Forse molti di voi hanno sentito, come me, questa tradizionale ballata irlandese cantata da quell'angelo che è Loreena McKennitt. Amo molto questa canzone e la persona che amo l'ha amata a sua volta. Questo è dunque un regalo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Era facile.
Era dolce, molto più dolce persino di quei baci che,
tremante, aveva scambiato con William dietro la porta, o
all’ombra degli alberi.
Aprì le braccia, le sembrò di volare e si
abbandonò alla frescura dell’acqua quasi con
gratitudine, sollevata. Adesso, non sarebbe più stata
odiata. Era tutto finito.
Aprì gli occhi e guardò in su.
C’era il giallo della sua gonna, che si agitava a causa delle
onde, era bello da vedere, era bello contro l’acqua.
Anne la guardava, distinse il suo viso immobile, la linea dura della
bocca, non fece in tempo a vederne gli occhi, lo sguardo
scivolò sul suo abito, sulla gonna scura contro la quale
spiccavano il rosso e l’oro dei broccati, l’argento
della croce che le scendeva fino alla vita…
Il sollievo svanì, man mano che affondava
nell’acqua sempre più fredda.
E mentre sua sorella le impediva di riemergere, di respirare, le
sembrò che il suo viso divenisse quello bianco e
scarnificato della morte.
Il cigno chiuse gli occhi.
Guardò il cielo e poi l’erba intorno a lui. Erin
era davvero l’Isola di Smeraldo e dove quel verde luminoso
non stendeva il suo manto il cielo e l’acqua splendevano di
tutte le tonalità del blu e dell’azzurro. E quella
giornata estiva non faceva altro che rendere i colori più
vividi, il profumo di erica più intenso, la vita
più dolce.
Continuò a percorrere il sentiero che si snodava per i
campi, lasciandosi affascinare da quei paesaggi così
semplici e belli, fino a che non arrivò ad un mulino, che
sorgeva su ansa del fiume più bella delle altre.
La figlia del mugnaio, tra le braccia della quale sperava di giacere
ancora, era seduta sulla riva del fiume, il suo bel vestito rosso
spiccava nettamente contro il verde e l’azzurro. E il bianco.
Perché li sulla riva, la fanciulla vestita di rosso
carezzava dolcemente il lungo collo di una ragazza morta.
Non esitò, le si avvicinò senza indugiare, lei lo
sentì e si voltò verso di lui, sorridendogli nel
riconoscerlo, ed anche la ragazza morta volse a lui i proprio occhi
neri, senza la minima paura. Del resto, sapeva che non le sarebbe stato
fatto alcun male.
- Non è un cigno bellissimo?-chiese sorridendo la figlia del
mugnaio- Ha la grazia e la bellezza di una donna gentile.
- Non avrei saputo trovare parole migliori.
Si avvicinò alla riva, a lei, e con lei guardò il
cigno che rinchiudeva lo spirito della ragazza morta.
Era bella, si accorse. Giovanissima, forse quindici anni, forse
più piccola. Ma bella come lo sono le principesse delle
fiabe, con lunghi capelli biondi che la corrente pettinava, gli occhi
che avevano il colore e la lucentezza di quella stessa acqua che li
velava, la pelle bianca come la spuma delle onde. Un raro fiore
delicato che giaceva spezzato sul greto del fiume.
Le parlò e la figlia del mugnaio rimase stupita.
- Mi dispiace. Sei caduta?-chiese gentile.
Lei sorrise e scosse il capo, contemplando con una certa
curiosità colui che la vedeva nel corpo del cigno.
- Non proprio, no. È stata Anne. Mia sorella.
Ah, si, l’orrore esiste anche in mezzo alla bellezza, in
mezzo alla luce, in una giornata dorata come quella, in un paradiso
come quello. L’orrore esiste ed ha le fattezze divine e
minute di una bambina di quindici anni annegata.
Anche la figlia del mugnaio tacque. Non poteva sentire la voce della
fanciulla ma adesso sentiva la presenza di quello spirito.
- Ti ha spinto?
- E mi ha tenuto la testa sotto fino a che non ho smesso di respirare.
Tacque, guardando ancora quelle gote di pesca, quel seno che appena
sbocciava. Guardò il fantasma davanti a lui, non pareva
arrabbiata, forse nemmeno triste, sembrava curiosa di scoprire come mai
quel cantastorie riuscisse a vederla.
- Eri bella.
- Si, lo ero.
- Perché lo ha fatto?
- Ha detto che dovevo rinunciare al mio vero amore.-spiegò
con calma, senza rancore.
Sedette di fronte a lei, guardandola da sotto in su, e lei
ricambiò curiosa quel suo sguardo indagatore.
- Sembri… rassegnata.
- Ormai sono morta.-obbiettò ragionevolmente il cigno, con
un sorriso- Perché dovrei essere arrabbiata?
- Perché ti hanno ucciso ed è stata tua sorella.
E resterà impunita, nella tua casa, e forse
sposerà l’uomo che tu ami. Perché la
tua vita, i tuoi sogni, le tue speranze, non sono adesso che vino
versato. Non desideri vendetta?
Lei sorrise, allungò una piccola mano a toccarlo, una
carezza alla guancia, come fanno le mamme con i bambini piccoli quando
dicono qualcosa di stravagante ma, in fondo, tenero.
Avvertì la morbidezza delle piume.
- So che sarà fatta giustizia.
Lui tacque, scrutandola ancora, lei sostenne il suo sguardo, serena, e
niente al mondo pareva turbarla.
- Come ti chiami?
- Lilian. Sei morto anche tu?
- Molte volte, ma la morte per me non è che un sogno di
fantasmi come te.
- Sei forse l’angelo che deve condurmi via?
- Sono solo un cantastorie girovago.
Lei rise.
- Sembri così triste per la mia morte! E tanto arrabbiato
con mia sorella. Povera Anne! Sai, lei è la mia sorella
maggiore e non ha mai avuto nulla, mentre io ho avuto tutto. Lei non
era bella come me, non è mai stata amata come lo sono stata
io, eccetto forse che da me. Sembrava così determinata a
spazzarmi via che non me la sono proprio sentita di fermarla. Adesso
lei potrà essere felice.
- Io non voglio che sia felice.
Lei si voltò a scrutarlo, con quei suoi occhi luminosi e
dolci.
- Desideri forse sostituirti a Dio?
- A volte Dio si serve di strane vie, per i suoi scopi.
- Tu lo sei decisamente.
Sorrise, perché nelle parole di lei non c’era
stata alcuna cattiveria.
- Farai del male ad Anne?
- Racconterò solo la verità.
Lei inarcò le sopracciglia, stupita. Lui le sorrise,
rassicurante, prendendo una delle sue piccole mani e baciandola.
- Fidati di me, Lilian.
Non giacque con la figlia del mugnaio, quella notte. Lei lo avrebbe
rifiutato, poiché il male che era capitato alla fanciulla
cigno l’aveva ferita. E poi, doveva sapere la storia di
Lilian.
Lui poteva sentirla, vederla, poiché possedeva alcune
conoscenze magiche. Nelle sue vene c’era sangue di druido e
lui sedette accanto al cigno, parlando con lei per tutto quel giorno e
la notte.
Lilian gli raccontò tutto, di sé. Forse, in lei
alla fine si era accesa la voglia di lasciare un ricordo del proprio,
breve, passaggio sulla terra.
- Sei bella e dolce come Erin ed Erin non ha voluto che tu morissi,
salvando la tua anima nel corpo del cigno.-le spiegò, quando
lei gli chiese cosa le fosse successo.
Lilian gli raccontò che aveva sempre amato i nobili uccelli
e che li aveva nutriti con il proprio pane, quando viveva nella casa di
suo padre, il re di quelle terre. Gli parlò della sua
famiglia, dei suo genitori e dei loro doveri, dei suoi fratelli e
sorelle, di quanto le mancasse William, il suo fidanzato. Gli
parlò di quell’amore che era sbocciato nel suo
cuore, del suo primo amore, della tenerezza che l’aveva
legata a quel giovane, che era sempre stato tanto dolce con lei. Lui
cantò per lei canzoni che la divertissero e la
rallegrassero, che potesse portare con sé altrove, quando
fosse stata libera anche dal corpo del cigno.
Poiché questo era il prezzo da pagare, per ottenere
giustizia.
Lilian aveva sorriso.
- Lo immaginavo. La mia bellezza mi ha conquistato l’affetto
di chi mi circonda ma ne ho pagato il prezzo con
l’odio delle mie sorelle. Io le ho amate e ne ho pagato il
prezzo con il loro disprezzo. William mi ha amata ed ho pagato il
nostro amore con la morte.
- La tua anima anela al cielo, non a questa non vita.
- Almeno fa che il cigno non soffra.
All’alba del secondo giorno, sfruttò la sua magia
e quello che Lilian gli aveva raccontato per costruire
l’arpa. Prima di ucciderla le aveva cantato la canzone che
l’avrebbe vendicata e lei aveva annuito. E aveva teso il
collo, vittima per l’ultima volta.
Con le dita candide di lei costruì i tasti, dei suoi lunghi
capelli biondi fece le corde e costruì il telaio con le ossa
del suo petto e quando ebbe finito soffiò
sull’arpa, in modo che potesse suonare da sola, con la voce
della principessa uccisa.
Quando ebbe finito, si congedò dalla figlia del mugnaio, che
aveva pianto per il cigno, avendone conosciuto la sorte. Le promise di
tornare, una volta che avesse fatto ciò che sentiva come suo
dovere.
Percorse le strade ed i campi. La stagione era mite e spesso dormiva
sotto le stelle, anche se gli piaceva fermarsi nei villaggi per
raccontare le sue storie a chi lì abitava.
Camminò fino a che non giunse nella dimora del padre di
Lilian. Nessuno lo fermò, nessuno avrebbe fermato un bardo
che rallegra una casa con il proprio canto, così
potè arrivare indisturbato nella grande sala dove sedeva la
corte riunita.
Non disse una sola parola. Solo, si mise al centro della stanza,
irradiando silenzio, l’arpa tra le mani, fino a che tutti i
presenti non si furono volti a lui, silenziosi, in attesa.
Lui poggiò l’arpa sul pavimento.
L’arpa cantò.
- Li siede mio padre, il re.
Il cantastorie sentì quei respiri trattenuti, lo stupore che
piano si trasformava in orrore, poiché tutti, la dentro,
avevano riconosciuta la voce chiara di Lilian. Girò lo
sguardo sul re, sul suo viso spigoloso che lei gli aveva descritto, sul
dolore che gli balenava negli occhi.
- E laggiù siede mia madre, la regina.
Una maschera di disperazione. La voce della figlia le spezzava il cuore.
- E li siede mio fratello Hugh e accanto a lui William, dolce e sincero.
William tremò, vide le sue labbra serrarsi ed i suoi occhi
riempirsi di lacrime, il principe gemette nascondendo il viso tra le
mani. Ne ebbe compassione, poiché il suo essere ancora
risuonava d’amore per Lilian.
- E li siede la mia falsa sorella, Anne.
Era facile riconoscere Anne. Era verde. Il suo spirito lo era,
poiché ancora era rosa dall’invidia. Ed ora la
paura l’attanagliava, poiché tutti avrebbero
conosciuto la sua colpa. Povera, verde, Anne.
- Che mi ha annegata a causa di un uomo.