Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: CatcatKhad    27/04/2013    5 recensioni
Tutti umani.
3 ottobre 1893, Londra, Inghilterra. Di fronte al cancello della dimora del dottor Cullen, tre sorelle e la loro zia avevano davanti un'opportunità che avrebbe cambiato la loro difficile e sofferta esistenza. Riusciranno a trovare finalmente la pace tanto agognata, o si ritroveranno in un intreccio famigliare scomodo e proibito? E l'arrivo di una piccola creatura, potrà riportare la pace in quella casa?
Tratto dalla storia:
"Ero un treno in corsa. I miei passi lenti, strascicati sul ciglio del marciapiede, compensavano la velocità dei miei pensieri, delle mie emozioni. Un battito, seguito da un altro più debole. A ricordarmi che da quel momento non sarei mai più stata sola."
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Bondage, PWP, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 23 Salve a tutti! Come state? Finalmente sono qui con questo nuovo capitolo, noto con piacere che tutti voi siete rimasti in attesa di sapere cosa c'è scritto nella lettera che Alice ha ricevuto... Pronti a scoprirlo?
Buona lettura!





Alice

                                                                     Quindicesimo giorno di agosto, anno 1873, Manchester, Inghilterra.
Cara Alice,
sebbene sappia quasi con esattezza dove tu sia finita, e ovviamente spero sia un posto piacevole e confortevole, sento molto la tua mancanza, tu e la tua famiglia avete lasciato un enorme vuoto qui a Manchester, non sentiamo quasi più l'allegria in cui si viveva prima, cara amica.
Voci mi hanno riferito che siete finite nella bella Londra, a casa di nobili prestigiosi, la mia preghiera sarà sempre per voi e per la vostra felicità, anche se per vostra grande sfortuna devo informarvi di un terribile accaduto. Joseph Dickson, so che questo nome vi lascerà scosse, ha deciso di lasciarci per sempre, in seguito ad una malattia grave e misteriosa, di cui nemmeno i più rinomati dottori hanno capito le cause. Il suo funerale vi è stato tre giorni fa, eppure moltissima gente vi ha partecipato, sentitamente commossi. Non capisco come certi orrori possano accadere impuniti, mia cara Alice. Siamo donne, ecco il problema.
Spero vivamente che tutto continui a procedere a voi per il meglio, e vi auguro molta gioia e molto amore.
Con affetto, vi abbraccio.
Tiffany.
Scossi la testa, rileggendola più e più volte, sempre più sorpresa ma anche sollevata. Joseph Dickson, quel maledetto che per anni ci aveva tenute a lavorare per lui, era morto poco dopo la nostra partenza. Ero così tanto sorpresa da questa notizia, avrei dovuto sentirmi diversamente in quel momento, il nostro tiranno non c'era più, e infatti non ero così tanto dispiaciuta.
Mi accorsi solo dopo delle facce stranite di tutti gli altri attorno a me, e compresi di averli messi in agitazione, probabilmente a causa della mia esclamazione e del mio pallore, che potei notare solo grazie ad uno specchio poco distante.
- Bella, Rose? - Mi fissarono attentamente, cercando di sbirciare ciò che vi era scritto nella lettera, ma la ripiegai e la infilai nuovamente nella busta, con un'espressione sconcertata in viso.
- Che cosa succede, Al? - Bella si sporse, come se si aspettasse che le consegnassi la busta, ma non lo feci. Rose era accanto ai ragazzi, che si stavano scambiando sguardi e cenni incomprensibili.
- Joseph Dickson. - Sussurrai quel nome, e le vidi sbiancare tanto quanto avevo fatto io, se non di più. Si guardarono e si presero per mano, pronte al peggio.
- Che cosa vuole, ancora? - Rose singhiozzò, quasi in lacrime, e subito i ragazzi furono accanto a loro due, come per proteggerle da un eventuale pericolo.
- E' morto. - Sussurrai nuovamente, ancora più piano, così tanto che mi sentirono a malapena: ma date le loro espressioni più che sconvolte, capii che mi avevano compresa eccome.
- Come? - Bella scosse la testa, con lo sguardo perso nel vuoto, le sue labbra tremavano e il pallore sul suo viso non era affatto scemato.
- Non può essere morto. - Rosalie dovette reggersi la testa con la mano e aggrapparsi al braccio di Edward, il più vicino a lei, per non collassare.
Fu in quel momento, che ricordai le ultime parole che James Dickson, il secondo figlio di Joseph, ci gettò addosso, prima del momento fatidico in cui riuscimmo ad andare via da quel posto.
'Non pensare di riuscire a sfuggirmi, Alice. Sarà solo più lungo il tempo che passerà da adesso a quando ci rivedremo, ma ti assicuro che non la passerete liscia.'
Mi rimbombavano nella mente, così forti e così minacciose da farmi chiudere gli occhi e tentare disperatamente di scacciarle ad ogni costo, inutilmente. Ricordai anche la terribile sensazione che mi aveva colta in quel momento, e che aveva tenuto con il fiato sospeso sia noi tre che la mamma, a tal punto da indurla a cercare un altro lavoro quasi subito, per non dover avere futuri ripensamenti e finire in una situazione ancora più drammatica.
- Chi è Joseph Dickson? - Emmett aveva corrucciato le sopracciglia dal primo istante in cui aveva visto il nostro evidente disagio, e ora voleva fare chiarezza sulla situazione: potevo io, Alice, dire ai tre di fronte a noi cosa ci fosse realmente accaduto, tempo prima? Se la mamma non aveva ancora raccontato a Carlisle la nostra storia, e uno dei tre per caso lo avesse voluto poi fare dopo il mio racconto, cosa sarebbe successo? Se per colpa mia, la vita della mamma e di conseguenza la nostra sarebbe stata completamente rovinata?
Anche le mie sorelle la pensavano così, ne ero praticamente certa, nessuna di loro due avrebbe voluto fare una cosa tanto avventata.
- Colui che ha reso impossibile la nostra serenità per anni, Emmett. - Sussurrò Bella, dopo qualche minuto di riflessione sul come poter affrontare e liquidare in una sola frase l'argomento spinoso.
- Non posso crederci. - Rosalie era scoppiata a piangere fra le braccia di Jasper, ma ero così impegnata a pensare a come evitare di fare una brutta fine che la solita fitta di gelosia non la sentii nemmeno.
- Cosa intendi con 'ha reso impossibile la nostra serenità per anni'? - Edward si era appoggiato con la schiena al muro, e ci stava osservando corrucciato e stranamente arrabbiato.
- Rose, vai a letto, è meglio. - Bella prese per mano Rosalie e la portò in camera, dalla quale uscì pochi minuti dopo con un'aria preoccupata.
- Beh, Edward, è una storia lunga, se avete voglia e tempo di ascoltarla possiamo parlarne adesso, oppure domani. - Disse, appena la nostra attenzione fu rivolta nuovamente su di lei.
- E' ovvio che abbiamo tempo e voglia, si parla sempre di un fatto che successe a voi, che siete parte della nostra famiglia ormai. - Jasper si incamminò per primo verso il salotto, mi avviai subito dietro di lui dopo aver dato un'occhiata a Rosalie in camera, e tutti gli altri dopo di noi.
- Bella, sei sicura che possiamo raccontare tutto? Non sono sicura che la mamma abbia già fatto questo discorso con Carlisle... * - Avevo affer
rato dolcemente per un braccio mia sorella e le avevo sussurrato quel mio timore nell'orecchio, e lei con un sorriso amaro smontò tutte le mie paura.
- Mamma mi ha già schiarito le idee anche su questo.* - Scrollai la testa, il suo rancore verso la mamma era ancora presente, ma pur sempre lecito a parer mio.
- Allora? - Emmett, con la voce scocciata e alterata, ci invitò a parlare velocemente su tutto ciò che ci era capitato, dopo esserci accomodate sul divano senza nemmeno accorgercene. Bella mi guardò, e decisi di far cominciare lei.
- Cominciò tutto quando avevo appena nove anni e dieci mesi, a Manchester. - Si sistemò la gonna con le dita, tenendo lo sguardo basso per far trasparire meno emozioni possibile, erano ricordi così dolorosi che a fatica riuscivamo a parlarne senza soffrirne ancora.
- La mamma aveva appena finito di farci leggere una pagina di un libro che utilizzavamo per imparare correttamente la sua lingua madre, quando arrivò una lettera urgente. Tutti nel quartiere ci additavano ogni volta che uscivamo di casa, eravamo le zingare schifose che andavano in giro a rubare nelle loro case, e la mamma era solo una donna facile, che ci guadagnava molto sul proprio corpo, solo perchè era l'unica donna del posto a lavorare fuori casa tutti i giorni, per mantenere una famiglia che conosceva un grande lutto da anni. - Sapendo quanto si stesse sforzando, le appoggiai il braccio sulla schiena e la guancia destra sulla spalla, per farle sentire maggiormente la mia presenza.
- In quella lettera c'era scritto che un certo signor Dickson aveva sentito parlare di lei, e della sua quasi disperata ricerca di un lavoro che potesse permetterci di vivere in maniera dignitosa, e ci aveva scritto proprio per sapere se era disponibile ad andare a lavorare a casa loro in maniera permanente, con varie condizioni. Una di quelle, era che noi andassimo insieme a lei per aiutarla e per poter fare lavoretti per cui saremmo poi state pagate comunque, anche se con una cifra inferiore. Per noi era come manna dal cielo, lo zio Jeronimo ci spediva ogni tanto dei soldi ma non era un periodo facile nemmeno per lui, sebbene si sforzasse di racimolare qualcosa anche per aiutarci a mangiare almeno una volta al giorno. - I ragazzi erano attenti, non avevano più aperto bocca dall'inizio del racconto ed erano rimasti ammutoliti sapendo della nostra vecchia situazione economica.
- La mamma accettò subito quel lavoro, e in tre giorni eravamo pronte per iniziare con ogni tipo di mansione richiesta, ci saremmo adattate a qualunque cosa pur di riuscire ad essere pagate. Per i primi due mesi tutto fu semplice, piacevole e apprezzato dal padronte, che ci pagava profumatamente per cucinare, ripulire e servire i figli. - Bella si fermò un attimo, prendendo fiato, e con una lieve occhiata mi disse di proseguire, senza che io potessi esitare nemmeno un attimo.
- Il giorno dopo il pagamento del secondo stipendio, tutto cambiò improvvisamente, o forse solo si mostrò nelle sue vere spoglie. Il signor Dickson aveva smesso di essere gentile con noi, ci faceva sgobbare come muli e non permetteva più a nessuna delle quattro di avere un'ora libera per rilassarci, dormire o poterci occupare delle faccende che ci riguardavano personalmente. Ricordo ancora che il giorno del compleanno di Bella, il decimo per l'esattezza, l'unico regalo che ricevette da loro fu un sonoro schiaffo che le venne percosso dal padrone stesso, e la mortificazione dei tre figli, ancora piccoli per rendersi pienamente conto del fatto che anche noi eravamo persone e che meritavamo del rispetto, come loro. - Mia sorella si posò una mano sulla guancia, come se l'antico bruciore alla guancia fosse tornato all'improvviso e avesse cominciato di nuovo a dolerle in maniera atroce.
- Eravamo costrette a rimanere lì, ci avevano confiscato ogni cosa che avrebbe potuto aiutarci a fuggire, non avevamo più nemmeno un soldo e tutto ciò che ci avrebbe mantenute vive e vegete era rimanere lì ed essere maltrattate come bestie. Per anni fummo solamente delle schiave a cui si potevano percuotere violente quotidiane continue, calci e pugni che ben assestati avrebbeto potuto romperci qualcosa, o rovinarci definitivamente. - Aveva ripreso a parlare lei, mentre i ragazzi seduti di fronte a noi si erano irrigiditi e stringevano i pugni in una morsa ferrea, erano così alterati che avrei giurato che sarebbero potuti esplodere da un momento all'altro.
- Il peggio venne quando Rosalie compì quindici anni, pochi mesi prima che io potessi arrivare ai quattordici pura. Effettivamente la mamma non ce lo aveva mai raccontato, ma quello che cominciò ad accadere a noi da lì in poi, lei lo subiva ormai da anni, ma cercava di mantenerlo segreto per non turbarci troppo. - Edward si sporse verso di noi e mi guardò fisso negli occhi, per scrutarmi.
- Ovvero, Alice? - Jasper mi stava incitando ad andare avanti, ma mi ci vollero interi secondi per trovare la forza di farlo.
- Un giorno, il primogenito di Joseph, Richard, entrò con veemenza nella nostra camera da letto e senza nemmeno darci il tempo di capire cosa stesse succedendo afferrò nostra sorella per i capelli e la trascinò fuori, lei urlava e si dimenava per liberarsi senza alcun successo. - I loro occhi sbarrati e come iniettati di sangue mi stavano spaventando, e lasciai proseguire Bella.


Bella

Alice mi diede un lieve colpetto sulla spalla, come richiesta d'aiuto, e io le strinsi una mano con forza, senza osare nemmeno guardare in faccia i ragazzi.
- Io ed Alice eravamo titubanti, non sapevamo se seguirli e cercare di aiutare nostra sorella a liberarsi oppure rimanere in camera e cercare l'aiuto della mamma, infondo pensavamo che come tutte le volte volesse sfogarsi su di lei alzando le mani e lasciandole addosso dei lividi. - Un brivido corse sulla mia schiena, e mi rannicchiai contro il bracciolo del divano per riprendermi.
- Ricordo solamente che io andai, e dissi a Bella di rimanere in camera e aspettare che la mamma tornasse per chiederle di aiutarci, e quando finalmente riuscii ad arrivare nella camera in cui li avevo visti entrare, trovai la cosa più scioccante che potessi vedere: Richard la stava violentando, e lei era così terrorizzata da non riuscire a muoversi o a parlare, piangeva e si tappava gli occhi per non vedere quello che lui le stava facendo. - Alice aveva sussurrato l'ultima parte, con la voce tremante e acuta, e appena chiuse la bocca Emmett si alzò di scatto, come una furia, e uscì dalla stanza travolgendo tutto ciò che si ritrovava davanti.
-  Ciò che non mi sarei mai aspettata era che poco tempo dopo, sapendo che Richard continuava a fare del male fisico a nostra sorella, la cosa avrebbe potuto nuocere anche Alice, per mano di James. E la mamma soccombeva tale e quale, sotto la superiorità e l'arroganza di Joseph, e le sue manie letali che aveva attaccato anche ai figli. Erano violenze di quel genere continue, tutti i giorni almeno una di loro veniva violata da quelle bestie. - L'immagine di Alice impressa nella mia mente nel giorno in cui James abusò di lei per la prima volta, il suo shock e le sue lacrime disperate era ancora così vivida che mi sorprendevo sempre di come potessi riuscire a non sentirmi male ogni volta.
La vidi piangere accanto a me, con le mani sul viso e la schiena ricurva su se stessa, scuoteva la testa in segno di diniego, per molte volte aveva cercato di convincersi che quello fosse solo un brutto incubo dal quale si sarebbe potuta risvegliare presto, peggiorando solamente la propria situazione.
- Nessuno si accorgeva che voi stavate subendo tutto ciò? - Edward quasi urlò quella frase, e la vena del suo collo si gonfiò così tanto da farmi pensare che potesse saltare da un momento all'altro, con un brivido.
- La cosa che più mi turbava era il fatto che... - Alice singhiozzò la frase, poi proseguì. - Che i figli avevano un pub in cui facevano lavorare delle ragazze giovani e disperate, come noi. Il loro compito era intrattenere i clienti facoltosi sia in sala che nelle camere soprastanti, sottostando ai loro ordini, anche ai più crudeli. - I ragazzi si scambiarono un'occhiata, avevano capito perfettamente cosa mia sorella stesse intendendo, quindi continuai io a parlare.
- Appena io compii tredici anni, Richard e James ci costrinsero a lavorare al pub di notte, la mamma ne era al corrente ma non poteva opporsi, anche Joseph era d'accordo e ne traeva ancora più profitto. Io ero costretta a ballare per quei ricconi, secondo loro fino a che non avessi avuto quattordici anni non sarei riuscita a soddisfare tutto ciò che i clienti richiedevano, ma alle mie sorelle non andò meglio. - Alice mi toccò una gamba, forse era meglio che escludessi i dettagli per non far fare loro la figura delle poco di buono, anche se i ragazzi sapevano che era tutto contro la nostra volontà.
- Siamo riuscite ad andare via da quell'inferno quando a mio zio Jeronimo capitò una fortuna fra le mani, aveva appena ereditato dalla morte di un lontano cugino dei soldi che aveva condiviso amorevolmente con noi, e quindi potemmo smetterla di farci torturare e trovare momentaneamente un posto in cui vivere tranquille. - Concluse lei, con gli occhi rossi di pianto e la voce ancora incrinata, mentre i ragazzi si erano tirati in piedi e stavano camminando avanti e indietro per la stanza.
- Vi chiediamo scusa se abbiamo deciso di raccontarvi tutto ora, il giorno del matrimonio di nostra madre e Carlisle, ma mai avremmo pensato che il momento adatto fosse questo. - Li guardai negli occhi entrambi, con le mani appoggiate sulle gambe serrate e la schiena ritta, poi la stanza calò in un silenzio di tomba.
- Andate a letto, domani ne riparliamo. - La voce di Jasper era così dura e tagliente da farmi salire le lacrime agli occhi, forse avevamo rovinato tutto con la nostra confessione? Alice assieme a me si incamminò verso la nostra stanza, in silenzio, e ci ritirammo.
Fuori dalla porta, ci fermammo un attimo, intuendo che dentro, oltre a nostra sorella, c'era Emmett, che non aveva nemmeno sentito finire il nostro racconto, che sedeva sul mio letto, con il viso rivolto verso Rosalie e le mani fra le gambe, appena divaricate. Era teso, arrabbiato come mai l'avevo visto e soprattutto nervoso, batteva ritmicamente il piede sinistro a terra e si torturava le mani, mentre il suo sguardo teso mostrava tutto ciò che stava reprimendo, rischiando un'implosione.
Bussammo lievemente, facendolo girare quasi di scatto con lo sguardo assottigliato. Quando comprese chi fosse alla porta, si alzò dal letto e ci fece un cenno della buonanotte, passandoci accando come una furia. Io e Bella ci guardammo un attimo, poi ci avvicinammo a Rose e le stampammo un dolce bacio sulla guancia, prima di infilarci sotto alle coperte, e finire fra le braccia di un Morfeo diverso dal solito.


Rosalie

Buttai a terra l'ennesimo fazzoletto zuppo di lacrime, accanto agli altri otto che avevo già consumato da quando le mie sorelle mi avevano costretta a letto per superare la 'crisi' che mi avevano diagnosticato.
Ogni emozione negativa nuoceva al mio bambino, ma non potevo semplicemente evitarle o rimandarle ad una data post parto, se solo avessi potuto l'avrei fatto molto volentieri!
Come al solito, ogni volta che venivano menzionate quelle persone, i ricordi dolorosi erano così tanti che mi sopraffavano e mi costringevano a rimanere sola per un po', per potermi calmare e non dare troppo spettacolo.
Non passò troppo tempo, prima che sentissi dei passi pesanti e rabbiosi raggiungere la mia porta e spalancarla, mostrandomi un Emmett cupo e inferocito fino al midollo.
- Perchè accidenti non me ne hai mai parlato, Rosalie? - Il suo viso si avvicinò pericolosamente al mio, e la sua voce dura mi perforò i timpani, costringendomi a tappare le orecchie con le mani per attenuare il suono troppo forte.
- Cosa avrei dovuto fare? - Ero impaurita, ancora disturbata dalle varie sensazioni e in più il bambino cominciava a ridarmi problemi come la nausea e il mal di schiena, quindi nascosi metà faccia sotto alla coperta, e lo vidi trattenersi a lungo per non urlare più forte.
- Vedi di dormire che è meglio, per cortesia. E la prossima volta ti conviene dire tutto subito, non farlo uscire allo scoperto quando ormai è troppo tardi, maledizione. - Strinse i pugni e si buttò sul letto di Alice, e lì mi salì il dubbio che le ragazze avessero potuto spifferargli della mia gravidanza.
- Che cosa intendi? - Sussurrai appena, girandomi lentamente verso di lui e rimanendo nascosta sotto alle coperte fino alle spalle. Mi lanciò un'occhiataccia e si scrocchiò le dita delle mani, in un gesto quasi minaccioso.
- Delle schifezze che quel certo Richard ti ha fatto, altrimenti cosa? - Tirai un sospiro di sollievo di cui lui non si accorse, e scossi la testa, appoggiandola poi sul cuscino e chiudendo gli occhi, quasi finendo per addormentarmi.
Poco dopo, sentii arrivare le mie sorelle, che provvedettero a salutarmi e a filare a letto, la giornata successiva sarebbe stata pesante e soprattutto faticosa, fra il ritorno della malefica nonna e le occhiate dei ragazzi riguardo al nostro passato.

Per tutta la notte, non feci che rimembrare ogni volta in cui quel maledetto mi aveva messo le mani addosso o aveva abusato di me, nei miei incubi, che mi facevano risvegliare in un bagno di sudore e lacrime. Avrei voluto cancellare la mia memoria per poter vivere più serenamente, ma era praticamente impossibile, e la persona che ci rimetteva di più era il piccolo dentro al mio ventre, subiva tutte le orribili sensazioni che provavo io e ne veniva ingiustamente disturbato, me lo dimostrava facendomi stare male anche a causa dei problemi di salute che mi provocava.
Nel momento in cui il sole attraversò la finestra e le tende, aprii gli occhi e non li richiusi più, cercando con lo sguardo quelli delle mie sorelle, nella stessa situazione in cui mi trovavo io.
La casa era ancora avvolta nel sonno, e il tocco sulla porta che fece sobbalzare tutte e tre mi diede da pensare che, forse, quella sarebbe stata la visita meno gradita di tutte.
- Non possono essere loro. - Sussurrò Bella, avvolgendosi nelle coperte per il freddo, mentre Alice si avvicinava lentamente alla porta e osservava dal buco della serratura chi fosse.
- Oddio, sono... - Si girò verso di noi, con un'espressione indecifrabile in viso. Chi era, a quell'ora della mattina?




 

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: CatcatKhad