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Autore: Hylia93    29/04/2013    4 recensioni
Dopo aver letto tante ma tante ff, provo a scriverne una anch'io, la mia prima Dramione!
Siamo al quinto anno, ma c'è qualche differenza. Voldemort non è rinato, perché Silente è riuscito ad impedire che Harry (e di conseguenza anche Cedric) usasse la passaporta, ossia la Coppa del Torneo Tremaghi. Tuttavia, Voldemort non è ancora morto del tutto e forse nasconde più di quanto si pensi. L'atmosfera è all'apparenza più tranquilla a Hogwarts, più serena. Sarà un altro anno pieno di peripezie o riusciranno, finalmente, a vivere un anno da adolescenti? Le due cose, in realtà, sono complementari! :)
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Whatever happened to truth?
Lost without a trace
Whatever happened to the mirror?
That showed me a happy face

 

Whatever happened to sorry?
You know it's never too late
Whatever happened to good things coming?
Coming to those who wait

 


Gary Go, "Open Arms"

Capitolo 36, "Nuove abitudini."

E' troppo tardi. Mi dispiace. 
La voce di James Price mi rimbombava nella testa da circa un'ora.
Mi sentivo estremamente debole, avevo dolori sparsi su tutto il corpo e gli occhi lucidi. Mi portai una mano sulla fronte e la trovai bagnata di sudore. Presi un respiro profondo, poi un altro e un altro ancora, tentando di far rallentare il mio cuore.
Alla fine, era ancora lì.
Nonostante i pianti nel calore del mio letto, nonostante vedessi i suoi occhi ogni qual volta abbassassi le palpebre, nonostante gli sguardi preoccupati di Ron, Harry e Ginny, nonostante il perenne senso di nausea. Nonostante tutto era ancora lì.
Erano già passati due giorni, due giorni di inferno. I miei amici mi erano stati accanto come avevano potuto, ma io non mi ero più fatta sorprendere vulnerabile da nessuno. Non volevo quegli sguardi compassionevoli su di me, né le loro carezze e le loro parole: non mi servivano a niente, non l'avrebbero riportato indietro.
Così avevo scoperto un nuovo metodo, per rallentare i battiti del mio cuore e per alleggerire la nausea: camminare nel parco. Tutto era cominciato quella sera, dopo aver lasciato Nott nel corridoio col maglione beige bagnato delle mie lacrime. Volevo andare a dormire, spegnere il cervello per qualche ora e smettere di pensare, ma non c'ero riuscita. Harry e Ron erano stati informati da Ginny su quello che era successo e mi avevano chiamata a lungo fuori il dormitorio delle ragazze, inutilmente. A notte fonda mi ero sentita soffocare, avevo avuto caldo e avevo sentito la bocca asciutta, così ero scesa silenziosamente dal letto ed ero uscita da quella stanza troppo piccola e affollata per contenere il mio pessimo umore. Vedere i miei migliori amici accasciati sul divano, l'uno addormentato accanto all'altro, mi aveva fatto sospirare: stavo facendo soffrire anche loro.
Uscita dalla Sala Comune avevo vagato per i corridoi per circa un'ora, finché anche quelli mi erano sembrati estremamente limitati, chiusi, soffocanti.
Solo il parco, il freddo del vento, il verde dell'erba, il grigio del lago illuminato dalla luna, avevano avuto il potere di calmarmi, per quanto possibile. Sentire il mondo intorno a me vivere, vedere gli insetti sui tronchi degli alberi, qualche bollicina fare breccia sulla superficie piatta dell'acqua, una foglia cadere pigramente a terra, mi aveva restituito la facoltà di pensare. E pensavo a lui, continuamente, a tutti i momenti che avevamo passato insieme e quelli che ancora dovevano arrivare. E pensavo anche a James Price, a cosa avesse passato per arrivare a suicidarsi e ai dubbi che molto presto, a detta di Silente, sarebbero stati chiariti.
La prima notte ero stata fuori fino a poco dopo l'alba, circa quattro ore, spese a passeggiare, ad osservare, a pensare. Al mio ritorno avevo svegliato Harry e Ron, con il sorriso sulle labbra, e li avevo abbracciati. La giornata era passata con estrema lentezza, come se qualcuno avesse deciso di dilatare il tempo per imprimermi meglio nell'anima la paura della perdita. Io avevo sopportato, e lo avevo fatto col sorriso. Al termine di ogni lezione, in ogni momento libero, tornavo nel parco, da sola o con Harry.
Lui non mi aveva parlato, aveva atteso che io mi sfogassi, anche questa volta inutilmente. Le mie lacrime le avevo già versate, ora non mi restava che aspettare.
La seconda notte, nel parco, il vento era più freddo e le foglie mulinavano con violenza alla base degli alberi. Il lago era mosso, arrabbiato, scuro. Eppure io avevo continuato a camminare.
La mattina dopo ero andata a lezione, le occhiaie che mi cerchiavano sempre più gli occhi, i capelli stretti in una coda alta e un maglione verde.
Dopo pranzo Nott mi aveva raggiunto sotto l'albero dalla chioma maestosa alla destra del portone, dove avevo visto il sangue di Draco scorrere per gelosia sulla sua pelle diafana un'era fa.
- Hermione… - aveva esordito, sedendosi accanto a me e prendendomi una mano.
Lo avevo guardato, smarrita, ricordandomi poco dopo di sorridere e continuare a respirare.
- Ciao, Theo. - avevo risposto, con un filo di voce, guardando quegli occhi chiari come il mare ma sempre persi in qualche realtà sconosciuta.
- Non devi stare male per lui. - aveva affermato, piegando leggermente la testa per osservarmi pensieroso. Gli avevo rivolto uno sguardo interrogativo, aggrottando le sopracciglia.
- Ti ha lasciata senza spiegazioni, non merita la tua sofferenza. Devi andare avanti. - aveva continuato, con voce decisa, stringendo la presa sulla mia mano. A quell'accusa non avevo risposto, non ce l'avevo fatta. Eppure dentro di me urlavo, gli sibilavo con rabbia che avrei tanto voluto avere la possibilità di scegliere, di decidere che non mi importava se fosse tornato o meno, di affermare che la sua assenza non mi faceva alcun effetto, di dimenticare il colore dei suoi occhi e la malinconia nelle ultime amare parole che mi aveva rivolto. Ero arrabbiata con lui, una rabbia che mi consumava, ma che non riusciva a vincere sulla paura di non rivederlo più.
- Tornerà, Hermione. - aveva ripreso, asciugandomi dolcemente la lacrima fuggita al mio ferreo controllo e persa sulla guancia resa rossa dal vento freddo.
- Lo so. - ero riuscita a mormorare, chiedendomi dove lui avesse trovato la sicurezza per affermare una cosa del genere quando la mia scaturiva da una necessità.
- Ma non risolverà nulla il suo ritorno. - aveva continuato, - Perché voi siete troppo diversi, siete distanti anche quando siete vicini, siete due strade parallele, Hermione. -
Non mi ero aspettata quelle parole, non ero preparata. Non che non ci avessi mai pensato io stessa, ma lui aveva sempre messo a tacere i miei dubbi con le sue labbra. Ora che non c'era, chi lo avrebbe fatto?
Impossibilitata a rispondere a tono, avevo assottigliato gli occhi e lo avevo guardato con rabbia, incolpandolo di aver appena pronunciato quelle parole che speravo di aver sotterrato nelle profondità più oscure della mia anima e che invece erano appena tornate a galla. Mi ero alzata e senza salutarlo mi ero rintanata in camera.
Ginny mi aveva trovato due ore dopo, nel letto, con la fronte imperlata dal sudore e il respiro affannato. Mi aveva sentito la fronte, mi aveva detto che avevo la febbre, che dovevo assolutamente andare in Infermeria. Non avevo sentito ragioni, volevo restare nel mio letto e vedere soltanto lei.
Si era presa cura di me fino a notte fonda, poi, vedendomi chiudere gli occhi per la spossatezza, si era addormentata anche lei. Era stato in quel momento che quella frase aveva cominciato a rimbombarmi nella testa, insieme all'immagine di James Price che la pronunciava con espressione addolorata. 
E' troppo tardi. Mi dispiace. 
Già, dispiace anche a me. 

E' troppo tardi. Mi dispiace. 
- Granger. -
Mi alzai di scatto, portandomi una mano davanti agli occhi per coprire l'improvvisa luce che mi aveva colto non appena li avevo aperti. La sensazione di freschezza e morbidezza che sentii tra le dita mi sorprese. Erba? Non mi ero neanche accorta di essermi alzata dal letto e di essermi rifugiata nel parco, sotto quell'albero che ora mi copriva per quanto possibile dai raggi insistenti di un pallido sole di prima mattina.
- Draco? -
Avevo riconosciuto subito la sua voce, e la domanda mi era uscita spontanea. Mi stropicciai gli occhi mentre lo sentivo avvicinarsi e chinarsi su di me.
- Ciao. - mormorò, poggiandomi una mano sulla guancia.
- Sei tornato? - chiesi, stupidamente, con un filo di voce.
E se fosse solo un dannato sogno?
- Sei diventata cieca, mezzosangue? - sogghignò, appoggiando la sua fronte alla mia.
Gli gettai le braccia al collo, facendogli perdere l'equilibrio e facendolo cadere sul prato.
E ricominciai a respirare.
- Ti odio Malfoy! - sibilai, continuando a stringerlo e ricacciando indietro le lacrime.
Lui scoppiò a ridere, passandomi una mano tra i capelli e affondandoci il volto.
- Pienamente ricambiato, Granger. - sussurrò al mio orecchio, - Ma ora ti sarei grato se ti alzassi, Silente vuole vederci. - aggiunse, con voce estremamente seria. Mi allontanai appena e lo osservai meglio. Sembrava quello di sempre, bello da morire, capelli biondissimi, occhi metallici e sguardo annoiato. Eppure era diverso, più freddo, più distante… 
Perché voi siete troppo diversi, siete distanti anche quando siete vicini, siete due strade parallele, Hermione.
Scrollai la testa per scacciare quel pensiero scomodo e gli passai una mano sul volto. Aveva appena incontrato Voldemort, il mago oscuro più potente di tutti i tempi, temuto da chiunque e ammirato da altri. Era stato sottoposto alla Legilmanzia, probabilmente, alle pupille rosse piene d'odio e rancore di un serpente appena più umano del suo fedele Nagini. Eppure era calmo, algido. Inoltre, la nausea non mi era passata.
- Draco, cos'hai? - domandai, con voce incrinata.
Lui mi guardò interrogativo, poi senza rispondere mi fece segno di alzarmi e di seguirlo. Deglutii, ancora più terrorizzata di prima, e mi misi al suo fianco, osservandolo. La mascella era distesa, segno che non era affatto nervoso, le mani in tasca, come al solito. Guardava dritto davanti a sé, come se niente potesse scalfirlo, con una sicurezza che non gli avevo mai visto.
- Draco! - lo richiamai, fermandomi improvvisamente in mezzo al corridoio ancora deserto.
Lui si girò, lentamente, e fissò gli occhi nei miei. Una moderata dose di noia aleggiava sul suo volto.
- Che c'è, Granger? - domandò, con tono piatto.
C'era decisamente qualcosa che non andava. Doveva esserci, altrimenti ne sarei morta.
- Che cosa ti hanno fatto? - chiesi, avvicinandomi di un passo. Lui osservò il mio movimento con indifferenza, prima di rispondere.
- Lo sai bene, ha letto i miei pensieri e i miei ricordi, si è assicurato la mia fedeltà, poi gli ho consegnato il medaglione. - mormorò, come se stesse parlando di cosa aveva mangiato a cena.
- Sei strano. - boccheggiai, prendendogli la mano e trovandola gelata.
- Affatto. Andiamo? Silente ci aspetta. - rispose con sicurezza, ricominciando a camminare senza aspettare che io parlassi. Mi trascinò dietro di sé fino alla porta dell'ufficio del Preside.
Cercai di stamparmi in faccia l'espressione più serena possibile mentre cercavo di convincermi che fosse tutto apposto. Era tornato, era vivo, stava bene.
- Prego, accomodatevi. - esordì Silente, facendoci segno di sedere sulle due poltrone davanti alla scrivania. Gli sorrisi, titubante, e cercai lo sguardo di Draco, perso fuori dalla finestra. Ignorai la stretta al cuore e prestai orecchio alle parole del Preside.
- Ho portato qui Draco come promesso, prendendolo stamattina da Malfoy Manor. - illustrò Silente, sorridendomi appena, - Ieri ho incontrato James Price, grazie alla tua premonizione, signorina Granger. Eppure… - aggiunse, assottigliando le labbra.
- Ha già accettato. - lo interruppi, abbassando lo sguardo. Lo avevo capito da quelle parole, mi era sembrato logico accostare le due cose.
- Si. - riprese Silente, - Ha già consegnato la Pietra Filosofale ai Mangiamorte, in cambio di qualcos'altro. Vedete, James Price è un buon uomo, eppure è stato invischiato in una storia più grande di lui. -
Era il momento della verità, sin dall'inizio ero stata curiosa di sapere quale fosse stata la motivazione che lo aveva spinto al suicidio… Eppure, in quel momento, lo sguardo perso di Draco mi rendeva impossibile concentrarmi su altro che non fosse il nodo allo stomaco. Distolsi a forza gli occhi da lui e li puntai in quelli caldi e rassicuranti del Preside, cercando di concentrarmi il più possibile per recepire le sue parole e facendogli cenno di continuare.
- Sapete già che il signor Price prese questo cognome a seguito di un'eredità lasciatagli da un suo parente. Fu una vera fortuna per lui, e anche per sua moglie e sua figlia, in quanto permise loro di vivere nell'agio, di frequentare buone scuole, di farsi degli amici nei ranghi più alti e di portare avanti il lavoro di alchimista senza doversi preoccupare di portare a casa uno stipendio fisso. Tuttavia, questo non durò a lungo. Le nuove compagnie aristocratiche lo portarono nel loro mondo, fatto di scommesse, feste sontuose e lusso, e lui per stare al passo con gli altri spese tutti i suoi soldi. Con gli ultimi rimasti riuscì a portare a termine la sua ricerca, vedendo nella scoperta di quella formula e nel possesso della Pietra Filosofale un modo per ottenere di nuovo fama e denaro. Non aveva fatto i conti con la fame di potere degli uomini. Indiscrezioni sulle sue ricerche erano trapelate a causa dell'eccessiva fiducia posta negli uomini sbagliati e un'organizzazione criminale magica dell'epoca gli intimò di consegnare la Pietra e le ricerche. Lui rifiutò. - si interruppe, portandosi una mano alla tempia e lasciandosi sfuggire un sospiro prima di riprendere. - Una settimana dopo, sua moglie fu rapita e ritrovata morta la sera stessa del rapimento. James Price nascose il suo infinito dolore e pensò a ciò che rimaneva della sua famiglia. Nascose sua figlia, la portò al sicuro da un parente lontano, la dotò di tutte le protezioni magiche e non di cui era a conoscenza. La sera della presentazione della sua ricerca si suicidò, soprattutto per evitare che usassero la sua memoria per rintracciare l'unico bene rimastogli, sua figlia, ma anche per evitare che risalissero al posto dove aveva nascosto le sue ricerche e la pietra. - terminò Silente, guardandomi al di sopra degli occhiali a mezzaluna.
Io non sapevo cosa pensare. Non avevo immaginato nulla del genere, ma ora che lo sapevo alcuni tasselli stavano ritrovando lentamente il loro posto.
- La ragazza nel salottino blu, è sua parente? - domandai, titubante.
- Si. - rispose il Preside, accennando un sorriso, - Nipote di quella figlia che aveva fatto di tutto per proteggere. Le somiglia in modo incredibile. - aggiunse.
Ora si spiegava quell'espressione sul suo volto, fatta di amore, malinconia, nostalgia, senso di colpa. E dolore, per una figlia non vissuta appieno, quasi abbandonata.
- Cosa gli hanno promesso in cambio? - chiesi, incerta.
- Lo riporteranno in vita in modo che possa starle fisicamente vicino lei ora che è incinta, in modo che possa recuperare il tempo perso con sua figlia stando accanto a questa nipote che le somiglia come una goccia d'acqua. James Price non ha avuto la possibilità di fare ciò con sua figlia Meredith, pensava che far parte della sua vita in modo diretto, seppure in forma di fantasma, sarebbe stato pericoloso. Per questo sente di dover recuperare questa mancanza. - mormorò, - Avrai sicuramente notato che non è un fantasma come tutti gli altri. - aggiunse, cercando conferma nei miei occhi e aspettando di riceverla prima di continuare, - Ha bevuto l'Elisir di Lunga Vita, prima di morire. Non abbastanza perché potesse funzionare e non abbastanza presto perché potesse fare effetto, comunque. Lo ha fatto per poter vegliare da lontano, sapendo che non avrebbe funzionato pienamente e sperandolo, anzi, perché da fantasma gli incantesimi non avrebbero avuto alcun effetto su di lui. -
- Grazie al rito anche a lui verrà restituita la vita, quindi. Sarà una sorta di tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, permetterà a Voldemort di riacquistare la sua forma originaria anziché un mero involucro di cui non sarebbe mai soddisfatto. - mormorai, più per chiarirmi le idee che per esporle al Preside. Quest'ultimo annuì e spostò lo sguardo su Draco.
- Signor Malfoy, ha dimostrato grande coraggio questi giorni. La sua presenza ci dimostra che gli insegnamenti del professor Piton hanno trovato ottimo terreno su cui attecchire. - cominciò, poi spostò di nuovo gli occhi nei miei come a volermi far capire che avrei dovuto leggere tra le righe delle sue parole, - L'arte dell'Occlumanzia è complessa e delle sensazioni troppo forti e recenti, così come dei sentimenti intensi, possono rendere l'abilità acquisita non sufficiente per nasconderli. - 
Ha le sue motivazioni.
Sussultai, incredula.
Sicuramente avevo capito male.
La mia vicinanza avrebbe potuto metterlo in pericolo?
Spostai gli occhi su Malfoy ancora una volta, sperando di trovare una qualche scintilla nei suoi occhi, che fosse anche rabbia, nervosismo o paura.
Niente.
L'unica differenze era che, sentendosi chiamato in causa dal Preside, lo stava osservando. Dopo poco, però, abbassò lo sguardo, cominciando a giocherellare distrattamente con un braccialetto metallico che non gli avevo mai visto al polso.
- La ringrazio. Posso andare? - chiese, incolore, dopo qualche secondo.
Silente annuì, sorridendo appena, e ci scortò fuori dal suo ufficio.
- E ora, che si fa? - domandai, già sulla porta.
- Nel suo dormitorio troverà un libro, Signorina Granger, consegnatomi da James Price, che potrebbe aiutarci a capire qualcosa in più sul rito. Si sentiva estremamente in colpa per il suo gesto e questo era tutto ciò che poteva fare per aiutarci. Purtroppo ora che sanno dov'è sua nipote non può più tirarsi indietro. - mormorò, afflitto. 

- Dove vai? - chiesi, spaesata.
- A fare colazione, Granger, dove vuoi che vada? - rispose, bloccandosi in mezzo al corridoio e girandosi appena verso di me. In quel momento sperai che fosse tutto un sogno. Non riuscivo a capacitarmi di come il suo tono fosse incolore, di come i suoi occhi fossero indifferenti, non dopo che avevo conosciuto Draco Malfoy. Quella che avevo davanti non ne era che un'ombra, priva di quelle sfumature che avevo imparato ad amare. Eppure era lui, non c'erano dubbi. Se fosse stato qualcun altro sotto Pozione Polisucco, Silente se ne sarebbe accorto. Però…
… delle sensazioni troppo forti e recenti, così come dei sentimenti intensi, possono rendere l'abilità acquisita non sufficiente per nasconderli.
Dove rintracciarli, quei sentimenti? Che fine avevano fatto?
Aveva provato ad allontanarmi, prima di partire. Forse si era stufato di me. Comprensibile, mi ritrovai ad ammettere. Persi un battito al solo pensiero e mi poggiai una mano sul petto.
- Certo, a colazione. - mormorai, abbassando gli occhi sul pavimento. Sentii i suoi passi riprendere e allontanarsi, il rumore del tacco sul pavimento rimbombava nella mia testa segnando una distanza incolmabile. 

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PS: Volevo segnalarvi la pagina Facebook di Harry Potter di cui sono amministratrice, se avete voglia di passare :)
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