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Autore: 48crash    27/04/2013    2 recensioni
Un incontro tra due persone che in passato si sono compenetrate a vicenda, qualcosa di inatteso eppure carico di significato.
[One-shot su due miei personaggi dei quali purtroppo nessuno conoscerà i retroscena, a parte i pochi pubblicati sotto mentite spoglie su EFP. Si ringraziano Lucio Battisti e Mogol per il titolo della OS bellamente e palesemente "rubato" ad una loro canzone. Come sempre ho inserito la ff nella categoria che più mi andava a genio, non sapendo però se fosse indicata. Critiche sensate e puntualizzazioni ben accette].
P.S. E' qui solo perchè una persona in particolare la legga.
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mi ritorni in mente, dolce come mai, come non sei tu.

 

Fabrizio quel giorno era di turno. Aveva promesso ad Alessandro che l'avrebbe portato a giocare al parco e così non aveva avuto scampo. << Se prometti ti tocca mantenere >>gli aveva detto ridendo Francesca mentre usciva per andare ad insengare. Lui l'aveva baciata sulle labbra sorridendo. Dopo la parentesi di riflessione che aveva seguito il tradimento di lui qualche anno prima erano tornati insieme, anche prima che lei tornasse dagli Stati Uniti a dire il vero, e lei era rimasta incinta quasi subito. Voluto o no che fosse, avevano tenuto il bambino, e dopo qualche tempo l'impossibilità per lei di continuare a danzare come prima l'aveva portata ad aprire con altre "colleghe" e amiche una scuola di danza, nella quale lavorava tuttora, pur avendo ripreso la sua carriera di professionista. Lui invece aveva mollato l'Accademia ed aveva cominciato con la danza moderna, che trovava più indicata per il suo modo di esprimersi. La loro relazione erano riusciti a farla funzionare uscendo dai soliti schemi e dicendosi la verità, senza tanti comportamenti prefabbricati, in maniera naturale. E tutto questo, per merito di una ragazza normale, con un pessimo carattere e una voce fuori dal comune. Lei, Angie, Fabrizio l'aveva intravista qualche volta in tv, in qualche programma musicale sui backstage dei concerti, dove lei presenziava in quanto componente del gruppo che era la spalla dei Mighty Dogs, per cui apriva con la sua band. Ovviamente, Fabrizio non aveva mancato di notare l'uscita del suo primo album, come pure del secondo. Uno l'aveva comprato. Il primo. Quello in cui alla dodicesima traccia poteva trovare una delle prime canzoni che aveva sentito suonare dalle Poisoned Apple, un pezzo che aveva scritto Angie stessa, sola, dal titolo Leave Me.

Già se l'immaginava, Angie, china sulla sua chitarra alle quattro del mattino, con il bicchiere di latte accanto e una bottiglia di rum come conforto nelle immediate vicinanze, e una tavoletta di cioccolato nero, in una di quelle notti fredde dove fuori piove a dirotto, e sembra che il mondo venga a bussare alla tua porta e le anime dannate vengano a graffiare i tuoi vetri reclamandoti, con la pelle chiara che risplendeva sotto la luna, colta dall'ispirazione e dal suo eterno tormento. L'immagine lo inteneriva. Immediatamente dopo, come ultima traccia, l'unica cover del CD, di Whole Lotta Love dei Led Zeppelin. Fabrizio era pronto a scommettere che era stata proprio Angie ad insistere per inserirla, memore di quanta soddisfazione aveva messo nella performance live della prima sera in cui era stato a letto con lei.

Ora Fabrizio aveva 29 anni e mezzo, il suo bambino 2 e mezzo, viveva felicemente con li e Francesca e qualche notte, quando finiva tardi di allenarsi, tornando a casa ascoltava Leave Me. Quel sussurro per anni l'aveva guidato sulla retta via.

Era ormai marzo ma faceva ancora freddo, e Fabrizio aveva imbacuccato a dovere Alessandro per poterlo portare al famoso parco. Lì la neve non si era nemmeno ancora completamente sciolta, e subito il bambino era impazzito di gioia. Forse perché il parco era un po' fuori dal centro di Milano, forse perché faceva così freddo, su di un'altalena vuota, china su un libro, con le cuffie dell'iPod nelle orecchie e una borsa enorme posata sulle ginocchia, una ragazza dai capelli neri e spettinati stava leggendo. Dopo la sorpresa iniziale a Fabrizio parve tremendamente logico trovarla lì. Riconobbe subito la sciarpa voluminosa tirata su fino al naso, e il modo di battere il piede calzato dall'anfibio pesante e nero a tempo con la musica che ascoltava.

Fabrizio salutò cordialmente una donna che teneva per mano suo figlio, che frequentava lo stesso asilo nido del piccolo Alessandro, il quale si fiondò subito verso l'amico. La madre si offrì di accompagnarli entrambi agli scivoli, e Fabrizio acconsentì di buon grado, a patto che si tenessero nelle vicinanze e lo avvertissero in caso si fossero allontanati. La donna sorrise portandosi via per mano suo figlio e lui andò dritto ad appoggiarsi alla base dell'altalena su cui sedeva la ragazza che aveva osservato poco prima. Sapeva per esperienza che avrebbe rischiato la morte interrompendola mentre leggeva.

Fabrizio si mise a spiare il suo bambino con aria vaga, data l'ottima visuale da quel punto. Poi la ragazza alzò gli occhi e lo perforò con un lampo di quelle iridi liquide.

<< Ti sei accorta di me allora >>fece lui sereno, con un sorriso. Sembrava uno di quei personaggi dei fumetti che ci provano insistentemente con una ragazza che li respinge in maniera piuttosto violenta, senza far caso alle proteste. << Non sei un po' cresciuta per l'altalena? >>le chiese quasi cantilenando.

Lei lo guardò ancora peggio di prima e infilò un pezzo di carta nel libro per tenere il segno prima di chiuderlo. << Non si è mai troppo grandi per fare quello che ci va >>ribatté filosofica sollevando le spalle. Ficcò il libro nella borsa e guardò intensamente Fabrizio. Era “cresciuto”, e sembrava cambiato. Più maturo, meno ingenuo, più rilassato. Forse anche più felice. Del resto anche lei lo era, per certi versi.

In quel momento, un bambino col ciuffo biondo che sbucava dalla berretta, completamente coperto, arrivò correndo a perdifiato e praticamente schiantandosi sulle gambe di Fabrizio, che si chinò per prenderlo in braccio.

<< La mamma di Luca ci porta al bar. Mi dai i soldini? >>chiese con una vocina squillante.

Fabrizio sorrise, guardò l'espressione curiosa e quasi stranita della ragazza sull'altalena, si frugò in tasca e porse al bambino qualche moneta. << Ti prendi le caramelle? >>domandò teneramente.

<< Sì! >>esclamò il bambino deciso.

<< È tuo? >>chiese la ragazza dopo tanto fissarli, alzandosi in piedi mentre posava la borsa sull'altalena attenta a non farla cadere, sorridendo al piccolo.

<< Sì. Lui è Alessandro >>rispose Fabrizio guardando il bambino con orgoglio.

<< Conosci il mio papà? >>domandò il bambino prima che uno dei due potesse aggiungere qualsiasi altra cosa, con un fare quasi protettivo e così diretto da sorprenderli entrambi, puntandole l'indice in faccia.

Fabrizio si sarebbe aspettato una reazione brusca, ma lei scoppiò a ridere.

<< Così bene che potrei essere tua madre >>avrebbe voluto dire, ma non se la sentiva di sconvolgere un bambino così piccolo, così gli strinse la mano e disse: << Eravamo amici, sì >>.

Il bambino non sembrò troppo convinto in un primo momento, poi sembrò improvvisamente dare la sua approvazione. Annuì con vigore e strinse a sua volta la mano della ragazza. Poi afferrò i soldi che Fabrizio teneva in mano e volle scendere dalle braccia del padre. Fabrizio lo guardò correre verso la madre del piccolo Luca, che stava ad aspettarlo col figlio a pochi passi di distanza. Sorrise alla donna, prima di tornare a voltarsi verso la ragazza al suo fianco, che nel frattempo si era accomodata nuovamente sull'altalena, e dondolava leggermente.

<< Ti somiglia >>non poté fare a meno di notare guardando il bambino allontanarsi. << A parte i capelli biondi >>aggiunse con un sorriso quasi malinconico.

Fabrizio la guardò quasi intenerito da quel fare così nostalgico. << Già. E tu cos'hai fatto nel frattempo...Angie? >>

La ragazza sollevò gli occhi sorpresa, quasi sconvolta dal fatto che lui ricordasse il suo nome. Poi riportò il suo sguardo sulla punta dei propri stivali. << Beh, ho lavorato parecchio. Ora siamo piuttosto note a livello nazionale >>rispose vaga.

<< Unite come sempre? >>

<< E chi ci separa più? >>esclamò lei sorridendo. << Collaboriamo spesso anche con i ragazzi per cui abbiamo aperto nel 2012, prima dell'album, nel nostro primo tour. Sono fantastici. E tu? A parte il figlio >>.

<< Sto ancora con Francesca >>fece lui, felice di poter parlare delle rispettive vite con lei in modo così pacifico. << Ha aperto una scuola di danza mentre era incinta per cui è parecchio rinominata nell'ambiente, e io sono passato alla moderna. Lei ogni giorno è più bella >>disse sinceramente.

Angie sorrise. << Sei rimasto il solito sdolcinato >>.

<< E tu non manchi di farmelo notare di continuo >>ribatté lui ridendo.

<< Forse spero ancora che ti passi >>replicò lei sorridendo a sua volta.

<< Ho comprato un tuo album >>affermò poi lui di punto in bianco con un tono che non sembrava solo puramente informativo.

<< Ti è piaciuto? >>

<< Ho preso il primo. Eravate fantastiche come vi ricordavo. La vostra energia andava ancora dritta allo stomaco. Ho sentito alla radio qualche pezzo del secondo. Cominciate a far strada, eh? >>

<< Così pare. È proprio un casino>>commentò lei. << All'inizio è stata dura, ma ora abbiamo un minimo di riconoscimento. Di certo, la gravidanza di Mary non è stata d'aiuto... >>

Lui si voltò sorpreso. << La che? >>


<< Mary. La batterista rossa. Quella che sembra una bambola. Le ho infilato la lingua in bocca per farti credere che gli uomini non mi interessassero la prima volta che mi hai rivolto la parola. L'anno scorso ha avuto una bambina. E noi quattro le abbiamo fatto da padri >>.

Fabrizio era seriamente sconcertato dal fatto che Angie gli confidasse spontaneamente e con tanta naturalezza qualcosa di così personale.

<< L'ha lasciata? >>chiese, senza sapere cosa dire.

<< Oh no. Lei ha sempre usato precauzioni, solo che una sera ha bevuto un po' troppo alla fine di un concerto, e si è svegliata con questi tre. Anche noi eravamo piuttosto su di giri la sere precedente, e nessuno aveva capito dove fosse andata e con chi. Ha preso la pillola del giorno dopo, ma pareva destino. Ha fatto i controlli per vedere di non aver preso malattie, e l'ha scoperto. Per fortuna che la bambina non somiglia a nessun coglione di turno. È in tutto e per tutto uguale a Mary: gli stessi capelli rossi, il viso da bambola, gli occhioni chiari e il carattere. È anche lei una forza della natura. E noi cerchiamo di darle equilibrio e di amarla, in modo che non le manchi niente >>.

<< È una scelta coraggiosa, continuare incinta e poi con una bambina. È coraggioso anche da parte vostra supportarla >>commentò Fabrizio sinceramente ammirato.

<< Lei è stata fantastica. Ha registrato fino alle doglie, è stata sostituita il minimo sindacale e ora ha appena ripreso a fare con noi i live in zona. La bambina la lascia a sua cugina. Quando siamo in pausa qui a Milano pare non essere cambiato niente. Facciamo qualche lavoretto saltuario. Io e Julie abbiamo tenuto quel buco dove venivi a trovarmi, solo che ora l'abbiamo comprato. E mi sono trovata inaspettatamente bene anche a curare una lattante. Ha 15 mesi adesso >>spiegò lei intenerita, stringendosi nelle spalle.

<< Immagino che sarai molto più brava di me anche come padre >>aggiunse lui.

<< Mi sentivo imbranatissima all'inizio! Ma Mary aveva bisogno di noi. Lizzy è bravissima, pare averlo nel sangue. Proprio lei che ha avuto una famiglia inesistente. Lei e Jessica, che avrai visto ai nostri concerti, “rapiscono” letteralmente la bambina per portarsela in giro. E beh, fa tutto parte della nostra vita ora >>.

<< Ti fermano per strada per gli autografi? >>

Angie scoppiò a ridere gettando la testa all'indietro. << Non sono Mick Jagger! Qualche volta sì, ma penso sempre che stiano chiamando qualcun altro. Non è passato così tanto da quando mi stravaccavo per terra vicino al Duomo a fare jam con Lizzy, o quando venivo a letto con te per sfogarmi >>.

Fabrizio arrossì violentemente.

<< E andiamo! Tuo figlio è lontano, quella donna pure, non c'è bisogno che reciti la parte del timorato di Dio. Lo sappiamo tutti e due che non sei un verginello sprovveduto, anzi >>lo schernì Angie.

<< Già >>fece lui ridendo. << Quell'anno ne ho fatte di ogni, in effetti >>.

<< Ora della fine eravamo al limite. Ma è servito per spingerci verso il meglio >>constatò lei.

Lui si voltò a fissarla. Una cosa non era cambiata. La Angie che vedeva lui, quella struccata e spettinata con i jeans consumati, i cappotti larghi e la sciarpa fino al naso, era uguale a come la ricordava. Così diversa dalla bestia da palcoscenico, la Angie di lustrini, pelle e corpetti, che si esibiva con la band. Per questo non erano così tanti quelli che la fermavano per strada. I più non la riconoscevano, semplicemente. Anche se lei era ugualmente magnetica. Anche se su di lui non esercitava più quella forte attrazione di tipo sessuale, era una calamita lo stesso.

<< Anche io ti ho visto >>ammise Angie dopo una lunga pausa.

Lui la guardò stranito.

<< Ad un'esibizione. Mi ero informata. Sapevo che eri bravo. Non ho dimenticato quella sera alla Scala >>.

Fabrizio scosse la testa. << Non ho dimenticato tutte le altre sere >>.

Quel sorriso sghembo e malinconico riaffiorò sul viso di Angie, come risalito dalle oscure profondità del suo animo.

Ora che erano passati tre anni, e l'eccitazione e la rabbia erano passate, sembravano solo due vecchi amici che si erano incontrati al parco per caso. E in effetti lo erano, per certi versi.

Quando, poco dopo, il figlio di Fabrizio tornò mano nella mano con la sua accompagnatrice, con due caramelle in mano che distribuì al padre e alla sua amica, Angie accettò con garbo la sua prima di defilarsi con un vago << Ho un impegno >>. Mentre se ne andava, e Fabrizio guardava quella schiena che aveva seguito tante volte, si voltò a salutare con la mano, con un sorriso pulito come a dire “Alla prossima”. E Fabrizio sorrise di rimando.

  
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