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Autore: Hermes    27/04/2013    3 recensioni
Ero una ragazza come le altre, niente di strano in questo.
E come tutte le altre avevo i miei difetti ed i miei pregi.
E so cosa state per chiedermi…no, non mi sono innamorata di lui.
Innamorarsi vuol dire essere legati ad un’altra persona e ciò non è successo.
Mi chiedo solo quali strade abbia intrapreso e basta, non voglio andare oltre.

[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Science-fiction, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
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Nota
In questo capitolo ci sono tematiche molto delicate, che potrebbero offendere i piu sensibili.
Vi ricordo che questa è una storia di pura fantasia, che non scrivo a scopo di lucro e che nessuno dei miei personaggi è reale.
Lettori avvisati mezzi salvati io ho fatto il mio dovere =)

I don't like the way that you say you feel fine
When you look so down
I don't like the way that the pills you take
They just keep you down

Never wanna see you burn
There's so much I gotta tell you
So much there to learn
The Verve ~ Never wanna see you cry

Dal brutto fatto di Will, sorpreso con della droga addosso, è passata sì e no una settimana e mezza.
Ormai maggio è arrivato ed è quasi un mese che sono accampata dal topo, la segreteria non ha ancora sistemato la mia sistemazione purtroppo.
Non che vada così male, l’appartamento di Linds offre tutte le comodità possibili ma diventa un po’ grande a viverci dentro in solitaria.
Sì…perché l’ultima volta che ho visto Linds è stata lo scorso mercoledì a lezione.
Il topo ha portato ad un nuovo livello la sua ossessione per il laboratorio e non è più tornato nemmeno per svuotare il frigo o farsi una dormitina.
Questa settimana il corso di Fisica è stato portato avanti solo da Raph, il professor Lagden non si degna neanche di fare le solite ore di ricevimento studenti nel suo ufficio.
Da cosa ho capito parlando con il cagnone, che viene a prendere i suoi vestiti ogni due o tre giorni, utilizza le docce del campus e mangia pizza, cinese e burgers In ‘n’ Out quattro volte al giorno. Roba da lavanda gastrica in poche parole.
Posso capire che si sta sforzando al massimo perché il suo lavoro gli piace, ma se continua si ammalerà.
Così, alla pausa pranzo cammino fino alla facoltà di Ingegneria e raggiungo il laboratorio.
Raph mi ha spifferato il codice d’entrata ma quando entro, lo trovo vuoto.
“Linds?” chiamo, proseguendo per le stanze.
C’è il portatile del topo in bella vista che ronza pigro, con lo schermo nero in un angolo del tavolo.
Il cestino è traboccante di cartoni di take-away e bicchieri di caffè. Ma qui dentro non entrano mai gli addetti delle pulizie!?
Il laboratorio è in uno stato di casino upgradato alla versione 4.0 dall’ultima volta che l’ho visto ma anche lì non c’è nessuna traccia del topo. A parte la porta che avevo cercato di aprire l’ultima volta, ora accostata.
“Linds?” Che sia là dentro?
Sento dei rumori, un suono intermittente e poi il topo esce fuori dalla stanza con fare circospetto, il suo camice chiazzato di caffè, guanti di lattice e mascherina verde da chirurgo.
E quella a cosa gli serve? Non avrà mica preso il raffreddore?
Appena mi nota fa scattare la serratura prontamente dietro le sue spalle e sorride, con la mascherina ancora legata.
Alzo le sopracciglia, fissando la protezione e Linds se ne accorge.
“Ciao, ma belle! Qual buon vento ti porta qui nella mia umile dimora?” domanda con un’allegria forzata, liberandosene e buttandola assieme ai guanti nel cestino sotto il lavello del laboratorio.
Ha una cera pessima e cadaverica, da persona rimasta chiusa senza aver visto la luce del sole da un po’ e delle borse sotto gli occhi che farebbero invidia a Fester.
“Sono venuta per trascinarti fuori, topastro. Hai bisogno di una boccata d’aria.” rispondo preoccupata.
“Non posso, ho del lavoro da sbrigare ed un distillato sul fuoco, una relazione…” inizia a borbottare a manetta, sorpassandomi ed occupandosi le mani, proprio come farebbe un pazzo ossessivo.
Topo…tu hai bisogno di una vacanza.
“Linds…non scappa niente sai? Prenditi un’oretta libera.”
“No.” ha lo sguardo vacuo e gli occhi di un lustro opaco, tipico dell’insonnia ma la sua risposta è ferma come al solito.
Okay, se non si vuole arrendere con le buone.
Mi avvicino con circospezione al suo portatile e sposto il mouse.
“Michelle! Lascia stare il mio notebook!” squittisce quasi istantaneamente, isterico.
“Perché? Stavi guardando uno dei tuoi filmini?” ribatto decisa, osservando la finestra dove mi richiede una password.
Raph aveva ragione, questo computer è un mostro di crittazione a quanto pare…
Poso con cautela le dita sulla tastiera, non sto facendo sul serio ma voglio che Linds la smetta di stare rinchiuso qua sotto. Come sempre cerco d’aiutarlo, una delle mie più grandi fissazioni.
“Michelle, no.” Linds è immobile e non fissa me ma le mie dita tese sulla tastiera.
“Paura di perdere qualcosa, Topo Gigio?” faccio ironica.
“Michelle non sai cosa stai facendo e non è un gioco.”
“Quello l’avevo capito sai, cosa non capisco è perché fai di tutto per nascondere quello che contiene quell’ultima stanza…”
“E trastullarti con il mio pc ti sembra una soluzione?”
“Non dormi da settimane…sei fuso come una lampadina, voglio aiut-”
“Non dire cretinate, ma belle.” sbotta bruscamente, una luce violenta negli occhi schizzati di sangue “Non ho bisogno di te, e sono perfettamente in forma. Fossi dannato se non porto a termine questo lavoretto perché non ti fai gli affari tuoi e hai deciso di mettermi i bastoni fra le ruote!”
Faccio finta di niente ma le sue parole mi hanno graffiata, ingoio il magone e m’indurisco inevitabilmente.
“Allora credo proprio che un po’ di spazio su disco in più non sia la fine del mondo.” ribatto tranquillamente, iniziando a digitare la prima parola che mi viene in mente.
“Per tutti i-” è scattato di corsa, circumnavigando il tavolo con la velocità di una gazzella.
Finisco di digitare ma non riesco a premere Enter che mi ha afferrato entrambi i polsi, costringendoli indietro forzosamente.
Quindi quando vuole la forza la tira fuori.
“Mi fai male!” esclamo, dimenandomi nella sua stretta.
Linds non risponde e si libera una mano, cancellando la password e poi voltandomi.
Ha di nuovo quello sguardo gelido…
“Michelle, perché non vuoi capire che è meglio - sia per me che per te - se la smetti di curiosare dove non devi?”
“Solo se mi dici la verità, Linds.”
Dietro le lenti il suo sguardo si ammorbidisce appena “Non c’è proprio modo di farti cambiare idea?”
“No.”
La sua stretta si allenta, quel tanto per dare un po’ di sollievo ai muscoli delle mie spalle ma non abbastanza per lasciarmi libera di muovere. Il suo sguardo è lontano, avanti verso scenari che non conosco, almeno fino a quando lo posa su di me, le labbra piegate in una piega poco allegra.
“Devi promettermi di non parlarne mai.” dice solo, mortalmente serio.
“Non te lo posso promettere se va contro alla legge.”
“Non ci sono leggi che lo vietano.”
“Linds-”
“Ho firmato un contratto, Michelle. Promettilo.
Ci fissiamo per un minuto buono poi cedo, annuendo.
Mi prende per mano e mi guida stanza per stanza fino ad arrivare alla porta incriminata, dove il keypad numerico brilla appena. Posa le lunghe dita sui tasti e mi guarda “Ti chiedo solo di mantenere la mente aperta e di non andare in panico. Puoi farlo?”
“Sì, se quello che c’è qui dentro non è una massa di cadaveri sanguinolenta.”
“Dubito che ti farebbe seriamente senso una simile visione.” ammicca lui con il suo sorrisetto “Non ne saprai quasi nulla ma quattro anni fa, una giovane donna di famiglia americana molto ricca venne coinvolta in un incidente aereo. Subì traumi in varie parti del corpo ed emorragie diffuse prima che i soccorsi riuscissero ad estrarla dalla fusoliera accartocciata. Aveva inalato i fumi…immagina il mix. Nella corsa verso l’ospedale il suo cuore si fermò per un quarto d’ora, completamente. Quando riprese a battere era già troppo tardi.”
Ha digitato un numero e la serratura della porta si apre.
La stanza è fredda, illuminata appena, con un mucchio di macchinari ed il sistema di ventilazione che gira lento.
In mezzo alla stanza c’è un letto dove una donna dorme, con tutta una serie di tubi che la circondano e si infilano sotto le sue coperte.
“Linds…non mi starai dicendo che…” non riesco a completare la frase.
“I medici fecero di tutto per salvarla, la operarono e sostituirono uno dei suoi reni. Nel frattempo l’avevano sedata con una dose massiccia per mantenerla in coma farmacologico. Ma quando le sue ferite guarirono e fu reputata di nuovo in uno stato di non emergenza provarono a svegliarla ma senza successo.” tiene la mia mano fra le sue, accarezzandola con i pollici concentrato “L’incidente, l’arresto cardiaco, ed il coma forzato hanno mandato questa donna in uno stato di coma naturale.”
“Perché non è in un ospedale?!” mi esce piano, nonostante tutto sto andando in panico “Perché è qui dentro!?”
“Ci sto arrivando.” mormora piano, lanciandomi un’occhiata ammonitoria “Il suo coma è il peggiore della scala di Glasgow. Un vegetale a tutti gli effetti. I medici passarono un anno a studiare il caso ma non trovarono risposte per la famiglia della giovane, nonostante i loro soldi attirassero parecchi luminari in campo medico.”
“Tu dove entri in tutto questo?” domando preoccupata.
“Il padre ed il fratello di Beatriz – così si chiama lei – non si dettero per vinti. Sai Michelle, non sono laureato in medicina ma ho una discreta conoscenza del funzionamento del cervello. In passato ho studiato a fondo i vari effetti degli alcaloidi sul sistema nervoso ed ho avuto qualche scambio di vedute in materia con i migliori neurologi americani ed esteri.” si ferma, mi lascia e va a controllare un monitor “Alla fine hanno sentito dire di me e della mia disponibilità agli esperimenti impossibili quindi mi hanno rintracciato, mettendomi fra le mani la vita di questa donna e lasciandomi carta bianca. Vogliono il suo risveglio e sono disposti a pagare qualunque prezzo. Sono due anni che studio questo caso ed ormai sono vicino alla soluzione.”
“Non puoi seriamente credere di farmi bere una balla del genere!” sbotto alla fine “Primo: un coma di questo tipo porta alla morte cerebrale ed allo stato vegetativo irrisolvibile. Nessuno è mai riuscito a svegliare un paziente in quello stato. Secondo: sinceramente questa mi sembra una situazione tirata direttamente fuori da Frankenstein, Linds.”
Sta facendo il giro dei macchinari, è di spalle ma lo sento ridere piano.
“In effetti…” ammette “Con due differenze fondamentali, ma belle, questa donna è sana come un pesce ma il suo – chiamiamolo a questo modo – switch è bloccato sull’off. E non ci sono transumanza di spirito e/o anima in un corpo costruito con dei cadaveri.”
“Come pensi di risvegliarla?”
“Una combinazione di impulsi elettrici ed una soluzione altamente concentrata di adrenalina ed alcaloide di sintesi.”
“Questo accanimento terapeutico potrebbe ucciderla a lungo andare.”
Linds si volta, strizzando gli occhi cerchiati di blu in un sorriso “È proprio per questo che non dormo da due settimane, ma belle. Per assicurarmi di non fare dei danni.”
La quantità di informazioni che mi ha dato in questi dieci minuti è gigantesca, faccio fatica a gestirla.
Information overload…help!
“Quindi è per questo che hai fatto volare Raph qui a San Francisco.” mormoro, osservando Beatriz che sembra dormire pacificamente come una versione moderna della bella addormentata nel bosco “Linds…quante probabilità ci sono di riuscita?”
“Abbastanza.” risponde vago “Devo solo trovare la giusta combinazione. Beatriz non è morta, Michelle. La morte per definizione è un fenomeno caratterizzato dalla cessazione di tutte le funzioni vitali, lei respira ed il suo cuore batte. Quindi per estensione posso affermare che nonostante il suo cervello sia in stallo può invecchiare e riprodursi.”
“E…e se non-”
“Non morirà. In termini economici quei soldi mi fanno troppo gola, e questo esperimento mi diverte troppo per lasciarlo andare male.” sorride, piuttosto che dire di tenerci alla vita pensa ai soldi ed al suo divertimento di scienziato pazzo…non si smentisce mai sul lato emotivo il topo “Andiamo…lasciamola in pace.”
Mi posa una mano sul fianco ed usciamo dalla stanza, mentre lancio un’ultima occhiata al letto.
“Hai più o meno un’idea di quanto potrebbe essere danneggiato il suo cervello?” domando “Puoi anche riuscire a svegliarla ma non sai come sarà…”
“Cosa credi che abbia fatto in due anni, ma belle?” mi lancia un’occhiata di sbieco “Le ho infilato degli elettrodi nella corteccia cerebrale e l’ho sottoposta ad esami di mia invenzione, ho copiato la mappatura del suo cervello su disco rigido e – grazie ai programmini di Raph – sono in grado di manipolarne una copia virtuale.”
“Può non bastare…”
“Certo che non basta…ho ricostruito intere sezioni di collegamenti dell’encefalo negli ultimi mesi dal nulla con delle staminali donatemi dal fratello gemello.”
Questa conversazione è surreale…Linds me la sta rendendo facile ma il lavoro che ha portato a termine da solo è immenso. Quindici, vent’anni di ricerca di un laboratorio? Si può quantizzare? In più continua la sua copertura di professore correggendo e facendo lezione, uscendo con me, e fingendo di essere un normale genio.
“Tu stai giocando a fare Dio.” dico solo, ma le parole sono uscite fuori da sole, non le ho nemmeno pensate.
Linds si siede sul sofà in una posa rilassata ed alza gli occhi, raggiungendo la mia figura in piedi.
“Dipende Michelle…vedi, Dio non é che il frutto dell’uomo. Non credo ad una entità superiore per il semplice fatto che non esiste. Quando una persona si trova in una situazione dove rischia di morire pensa a Dio, ma questo concetto in particolare non ha mai salvato nessuno. Nel mondo ci sono centinaia, migliaia di divinità perché è facile credere nell’esistenza di un’entità superiore capace di proteggerci. Il concetto del divino è un’enorme sbaglio che però fa comodo.” si inumidisce le labbra
“Non mi sento Dio, Michelle. Il mio unico potere sta nelle mani e nell’intelligenza e se con queste due cose posso arrivare ai risultati che mi prefisso allora i miei problemi finiscono. Far svegliare quella donna nella mia ottica non è giocare con il destino ma trovare una soluzione ad un problema. Punto ed a capo.”
Il silenzio è completo, rotto solo dai ronzii delle ventole dei terminali.
Sento freddo.
Improvvisamente la verità non ha più molta importanza non quando quest’uomo parla di se come di una macchina concepita per risolvere problemi.
Eppure è fatto esattamente come me ma ha la lucidità di un elaboratore elettronico.
Ha emozioni che non riconosce come proprie schiacciate da un autocontrollo agghiacciante.
Linds – e adesso ne sono assolutamente certa – è il tipo d’uomo capace di prendere una pistola in mano e sparare senza dimostrare un briciolo di rimorso.

“Spero di aver saziato la tua curiosità, Michelle e che terrai fede alla tua promessa.” dice tranquillo “Sei un po’ pallida…forse è meglio che ti siedi mentre aspettiamo Raph con la pizza.”
Come fa?! A stare così calmo?! Cosa cavolo ci faccio io ancora qui?! È un psicopatico con manie di grandezza!
“Michelle…tu pensi troppo.” fa, come se i pensieri si rispecchiassero nella mia espressione.
Mio dio…ci sono andata a letto e mi è piaciuto. Perché non mi fa ribrezzo?
“Non sono diverso da te, ma belle. Magari mi accollo lavori discutibili ma sono sempre Linds, il tuo topo platinato preferito!”
C’È UNA DONNA DENTRO QUELLA STANZA, MICHELLE!
Non parla più, mi tende solo una delle sue mani bianche ed ossute.
Gli occhi neri che non mi lasciano un attimo, sono morbidi senza un briciolo del suo sarcasmo.
Una donna in coma irreversibile, che ha una famiglia che farebbe di tutto per riaverla accanto.
Se la guardi in questa prospettiva Linds è l’eroe della situazione…
Discutibile ma in buona fede, non dirgli però che è buono o si offende…tiene troppo al suo titolo di ‘scienziato pazzo’.

Afferro la sua mano e mi rilasso, cercando di ricacciare indietro il brivido istintivo di raccapriccio.
Linds mi tira appena e mi siedo accanto a lui.
Dopo quello che sembra un secolo intero, sorride “Stavo per chiedermi cosa potevo usare per legarti come un salame prima che scappassi a gambe levate alla prima stazione di polizia…”
“Non sei ancora fuori da quel pericolo, topo Gigio.” faccio secca.
“C’è sempre il cavo d'alimentazione del computer…”
“Ti piacerebbe…”
Ridacchia e si avvicina, strofinando la punta del naso sul mio collo.
No, Michelle! Sai meglio di me che lo fa per addolcirti! Perché sa che basta un benché minimo contatto per far partire la scintilla…e non mi sembra il caso di fare del sesso in un laboratorio interrato e su un divano nemmeno tanto confortevole!
“Linds, Michelle!” Raph gira l’angolo con fra le mani i cartoni delle pizze, arriccia il naso “E basta! Appena volto le spalle siete sempre attaccati!”
“Ha ragione, topo! Datti un contegno!” colgo la palla al balzo, spingendolo via mentre si lascia scappare una risata.
Frottole…con lui sarei capace di darci dentro anche nell’atrio dell’Università. Ho finalmente capito cosa abbiamo in comune…

I giorni continuano a passare fra studio, lavoro ed ore interminabili davanti al monitor od in biblioteca.
Sono davvero alle battute finali della prima bozza…pochi giorni ed inizierò a discuterla assieme al mio relatore per limarla nel modo giusto.
Ancora un po’ e ti lascerai indietro lezioni e dispense, Michelle…solo un altro po’!
Al solito, Linds fa il desaparecido mentre cerca di salvare Beatriz.
Da quando so a cosa sta lavorando realmente mi sento restia a disturbarlo.
È una cosa grossa ed importante ma sono ugualmente preoccupata per la sua salute.
Raph ha accettato di passare al topo anche dei tupperware con del mio cibo, tanto per variare un po’ la sua dieta.
Da come i contenitori mi ritornano indietro lucidi e puliti posso affermare che se li spazzola appena li vede.
Almeno questa soddisfazione me la lascia…
Nella notte sento dei movimenti al buio e appena dopo Linds mi si rannicchia addosso.
La stanchezza lo avvolge come una cappa maligna, tutto intorno.
“Com’è andato oggi?” domando piano, lasciando che si incastri su di me come più gli piace.
“Non so dirti…ci vogliono dieci o dodici ore perché la soluzione faccia effetto, è molto blanda.”
“Rimedi qualche ora di sonno…”
“Esatto….”
“Buonanotte Linds…”
“Notte, ma belle.”

Non sono molte le serate che Linds si passa a casa, al massimo due o tre per settimana ma una di quelle rare mattine, mi capita di svegliarmi per prima.
Il viso di Linds è perfettamente allineato al mio nonostante si è allargato su di me, non lasciandomi spazio per muovermi.
Sembra rilassato ma anche dormiente ha le labbra strette e sigillate in una linea diritta, il suo respiro lento e cadenzato.
La luce dell’alba si riflette fra la sua chioma bionda ed arruffata sul cuscino.
Si vede che abbiamo indugiato in attività extra…uhmmm…non capisco come ci riesce senza addormentarsi nel mentre, stanco com’è!
Muovo appena la mano fra i suoi capelli, accarezzandolo con il pollice dietro la nuca.
Sospira appena ma non si sveglia. Corruccio la fronte.
Mantiene degli orari massacranti…povero topo…
Lascio scivolare lentamente la mano verso la sua guancia, tracciando lo zigomo.
Siamo davvero solo friends with benefits? Inizio a dubitarne…sono pericolosamente vicina al non ritorno, lo so.
Ma non sbaglio a chiedermelo…la nostra relazione è salita di un gradino da quando ho finalmente scoperto a cosa sta lavorando. Sono dell’idea che se non avesse una buona dose di fiducia in me non me l’avrebbe rivelato nemmeno sotto tortura.
“Michelle…? Che fai?”
Nel bel mezzo dei miei pensieri ha aperto gli occhi ed adesso le sue iridi nere mi fissano spontanee, è così difficile vederlo rilassato.
“Stavo pensando che hai la faccia di un angioletto quando dormi.” mormoro con un sorrisetto “Non sembri nemmeno tu…”
Sorride e risponde di rimando “Puccioso e dolce…?”
“Non esageriamo adesso.”
Stringe la presa e si sposta completamente su di me, strofinandomi il naso.
“Mi hai svegliato.” dichiara impassibile.
“Sì.” rispondo, occhieggiandolo con un mezzo sorriso – impossibile da fermare – che mi piega le labbra.
“Ti voglio.” per sottolineare il concetto muove i suoi fianchi contro i miei, premendo la sua erezione mattutina sul mio stomaco. Eccola di nuovo, la carica statica…la massa che prima di raggiungere terra fa scintille, come un acciarino.
“Di poche parole stamattina.” commento ironica, attorcigliando le gambe con le sue.
“Sì…ma sono quelle giuste.” risponde prima di iniziare a muoversi e zittirmi.
Ho sorpassato il non ritorno…perché non me ne stupisco?

Altri due giorni senza vederlo nemmeno di striscio.
Ho passato il weekend a correre e davanti alla tv per vedere la partita di baseball, un po’ di relax fa miracoli se inserito a dovere nello studio.
Linds deve essere l’unico maschio americano – esclusi i neonati - al mondo che manco sa il risultato…e se ne frega.
È lunedì e sono le tre e venti del pomeriggio.
Stiamo aspettando tutti insieme fuori dall’aula di Fisica, le entrate stranamente sono chiuse a chiave.
Batto con insistenza la matita sul blocco, dando frequenti sguardi all’orologio appeso qualche porta più in là.
Dove cavolo è finito Linds? Ci è rimasto finalmente secco?!
Barbara è seduta accanto a me sulle scale e legge una dispensa di matematica, sospira con forza e mi lancia un’occhiata.
“Michelle…potresti smetterla? Sto cercando di studiare…” fa fredda, lascio andare la matita.
“Scusa.” sono contrita sul serio “Sai, gli esami, la tesi…sono un po’ tesa.”
Scuote la testa e ritorna ai suoi fogli, non siamo mai andate veramente d’accordo…non dopo tutto quello che è successo fra me, quest’arpia maligna, Will e Linds.
Sono giorni che praticamente io ed il topo non ci parliamo…non abbiamo litigato, per la carità.
Ormai ha preso residenza in pensione completa nel seminterrato della facoltà di Ingegneria.
Se prima non dormiva adesso dubito che abbia una qualsiasi relazione con un letto.
La settimana scorsa tornava all’appartamento solo per farsi la doccia, un dieci minuti di pisolino controllato sul divano del salone ed ingoiare tre tazze di caffè non zuccherato assieme ad una fetta di pane tostato. Nient’altro…
Ma adesso? Boh…
Passano altri dieci lunghi minuti poi la figura allampanata di Linds arriva e s’infila nella ressa davanti alla classe.
Ha il camice tutto spiegazzato e l’aria di uno estraniato dal mondo reale.
“Ragazzi, oggi non faccio lezione.” dice senza preamboli mentre apre la porta, e continua “Vi lascio degli esercizi. Hervas venga con me per le fotocopie.”
Mi alzo confusa, lanciando un’occhiata a Max e Richard – appoggiati al muro - che alzano le spalle…Michelle sei l’unica a sapere il possibile motivo, non fare tanto la santarellina per favore!
Lo seguo quando prende la direzione del suo ufficio.
“Professore…qualcosa non va?” siamo in pubblico e faccio di tutto perché il mio tono sia consono.
Sì…dopo tutte le nostre attività extra-curricolari non è nemmeno tanto semplice…get a grip, Michelle!
Non risponde e sale gli ultimi scalini, svoltando sul posto per il corridoio e tenendo la porta aperta per poi entrare lui stesso.
“Sono troppo occupato, ma belle.” dice alla fine “E comunque ho già coperto il programma ed un po’ d’esercizio in più non può farvi che bene…”
Suona stanco, mentre sceglie dei volumi dalla libreria. Il mio sguardo vaga per la stanza, c’è un dito di polvere su tutto. Passa davvero tutto il tempo in laboratorio quindi.
“Linds…”
“Sì?” sta sfogliando le pagine distrattamente.
“Va tutto bene?”
“Perfettamente!” sorride largo alla squalo mentre infila due o tre pezzi di carta in mezzo ai volumi e li richiude di scatto con l’atteggiamento mutevole che ho già visto più di una volta…sta per dirmi di farmi gli affari miei. Nervoso, arrogante e vicino al collasso come non mai.
Mi molla i libri – che pesano dai sei ai sette chili – e mi fa segno di uscire, cosa che però non faccio.
“Dov’è Raph?” chiedo, nelle ultime settimane il cagnone era l’unico che teneva a stretto giro di sorveglianza il topo ed le sue scorte di cibo…
“È tornato a San Diego.” arriva la risposta di Linds.
Quindi non ha più bisogno del suo aiuto…può essere che stia arrivando alla soluzione ultima questa volta?
Mi sta fissando e ricambio lo sguardo in silenzio. C’è qualcosa nei suoi occhi che mi sta facendo rizzare i peli, una sensazione di gelo.
“Michelle…” sospira, chiude gli occhi e li riapre, inclinando la testa di lato.
La luce che cola dalla finestra si riflette sul suo volto illuminando la barba lunga di tre giorni, invecchiandolo davanti ai miei occhi “Fammi il favore, vai a fare le fotocopie e non commentare. Da brava.”
“Okay.” dico appena.
Sono preoccupata per lui…da un momento all’altro potrebbe cadermi per terra incosciente o peggio, magari per stare su si mischierà un’altro di quei suoi odiosi intrugli da tossicomane.
“Ci rivediamo alle sette.” offre con un sorriso appena accennato.
“No.” rispondo imbarazzata. Ecco…adesso sembra quasi che non voglio… “Ho un appuntamento con il prof di genetica per la tesi e poi devo fare un’intervista per lo stage in laboratorio, dopo sono di turno al ristorante.”
“Capito.” fa, ravviandosi i capelli “In bocca al lupo allora.”
“Grazie e crepi.”
Eccola la nostra conversazione dopo tre giorni di muto…ha la lingua per terra ma si rifiuta di ammetterlo. Lagden è un mastino che non si arrende, a costo di rimetterci la salute.
Scendiamo una rampa di scale assieme poi le nostre strade si dividono.
Che meraviglia questo pomeriggio…

Il mio turno di cameriera è quasi finito ma il locale è ancora occupato in cinque o sei tavoli.
Sono in cucina a riordinare e preparare un vassoio di bicchieri asciutti per l’angolo bar quando la mia compagna del turno entra dalla porta.
“Miki…abbiamo un nuovo arrivato al tavolo sei. Fallo ordinare così poi vai via, mi occupo io di questi.”
Le sorrido con gratitudine ed esco, afferrando il blocchetto e sfilando la matita dalla spirale.
Svolto l’angolo e osservo l’occupante del tavolo.
“Ciao…” fa con un sorriso Linds, strizzando gli occhi cerchiati dalle occhiaie. Ha l’aria malaticcia, peggio di oggi pomeriggio.
“Chi non muore si rivede.” dico “Che ti porto?”
“Un caffè.”
“Mi dispiace, l’abbiamo finito.” rispondo indifferente…col cavolo topo! Sei un rottame! E non voglio mettere i bastoni fra le ruote al tuo meritato riposo.
“Ah…” mi esamina “Allora fai una birra, quando smonti ma belle?”
“Appena hai finito di ordinare.” rispondo secca…niente da mettere sotto i denti? Nemmeno del formaggio groviera?
“Due birre, allora…sbrigati.” chiude gli occhi, la testa appoggiata al palmo della mano.
Mi allontano. Mio dio…non è un rottame…peggio! Come ha fatto a guidare fin qui?
Recupero i bicchieri e mi tolgo il grembiule, tornando indietro e sedendomi di fronte a lui.
Il suono del vetro contro il tavolo lo sveglia.
“Non eri obbligato a venire fin qui…potevi tornare a casa.” faccio brusca sottovoce “Avresti potuto fare un incidente nella condizione in cui sei!”
Non risponde e butta giù un lungo sorso della doppia malto poi sorride e mi guarda.
Passano un paio di minuti ed il suo sorriso è svanito ma non ha spostato gli occhi, sempre fissi su di me.
Perché ho come l’impressione che voglia dirmi qualcosa?
Ma non sappia come fare?

“Com’è andata l’intervista?” dice infine, ma è ovvio che non era questo.
“Spero bene…han detto che mi faranno sapere tra una settimana.” rispondo cauta.
“La tesi?”
“Tutto bene…un paio di cose da rivedere ma ci siamo.”
“Congratulazioni Michelle.”
“Frena Linds…” faccio con un sorriso sincero, fissando il bicchiere “In fondo devo ancora dare gli esami finali…”
Ma belle.
Alzo la testa, incontrando la sua espressione, perfettamente vigile nonostante la faccia da zombie.
Oh no…assolutamente no…te lo puoi scordare stasera topo!
E di nuovo…l’aria sopra il tavolo si carica e si muove. Diventa elettromagnetica.
In una parola: potente.
Il chiacchiericcio del locale si azzera e la corrente fra di noi si fa insopportabile.
“Hai finito il tuo turno?”
“Sì.”
“Finisci quella birra, ma belle.”
“No.”
Alza le sopracciglia, la sua fronte attraversata da pieghe sottili.
“Non sei nelle condizioni di guidare, e quindi ti porto a casa.”
Sbuffa appena ma sorride “Hai ragione. Vecchio, impotente, cieco e sordo come sono.”
“Non fai ridere, sembri un cadavere Linds.”
Mi fa una linguaccia.
Vado a pagare per le birre.
Ci ritroviamo all’entrata dove mi lancia le chiavi della Ferrari e mi segue.
Venti minuti dopo siamo dentro all’appartamento, mentre ci spogliamo per andare a dormire.
E per una volta ognuno pensa a se stesso…niente giochini o provocazioni. Nemmeno le sue solite battutine da pervertito.
Sdraiati il silenzio è totale e nessuno prende l’iniziativa anche se la carica è sempre lì, pronta a scoccare.
“Linds…”
“Mmm…”
“Ti capita spesso di disintegrarti a questo modo per un lavoro?”
“Quando mi interessa, sì.” ha il tono piccato e si muove su un fianco.
“Lo so che non sono affari miei ma per favore, dormi almeno sette ore stanotte.”
E con questo tutta la mia dignità è finita giù nello scarico…io che gli chiedo gentilmente di dormire, sono preoccupata. Se va avanti a caffè, birra e dieci minuti ad occhi chiusi potrebbe prendergli un infarto, soprattutto con i suoi beveroni.
“Michelle…” mi ha afferrato per i fianchi, spostandomi di peso fino contro di se “Senti…te l’ho già detto non so quante volte, non vale la pena che ti preoccupi per me.”
Il suo tono è gelido, scazzato; proprio quello che mi aspettavo alla fine dei conti.
“Sì, professore. Ma si ricordi che devo dare il suo esame tra una settimana e mezza.” dico piano.
Puoi anche essere il nuovo Einstein, Linds. Ma nessuno mi vieta di mandarti a quel paese nella mia testa…scienziato pazzo e testa di cazzo. Che rima…
“Avrò cura di ricordarmelo, signorina.” mi fa il verso con voce un po’ più dolce ma radente con il coltello dalla parte del manico “Se vuole ancora quella A, le consiglio di dormire.”
“Sissignore.”
Sento il suo respiro sfiorarmi le labbra prima di baciarmi lentamente, evitando accuratamente di far esplodere la scintilla.
“Buonanotte, ma belle.”
“’Notte, topo Gigio.”
Sghignazza e posa il mento sul mio capo.

Il mattino dopo, ovviamente mi sveglio per forza.
Soffoco e ho caldo.
Spiegazione? Il topo mi si è spalmato addosso con tutte le sue centosettantadue libbre.
Sì, una stazza niente male moltiplicata per un grissino…
In più russa, piano ma russa.
Lancio un’occhiata alla sveglia che segna le sei del mattino.
Resistiamo ancora un’oretta…per il suo bene.
Respiro, chiudendo gli occhi.
Se tre mesi fa qualcuno mi avesse detto che avrei legato con Linds, avrei consigliato senza dubbio uno psicologo.
La vita rotola…diciamo così…va sempre nella direzione che meno ti aspetti.
Vogliamo dare uno sguardo alla tua, Michelle? Freud sarebbe elettrizzato se avesse conosciuto te e le tue manie di comprensione incomprese per Linds.
Intanto il topo grugnisce e scava l’incavo del mio collo, la sua barba non fatta mi pizzica la pelle.
A conti fatti non dovrei nemmeno essere qui.
La segreteria mi ha spostato in un dormitorio da quasi una settimana.
Ho evitato accuratamente di parlargliene, però.
Michelle sei arrivata alla fine della tua carriera nei meandri della scuola americana…sei ad un passetto di danza dalla libertà, e da brava cretina sei anche finita a letto con il tuo professore di Fisica. Forse è meglio che torni in mezzo ai comuni mortali…prima che ti fai male e che il fatto venga fuori in un modo o nell’altro. E non sto parlando della tua relazione illecita, tesoro.
Linds si agita, come fa sempre prima di svegliarsi e le sue mani prendono vita, iniziando a strofinarmi i fianchi.
“Ciao ma belle…” gracchia nel cuscino “Lo sai che sei il miglior materasso del mondo?”
“A-ha.” faccio poco incline a ridere, basta glielo dico.
Linds si è puntellato sui gomiti “Hai una faccia…”
Non ci riesco.
“Ieri sono passata alla segreteria del campus. Mi hanno assegnato ad un dormitorio.”
“Qual è il problema?” ha stretto gli occhi, impercettibilmente.
“Mi trasferisco là.”
“Fai bene Michelle.” sospira di sollievo “Sai…me ne sono accorto che Barbara non vede l’ora di staccarci la testa a morsi.”
Tutto qui?
“C’è un’altra cosa…” inizio, irrequieta. Prendi un respiro profondo cara e diglielo…porco cane se è difficile!
“Cosa?” mi guarda ed attende, corrucciato.
Non posso.
“Non fare più un’uscita come quella di ieri…la classe si è lamentata.” mormoro, senza guardarlo.
Rava per fava, porca vacca Michelle!
Alza le sopracciglia alla ‘Tutto qui?’, e mi sforzo di mantenere un’espressione indifferente se capisce è finita sul serio.
“Okay, messaggio ricevuto…grazie per il consiglio. Le rivolte studentesche non mi sono mai piaciute!” esclama con un sorrisino e rotola da una parte “Vado a fare la doccia…mi fai compagnia?”
“No.”
“Paura di Linduccio, eh?”
Tiro fuori la lingua “Sbrigati che ti preparo la colazione, topo.”
“Sissignora.” ed esce.
Mi metto a sedere, affondando le mani nei capelli a cespuglio.
Se ti metti a piangere Michelle-emerita-deficiente-di-turno, giuro che ti mollo una sberla! E non provare a dirmi ‘Third time’s the charm’!

Passano i dieci giorni e ho appena il tempo di mangiare con la quantità enorme di dispense che divoro.
Ho dato Biochimica applicata e Scienze naturali, sia scritti che orali l’unico tassello mancante del puzzle ora è Fisica.
Io e Linds non ci siamo più visti al di fuori dell’orario di lezione.
È meglio così, Michelle. Soprattutto quando Barbara ti sta col fiato sul collo in dormitorio 7 su 7, per non parlare di Jess. È ora che ci procuriamo un bisturi, cara…tanto per rivendicare la Jackal, il suo fantasma grida vendetta con voce tonante.
Il giorno dell’esame aspetto diligente con gli altri fuori dall’aula finché non arriva il biondo con una risma di fotocopie in braccio. Ha l’aria di uno spaventapasseri e la faccia scura, tesa e più incavata del solito…vuoi vedere che l’ultimo pasto vero e proprio è stata una colazione e l’ha fatta con te, Michelle? Quanto scommettiamo?
Chiude la porta e si avvia alla cattedra, sbattendo la risma di fogli a Max e Richard “Dividetevi l’aula e distribuite.” sibila.
Se partiamo così l’esame non lo passano nemmeno loro.
Mentre i due nerd fanno passare i fogli faccia in giù, Linds attende fissandoci gelido.
Non mi guarda, ma in fondo non sembra puntare nessuno in particolare, fra le dita della mano destra gioca con il suo cronometro vecchio stile.
Appena tornano al loro posto Linds prende la parola.
“Avete tre ore per questa prova. Siete una buona classe ma vi avverto che se non completate correttamente i due terzi non sarete accettati all’orale. Per il resto vi auguro buona fortuna e che la forza sia con voi.” ghigna da vero nerd sadico mentre una parte della classe ride e fischia d’apprezzamento. Alcuni addirittura battono i pugni sui banchi tipo ateneo europeo. Linds alza la mano libera per calmare l’applauso e mostra il cronometro “Domande?”
Aspetta un attimo poi abbassa il pollice sul pulsante e la lancetta parte, con un colpo secco.
L’esame va avanti senza intoppi ed in silenzio, tutti con gli occhi incollati sopra ai fogli.
Pensavo peggio…soprattutto con l’espressione che aveva in faccia quando è arrivato.
Gli lancio un’occhiata.
Subito dopo l’inizio ha tirato fuori dalla sua borsa il portatile e l’ha acceso ma adesso ha abbandonato gli occhiali sulla scrivania ed è scivolato in avanti sulla sedia, appoggiando la testa all’indietro.
Il suo collo bianco è teso, vedo il pomo d’Adamo che va su e giù mentre inghiottisce con gli occhi chiusi e le ciglia che fremono debolmente sulle sue occhiaie blu.
Topo…ma belle è preoccupata, davvero!
Il cronometro macina i secondi come una macchina da guerra e riprendo a risolvere i problemi e rispondere ai quesiti intercalati nella prova fra un esercizio e l’altro.
Oh…avessi avuto il coraggio di parlare quel mattino…ora è tardi, controproducente.
Un po’ dopo i nerd iniziano a consegnare e Linds si riprende, infilandosi gli occhiali e parlandoci assieme sottovoce poi li saluta con delle strette di mano e prende finalmente in considerazione il portatile che aveva girato a vuoto fino a quel momento.
Dieci minuti dopo faccio su le mie cose e mi alzo, con l’idea di aver fatto tutto il possibile.
Poso il foglio sopra quelli degli altri e firmo ma quando sto per andarmene Linds mi fa segno di aspettare un attimo, cercando qualcosa nella sua tracolla. Mi porge quattro libri dall’aria derelitta.
“Signorina Hervas, sarebbe così gentile da portarli nel mio ufficio? Purtroppo ho un appuntamento a momenti in amministrazione se no non l’avrei tediata.” non mi guarda neanche mentre parla.
“Certo, professore.” rispondo e mi fa un cenno con la testa.
Prendo i libri ed esco dall’aula,sforzandomi di non voltare la testa indietro per guardarlo.
Cammino per i corridoi semideserti e quando arrivo a destinazione scopro che la porta è aperta.
La scrivania – sempre coperta da qualsiasi ed ogni cosa - è vuota.
Chiudo la porta e cammino fino alla libreria, infilando i volumi al loro posto poi mi volto per studiare lo strano ordine della stanza.
Ed in quella noto che sul sedile della poltrona c’è un foglietto piegato in due.
Lo afferro e dalla piega cade un mazzo di chiavi.
Curiosa lo prendo e mi lascio cadere sulla poltrona di pelle finta, spiegando il foglio.
Ciao ma belle, che ne dici di una cenetta di congratulazioni da me per le otto? Se tu vai col cibo io ci metto lo champagne… XXX
Mi lascio andare contro lo schienale e spingo con i piedi perché si metta a girare su se stessa.
Che roba il topo…è perché no? Third time’s the charm…here I come!

Le mie dita battono ritmicamente sul piano di lavoro dell’isola.
È tardissimo.
Nel senso che sono le due del mattino, e sto ancora aspettando l’avvento del fisico.
Ho provato a mettermi in contatto con Linds ma il suo cellulare è staccato.
La cosa un po’ mi sorprende, il topo è un maniaco della puntualità se si parla di cibo…
Rassegnata sfilo un’altra carotina dall’insalata e la infilo in bocca, masticando.
Ho deciso di aspettare ancora dieci minuti e poi di inscatolare il tutto nel frigo ed andare a letto.
Domani il topo mi sente, altroché! Si starà ingozzando come al solito di ravioli al vapore!
Non faccio in tempo a pensarlo che sento il rumore metallico delle chiavi, dietro alla porta.
Alla buon’ora!
Scendo dallo sgabello e faccio che risparmiargli la fatica, aprendo.
“Finalmente! Stavo per-”
Mi distrae completamente da quello che stavo per dire con un bacio, afferrandomi per la vita e lasciando cadere per terra tutto quello che si porta dietro di solito, spinge con il piede la porta chiusa.
Non ha alcuna intenzione di mollarmi un attimo anche se protesto per riprendere fiato.
Mastica alcune parole come ‘prove’, ‘correzioni’ e ‘bisogno’ per il resto mi porta di peso in camera.
Sono dieci giorni che non abbiamo avuto modo di vederci, in fondo.
E per questa notte non parliamo più.

Se avessi saputo cosa gli stava passando per la testa in quell’esatto momento…
No, non l’avrei fermato.
No.

I'm dying, dying baby, dying
To get close to you
But sometimes, sometimes the wall you built
You know, I can't get through

Shiny little minds
Trying to find my way in life
String of broken hearts
Well listen, maybe
You're ready to start
No I never wanna see you cry
Cause there's light in your eyes
The Verve ~ Never wanna see you cry

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Never wanna see you cry.

Le note di questo capitolo sono:
- In 'n' Out è una famosa catena di fast food, nota in tutta la California per i suoi burger ipocalorici;
- Zio Fester è un personaggio della Famiglia Adams, in questo caso avevo in mente la versione di Barry Sonnenfield del 1991;
- Il coma artificiale per definizione è uno stato indotto nel paziente per mezzo di farmaci a scopo di ridurre un edema cerebrale dopo un danno subito e permettere ad un respiratore artificiale di 'lavorare' più facilmente. Ad oggi viene molto usato nei reparti di rianimazione.
Il coma naturale può essere una conseguenza da intossicazione, incidenti, alterazioni del metabolismo, o danni e malattie del sistema nervoso centrale. In questo stato non si è capaci di rispondere né agli stimoli verbali né a quelli dolorosi. Viene anche chiamato 'sonno profondo'.
Nella medicina moderna è opinione comune che un uomo può finire in coma a seguito di un incidente per permettere all'organismo di fermare le funzioni vitali secondarie ed iniziare a curare le ferite più gravi - se non tutte - prima di risvegliarsi. Quindi il coma potrebbe essere definito uno stato di compensazione dove l'energia del corpo non viene spesa in modo superfluo.
Se il coma naturale dura più di due o quattro settimane, si inizia a parlare di stato vegetativo, il risveglio dei pazienti in questo stato è lentissimo e graduale e le probabilità di risveglio scendono con il passare dei mesi. Beatriz è in coma già da quattro anni, quindi possiamo affermare che il suo è uno stato vegetativo irrisolvibile;
- Frankenstein anche conosciuto come 'Il Prometeo moderno' è uno dei capolavori della lettura gotica. Scritto da Mary Shelley nel 1818 narra la storia di uno scienziato che imita l'atto divino della creazione rinnovando il mito di Faust e della creatura mostruosa alla quale egli infonde la vita finendo per esserne vittima;
- Staminali sono cellule non specializzate in un solo settore e che mantengono la capacità di dividersi e produrre nuove cellule che possono differenziarsi ed acquistare specifiche caratteristiche (tipo le cellule della pelle, quelle delle unghie, le mucose intestinali, il fegato) e che poi vanno a sostituire quelle che hanno raggiunto il termine del proprio ciclo vitale o sono state colpite da fenomeni patologici. C'è da notare che i tessuti nervosi non possiedono cellule staminali e quindi non hanno capacita di rigenerare le lesioni, da qui ho preso spunto l'idea di Linds e delle staminali donate da Paul per la sorella;
- Sigmund Freud medico e neurologo austriaco, 'padre' della psicoanalisi. Nonostante sia stato oggetto di numerose critiche, Freud è universalmente considerato una delle figure fondamentali della cultura contemporanea. Nonché una delle mie più grandi passioni di studio...il caro Freud non poteva mancare in questa storia! LoL
- Third time's the charm è un modo di dire inglese che si può tradurre in italiano come 'la terza volta è quella buona', un po' come il nostro 'non c'è due senza tre' ma con significato positivo invece che negativo;
- 'La forza sia con voi' naturalmente è una citazione in onore di Guerre Stellari (1977) film culto diretto da George Lucas con Harrison Ford nei panni di Han Solo, non poteva mancare nel bagaglio di un nerd come Linds xD.

Come vi ho promesso ecco il penultimo capitolo.
Sorprese dal suo contenuto? =)
Spero di non aver fatto grandi errori e ci tengo a sapere cosa ne pensate sulla storia di Beatriz: potrà essere fattibile o no? Io ci provo ma non sono quella forza in certe materie...xD
Questo capitolo lo vedo un po' caotico perché ci ho riassunto un periodo di tempo piuttosto lungo ed non è che un insieme di momenti. Sono i ricordi di Michelle, in fondo.
Oh, tremo al pensiero di come reagirete al finale... *Hermes si raggomitola tutta, preoccupata sul serio*
Passiamo all'angolino recensori, si ringrazia infinitamente ParoleDiGhiaccio e Petitecherie, ragazze i vostri commenti mi fanno immensamente felice, sniff QQ
Cribbio...questa storia finirà presto e credo di essere più triste io di voi. Mi è piaciuto troppo scriverla! *asciuga lacrimuccia*
Buon weekend
Hermes

  
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