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Autore: Ronnie02    26/04/2013    2 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Scusate Echelon se sono in ritardo ma questa settimana sono stata (e sono) in uno stato di coma/depressione che non mi lasciava aggiornare. Mi spiace, oggi sarò un pò atona, infatti vi lascio subito al capitolo.
Buona lettura :)




Chapter 14. Mars are the only exception





 
“Oh merda”, disse Jared, nervoso, mentre erano tutti in macchina per andare all’asilo. “Oh merda, merda, merda… ho già detto merda? Oh merda”.
“Vaffanculo, Jay! Mi stai facendo venire l’ansia, cazzo”, lo zittì il fratello, sempre molto finemente.
“Ormai non ve lo dico neanche. Tanto so che mio figlio dirà comunque più parolacce di tutti noi insieme continuando così”, commentò Vicki, facendo ridere Tomo, mentre Shannon lasciava perdere il fratello per giocare con Devon.
“Ma come fate a stare così calmi?! Potrebbero farci secchi tutti quanti!”, impazzì il piccolo Leto, senza che nessuno gli diede corda.
“Jared, vedi che non ascolti mai?”, chiese Tomo, ridendo. “Ieri uno di quei pazzi ha detto che noi ‘dovevamo sapere’. Quindi che problemi ti fai? Il peggio che ci può succedere è che ci obblighino a prendere la strada della seconda scelta che Ash ci aveva offerto: sapere tutto e non poter tornare più indietro”.
“Infatti. Sta’ calmo, Dio santissimo, bro!”, lo rimproverò Shannon, continuando a giocare con il bambino, provando a farsi ripetere il suo nome, sempre senza successo.
“Ah… giusto”, si tranquillizzò Jared, spalmandosi sul sedile dell’auto e poggiando la testa. Era stanco, non aveva dormito quella notte e aveva solo bisogno di riposo.
In fondo come si può dormire quando due pazzi di un altro universo ti entrando in casa distruggendo mezzo muro con la pelle piena di fulmini o vento, dicendo che ti dovrebbero ammazzare, ma poi si pentono e ti chiedono di incontrarsi la mattina dopo?
Non puoi.
“Hey, ma ti sei addormentato, fratello?”, lo risvegliò Shannon dai suoi pensieri, mentre guardava fuori dal finestrino. In effetti non si era accorto che erano già arrivati.
“Io vado a portare Devon e a chiamare Ash, nel caso fosse ancora con i bambini”, disse Vicki, scendendo dalla macchina e andando a recuperare Devon dal sedile posteriore.
“Noi invece andiamo a cercare quei pazzi”, continuò Tomo, imitando la moglie e facendoli scendere tutti dall’auto. La chiuse e si incamminarono verso l’edificio.
Vicki entrò, mentre loro restarono nei paraggi, controllando se arrivasse qualcuno, visto che per ora il giardino era vuoto.
“Bu!”, urlò qualcuno, alle spalle di Shannon, facendogli perdere almeno vent’anni di vita. Si voltò e notò quel gran pezzo di me... mago di Edmund che si spanciava dal ridere. “Oh, quanto siete divertenti!”.
Nel frattempo era comparso lì vicino anche il secondo mago, Joel, senza che nessuno lo notasse. Come facevano a spuntare così, dal nulla?
Bè, erano maghi, potevano fare tutto, loro.
“Simpatico, lo stronzo”, sussurrò Shannon, riferendosi al piccolo scherzo precedente. “Vorrei vedere cosa succede se gli tirassi in testa la gran cassa di Christine! Oh, che risate che mi farei!”.
“Finitela voi due. Dio, Edmund sei sempre il solito bambino”, arrivò Ash, scioccata, seguita da una Vicki saltellante, tutta felice.
La bionda, quel giorno, aveva indossato delle leggins nere, con dei perfetti anfibi ai piedi dello stesso colore, e una maglietta lunga dei Guns’n’Roses lacerata un po’ alla fine, apposta. Sopra aveva una giacca di pelle, aperta a mostrare la maglia. I cappelli li aveva lasciati sciolti e le ciocche erano sempre blu, mentre si era truccata leggermente di più gli occhi, mettendo anche l’ombretto nero, oltre a matita e mascara.
Ottimo stile ragazza.
“Dovresti buttarla quella roba”, commentò invece l’idiota a cui lei aveva appena dato del bambino, quasi orripilato dalla mise della ragazza.
“E tu dovresti restare zitto per andartene a fanculo con onore e decenza, perché ormai la dignità te la sei giocata”, rispose lei, prendendosi un batti cinque da Tomo e Shannon, ridendo.
Lui rimane zitto e Joel prese il comando del raduno. Si sedettero tutti sulle panchine del giardinetto e lui cominciò a parlare, mentre Ash fissava i presenti molto attentamente, come a studiare le loro reazioni.
“Allora, ci dispiace prima di tutto per il comportamento di ieri sera di Edmund. E’ stato dovuto a… un errore”, cominciò il mago, mentre la bionda lo guardava confusa. “Ecco, vedi Ash, Edmund potrebbe aver capito male…”.
“Ha buttato giù la porta di casa Milicevic urlando in milleduecentottantanove lingue!”, disse Shannon, interrompendo il racconto di Joel. “Errore?! E vaffanculo all’errore!”.
Joel deglutì, ma Jared notò un sorriso nascosto nel suo volto. Forse aveva apprezzato la sincerità del Leto più grande, anche se non voleva ammetterlo per evitare litigi inutili.
“Tu sei fottutamente morto, spia del cazzo”, sibilò Ash a Edmund, anche se il Leto più piccolo riuscì a sentirla. Spia? “E’ meglio se cominci a correre, perché se ti prendo potrei farti male. In fondo siamo famosi anche per questo, no?”.
Jared non capì cosa intendesse, ma non sapendo cosa i maghi potessero fare davvero lasciò perdere.
“Va bene, sorvoliamo su questo accaduto. Alla fine non è stato niente di grave, no?”, ritornò al comando Joel, mentre tutti annuivano alla sua domanda. “Ecco. Abbiamo voluto ritrovarvi qui per una scelta fatta da Ash, che ovviamente avrebbe potuto evitare”.
“Certo, avrei tanto voluto vedere te al mio posto, con addosso quattro mosche che provano a scoprire qualsiasi cosa”, interruppe Ash, guardando la band e Vicki. “E ringrazia solo Edmund. Se lui la prima volta non fosse venuto, adesso loro non saprebbero nulla”.
“Ok, va bene. Sei esonerata da ogni punizione, ma rimane il fatto che loro devono sapere ormai”, continuò Joel, seguendo lo sguardo di Ash sui suoi nuovi amici. “E sono certo che saranno d’accordo con me”.
“Certamente”, esultò Shannon, come suo solito.
“Dovremmo ucciderli, non spifferare loro ogni nostro segreto, Joel!”, si lamentò Edmund, facendo arrabbiare sia Ash che il batterista.
“Ma lo sai che mi stai proprio sul cazzo?!”, rispose infatti Shannon, senza peli sulla lingua.
“Concordo, non ti si può sopportare”, disse la ragazza, dando il cinque al Leto più grande, mentre Joel aspettava che lo spettacolino finisse.
“Edmund, finiscila con questa storia”, lo guardò con attenzione Joel, facendogli capire qualcosa, toccandosi l’attaccatura dei capelli, sul collo. Che voleva dire? E che doveva capire?, si domandò Jared, fissandoli in ogni mossa che facevano.
 “Come vuoi”, sbuffò il ragazzo, alzandosi e andandosene via. “Io ti aspetto sul marciapiede, non ho voglia di stare qui”.
Ash non lo guardò nemmeno, rimase concentrata a guardare Joel, come anche Tomo e Vicki, mentre Jared e Shannon esultarono per la dipartita del mago.
Joel rimase impassibile e continuò il discorso. “Vorrei solo dirvi che in questo periodo, nel nostro mondo, sta capitando qualcosa di brutto e quindi dovremmo tenere d’occhio Ash, perché non si faccia male”.
“Cercano lei?”, chiese Tomo, mentre la bionda lasciò scivolare i capelli davanti al volto, creando una barriera tra lei e gli sguardi che Jared e Vicki le riservavano.
“Sì, cercano lei. E noi dobbiamo proteggerla più che possiamo. I modi sono estremamente riservati, quindi non possiamo dirvelo”, rispose il ragazzo.
“Ma chi la sta cercando? E perché poi?!”, domandò Vicki, davvero confusa, vedendo Ash così persa nei suoi pensieri.
“Qualcosa che è meglio non conosciate, per ora”, concluse Joel. “Ash, vuoi dire altro?”.
Shannon si alzò e si mise davanti a lei, come per sostenerla. Si sedette per terra e inclinò la testa. Lo imitarono anche gli altri, in ascolto. Nel frattempo Edmund controllava che nessuno arrivasse a dare fastidio.
“Io ho già detto loro di starmi lontano”, cominciò la ragazza, alzando il viso e guardando tutti loro. “Ma a questo punto credo che dovrebbero dare ragione più a te. E no, non ho altro da dire. Per oggi, quindi, potete anche andare”.
“Andare? Basta così?”, chiese Jared, ricordando tutta l’ansia che l’aveva attanagliato prima. Tutto quello… per due parole?.
“Saprete le cose con calma, a loro tempo. Per ora non vi serve altro, mi dispiace”, finì Joel, sorridendo. Poi salutò la ragazza, la quale si alzò dalla panchina e rientrò nell’edificio senza degnare Edmund di uno sguardo, e scomparì com’era arrivato.
“Ehm…”, balbettò Vicki, notando poi che anche Edmund si era dileguato allo stesso modo. “Va bè... andiamo a casa?”.
 
Il pomeriggio arrivò in fretta e decisero di tornare tutti al Lab per provare le solite canzoni del nuovo album, o ripetere quelle vecchie, tanto per ripassare.
Alla fine non era andata tanto male, anzi tutti pensavano decisamente peggio: Jared si era messo ansia per niente, rilassandosi dopo mentre cantava tranquillo una delle sue opere; Shannon si era fatto una nuotata nella piscina fuori dalla sala di registrazione, mentre immaginava un mondo pieno di streghe, maghi ed enormi draghi sputafuoco; Tomo guardava Devon combinare lettere a caso, sorridente, pensando anche a cosa poteva cambiare della loro vita quel mondo appena scoperto; Vicki, invece, era persa nei suoi momenti artistici, fotografando la vegetazione attorno alla casa, sognando fate e elfi al suo interno.
Anche gli altri, come loro, facevano il punto della situazione, però.
Ash stava tenendo d’occhio i suoi bimbi, pensando al suo migliore amico e a cosa avrebbe fatto lui nella sua stessa circostanza; Edmund cercava di calmarsi e capire che, anche se non avesse voluto, loro avrebbero dovuto saperlo in ogni caso prima o poi; Joel stava girando per Los Angeles, ammirando il mondo Incompleto e le sue invenzioni che avevano potuto sostituire la magia dei Completi; Zoe era nella biblioteca dell’Esis, cercando ancora notizie; Sorrow, invece, era nella palestra, ad allenarsi un po’ con un suo collega, senza sapere quello che era avvenuto quella mattina all’asilo di Ash.
Ma le catastrofi non arrivano mai sole, nemmeno se i destinati erano tre musicisti famosi in tutto il mondo.
“Jared, dovresti nuotare più spesso, sai?”, disse Shannon, mettendosi sul divano con addosso solo il costume da bagno e l’accappatoio, ovviamente aperto.
“E tu dovresti coprirti più spesso, sai?”, arrivò Vicki, seguita dal marito, sedendosi di fronte al batterista. Tomo cominciò a suonare la chitarra, dentro la cabina di registrazione, ma tenendo la porta aperta per sentirli, mentre Devon gattonò fino al tappeto, di fianco a sua madre.
“Che c’è, non ti piaccio?”, chiese sbruffone il batterista, guardando suo fratello che alzava gli occhi, stanco.
“Sì, veramente mi fai schifo”, scherzò Vicki, facendogli la linguaccia, mentre Jared andava di sopra, sentendo il campanello suonare. Tomo guardò Shannon rabbuiarsi e scoppiò a ridere.
“Dai, Shan, non può sempre essere Jared ad avere un due di picche da Ash; a volte tocca anche a te”, lo prese in giro, mentre il batterista scoppiava a ridere con Vicki.
“Già… o porca merda, ragazzi, ma capite che ci sta succedendo? Voglio dire, è assurdo ma è fantastico!”, esultò all’improvviso, come preso da una gioia tutta sua.
“Direi che hai azzeccato il termine”, sorrise Vicki, mentre pensava alla piccola riunione a cui avevano partecipato quella mattina. “Anche se sono certa che manchi ancora tanto da scoprire…”.
“Prima di tutto perché Ash è ricercata”, stabilì Tomo, facendo annuire gli altri due. “Voglio dire, che senso ha rendere la vita un inferno ad una maga come lei, per di più a Los Angeles?”.
“Forse è proprio l’essere una maga come lei che le causa questa situazione. Magari non è solo quello che sembra”, rispose Vicki, mentre le veniva in mente una cosa che Jared aveva detto loro. “Ricordate la conversazione tra lei e Jared sugli scogli? Ecco bravi. Lei diceva che noi avremmo avuto paura di lei se avessimo scoperto cos’era davvero. E che lei avrebbe voluto essere tutto tranne quello che era davvero”.
“Perché desiderare di non essere una strega? Credo che sia molto elettrizzante la loro vita!”, commentò Shannon.
“Ma forse lei è qualcosa di più di una maga… ed ecco perché la vuole, chiunque voglia farle del male”, concluse Tomo, mentre dietro di loro si sentì un rumore.
Jared, con la mano spiaccicata sulla faccia, era dietro ad una persona che mai avrebbe dovuto sentire quella conversazione.
Emma.
“Oh, cazzo”, si lasciò scappare Shannon, mentre tutti s’immobilizzarono, tremendamente impauriti e imbarazzati. E ora che potevano dire?!
“Che state blaterando?”, cominciò Emma, confusa.
“Niente… niente, baggianate!”, cercò di salvare la situazione, Jared, già in crisi d’ansia.
“Sì certo, però a me sembravano serissimi i tuoi amici! E se fossero solo sciocchezze perché tu staresti sudando freddo?”, ribatté lei, pronta.
“Adesso siamo i suoi amici, non Shannon, Tomo e Vicki”, commentò il batterista, sbuffando, facendo voltare la bionda.
“Tu muto, non sono in vena di sentirti parlare”, lo guardò male.
“Ha parlato la regina: tutti zitti, ragazzi, non sia mai disobbediamo ai suoi voleri”, controbatté Shannon, davvero irritato, alzandosi in piedi e andando verso Emma, mentre Jared, sconfitto, andò vicino ai Milicevic, in cerca di conforto. “Ma io mi sono davvero rotto di star dietro a tutte le tue fottute voglie o ordini! Non sono il tuo cagnolino o un tuo cliente, cazzo!”.
“Che vuoi dire, Shannon?”, sussurrò lei, colpita nel profondo. Shan era importante per lei, alla fine, ma era vero che negli ultimi tempi si erano ritrovati troppo lontani. Prima era bello, divertente, anche eccitante, vivere la loro storia, in segreto, come fosse un gioco… ma ora? Ora c’era la realtà di fronte a loro e dovevano affrontarla.
Ma non erano abbastanza uniti per farcela.
“Quindi ti diverti ad andare dietro a quelle… babysitter?”, disse Emma, sprezzante, quasi fosse un insulto.
“Non vado dietro a nessuno. Vivo solo questa avventura”, concluse lui, guardando quegli occhi che tanto credeva di amare. Amare… no, non li aveva mai amati. Gli piacevano, ma il verbo ‘amare’ era troppo importante.
“Quale avventura?!”, domandò Emma. “Mi volete spiegare? Che significa tutto questo discorso su maghi e streghe? Vi siete fumati qualcosa?”.
“Emma, la cosa è più complicata…”, cercò di spiegare Jared, ma Vicki lo fermò in tempo.
“Non te lo possiamo dire, mi dispiace, Emma”, disse la ragazza, mentre la segretaria aprì la bocca, senza dire nulla, completamente scioccata. “Sul serio, mi dispiace”.
“Ti dispiace? Ti dispiace?! Io credevo fossi mia amica, invece te la fai con loro solo perché tuo marito fa parte di questa gabbia di matti! Sei una traditrice, Vicki”, insinuò Emma, completamente infuriata. Tomo cercò di difendere la moglie, ma la bionda non lo fece parlare. “Siete tutti pazzi, completamente! Non ne posso più di starvi dietro.
“Non ce la faccio a seguire Jared, ad essere trattata come una mezza serva facendo le cose più inutili di questo intero universo. Non ce la faccio più con Shannon, a stare insieme a qualcuno che non conosco, con cui di certo non voglio passare la mia vita. E non ce la faccio più nemmeno con voi due! Siete strani forti!”.
“Tu fai parte di questa gabbia di matti, sai?”, disse Jared, citandola.
“No, no, no… scordatelo, Jared. Io ho chiuso. Chiuso!”, concluse lei, indietreggiando. “Io me ne torno a casa, mi licenzio! Non cercarmi più, okay? Trovati qualcuno capace di sopportarvi, io ho chiuso”.
Così si voltò, sotto lo sguardo scioccato ma anche sollevato di tutti i presenti, e se ne andò via da casa Leto, senza rimorsi o rimpianti. Vide il sole e sorrise. Ora poteva cominciare per lei una nuova vita.
Ma nel frattempo, sempre nel Lab, i ragazzi si domandarono come questa visita potesse cambiare qualcosa. Alla fine Emma non aveva capito nulla, li aveva solo presi per folli, quindi non avevano colpa.
Shannon, però, era abbastanza giù di morale. Sapeva già che la loro storia non sarebbe durata molto, ma sentirselo dire così e in quella situazione gli aveva fatto male. Così, dopo una pacca di consolazione sulla spalla da parte di Jared, sorrise a tutti e se ne andò in camera, a stare un po’ tranquillo.
Jared era dispiaciuto per il fratello, ma sapeva che l’avrebbe superata. Ora doveva trovare una nuova segretaria, ma non era di certo un problema. Avrebbe trovato qualcuno in fretta. Infatti si guardò in giro, tranquillo, per poi alzarsi e andare a fare un giro fuori, attorno alla piscina.
Tomo e Vicki erano quindi rimasti soli, così decisero di salutare i fratelli Leto e tornare all’asilo a prendere Devon. Magari, trovandoci Ash, avrebbero potuto avere qualche consiglio, oppure ottenere qualche informazione in più.
Presero la macchina e partirono, guidando con calma e con i Linkin Park come sottofondo. Da dove spuntasse, nella macchina di Tomo, un cd dei Linkin Park non si sapeva, ma Vicki lo trovò e decise di risentirsi quelle canzoni che tempo prima aveva imparato a memoria.
Dopo qualche traccia, però, arrivarono, così Vicki spense la radio e scese dalla macchina, andando a prendere Devon nel suo seggiolino sui sedili posteriori.
Tomo sorrise a vederla così materna, e la seguì andando verso l’entrata dell’asilo.
“Ehy”, lo riprese la moglie, indicandogli un punto all’interno del giardino dell’asilo, mentre Devon fissava ammirato.
In mezzo all’erba appena tagliata e ai giochi colorati, Ash stava parlando con lo stesso ragazzo antipatico della riunione; ma, dopo qualche  secondo in cui gli fece il broncio, lui le prese un braccio e sparirono.
Così, come se pian piano diventassero sempre più trasparenti, come se la loro corporeità si affievolisse.
Tomo fissò Vicki, completamente scioccata dalla scena, con la bocca un po’ aperta. Devon invece, tra le sue braccia, era tranquillo e guardava il parchetto allegro, come se la scena non fosse assolutamente anormale.
Che cavolo era successo?
 
“Oh, wow, già mi mancavi, sai?”, sbuffò Ash, seduta con le gambe accavallate sulla sedia da maestra della sua classe. Quando era entrato perfino i bambini lo avevano guardato male, come se fosse un estraneo estremamente pericoloso. Bè… non avevano tutti i torti in effetti. “Ma guarda, stai sul cazzo anche ai bimbi”.
Lui alzò gli occhi al cielo, sbuffando. “Adesso si possono dire le parolacce davanti a loro? Ma che brava maestra che sei!”, fece l’ironico, mentre lei cambiava espressione, diventando irritata.
“Che vuoi, spia?”, lo accusò, sottolineando l’epiteto che fece fare una smorfia a Edmund. Odiava essere chiamato in quel modo, ma non poteva dire che Ash non avesse ragione, alla fine.
“Sorrow e Seamus vogliono parlare con te riguardo i tuoi… amici”, riferì lui, restando immobile come fosse un soldato. E in effetti lo era: tutte le spie ricevevano un addestramento degno di una perfetta caserma Incompleta.
“Oppure tu vuoi trascinarmi via con te per dirmi quanto stupida sono stata a dire loro la verità?”, lo guardò male, mentre lui si avvicinava. Ash riconosceva l’andamento dei suoi movimenti: doveva seguirlo, punto e basta.
“Ti devono parlare seriamente”, borbottò lui. “E non preoccuparti della segretaria… è leggermente confusa”.
“L’hai incantata?!”, urlò lei, spaventando i bambini, ma zittendosi subito dopo. “Va bene, lascia perdere”.
Mosse il braccio, lasciando che un luccichio innevato le coprisse la mano e pensò a cosa fare. Quando ebbe finito guardò la sua opera con un sorriso.
“Wow… e poi rimproveri me”, disse contrariato Edmund.
“Io non ho incantato i bambini”, rispose Ash, guardando la sua stessa proiezione, vicino alla finestra con aria attenta su ciò che i piccoli stavano combinando. “Ma se Nat viene qui e non mi vede capirà qualcosa. E non va bene”.
Lui grugnì, ma lei sorrise contenta, sapendo di aver ragione, al contrario del mago. Si alzò in piedi e seguì Edmund fuori dall’asilo, vedendo Janet imbambolata sui suoi fogli. Povera… tempo un’ora e sarebbe scoppiata in un gran mal di testa.
Uscirono in giardino e Edmund la guardò. “Ce la fai da sola o ti devo portar dietro?”.
“Vedo che la galanteria  non ti manca!”, sbuffò lei, innervosendosi di nuovo, con uno spruzzo viola tra i capelli. “Non cambi mai, vero?”.
“Finiscila e dammi almeno la mano… o preferisci una gamba rotta?”, fece lo spiritoso.
“Quasi quasi preferisco la gamba rotta, sai?”, disse mettendo il broncio e voltandosi dall’altra parte. Edmund roteò gli occhi e, senza molta grazia, le afferrò il braccio. Pensò alla meta da raggiungere e, in pochi secondi, si sentì perdere peso, diventando sempre più leggero e sempre più incorporeo. Ash divenne, come lui, sempre più trasparente e, alla fine, un vortice travolse entrambi, facendoli chiudere gli occhi.
Continuarono così per alcuni secondi, fino a che non si ritrovò a terra, sul pavimento di un corridoio dell’Esis.
“Wow… che brutto atterraggio”, lo incolpò Ash, sbruffona, mentre si ritirava in piedi, cercando di evitarlo.
“Mi hai trascinato per terra, cazzo! La prossima volta stringi un po’ meno o mi ritrovo il braccio all’altro mondo”, si lamentò lui, imitandola. Erano finiti esattamente davanti alla sala riunioni, la prima che Ash aveva visto quando Edmund l’aveva portata lì, settimane prima.
“Quale tragedia sarebbe, vero Edmund?! Chi avrebbe potuto mai guarire un dolore simile?”, lo prese in giro lei, avanzando verso la sala e aprendo la porta, mentre lui rimaneva indietro.
Nella stanza, Sorrow troneggiava a capotavola, guardando Ash in maniera truce, mentre Seamus camminava avanti e indietro senza fermarsi mai.
“Wow, è arrivata”, sbuffò Sorrow, mentre Ash prendeva posto al suo opposto, chiaramente per sfidarla. La donna sbuffò rumorosamente, nell’esatto momento in cui Seamus si fermò e si sedette in mezzo. Edmund, invece, chiuse la porta e si appoggiò al muro, in silenzio, restando nell’ombra.
Tipico comportamento da spia, pensò Ash, distogliendo lo sguardo da lui, per poi parlare con Seamus.
“Joel ci ha aggiornato di tutto, Ash, e sinceramente mi stupisce il fatto che tu ti sia legata ad un… Leto”, cominciò il capo. La ragazza cercò di parlare, ma lui la fermò. “E lascia perdere Edmund. Al suo casino ci penseremo con lui”.
“Oh bene”, commentò lei, per poi tornare all’argomento più importante. “E comunque loro non sanno niente del loro padre naturale. Era davvero stupito di sapere l’esistenza di un nuovo mondo come il nostro”.
“E’ un attore, sa fingere”, ribatté cattiva Sorrow, intervenendo al posto di Seamus.
“So riconoscere chi mente e Jared non mi ha mentito. La moglie di Carl ha insegnato loro a non credere in nessun tipo di favole fin da quando erano piccoli”, fece l’altezzosa la bionda, tanto per innervosire Sorrow. “Loro non hanno nulla a che vedere con Lui”.
“Tanto sei tu che ci rimetti se sbagli”, rispose Sorrow, ricevendo una brutale occhiata dal capo.
“Sorrow, Ash è un elemento di vitale importanza in questa storia, quindi è necessario capire se sia o no in pericolo. Non dimenticare contro chi dobbiamo avere a che fare”, l’ammonì, per poi guardare la ragazza, che era tornata seria. “Ash… davvero credi che loro non c’entrino con Lui?”.
“Assolutamente certa”, disse convinta, facendo annuire Seamus.
“Bene. So che il figlio del loro amico ha mostrato particolari qualità, non è così?”, cambiò di un po’ l’argomento.
“Sto indagando sulle sue potenzialità prima di portarli qui. Non vorrei che sia solo un momento causato dalla mia presenza. Di solito è un periodo di qualche settimana… se continuerà, vedrò di organizzare qualcosa”, commentò Ash, professionale e fredda come aveva imparato a fare fin da piccola quando si trattava di riportare avvenimenti del genere.
“Perfetto, tienimi aggiornato”, concluse Seamus.
“Bene, ora parliamo del perché sei qui”, cominciò ancora Sorrow, appoggiando i gomiti sul tavolo. Ash la imitò fissò, con un sorriso sghembo capace di mandare l’altra sui nervi in poco tempo. “Perché mai hai dovuto dire tutto?!”.
“E perché devi sempre fare domande stupide? L’ho detto già a tutti, non ho intenzione di ripetermi”, commentò la ragazza, mentre Seamus alzò gli occhi al cielo, lasciandole discutere in pace.
“Sempre troppo gentile, ragazzina”, ribatté Sorrow.
“Ovviamente… tu invece? Hai qualche disgrazia da annunciare o stai finalmente per andare in pensione?”,  sorrise Ash, facendo diventare qualche punta dei suoi capelli arancioni. Si stava divertendo davvero.
“Finiscila”, commentò la donna, un po’ stupita della risposta ricevuta.
“Perché rinnegare il tuo nome? Te ne vergogni?”, ridacchiò Ash, vedendo Seamus sbuffare.
“Smettila! E’ colpa tua, l’hai inventato tu, non io! Odio quel nome!”, scoppiò Sorrow, sbattendo il pugno sul tavolo. Sospirò arrabbiata, alzandosi e puntando un dito contro Ash. “Vuoi rovinarti la vita? Stai con loro! Dì tutto! E, no Seamus non mi importa, se vuole il pericolo, che lo cerchi. Non mi importa”.
Sbuffò e poi se ne andò, lasciando che Seamus si sedesse al suo posto, guardando Ash con un aria complice.
“Quando la finirete di azzannarvi a vicenda?”chiese, mentre i capelli di Ash tornarono dei colori originali. “Non andrete da nessuna parte così”.
“Perché no? E’ una convivenza d’odio ed equilibrio… assolutamente perfetta, non credi?”, fece la spiritosa, così che nacque un sorriso anche sul viso del capo.
“L’importante è che lei resti al suo posto e ti difenda. E Ash… per favore, non renderle il lavoro più difficile”, l’avvisò.
“Tranquillo, Seamus. Mi fido di loro… sono le uniche persone su cui mi fido, sebbene le conosca da così poco”, ci pensò su. “E quel bambino… quel bambino è speciale e devo assolutamente scoprire se le mie teorie sono vere”.
“Se lo sono sarà tutto più facile, soprattutto per loro”, annuì Seamus, per poi farle segno che poteva andare. “Devo finire alcuni lavori, conosci la strada. Joel è fuori che ti aspetta”.
“Perché?”, chiese curiosa.
“Dean”.
 
Joel era davvero fuori ad aspettarla, con una macchina ultimo modello che di certo avrebbe soddisfatto il desiderio di adrenalina che le aveva fatto venire Sorrow. Oh yeah, amava andarle contro!
Ridacchiò e si avvicinò all’uomo, che era appoggiato sulla carrozzeria, mentre giocherellava con le chiavi.
“Wow… hai fatto spese?”, commentò Ash, quando Joel le andò incontro, per aprirle la portiera. “Carino”.
“Non vorrei mai che ti spaccassi qualcosa solo per guadagnare tempo. Possiamo anche fare con calma, viaggiando comodi comodi con questa bellissima auto sportiva e superveloce”, disse lui, entrando nell’auto e mettendo le mani sul volante, dolcemente come se stesse accarezzando un gatto.
“Sì, direi che è una scelta più che appropriata”, sorrise Ash, guardando Joel dare gas e partire. “Le gioie che prova un Incompleto…”.
“Ovviamente l’invenzione è loro, ma io sono riuscito ad apportare qualche modifica”, disse indicando le spalle della ragazza.
“Non voglio vedere, ora. C’è gente in strada… e già non è contenta di quello che sta succedendo. Come mai hai il permesso di usarla?”, chiese la ragazza, mettendosi comoda sul sedile e poggiando la testa sul finestrino freddo.
“I piaceri dell’essere un agente”, scoppiò a ridere lui, sfrecciando tra le strade. Tutti questi benefici per gente che, in realtà, dovrebbe lavorare in segreto… oh, il mondo era davvero strano!
Lei scosse la testa, ridendo e lasciandolo stare, per poi guardare il cielo e le poche nuvole che sporcavano quel blu intenso. Le ricordava gli occhi di Jared, che la fissavano dopo aver scoperto quella piccola verità… no, non poteva mentirle. Lui non sapeva nulla di suo padre o l’avrebbe davvero capito.
Dopo qualche minuto arrivarono davanti all’ospedale dove Dean era ancora in cura. Joel le sorrise e fermò la macchina più vicino possibile all’ingresso.
“Grazie”, disse, facendo per uscire dall’auto. Poi però i fermò e prese qualcosa dalla piccola borsa che aveva con sé. “Un piccolo scambio equo”.
“Ottima scelta”, rispose Joel, prendendo contento il suo nuovo pacchetto di sigarette e lasciandola scendere.
Ash avanzò verso l’edificio, sentendo le ruote della macchina di Joel partire e sgommare sull’asfalto. Sorrise e ritornò sui suoi passi.
Parlò con la segretaria, ricordandosi che in quel momento Janet doveva essere già tornata in sé, e andò in camera di Dean, che l’aspettava già seduto sul letto.
Entrò nella stanza e ridacchiò, vedendo le sue gambe a penzoloni e lui che sorrideva al loro movimento.
“Sei sempre il solito bambino”, incominciò lei, facendolo girare di scatto, al suono della sua voce. Il suo sorriso di allargò ancora, rendendo il volto di Dean simile a quello di un bimbo che vede i regali al giorno di Natale.
“Sei arrivata”, disse il ragazzo, mentre lei si avvicinava. Saltò giù dal letto, attento a dove mettere i piedi.  Ash si prese un colpo, ma quando completò la discesa rimase a bocca aperta. “In piedi, da solo. Sono bravo, eh?”.
Lei non si mosse, ma lo invitò ad avvicinarsi. Lui capì cosa volesse e si spinse verso di lei, muovendo i piedi con calma. Regredire di più di una dozzina d’anni solo perché era stato trattenuto a letto per qualche anno. Che schifo…
“Ce la puoi fare”, lo incitò Ash, vedendo che stava per appoggiare il piede con un equilibrio perfetto. Dean completò il movimento e provò a saltare di gioia. Si dovette tenere al letto, nella discesa, ma alla fine Ash si spinse verso di lui e lo chiuse in un abbraccio.
“Ce l’ho fatta!”, esultò Dean, mettendo il suo viso tra i suoi capelli.
“Sei sempre stato un grande”, restò attaccata a lui per qualche minuto, piena di gioia. Era il suo migliore amico ed era troppo tempo che non stava così bene come non lo era con lui.
Restarono così per qualche minuto, ma poi Dean ridacchiò, spostando il volto dai suoi capelli e guardandola in faccia. “Mi è giunta voce che continui a combinare guai anche senza di me, non è vero?”.
“Per completare il piano mi servi tu quindi vedi di guarire in fretta”, rispose lei, quasi offesa, staccandosi del tutto. Cominciarono a camminare, lentamente e con attenzione, fuori dalla stanza, per cominciare il loro solito giro.
“Allora illuminami: cosa pensi di fare?”, le domandò Dean, quasi prendendola in giro.
“Non lo so, in realtà. Prendo tutto un po’ come viene”, disse Ash, scoppiando a ridere. Poi però, si fece più seria. “Sono successe così tante cose, tutte insieme, in poco tempo, Dean. Sono confusa e non so più che fare”.
“Ti fidi di loro?”, le chiese il suo amico, quando arrivarono alla porta che apriva sulla sala. Entrarono e, insieme agli altri pazienti accompagnati, cominciarono il loro giro.
“Sì… sì, mi fido di loro”, rispose Ash, seguendo i passi di Dean verso il piccolo spazio di verde che la sala offriva. Lui prese una rosa blu, dai contorni azzurri chiari, e gliela passò. Non era modificata, semplicemente la flora e la fauna erano diverse dal mondo Incompleto. Ash l’accettò e se a portò al naso, per sentirne il profumo. “Due rose blu…”.
Il ragazzo sgranò gli occhi e si poggiò violentemente una mano sulla fronte. “Oh cazzo, mi ero completamente dimenticato!”.
“Lascia perdere”, sorrise Ash. “Rimangono comunque i miei fiori preferiti… e sono felice che tu te ne ricordi”.
“Come potrei dimenticarlo?”, le domandò lui, ricordandosi di tanti anni prima.
 
Erano nel grande parco che la scuola offriva agli studenti, i quali erano quasi tutti sdraiati all’ombra degli alberi per evitare il sole cocente di inizio giugno.
Come loro, anche Ash e Dean stavano scherzando tra le foglie di una delle grandi querce che costeggiavano il giardino. Erano seduti sui rami possenti: Ash leggeva uno dei libri dell’amico, con attenzione, mentre Dean giocherellava con i suoi poteri, aspettando che lei le facesse qualche domanda, se non capiva.
“Basta, sono stanca”, annunciò la ragazzina, poggiando il libro della loro storia sulle gambe e guardando il suo amico andarle ancora più vicino. “Ho voglia di sorprese”.
“E da quando?”, si scioccò Dean, scoppiando a ridere.
“Solo per oggi, offerta speciale”, lo prese in giro lei, seguendolo nella sua risata.
“Allora meglio approfittare di questo miracolo”, disse, obbligando Ash a chiudere gli occhi e appoggiarsi completamente con la schiena al tronco dell’albero. Lei obbedì e attese qualche secondo, sempre più in ansia per la voglia di sapere cosa stesse combinando l’amico.
Dopo qualche secondo Dean le annunciò che poteva riaprire gli occhi e, davanti a lei, era apparso un piccolo bouquet di rose blu, contornate di azzurrino, con al centro dei gigli e delle campanelle lillà.
“O mio dio!”, esclamò la ragazzina, buttandosi addosso a Dean per abbracciarlo.
Lui fece sparire il bouquet e ricambiò l’affetto, assicurandole che il regalo era finito sul suo piccolo lettino, al sicuro da tutto e tutti. Ash lo ringraziò con tutto il cuore.
“Hai beccato il mio fiore preferito, ovvero la rosa blu, e quelli che preferisco”, gli rivelò Ash, mentre Dean arrossiva un po’.
“In realtà lo sapevo già che erano i tuoi preferiti”, confessò il ragazzo, guardando poi lo sguardo confuso di Ash. “Ho le mie buone fonti, non ti allarmare”.
“Okay”, disse lentamente, quasi prendendolo per pazzo.
“Non ti facevo tipo da rose blu… però ricordano un po’ i tuoi occhi”, concluse lui, facendola ridere.
“Grazie, fratellone”. E lo abbracciò di nuovo.


....
Note dell'Autrice:
sebbene sappia quanto siano finte le rose blu nel nostro mondo (:D) sono comunque i miei fiori preferiti insieme alle campanelle. Le amo. Il loro simbolo in questa storia lo capirete, non preoccupatevi :)
Spero che vi sia piaciuto il capitolo, lasciate qualche recensione se vi va*-*
Un abbraccio forte, 
Ronnie02 *che torna a guardare l'orizzonte atona*
   
 
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