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Autore: giglio_lockart    19/11/2007    2 recensioni
Forse molti di voi hanno sentito, come me, questa tradizionale ballata irlandese cantata da quell'angelo che è Loreena McKennitt. Amo molto questa canzone e la persona che amo l'ha amata a sua volta. Questo è dunque un regalo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era facile.
Era dolce, molto più dolce persino di quei baci che, tremante, aveva scambiato con William dietro la porta, o all’ombra degli alberi.
Aprì le braccia, le sembrò di volare e si abbandonò alla frescura dell’acqua quasi con gratitudine, sollevata. Adesso, non sarebbe più stata odiata. Era tutto finito.
Aprì gli occhi e guardò in su.
C’era il giallo della sua gonna, che si agitava a causa delle onde, era bello da vedere, era bello contro l’acqua.
Anne la guardava, distinse il suo viso immobile, la linea dura della bocca, non fece in tempo a vederne gli occhi, lo sguardo scivolò sul suo abito, sulla gonna scura contro la quale spiccavano il rosso e l’oro dei broccati, l’argento della croce che le scendeva fino alla vita…
Il sollievo svanì, man mano che affondava nell’acqua sempre più fredda.
E mentre sua sorella le impediva di riemergere, di respirare, le sembrò che il suo viso divenisse quello bianco e scarnificato della morte.
Il cigno chiuse gli occhi.

Guardò il cielo e poi l’erba intorno a lui. Erin era davvero l’Isola di Smeraldo e dove quel verde luminoso non stendeva il suo manto il cielo e l’acqua splendevano di tutte le tonalità del blu e dell’azzurro. E quella giornata estiva non faceva altro che rendere i colori più vividi, il profumo di erica più intenso, la vita più dolce.
Continuò a percorrere il sentiero che si snodava per i campi, lasciandosi affascinare da quei paesaggi così semplici e belli, fino a che non arrivò ad un mulino, che sorgeva su ansa del fiume più bella delle altre.
La figlia del mugnaio, tra le braccia della quale sperava di giacere ancora, era seduta sulla riva del fiume, il suo bel vestito rosso spiccava nettamente contro il verde e l’azzurro. E il bianco. Perché li sulla riva, la fanciulla vestita di rosso carezzava dolcemente il lungo collo di una ragazza morta.
Non esitò, le si avvicinò senza indugiare, lei lo sentì e si voltò verso di lui, sorridendogli nel riconoscerlo, ed anche la ragazza morta volse a lui i proprio occhi neri, senza la minima paura. Del resto, sapeva che non le sarebbe stato fatto alcun male.
- Non è un cigno bellissimo?-chiese sorridendo la figlia del mugnaio- Ha la grazia e la bellezza di una donna gentile.
- Non avrei saputo trovare parole migliori.
Si avvicinò alla riva, a lei, e con lei guardò il cigno che rinchiudeva lo spirito della ragazza morta.
Era bella, si accorse. Giovanissima, forse quindici anni, forse più piccola. Ma bella come lo sono le principesse delle fiabe, con lunghi capelli biondi che la corrente pettinava, gli occhi che avevano il colore e la lucentezza di quella stessa acqua che li velava, la pelle bianca come la spuma delle onde. Un raro fiore delicato che giaceva spezzato sul greto del fiume.
Le parlò e la figlia del mugnaio rimase stupita.
- Mi dispiace. Sei caduta?-chiese gentile.
Lei sorrise e scosse il capo, contemplando con una certa curiosità colui che la vedeva nel corpo del cigno.
- Non proprio, no. È stata Anne. Mia sorella.
Ah, si, l’orrore esiste anche in mezzo alla bellezza, in mezzo alla luce, in una giornata dorata come quella, in un paradiso come quello. L’orrore esiste ed ha le fattezze divine e minute di una bambina di quindici anni annegata.
Anche la figlia del mugnaio tacque. Non poteva sentire la voce della fanciulla ma adesso sentiva la presenza di quello spirito.
- Ti ha spinto?
- E mi ha tenuto la testa sotto fino a che non ho smesso di respirare.
Tacque, guardando ancora quelle gote di pesca, quel seno che appena sbocciava. Guardò il fantasma davanti a lui, non pareva arrabbiata, forse nemmeno triste, sembrava curiosa di scoprire come mai quel cantastorie riuscisse a vederla.
- Eri bella.
- Si, lo ero.
- Perché lo ha fatto?
- Ha detto che dovevo rinunciare al mio vero amore.-spiegò con calma, senza rancore.
Sedette di fronte a lei, guardandola da sotto in su, e lei ricambiò curiosa quel suo sguardo indagatore.
- Sembri… rassegnata.
- Ormai sono morta.-obbiettò ragionevolmente il cigno, con un sorriso- Perché dovrei essere arrabbiata?
- Perché ti hanno ucciso ed è stata tua sorella. E resterà impunita, nella tua casa, e forse sposerà l’uomo che tu ami. Perché la tua vita, i tuoi sogni, le tue speranze, non sono adesso che vino versato. Non desideri vendetta?
Lei sorrise, allungò una piccola mano a toccarlo, una carezza alla guancia, come fanno le mamme con i bambini piccoli quando dicono qualcosa di stravagante ma, in fondo, tenero.
Avvertì la morbidezza delle piume.
- So che sarà fatta giustizia.
Lui tacque, scrutandola ancora, lei sostenne il suo sguardo, serena, e niente al mondo pareva turbarla.
- Come ti chiami?
- Lilian. Sei morto anche tu?
- Molte volte, ma la morte per me non è che un sogno di fantasmi come te.
- Sei forse l’angelo che deve condurmi via?
- Sono solo un cantastorie girovago.
Lei rise.
- Sembri così triste per la mia morte! E tanto arrabbiato con mia sorella. Povera Anne! Sai, lei è la mia sorella maggiore e non ha mai avuto nulla, mentre io ho avuto tutto. Lei non era bella come me, non è mai stata amata come lo sono stata io, eccetto forse che da me. Sembrava così determinata a spazzarmi via che non me la sono proprio sentita di fermarla. Adesso lei potrà essere felice.
- Io non voglio che sia felice.
Lei si voltò a scrutarlo, con quei suoi occhi luminosi e dolci.
- Desideri forse sostituirti a Dio?
- A volte Dio si serve di strane vie, per i suoi scopi.
- Tu lo sei decisamente.
Sorrise, perché nelle parole di lei non c’era stata alcuna cattiveria.
- Farai del male ad Anne?
- Racconterò solo la verità.
Lei inarcò le sopracciglia, stupita. Lui le sorrise, rassicurante, prendendo una delle sue piccole mani e baciandola.
- Fidati di me, Lilian.

Non giacque con la figlia del mugnaio, quella notte. Lei lo avrebbe rifiutato, poiché il male che era capitato alla fanciulla cigno l’aveva ferita. E poi, doveva sapere la storia di Lilian.
Lui poteva sentirla, vederla, poiché possedeva alcune conoscenze magiche. Nelle sue vene c’era sangue di druido e lui sedette accanto al cigno, parlando con lei per tutto quel giorno e la notte.
Lilian gli raccontò tutto, di sé. Forse, in lei alla fine si era accesa la voglia di lasciare un ricordo del proprio, breve, passaggio sulla terra.
- Sei bella e dolce come Erin ed Erin non ha voluto che tu morissi, salvando la tua anima nel corpo del cigno.-le spiegò, quando lei gli chiese cosa le fosse successo.
Lilian gli raccontò che aveva sempre amato i nobili uccelli e che li aveva nutriti con il proprio pane, quando viveva nella casa di suo padre, il re di quelle terre. Gli parlò della sua famiglia, dei suo genitori e dei loro doveri, dei suoi fratelli e sorelle, di quanto le mancasse William, il suo fidanzato. Gli parlò di quell’amore che era sbocciato nel suo cuore, del suo primo amore, della tenerezza che l’aveva legata a quel giovane, che era sempre stato tanto dolce con lei. Lui cantò per lei canzoni che la divertissero e la rallegrassero, che potesse portare con sé altrove, quando fosse stata libera anche dal corpo del cigno.
Poiché questo era il prezzo da pagare, per ottenere giustizia.
Lilian aveva sorriso.
- Lo immaginavo. La mia bellezza mi ha conquistato l’affetto di chi mi circonda ma  ne ho pagato il prezzo con l’odio delle mie sorelle. Io le ho amate e ne ho pagato il prezzo con il loro disprezzo. William mi ha amata ed ho pagato il nostro amore con la morte.
- La tua anima anela al cielo, non a questa non vita.
- Almeno fa che il cigno non soffra.
All’alba del secondo giorno, sfruttò la sua magia e quello che Lilian gli aveva raccontato per costruire l’arpa. Prima di ucciderla le aveva cantato la canzone che l’avrebbe vendicata e lei aveva annuito. E aveva teso il collo, vittima per l’ultima volta.
Con le dita candide di lei costruì i tasti, dei suoi lunghi capelli biondi fece le corde e costruì il telaio con le ossa del suo petto e quando ebbe finito soffiò sull’arpa, in modo che potesse suonare da sola, con la voce della principessa uccisa.
Quando ebbe finito, si congedò dalla figlia del mugnaio, che aveva pianto per il cigno, avendone conosciuto la sorte. Le promise di tornare, una volta che avesse fatto ciò che sentiva come suo dovere.
Percorse le strade ed i campi. La stagione era mite e spesso dormiva sotto le stelle, anche se gli piaceva fermarsi nei villaggi per raccontare le sue storie a chi lì abitava.
Camminò fino a che non giunse nella dimora del padre di Lilian. Nessuno lo fermò, nessuno avrebbe fermato un bardo che rallegra una casa con il proprio canto, così potè arrivare indisturbato nella grande sala dove sedeva la corte riunita.
Non disse una sola parola. Solo, si mise al centro della stanza, irradiando silenzio, l’arpa tra le mani, fino a che tutti i presenti non si furono volti a lui, silenziosi, in attesa.
Lui poggiò l’arpa sul pavimento.
L’arpa cantò.
- Li siede mio padre, il re.
Il cantastorie sentì quei respiri trattenuti, lo stupore che piano si trasformava in orrore, poiché tutti, la dentro, avevano riconosciuta la voce chiara di Lilian. Girò lo sguardo sul re, sul suo viso spigoloso che lei gli aveva descritto, sul dolore che gli balenava negli occhi.
- E laggiù siede mia madre, la regina.
Una maschera di disperazione. La voce della figlia le spezzava il cuore.
- E li siede mio fratello Hugh e accanto a lui William, dolce e sincero.
William tremò, vide le sue labbra serrarsi ed i suoi occhi riempirsi di lacrime, il principe gemette nascondendo il viso tra le mani. Ne ebbe compassione, poiché il suo essere ancora risuonava d’amore per Lilian.
- E li siede la mia falsa sorella, Anne.
Era facile riconoscere Anne. Era verde. Il suo spirito lo era, poiché ancora era rosa dall’invidia. Ed ora la paura l’attanagliava, poiché tutti avrebbero conosciuto la sua colpa. Povera, verde, Anne.
- Che mi ha annegata a causa di un uomo.

  
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