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Autore: Layla    25/04/2013    2 recensioni
“Le cose vanno di merda a tutti, vedo, ma ho una soluzione.”
Io alzo un sopracciglio e bevo un bicchierino di whisky.
“Prego?”
“Una soluzione. Non fare la stronza gelida che con me non attacca!
Ho intenzione di restituire loro pan per focaccia per ricondurli alla ragione o meglio ricondurre Mark alla ragione, questa volta io da Jen ci divorzio venisse pure Cristo a dirmi di non farlo.”
“Qual è, Tom?”
“Io e te fingeremo di stare insieme, ci faremo paparazzare da qualche fotografo e porteremo avanti questa commedia fino a che qualcuno dei due si farà vivo.”

Tom/Skye.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Tom DeLonge
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2

 

La mattina dopo mi sveglio con una sensazione di calore alle spalle e per un attimo il mio cervello si illude che sia quello di Mark.

Mi basta abbassare un attimo gli occhi sul braccio che mi tiene abbracciata e che giace sulla mia pancia per capire che non è così. È un braccio completamente tatuato ed è quello di Tom, nel sonno si deve essere avvicinato a me fino ad abbracciarmi.

Poco dopo lo sento fare i movimenti lenti e quasi impercettibili di chi si sveglia, c’è un attimo di incertezza e poi lo sento staccarsi da me come se gli avessi dato la scossa.

Lui si volta verso di me e alza le mani.

“Io…. Scusa non so come sia potuto succedere!”

“Non preoccuparti, devi esserti avvicinato nel sonno, piuttosto fa qualcosa per quello…”

Gli indico una potente erezione che si intravvede dai boxer e  che lui osserva costernato.

“è da anni che non avevo un alzabandiera mattutino, cazzo!”

Scende dal mio letto di corsa imprecando e lo sento andare in bagno, io scoppio a ridere di gusto e mi sento di buon umore: sono ancora abbastanza sexy da dare erezioni mattutine non volute!

Lui ritorna in camera, ancora borbottando.

“Dai,non è successo nulla. Adesso mi alzo per preparare la colazione a Jack e portarlo a scuola, vuoi qualcosa?”

Lui scuote la testa.

“Posso venire anche io.”

“No, troppo presto o altrimenti rischiamo una rivolta da parte di Jack, però se vuoi puoi venire con me a fare colazione dopo che l’ho portato a scuola.”

“E sia, dove?”

“Mistero!”

Con calma esco dal letto e vado a svegliare mio figlio, il quale – come al solito – si attacca al materasso pur di non alzarsi.

“Eddai, Jack! Lo sai che devi andare a scuola!”

“Nooooo! Ti prego! Per oggi fammi rimanere a giocare con Ava.”

“Ma dorme ancora! Dai, pigrone, esci!”

“NOOOOO”

Io non so più che santo chiamare quando sento una presenza appoggiata allo stipite della porta: Tom.

“Lascialo stare a casa per un giorno, non essere così inflessibile! Sta passando un brutto periodo e tu scommetto che non gli hai fatto perdere nemmeno un giorno di scuola!”

Io lo guardo irritata, Jack con uno sguardo di pura gratitudine.

Mi sento accerchiata su due fronti – in una perfetta morsa a tenaglia – e quindi cedo: stacco le mani dalle sue spalle e gli concedo ancora qualche ora di sonno.

“Tom, accidenti!”

“No, accidenti a te Skye! Mostra un po’ di comprensione e di uguaglianza, ti sei concessa di fuggire dal lavoro per un mese e non concedi nemmeno un giorno di ferie a tuo figlio?”

Lui se ne va in salotto, grattandosi il sedere e lasciandomi in piedi accanto alla stanza di Jack come una fessa. È questo che mi sento in questo momento: una fessa mista a tiranna.

Lo raggiungo in salotto.

“Hai ragione, Tom.

Dai, prepariamoci che ti porto in un posto.”

Lui annuisce e dopo un quarto d’ora usciamo di casa, io sono martellata dalle domande di Tom, ma possibile che non sia capace di stare zitto un attimo?

“Tom, se non stai zitta ti gambizzo! Com’è vero che mi chiamo Skye Everly!”

Lui tace.

“Come fai con Mark?”

“Lui non è pressante come te! Sa quando è arrivato il momento di tacere se non vuole rischiare una rappresaglia.”

“Io sono Tom.”

La sua frase risuona come una fucilata nel mio cervello; è lui ad avermi gambizzato, non il contrario.

Il mio volto si fa scuro ed entriamo in macchina senza profferire parola, Tom ha un’espressione vagamente dispiaciuta in volto, forse si è reso conto di aver detto qualcosa che non doveva dire.

Metto in moto con stizza e partiamo a razzo, tanto che lui si aggrappa alla maniglia che c’è sopra il finestrino.

“Skye?”

“Che vuoi?”

“Scusarmi, forse ho detto qualcosa che non dovevo dire.”

“Hai solo detto la verità e la verità fa male.”

Lui non mi risponde e guarda fuori dal finestrino: stiamo uscendo dalla city per inoltrarci nella grande Londra.

“Dove cazzo stiamo andando?”

Mi chiede nervoso, quando nota che andiamo verso la periferia e per di più in una zona piena di musulmani.

“Skye!”

“E stai zitto! Non ti porto tra i terroristi!”

Alla fine parcheggio davanti al solito ed entro con un guardingo Tom alle spalle, mi siedo al solito tavolo e ordino il solito caffè e un dolce indiano.

Le brioches sono finite, mi dice un costernato cameriere che avrà sì e no quindici anni.

“Ah, e così è questa la tua tana.”

“Esattamente. Come vedi tutti si fanno i fatti loro e non mi chiedono nulla della mia vita.”

“ è un’ottima cosa”

Dice bevendo un sorso di cappuccino.

“E anche il cibo è buono, questo cappuccino ha qualcosa di diverso rispetto agli altri.”

“La cannella.”

Sentenzio io.

Poco dopo la stessa donna di ieri si avvicina al mio tavolo e guarda Tom.

“è lui quello che doveva tornare?”

Io scuoto la testa.

“Lui è il miglior amico di mio marito e il marito della donna con cui sono stata tradita.”

La donna – sui sessant’anni, con una pelle scura e dura come il cuoio e un piercing al naso – mi osserva. Con quella faccia e quella treccia di capelli neri e grigi che esce a tratti dal velo sembra il ritratto della vita vissuta fino in fondo: grandi gioie e dolori terribili.

“A volte due cuori spezzati possono creare un cuore nuovo che funzioni.”

Detto questo se ne va e io mi chiedo se dietro a queste parole oscure non si celi una profezia da cui Jack e Ava ci hanno in guardia: che tutto  ci si possa rivoltare contro e che finiremo per innamorarci sul serio.

Scaccio questi pensieri come mosche, ma ormai una goccia del veleno che hanno disseminato in me è entrato in circolo e sento salire in me una leggera angoscia.

 

Arriviamo a casa e troviamo i nostri pargoli vivi e attivi.

“Avete già fatto colazione?”

Chiedo io appendendo il cappotto sul gancio che c’è dietro alla porta.

“Sì, Jack mi ha fatto la colazione!”

Sorride Ava prima di riprendere a strimpellare su un basso acustico seguita a ruota da Jack che muove piano le dita sulla sua chitarra.

“Metti insieme un Hoppus e un DeLonge e li vedrai suonare immediatamente.”

Lui ride.

“Bravino, Jack. Non è da tanto che suona, vero?”

“No, solo qualche mese.”

“Anche Ava suona il basso solo da qualche mese. Credi che tuo figlio accetterebbe lezioni di chitarra da me?”

“Non hai che da chiederglielo. Mi spiace per Ava che rimarrà indietro.”

Lui mi guarda ghignando.

“Ma qui c’è una bassista!”

“Cosa? No, i bassi di Mark li ho distrutti tutti!”

“Ho detto che c’è una bassista e sei tu e so che il tuo basso è nascosto da qualche parte!”

Io arrossisco fino alla radice dei capelli.

È vero, io suonavo il basso all’università e tante volte durante i nostri primi appuntamenti io e Mark suonavamo insieme, ma non sapevo che Tom lo sapesse.

Quel basso è finito chissà dove e non so se ho voglia di tirarlo fuori di nuovo e ricordare tutte quelle volte Mark mi correggeva qualcosa e i brividi che provavo allora.

“Sì, lo è. Non so dove.”

Lui mi tende una mano.

“Vieni , ti aiuti a cercarlo.”

Io lo guardo un po’ esitante, ma alla fine accetto. È inutile scappare dai fantasmi del passato, per quanto lontano tu andrai loro ti seguiranno sempre perché sono creati e vivono nella tua testa.

Ci avventuriamo nel mio sgabuzzino: una stanzetta ingombra di cose e pericolosa.

Basta toccare uno scatolone per venire travolti da altra roba e finire sepolti – letteralmente – sotto i ricordi.

Muovendoci con calma, come degli sminatori, troviamo una scatolone lungo che può contenere dei bassi. Lo portiamo fuori dalla stanzetta e in effetti contiene proprio due bassi: un basso acustico con il segno della pace disegnato sopra e un basso elettrico rosso con gli adesivi dei blink e dei pistols.

“Pacifista?”

“No, me l’ha disegnato la mia compagna di stanza al college senza il mio permesso.”

Imbraccio lo strumento e lo accordo, al primo segno di una melodia bassa e triste vengo assalita da migliaia di ricordi e mi sembra quasi di sentire le mani si Mark sulle mie.

Tom intanto è andato in salotto, io lo guardo sedersi vicino a Jack che smette immediatamente di suonare.

“Ehi, ti va se ti do lezioni di chitarra?”

Il clima nella stanza si fa pensante, da una parte mio figlio vorrebbe rifiutare sdegnato, dall’altra sente la pressione di Ava che vuole che accetti.

Devo fare qualcosa.

“Che ne dite se andiamo al parco?”

Mio figlio mi guarda grato.

“Sì!! È una bella idea, ci sono le altalene, gli scivoli e si può dare skate!”

Ava annuisce, la proposta è accettata e il clima si scioglie. I due mettono a posto i loro strumenti e si preparano per uscire.

Venti minuti dopo siamo stretti nella mia utilitaria e diretti verso uno dei tanti parchi di Londra, nei sedili posteriori Ava, Jonas e Jack chiacchierano allegramente, io e Tom rimaniamo in silenzio.

“Non mi sembri felice di aver trovato il tuo basso.”

“Ci sono troppi ricordi che sono legati a quello strumento.”

Taglio corto io.

Arriviamo al parco e i due maschietti corrono verso le altalene, Ava invece si ferma un attimo da me.

“Ho sentito un basso prima, era il tuo?”

“Sì, suonavo il basso al liceo e al college.”

“Mi insegni?”

Io sorrido.

“Va bene.”

Lei rimane un attimo in silenzio.

“Tu pensi che mio papà sia un bell’uomo?”

Io arrossisco, che Tom sia un bell’uomo è assodato ed è anche sexy, ma come faccio a dirlo a una ragazzina?

“Beh, sì. Non lo trovi bello anche tu?”

“Sì, anche io.”

Butta lo skate per terra  e raggiunge Jack sulle altalene, gli dice qualcosa e lui scende dall’altalena, recupera il suo skate e si mette a fare acrobazie con Ava sotto lo sguardo vigile mio e di Tom.

“Sai cosa mi ha chiesto tua figlia?”

“Cosa?”

“Se ti trovavo bello.”

Lui gonfia il petto.

“Immagino le avrai detto di sì.”

Io scoppio a ridere.

“Non cambierai mai, eh?

Sì, le ho detto che sei bello. Jen è stata una fessa a lasciarti andare.”

“Jen voleva troppo.”

Lui stringe i pugni e guarda lontano con aria scura.

“Scusa, forse non dovevo nominarla.”

“No, è ok. Prima o poi dovrò parlare di lei ed è meglio che inizi ad allenarmi con te.”

Ci sediamo su una panchina, non ho mai visto jack così felice da quando abbiamo lasciato san Diego, la sua cotta per Ava deve essere davvero forte.

Trascorriamo una mattinata piacevole al parco, persino il sole decide di fare capolino tra le grigie nubi londinesi e questo mi mette di buon umore.

Mi manca la California, era Mark quello che voleva venire qui, io ho sempre amato il sole, il mare e le città di mare.

A mezzogiorno i pargoli tornano da noi vecchi e chiedono a gran voce cibo, Tom mi guarda e sogghigna.

“Mac Donald?”

“Sììì!”

“è cibo spazzatura!”

Lui scuote la testa.

“Skye, non la pensavi così quando eri in California.”

Io sospiro.

“D’accordo, ma non abituatevi al Mac, troppi hamburger fanno male!”

Usciamo dal parco e ritorniamo di nuovo nella mia utilitaria, alla ricerca del fast food più vicino.

Lo troviamo e Ava, JoJo e mio figlio si precipitano dentro senza nemmeno aspettarci.

“Che energia!”

“Sono così belli!”

Io e Tom raccogliamo le loro ordinazioni e ci mettiamo in fila, quando arriva il nostro turno il ragazzo al bancone guarda Tom come se fosse una visione paradisiaca.

“Ma tu sei Tom DeLonge!”

“Sì, sono io!”

“Ti prego, potresti firmarmi un autografo, per favore?

Sono anni che seguo le tua band.”

Tom sorride timido, non gli piace molto il contatto con il pubblico a differenza di Mark.

“Certo. Mi dai un pezzo di carta su cui scrivere e una penna?”

Mi chiede, io frugo per un po’ nella borsa e poi gli porgo un foglietto staccato da un block notes e una penna.

“Come ti chiami?”

“Lewis!”

“Bene.”

Tom firma l’autografo e noi ci spostiamo nella zona dove ci consegneranno i piatti.

“Odio essere famoso certe volte.”

“Non essere così snob, ti ha solo chiesto l’autografo e poi è male che hai voluto tu. Sei tu che hai sempre spinto i blink verso mete più alte.”

“Già, la maggioranza delle cose che mi fanno male sono cose che ho voluto io.”

Ci sediamo al tavolo, io non ho capito cosa abbia voluti dire con l’ultima frase. Rimpiange di aver creato i blink o di averli abbandonati?

Mentre distribuisco i vassoi la mia mano viene casualmente a contatto con quella di Tom e un brivido passa tra di noi, l’ha sentito anche Tom perché allontana quasi subito la mano e mi guarda interrogativo.

Io gli faccio un leggerissimo cenno di diniego, quello che è appena successo non significa nulla, non deve significare nulla.

Io amo ancora Mark e Tom è solo un amico con un solo difetto: essere troppo sexy.

Nella mia condizione di donna abbandonata e in astinenza sono semplicemente troppo sensibile a certi impulsi.

È Mark che rivoglio.

Mark.

Chiarito questo ai miei bassi istinto mangio con troppa voracità il mio panino.

“Fortuna che era cibo spazzatura, eh Skye?”

Mi prende in giro Tom.

“Oh, ma sta zitto!”

Lui ride, la sua risata inizia a provocarmi effetti schizofrenici: da una parte la odio, da una parte inizia a piacermi.

Usciamo dal Mac Donald e torniamo a casa.

Alle due telefono alla madre di un compagno di Jack e mi faccio dare i compiti – il signorino non ne ha voglia – e poi lo metto sotto.

È stato assente un giorno, deve recuperare.

Tom invece decide di portare Ava e Jonas a fare un giro per Londra, io non ho nulla da obbiettare perché ho bisogno di stare da sola con mio figlio e di pensare.

Chissà se Mark vuole davvero tornare da me?

Chissà che forse non stia meglio con Jen?

Poi torno rapidamente in me, Jen è una mangia uomini, Mark un romantico incallito: insieme non possono funzionare.

Mark non è disposto a essere trattato da zerbino, ma alla pari: Mark deve tornare da me e Jen se ne deve andare a fanculo.

Voglio vederla mendicare da qualche parte a San Diego, pentita delle sue azioni e senza la possibilità di porvi rimedio.

Ecco quello che voglio: Mark e un po’ di sana vendetta.

“Mamma?”

Jack mi distoglie dai miei pensieri, mi guarda con la penna a mezz’aria.

“Sì, piccolo?”

“Ma papà torna, vero?”

“Certo che torna!”

“Non è che ti innamori di Tom?”

“Mannò, piccolo!”

“Io ho questa sensazione e non voglio un nuovo papà!”

Inizio a temere di avere un figlio veggente, i brividi di stamattina mi indicano che qualcosa non sarà così semplice, che i miei istinti si sono risvegliati.

-Oh, andiamo Skye! Hai solo voglia di una scopata! Non ami Tom, scommetto che se ci scopassi insieme urleresti il nome di Mark quando vieni.-

La mia coscienza forse ha ragione, ma non sono molto sicura sull’ultima parte.

Dannazione, alle pessime idee di Tom!

Alle sei i DeLonge ritornano dal loro giro, Tom sembra stanco, Ava di pessimo umore, Jonas dorme tra le braccia di Tom.

“Beh, che è successo?”

“Ci ha portato a vedere quadri in un museo e non al millenium eye!”

Strilla Ava arrabbiata.

“Li hai portati alla Tate? Al loro secondo giorno e senza preparazione?

Tom…”

“Scusate, se volevo un po’ acculturarvi!”

IO mi metto a ridere e vado a preparare la cena, Ava mi segue.

“Skye?”

“Sì?”

“Ci porti stasera al millenni eye?”

“Certo!”

Cucino una pasta all’italiana, lavo i piatti e poi ordino a tutti di prepararsi, facendo l’occhiolino ad Ava che lancia un urletto di gioia.

In un quarto d’ora sono tutti pronti e saliamo nella mia macchinetta diretti verso il Tamigi, Tom sembra imbronciato.

“Dai, Tom, qualche errore capita a tutti!”

Lui sospira.

Parcheggio e scendiamo tutti, io ho una mano di Jack tra le mie, Tom ha sia Ava che Jonas per mano.  I bambini urlano eccitati e chiedono zucchero filato.

Richiesta accordata.

Con lo zucchero filato saliamo su una cabina e ci godiamo il panorama di Londra, Ava lo guarda incantata e anche JoJo sembra felice.

Jack invece è felice perché è con Ava, gli basta questo: beata gioventù.

Durante il giro sento molto spesso lo sguardo di Tom su di me e brucia, sto diventando ipersensibile e non va bene.

Non va per niente bene.

Scesi dalla cabina torniamo a casa e i bambini vanno a letto subito, noi invece rimaniamo in piedi ancora un po’ a guardare la tv.

Non ci interessa minimamente cosa trasmettano c’è un clima misto di disagio e attrazione.

Merda.

All’improvviso Tom spegne la tv.

“Skye, credo sia meglio che io dorma qui stanotte.”

“Lo credo anche io.”

Mi alzo e mi chiudo in camera mia, tirando un sospiro di sollievo, qui mi sento protetta.

Mi stendo e per la prima volta il letto matrimoniale non mi sembra né troppo grande, né troppo vuoto.

Mi sembra perfetto: in attesa di qualcuno come lo sono io.

   
 
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