ama me. Cosa c’è che non va? E per favore parla chiaro questa
volta.”
Lady Kent
smise di girare il the. “Vedi? Anni di
educazione inglese non sono serviti a nulla! Due mesi che convivi con
quell’americano e parli come loro. Ma ti sei sentita almeno?”
“Allora è
questo! Non ti va che mi sia fidanzata con una
persona che non sia inglese purosangue e appartenga ad un altro mondo!”
“Bambina mia”
esordì Lady Kent, “quell’uomo non è alla tua
altezza. Tu puoi meritare di più. Non è inglese” cominciò ad enumerare,
“e quel
che è peggio è un americano. È un militare, uno della Marina e tu sai
come sono
fatti quelli della Marina…”
“Mamma sei
piena di pregiudizi. Harmon non è così. Lui è
diverso” rispose Belinda esasperata da tutte quelle basse insinuazioni.
“Magari
preferiresti che cercassi la compagnia di … aspetta come si chiama?”
disse
sarcastica.
“Charles
Hewitt” rispose Lady Kent. “E, a proposito di
Charles, sarà presente al the di domani pomeriggio” continuò
soddisfatta la
donna.
Belinda quasi
si strozzò con il the: “Ecco il perché di
tutte queste compere!” esclamò. “Tu vuoi….” ma la madre la interruppe.
“Io non
voglio nulla, solo che tu rifletta bene sul tuo
futuro prima di fare certe scelte.”
“Ma io le ho
già fatte le mie scelte mamma! E quando
conoscerai Harmon anche tu cambierai idea.”
Lady Kent non
rispose.
Terminarono
di bere i loro the ed uscirono dal cafè.
“Meglio che
torni a casa mamma, ci vediamo domani mattina”
la salutò freddamente Belinda.
“Come vuoi
cara.”
Guardandola
allontanarsi fra la folla delle cinque del
pomeriggio in direzione della tube, Lady Kent non poté trattenere un
moto di
sollievo.
Belinda cerca
di
nascondere quella che è la sua vera natura, ma se davvero avesse voluto
evitare
di incontrare Charles mi avrebbe risposto con un ‘no’ secco.
Castello
della famiglia Montagu
Beaulieu, Inghilterra
Aveva
lasciato la cavalla nelle mani capaci di
Ben, che l’avrebbe ricondotta alle scuderie e si sarebbe preso cura
dell’animale, e stava per rientrare passando dalle cucine, quando sentì
la voce
di suo marito e quella del Duca suo zio provenire quasi certamente dal
salotto
azzurro che si trovava proprio da quel lato della costruzione.
Prima di
rientrare si fermò un attimo a
cogliere dei fiori da far disporre per la tavola: la presenza di Sua
Grazia
avrebbe richiesto come minimo le porcellane Wedgwood, se non
addirittura
l’argenteria… Strano che Nicholas non l’avesse avvisata che avrebbero
avuto suo
zio a pranzo, a meno che lui stesso non ne fosse a conoscenza se
l’anziano
gentiluomo aveva deciso di fare una sorpresa ai novelli sposi.
Dalla vetrata
aperta poco più in là le voci
arrivavano nitide, senza che zio e nipote potessero vederla.
Lady Sarah
stava decidendo se cogliere delle
rose, nel qual caso sarebbe stato meglio rientrare ed attrezzarsi con
guanti e
forbici adatte, oppure delle semplici margherite a gambo lungo da
abbinare agli
ultimi tulipani gialli e rossi; concentrata sulla scelta, fu sorpresa
di
sentire la voce di suo marito come non l’aveva mai sentita prima.
“Non so più
cosa fare con lei, zio. Sarah mi
odia.”
Il tono di
Nicholas Thornton aveva un che di
sofferente e disperato. Lady Sarah rimase immobile ad ascoltare, con
una
margherita tra le mani.
“Non credo
che ti odi, figliolo.”
“Tu non l’hai
sentita e neppure vista, quella
sera. Era furiosa. E io ho peggiorato la situazione, con quello che le
ho
detto. L’ho distrutta.”
“Hai cercato
di parlare con lei? Di spiegarle
tutto quanto?”
“No. Lei sta
soffrendo troppo e non vuole
avermi intorno.”
“Ma se
soltanto sapesse tutta la verità, Nick…
Sai che quello risolverebbe ogni cosa, vero?”
La verità?
Ma di cosa
stavano parlando?
“Certo che lo
so, zio. Ma io avrei voluto che
si innamorasse di me senza rivelarle ogni cosa. Avrei desiderato che
fosse il
suo cuore a capire…”
“Forse hai
preteso un po’ troppo. Da te stesso
e da lei. Ma puoi ancora rimediare, Nick. Parlale. Raccontale tutto
quanto.”
“E’ troppo
tardi, zio. Non mi perdonerebbe mai.
E poi, nonostante tutto, desidero ancora che si innamori di me, senza
che
sappia…”
“E tu sei
davvero sicuro che se ti rivelasse
d’essersi innamorata di te, senza sapere tutta la verità, poi saresti
felice?”
“Che cosa
vuoi dire, zio?”
“Tu sai che
lei ama un altro uomo. Sei certo di
riuscire ad accettare, e soprattutto a credere,
che si sia innamorata di te? Di Lord
Nicholas Thornton? Pensaci, ragazzo.”
Ma che cosa
stava dicendo Sua Grazia?
Tutto quello
che aveva sentito non aveva alcun senso.
“Forse hai
ragione. Forse soffrirei anche in
quel caso…” sentì dire a Nicholas.
Che cosa
nascondeva ancora suo marito?
E perché il
Duca sosteneva che se avesse
conosciuto la verità, ogni cosa sarebbe andata a posto, mentre se lei
gli
avesse confessato d’amarlo senza conoscere tutto quanto, egli avrebbe
comunque
sofferto?
Ci doveva
essere qualcosa che le era sfuggito…
Ripensò a
quello che aveva appena udito,
cercando di analizzarlo sotto un’altra prospettiva, quella delle sue
sensazioni: tutte le sensazioni che aveva provato da quando aveva
conosciuto
Lord Nicholas Thornton.
Rifletté
sulle parole di suo marito e su quelle
del Duca di Lyndham e su tutto ciò che era accaduto in quei mesi, dal
suo
ritorno in Inghilterra.
All’improvviso
lasciò cadere la margherita che
aveva tra le mani e corse in camera.
Chiamò la
cameriera e si fece preparare una
piccola borsa da viaggio, il necessario per una notte; scrisse poi un
biglietto
a suo marito in cui gli comunicava che aveva saputo di dover andare a
trovare
un’amica, che l’aveva convocata all’improvviso, e che sarebbe rientrata
il
giorno successivo.
Dette
istruzioni ad Albert affinché consegnasse
il messaggio non appena possibile; dopodiché si fece preparare la
carrozza e in
meno di mezz’ora era già sulla strada per Londra.