Ti prego niente acqua,
ti prego, ti prego…
Atterrai in un giardino. Il sole era alto
nel cielo.
Grazie.
Mi guardai intorno ma non c’era nessuno.
Sentii un lieve mormorio, ascoltando meglio. Sì, erano due voci, una rideva.
Questa risata mi è
familiare.
Mi resi conto di essere a Hyde Park. Le
voci provenivano da dietro l’albero a cui ero appoggiata. Erano una ragazza e…
un ragazzo. Non potevo sporgermi a guardare, così rimasi ad ascoltare. Evidentemente
quei due ragazzi stavano insieme. Lei rideva timidamente, e mi ricordava
qualcuno. Anche la voce del ragazzo mi era familiare.
– Allora, ho imparato che con te non devo
fare tante cose. – disse il ragazzo.
– Non è vero – rispondeva lei, – c’è
ancora qualcosa che puoi fare.
– Che Nota furba.
E fu allora che capii.
Siamo io e Jason…? Ancora?
Ci fu qualche minuto di silenzio nel quale
probabilmente Jason baciò l’altra Annie. Io strisciai seduta contro l’albero,
sorridendo.
– Sa che dovrebbe darmi del lei o addirittura del voi,
Ludovic?
Ludovic.
– Certo, Mrs. Loraine. Ma non si dimentichi che sono
lo stesso un conte.
Loraine. Quelli non siamo io e
Jason. Sono Ludovic e Loraine. Quanto indietro nel tempo sono andata? Siamo nel
1500?
– Ma io sono più importante di lei.
– Per me, lei è più importante della mia stessa vita.
Senza di lei, anche se fosse una vita ricca, spensierata, non avrebbe senso.
– Ludovic… – un altro istante di silenzio.
Perché mi sento così…
strana? Sono un’intrusa, non dovrei essere qui.
– Si sbaglia. – ricominciò Loraine. – È la
mia vita che non avrebbe senso senza
di lei. Ho paura che un giorno possa dirmi addio, che non mi rivolga più la
parola per giorni, come Conrad.
Come… Conrad?
– Conrad è uno stolto. Non capisce cosa è
importante. Io invece sì. L’avete letta la mia lettera?
– No… l’ho dimenticata.
– Quando tornate dove l’avete lasciata,
rispondetemi. È molto importante.
– Cosa c’è di così importante?
– Lo scoprirà.
Sentii di nuovo quell’insopportabile
sensazione di vertigine e mi sentii strattonata in aria. Sentii un si bemolle,
una nota triste.
Ah, tornare indietro era
chiedere troppo?
Atterrai con la faccia contro il pavimento
in una posizione abbastanza indecente. Questa volta ero in una stanza
abbastanza luminosa. E che stanza.
Sentii un rumore di passi. Si avvicinavano velocemente.
Mi nascosi dietro una tenda, ma era
talmente poco spessa che mi avrebbero visto, ma poco importava, la persona
ormai era entrata. Era elegante e… Jason.
Aveva i capelli castano chiaro spettinati ma gli occhi erano i suoi. Avevano
solo una differenza: erano rossi e colmi di lacrime. Non singhiozzava, ma le
lacrime gli scorrevano lungo le guance. Era di profilo e non cercava
minimamente di asciugarsi le lacrime, che cadevano sul pavimento.
– Come ha potuto farci questo… – sembrava
mormorare tra le lacrime. L’istinto di andarlo a consolare, asciugargli le
lacrime e baciarlo era fortissimo, ma dentro sapevo che non potevo farlo.
Vederlo piangere senza poter fare nulla mi sbriciolava il cuore e in pochi
secondi iniziai a piangere anche io. Dovetti fare ricorso a tutto il mio
autocontrollo per evitare di singhiozzare. Mi strofinai la manica della divisa
sotto il naso e feci un respiro profondo.
Ludovic continuava a fare no con la testa, e il peggio arrivò quando iniziò a
singhiozzare.
– Lei non capisce cosa ha fatto.
Parla di Loraine?
– E io che le dissi anche che senza di lei
non potevo vivere… sono stato uno stupido.
Non sei stupido, sei un
ragazzo meraviglioso, hai mille qualità, sei gentile, dolce, e bello, sei il
ragazzo che ogni ragazza vorrebbe al suo fianco, non dire così. Sei il ragazzo
che mi fa sentire meglio al mondo, mi fai sentire speciale, diversa, tua. Tu mi
hai fatto scoprire cos’è l’amore. Smetti di piangere, ti prego.
Mentre pensavo tutte quelle cose che provavo
per Jason e che non avevo mai realizzato pienamente, le lacrime mi offuscavano
la vista ma capii cosa stava facendo. Stava cercando qualcosa in un cassetto.
Prese una piuma e scrisse su un foglio. Il suo volto addolorato e bagnato dalle
lacrime era l’ultima cosa che avrei voluto vedere. Qualche lacrima cadde sul
foglio.
– Non potrò guardarla negli occhi un’ultima
volta. È l’unica cosa che ormai mi rimane da fare. Non posso vivere senza di
lei.
Tirò fuori un coltello.
No. Ludovic, cosa stai
facendo? Cosa vuoi fare?
Fece un respiro profondo, le lacrime gli
continuavano a bagnare il viso. Singhiozzava. Impugnò saldamente il coltello
con entrambe le mani. Un altro profondo respiro.
– Addio, Loraine.
Cosa… NO!
Con un gesto deciso si conficcò il
coltello nel petto. Nel cuore.
– NO! – urlai, non riuscendomi a
trattenere.
Ludovic crollò al suolo, la macchia di
sangue gli sporcò gli abiti e si allargò sempre di più. Uscii dal mio ‘nascondiglio’
e mi accovacciai su di lui, piangendo e sporcandomi di sangue le mani e l’uniforme
scolastica. Ignorai il fatto che fosse Ludovic e non Jason, erano identici. Appoggiai
la guancia alla ferita, probabilmente sporcandomi anche lì di sangue.
– Perché…
Sentii un urlo e vidi una me stessa vestita
con un abito azzurro meraviglioso sulla porta. Loraine. La visione durò poco
perche sentii ancora una fitta alla bocca dello stomaco e la sensazione di
vertigine e mi ritrovai nella stanza da dove ero saltata nel tempo, solo con
una piccola differenza: la classe era piena di alunni che mi guardavano
sbalorditi.
Avevo la coda messa peggio di prima, gli occhi rossi pronti a versare lacrime
di nuovo e le guance rigate di lacrime. Dimenticavo, anche la faccia sporca di
sangue così come le mani e la divisa. Una ragazza nella classe urlò, una svenne
e io scappai via di corsa verso il bagno.
Non voglio sapere cosa
stanno pensando di me in questo momento. Non voglio vedere nessuno. Ho appena
visto il ragazzo che amo conficcarsi un coltello nel petto e morire sotto i
miei occhi. Non ho fatto nulla. Non l’ho fermato. Ho il suo sangue addosso.
– So cos’hai visto.
Loraine.
– Perché?! – urlai. – Perché ho dovuto
vederlo?!
– Per evitare che si ripeta. E’ una
maledizione.
– Maledizione?
Ma Loraine era già sparita.
Mi svegliai nel bagno della scuola.
È stato tutto un sogno…?
Mi guardai le mani e capii che non era
stato un sogno. Ero confusa sulla parte di Loraine. Quello doveva essere un
sogno.
– Bell! Bell!
Dave entrò nel mio campo visivo.
– Perché sei spiaccicata contro il muro
del bagno delle ragazze? Perché sei sporca di sangue?
Mi strinsi nelle spalle e ricominciai a
piangere.
– No… Bell… non fare così…
Tirai su con il naso.
– È tutta colpa mia… solo mia! Non l’ho
fermato, capisci?
– Bell. Le lezioni sono finite, devi
uscire dalla scuola.
– Non voglio
farlo! Mi hanno visto, conciata così.
– Tornata dal salto?
– Nella classe dove sono saltata. C’era
gente. Una ragazza è svenuta.
– Be’, dovresti vedere come sei conciata!
– Non ci tengo, grazie.
– Dai, non c’è più nessuno in giro, vieni.
– mi tese la mano.
Nessuno. Nathan è andato
via senza di me.
Presi la sua mano e mi tirai su.
– Tieni, il tuo zaino. – me lo porse. Io
gli sorrisi.
– Grazie.
Uscimmo dal bagno ma fuori trovammo Nathan
che ci fissava. Nel suo sguardo non c’era emozione, nemmeno un po’ di
compassione per la cugina sporca di sangue e con il viso inondato di lacrime.
– Io non vengo. – disse semplicemente. Girò
i tacchi e se ne andò.
Basta sofferenza per
oggi, vi prego.
– Non viene dove?
Stavo per rispondergli ma sentii qualcosa
che attirò la mia attenzione.
– Valla a prendere, è sporca di sangue e
piange. Io me ne vado.
Sentii le lacrime che rincominciavano a
scorrermi lungo le guance e caddi in ginocchio.
– No, Bell, non ancora, ti prego!
– Cosa… ANNIE! – questa voce poteva essere
solo di una persona. Volsi lo sguardo all’insù e lo vidi. Jason, vivo e vegeto.
Lo guardai con una faccia triste e lacrimando, non riuscendo a fare altrimenti.
Jason si rivolse a Dave. – Cosa le è
successo?
– Non lo so, l’ho trovata nel bagno della
scuola già ridotta così!
– E perché è coperta di sangue? – Jason mi
prese per il polso e guardò se avevo tagli, ma rimase abbastanza scioccato
dalle mie mani.
– Secondo te mi taglio? – riuscii a dire,
con un mezzo sorriso.
– Annie! – Jason appoggiò un ginocchio a
terra e mi passò un pollice sotto l’occhio destro. – Cosa ti è successo?
– Tu sei vivo…
– Certo che sono vivo, Annie. Perché non
dovrei?
– Non sei stupido, sei un ragazzo meraviglioso,
hai mille qualità, sei gentile, dolce, e bello, sei il ragazzo che ogni ragazza
vorrebbe al suo fianco. Sei il ragazzo che mi fa sentire meglio al mondo, mi
fai sentire speciale, diversa, tua. Tu mi hai fatto scoprire cos’è l’amore. –
gli dissi,
tutto d’un fiato, sempre lacrimando.
Potevo anche sbagliarmi, ma vidi i suoi
occhi diventare lucidi.
– Volevo che tu lo sapessi.
Lui mi accarezzò la guancia. – Non mi
aspettavo piangessi, piccola. Mi hai colto di sorpresa… non so cosa dire.
– Non dire niente allora. – le lacrime non
volevano fermarsi.
Lui mi guardò per un tempo indecifrabile,
poi mi baciò. Era vivo, davvero. Probabilmente una lacrima gli toccò una
guancia così si staccò si alzò e mi porse la mano.
– Andiamo a darci una ripulita. – mi
sorrise.
– Sono conciata così male?
– Per me lo sai che sei comunque bellissima,
ma non puoi andare in giro così. Andiamo in macchina, ti do una sistemata. –
sorrise.
Io gli sorrisi di rimando. – Ma va, sarò
una schifezza ambulante.
Lui sbuffò. – Sei solo coperta di sangue,
spettinata, con il volto allagato. Ma sei comunque una meraviglia. La mia.
Sorrisi. – Tu
non puoi dirmi queste cose, però.
– Be’,
in effetti posso.
Lo guardai dal basso verso l’alto.
– Alzati, dai.
Allungai una mano e lui mi tirò su con uno
strattone e mi strinse a sé. Prese la mia cartella senza mollare la mia mano e
ci avviammo verso l’uscita.
– Di
chi è tutto questo sangue?
Una cosa è certa: non
posso dirgli di aver visto un ragazzo che gli somiglia tantissimo in un salto
nel tempo che si è suicidato più di cinque secoli fa.
– Voglio
la verità, Annie.
Piano andato in fumo. Fantastico.
– Ho
fatto un salto nel tempo.
– Non
hai usato il metodo che ti ho insegnato per tornare subito indietro?
– Ah…
si può usare anche per i salti incontrollati?
– Soprattutto
per i salti incontrollati. Annie, sei un disastro.
– Grazie
per avermelo ricordato.
– Prego.
– Va
be’, allora non ti dico di chi è il sangue.
– No,
dai dimmelo!
– Pff,
è di un ragazzo che ti somiglia tantissimo del passato, vissuto più di cinque
secoli fa, si è ficcato un coltello nel petto sotto i miei occhi. Gli sono
andata subito vicino e gli ho toccato la ferita per cercare i fermare l’emorragia,
poi mi sono appoggiata su lui, per quello che ho il suo sangue addosso… –
Avevo
rincominciato a piangere, ripensando alla visione di Ludovic, così simile a
Jason, in quella pozza di sangue.
Jason sembrava perso nei suoi pensieri
durante tutto il viaggio nella macchina di Dalton, anche se quando si accorgeva
che lo guardavo mi sorrideva. Arrivammo a destinazione. Ci mettemmo nella sala
del piano del giorno prima e Jason mi mise a posto la coda, fatta decisamente
meglio di come l’avrei fatta io. Dalton mi portò dei vestiti puliti, un paio di
jeans e una maglia verde con il numero sette dietro. Le scarpe erano delle vans
bianche che mi andavano perfettamente. Andai verso Jason.
– Si,
eri davvero messa male, ma così… – fischiò – te l’ho già detto che sei bellissima?
Sorrisi – Solo qualche milione di volte.
– M-mh, non basta.
– Jason lo sai che non lo sono.
– Ma vuoi proprio andartene in quel posto?
– Che posto? – mi avvicinai pericolosamente a lui.
– Qui! – Jason mi tirò con la schiena contro di sé e
mi strinse. Non c’era posto più sicuro delle sue forti braccia.
– Sai – dissi tampinandogli il muscolo – mi sono innamorata delle
tue braccia.
– AH! È così, allora?
– M.mh può essere.
– E io di te. Tutta tutta.
Gli diedi uno schiaffettino sulla guancia.
– Ma anche io tutto tutto. È solo che ho un debole per le tue braccia.
– Sono bellissime, lo so. Le ragazze le
adorano.
– Come scusa?
– Uhm, niente.
– Come niente? Quante ragazze ti cadono ai
piedi a giorno?
Iniziò a contare poi fece spallucce. –
Tutte. – sorrise – È bello sapere che sei
gelosa, piccola.
– Non sono gelosa.
– Lo sei.
– Non è vero!
– Cosa c’è di male? È un bene.
– Certo, lo faccio io con gli altri
ragazzi tu cosa fai?
Ci pensò su – Li sfascio.
– Ma stavo scherzando! Chi mi si fila a
me?
– Scusa se sei bellissima.
– Ma va.
– Lo sei.
Sbuffai. – Come vuoi, io faccio un po’ di
allenamento. – feci per incamminarmi ma lui mi tenne stretta.
– Aspetta. – mi disse
– Che c’è?
Mi girò verso di sé e mi baciò senza
pensarci due volte. – Ora puoi andare. Anzi no. Hai letto il mio messaggio?
– Tutti tranne l’ultimo, ho lasciato il
telefono a casa in carica.
Lui farfugliò qualcosa. – Vallo a leggere,
a casa, è importante.
Mi ricorda la frase di
Ludovic a Hyde Park.
– D’accordo però… mannaggia a te e la tua
splendida faccia.
Sorrise e mi strinse ancora di più. – Io
ti ho fatto una foto mentre dormivi tra le mie bellissime braccia.
– Come prego?
– Sei così bella, anche quando dormi.
– Quante volte me lo devi dire ancora?
– Finché sarai la mia ragazza.
– Ah, sono la tua ragazza?
– Per chi mi hai preso? Ti amo uguale sei
la mia ragazza, pensavo l’avessi capito da sola.
– Nuova lezione: mai dare per scontato
nulla con Annabell Davis.
– Voglio impararle tutte queste lezioni.
Sottolineo mia nel mio discorso di
prima.
Strofinai il mio naso conto il suo. – Tua.
– Okay ora puoi andare a fare i cosi
colorati.
– Portali. – lo corressi.
– Vedi che impari?
– Con te come insegnante è sicuro.
Mi tolsi dalla sua presa e mi diressi al
centro della sala dove feci allenamento con i portali per un po’ .
Alla fine ho rimediato
un ragazzo.
Jo’s notes:
Vi rubo pochi secondi… volevo avvisarvi del cambiamento del capitolo precedente
perché mi sono accorta delle ripetizioni della prof di scienze, del
teletrasporto e dell’album di foto. jefehkwhdjas.
Ringrazio le persone che stanno seguendo questa storia dall’inizio, ma anche le
altre che leggono in generale. Grazie. khfkjdk *u*