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Autore: artemide82    17/11/2007    8 recensioni
Autunno a New York, un attore che cerca di calarsi nella parte...ed una ragazza che gli ricorderà il sapore di certi momenti.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non scrivo questa storia per fini di lucro, è solo un innocente divertimento. Non intendo offendere nessuno. E non conosco Jared Leto, quindi è ovvio che la mia è una storia di pura invenzione


L'autunno era sceso su New York in punta di piedi quell'anno, le foglie degli alberi resistevano ancora sui rami e davano sfoggio di tutta la loro sfolgorante bellezza tingendosi di rosso e oro, l'aria aveva cominciato a farsi fresca e l'asfalto riluceva sotto le carezze di una tenue pioggerellina nella sera ormai inoltrata.

Viola salutò come ogni sera Martin che chiudeva la piccola libreria in cui entrambi lavoravano e incamminandosi lentamente lungo la strada insolitamente tranquilla del Village si accese una sigaretta cercando ripararla con la mano dalle sottili e leggere gocce di pioggia.

Quello era il suo angolino di mondo, il posto che si era scelta. Aveva attraversato l'oceano dalle splendenti campagne toscane alla grande mela un paio di anni prima per frequentare un master alla Columbia, ma poi aveva trovato molto di più. Niente di così eccitante e metropolitano, anzi, si poteva tranquillamente dire che il suo mondo era geograficamente più piccolo adesso che le sue giornate si dividevano tra il suo piccolo appartamento condiviso, la libreria ed il Moby's Bar. Ma era la gente che la conquistava, quell'ambiente così intellettualmente stimolante in cui si era trovata e che l'aveva accolta come mai le era successo prima.

Aveva cominciato a frequentare il Moby's con la sua coinquilina Maggie, una minuta ragazza della Luisiana grande appassionata di Jazz e letteratura russa, perché in quel locale si faceva musica dal vivo, letture di poesie, si proiettavano film espressionisti e qualsiasi altra cosa stuzzicasse la fantasia di Robert, il proprietario, e della sua affezionata clientela. E adesso quella era la sua famiglia, l'avevano aiutato a trovare un lavoro dopo il master che le permettesse di vivere nel quartiere e le lasciasse il tempo di scrivere, la sostenevano e le coloravano l'esistenza con le loro idee, la loro fantasia, la loro arte. Viola sapeva che questo era solo un periodo della sua vita, che prima o poi ognuno di loro avrebbe preso strade diverse, ma per adesso, a 25 anni, credeva di poter rimandare scelte più importanti e definitive e godersi a pieno quella fase di vita da moderna Bohemien Newyorkese. Da qualche tempo, poi, pareva che l'Italia e la lingua italiana fosse di moda negli states, e così Viola aveva trovato un modo per arrotondare il suo stipendio: ogni giovedì sera suonava e cantava al Moby's la musica dei cantautori italiani, ed ogni serata era arricchita da una presentazione dell'autore e da opuscoli con i testi tradotti delle canzoni che avrebbe interpretato, come da tradizione del locale. Si era lanciata nel progetto con passione e i “suoi giovedì sera” come li chiamava Bob, stavano riscuotendo un certo successo.

Ma adesso, mentre tornava a casa sotto la pioggia autunnale, era solo mercoledì e lei camminava leggera stringendosi nel suo cappotto verde acido preso per pochi dollari al mercatino, pensando che avrebbe mangiato velocemente qualcosa prima di passare al bar per incontrare gli amici e ascoltare il concerto di quella sera.


Quando entrò al Moby's quella sera si accorse subito che c'era qualcosa che non andava. Il piccolo palco in fondo al locale era vuoto e questo era strano, a quell'ora il gruppo di supporto avrebbe già dovuto cominciare a suonare.

    - che succede? - chiese allora avvicinandosi a un Bob apparentemente agitato

Il robusto uomo di mezzaetà si voltò e non appena la vide qualcosa gli brillò negli occhi:

    - è il cielo che ti manda – le disse prendendola per le spalle – il gruppo di supporto non si è fatto vedere e gli Strinkes sono in ritardo. Sali sul palco e canta qualcosa!

    - E cosa?! - chiese la ragazza stupita

    - qualsiasi cosa, improvvisa...ma intrattienili!- concluse mettendole una chitarra in mano

    - Ok... - rispose prima di salire sul palco e recuperare il suo sgabello dall'angolo, sfoderando il più meraviglioso dei sorrisi imbarazzati ad un pubblico che praticamente conosceva uno per uno.


Il taxi lasciò Jared all'inizio di una strada del Village. Era a NewYork per girare un film. Le riprese in città sarebbero cominciate da lì a pochi giorni per durare poche settimane prima di ripartire per una location meno costosa. Ma lui era voluto arrivare con qualche giorno d'anticipo per rilassarsi, riordinare le idee e cercare di concentrarsi sul suo personaggio: un giovane squattrinato che sopravviveva a New York nutrito dai suoi sogni. C'era stata una fase della sua vita in cui quella realtà era stata veramente la sua, ma erano passati anni, aveva avuto successo e le cose erano cambiate. Così adesso provava a ritornare sui suoi passi, a rituffarsi ancora in quelle situazioni per cercare di ricordare e rivivere appieno le sue emozioni di allora.

Alzò gli occhi dai suoi passi e lo sguardo gli cadde sull'ingresso di una piccolo locale da cui arrivavano attutiti sulla strada le note di una chitarra che suonava in versione acustica una canzone dei Nirvana. Decise di entrare. Si sistemò ad un tavolo in fondo alla sala da cui poteva avere una panoramica completa delle persone che bevevano e cantavano accompagnando la giovane ragazza sul palco...era lì per osservare dopotutto.


Viola si stava divertendo, aveva cominciato a suonare qualche canzone che amava ed il pubblico sembrava soddisfatto di quel fuori programma, cantavano con lei e facevano richieste e l'atmosfera era diventata calda e piacevole.

Mentre le sue mani suonavano gli ultimi accordi di About a Girl abbracciò con uno sguardo la sala e fu allora che lo vide entrare, qualcosa scattò in lei: il suo stomaco si contrasse ancor prima che il cervello avesse appieno realizzato quello che aveva visto. Ma ne fu certa, in un attimo. Quello che si era appena seduto ad un tavolo appartato in fondo al locale era uno dei suoi musicisti e attori preferiti. Quello era Jared Leto.

Gli applausi la riscossero mentre si accorgeva con sollievo di aver comunque terminato la canzone nonostante la sorpresa, cercò con lo sguardo Bob che gli fece cenno di cantare un'ultima canzone.

Una sola.

Abbassò un attimo gli occhi e sorrise tra sé. Aveva deciso quale sarebbe stata senza ombra di dubbio.

Prese un bel respiro e cominciò a parlare:

    - bene, vi comunico che state per liberarmi di me, a chi fosse interessato ricordo che domani sera sarò di nuovo su questo palco con il mio solito repertorio del giovedì... ma per concludere voglio suonare un ultimo pezzo. Amo molto la prossima canzone, e siccome vedo che l'autore è presente tra noi questa sera, credo che sia corretto chiedergli il permesso di suonarla – una piccola pausa, decise che non avrebbe detto il suo nome, non voleva creargli disturbo, anche se era certa che nessuno lo avrebbe infastidito comunque in quel locale, a volte capitava gente famosa ed erano tutti abituati a rispettare la privacy degli altri. Riprese guardando dritto verso quel ragazzo in fondo al locale – Signor Bartolomew Cubbins – anche a quella distanza poté vedere che due brillanti occhi azzurri si alzavano sorpresi su di lei – crede che potrei suonare un suo pezzo?

Un sorriso disarmante ed un cenno della mano che la invitava a procedere.

Gli sorrise a sua volta prima che le note di Oblivion si spandessero nell'aria.


Viola cantò la canzone come tante volte aveva fatto da sola nella sua stanza. Quando terminò sorrise agli applausi e fece un piccolo inchino, guardò Jared e vide con sollievo che anche lui applaudiva nella sua direzione. Presentò il gruppo e scese dal palco, dirigendosi al bancone dove Bob la aspettava con già una Corona's per lei in mano, le strizzò l'occhio e le disse solo:

    - Brava. E grazie.

    le allungò con discrezione il compenso che sarebbe dovuto essere dello scomparso gruppo di supporto e tornò al lavoro. La ragazza si voltò appoggiando i gomiti al bancone e bevve un sorso di birra, gli occhi le tornarono ancora al tavolo in fondo al locale ma con una nota di tristezza si accorse che era vuoto. Poi di scatto si voltò, improvvisamente conscia di una presenza al suo fianco.

    Jared era lì, e sorrideva.

    Era ancora più incredibilmente bello e affascinante di quanto avesse sospettato.

    - forse è la prima volta che sento suonare una mia canzone da qualcun'altro – esordì

    - e ti è piaciuto? - chiese lei, ormai senza più imbarazzo

    - Si...mi è piaciuto, anche se fa uno strano effetto. Come ti chiami?

    - Viola

    - Piacere, io sono Bartolomew

Lei rise, e Jared pensò che aveva uno splendido sorriso, un sorriso sincero che le illuminava il volto e le faceva brillare gli occhi.

Cominciarono a parlare, con naturalezza. Jared le raccontò del perché fosse in città, del film e del personaggio che doveva interpretare

    - beh, se ti può essere utile possiamo fingere che tu sia solo un giovane e interessante studente del Village conosciuto una sera in un locale – disse allora Viola, e adesso che parlavano vicini per sentirsi nonostante la musica si chiese se in quel momento per lei c'era qualche differenza...e si rispose che : no, in quel momento, se c'era, lei non riusciva a coglierla.

    - Si potrebbe fare – rispose lui – e dimmi: cosa chiederesti adesso al...com'era? “Giovane e interessante studente”?

    - la verità? Gli chiederei se non avesse voglia di bere un the a casa mia, visto che quasi non riesco a sentire cosa dice con tutto questo rumore.

    - E al musicista e attore famoso cosa chiederesti? - disse lui dopo una pausa, guardandola dritta negli occhi

    - Niente probabilmente – rispose sinceramente lei.

Jared parve riflettere un attimo su quelle parole, ma quando i suoi occhi tornarono a guardarla era sicuro, sereno

    - benissimo allora, il giovane studente dice che è una splendida idea...fammi strada.










  
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