Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: lilyhachi    30/04/2013    5 recensioni
(STORIA IN REVISIONE)
(What if; Killian Jones/Ariel; spoiler seconda stagione)
Visto che la Sirenetta dovrebbe apparire nella terza stagione e che adoro Hook, ho provato ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere se le strade di questi due personaggi si fossero incrociate prima (precisamente sull'Isola che non c'è) e su come la presenza di Ariel potesse "incastrarsi" con gli eventi della prima e della seconda stagione. Spero tanto che vi piaccia e vi auguro buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ariel, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
V

Between us
 
Say my name and every color illuminates.
We are shining and we will never be afraid again”.
(Florence and The Machine – Spectrum)
 
 
Ariel aveva cercato per diversi giorni di trovare un aggettivo che descrivesse al meglio il suo stato d'animo. Il problema era che avrebbe potuto stilare una lista, poiché erano tanti gli aggettivi che la caratterizzavano in quel particolare momento della sua vita.
Poteva definirsi ferita, colpevole, triste, arrabbiata, infantile, abbattuta, e soprattutto stupida. Sì...stupida! Si sentiva stupida come una ragazzina il cui desiderio era soltanto quello di fare i capricci quando le cose non andavano nel verso giusto e di non assumersi le proprie responsabilità, bensì dare la colpa agli altri.
Dopo la punizione inflitta a Diego, la giovane lo aveva evitato in tutti i modi possibili. Il solo trovarsi dinanzi a lui la rendeva inquieta e non faceva che aumentare il suo senso di colpa che già si faceva sentire giorno e notte, quindi evitarlo era il modo migliore per attenuare la propria sofferenza.
Durante una mattina in cui faceva particolarmente caldo, Ariel aveva visto Diego issare le vele senza camicia, e ciò le aveva dato modo di notare ulteriormente i segni sulla schiena. A quella vista le vennero i brividi ed ebbe modo di sentire una sensazione orribile a livello dello stomaco, così si voltò per non dover sopportare quella visione.
Al capitano non era sfuggito il cambiamento di Ariel. La ragazza gli appariva ogni giorno sempre più cupa, sfuggente e soprattutto silenziosa. Ogni giorno, da quando era entrata a far parte della sua ciurma, aveva sentito la sua voce allegra e melodiosa, per di più stranamente familiare.
Adesso, invece, Ariel non apriva mai bocca nemmeno per contestarlo e questo era strano. Quelle poche volte che l'aveva vista parlare era stato con Ryder, cosa che lo infastidiva sempre di più, o al massimo con Spugna. Lo stava forse evitando? Il pensiero lo attraversò immediatamente. Perché avrebbe dovuto? Le aveva forse fatto qualcosa? No, lo avrebbe ricordato. Mentre Hook si poneva una diversa serie di interrogativi, si rese conto di quanta importanza stesse dando a questa faccenda.
In teoria, non gli sarebbe dovuto importare assolutamente nulla del perché quella stupida ragazzina gli tenesse il broncio, ma in quel momento sembrava l'unico problema degno di occupare i suoi pensieri. Il capitano era vicino al timone, e vide la ragazza preparare una sacca. Una sacca? Affianco a lei c'era il dannato Ryder, che la stava aiutando. Che diamine stavano facendo?
“Ryder! Marina!” esclamò il capitano facendo voltare i due giovani “Cosa state preparando?”
“Stavamo preparando la borsa, capitano” rispose il ragazzo con tono disinvolto “Pensavamo di scendere a fare qualche rifornimento”.
“Ah...” il capitano non aggiunse altro. In quel momento si sarebbe voluto dare uno schiaffo con la mano sinistra. Peccato che se avesse fatto una cosa del genere sarebbe stato alquanto controproducente, vista la presenza del suo uncino, quindi si limitò soltanto ad immaginare una scena del genere. Che diavolo gli era preso? Nella sua testa, gli sembrava una quasi scenata di gelosia, ma solo nella sua testa per fortuna.
Qualcuno doveva pur scendere a fare rifornimento, poiché non potevano vivere solo di pesce. Sull'Isola vi era un piccolo villaggio, Barrie (*), non molto lontano dall'accampamento indiano. Di solito ci era sempre andato Spugna insieme a qualcun altro, quindi Hook si chiedeva per qualche barbaro motivo dovesse andarci Ariel...con Ryder poi!
Decise di non ribattere o fare considerazioni che avrebbero dato modo di sospettare qualcosa, così ingoiò il rospo, cercando di darsi un contegno. Era un pirata, non certo un giovinetto con una cotta.
Eppure, nel momento esatto in cui vide Ariel e Ryder scendere dalla nave, il suo primo pensiero fu quello di correre loro dietro ed accompagnarli, pur di non lasciarli soli.
Ormai gli era chiaro: stava decisamente impazzendo.
 
“Tutto bene, Marina?”. La voce di Flynn riportò la ragazza con i piedi per terra.
“Sì, tutto bene” rispose Ariel con finta naturalezza “Mi sento solo un po' stanca”.
“Sei stanca? Vuoi che ci fermiamo?” domandò il giovane fermandosi a guardarla “In effetti sei un po' pallida, meglio fermarsi”.
“No, davvero!” esclamò Ariel continuando a camminare “Intendevo stanca in questi giorni, ma sto bene, tranquillo”. Gli rivolse un sorriso cercando di convincerlo e sembrò funzionare.
Il ragazzo storse un po' il labbro ma si fece convincere “Va bene...ma più avanti ci fermiamo”.
Mentre continuavano a camminare fra i boschi, Ariel osservava la mappa dell'Isola, secondo la quale avrebbero dovuto attraversare prima i boschi e poi un accampamento indiano. Si chiedeva come potesse essere questo accampamento. Non aveva mai visto gli indiani, poiché sicuramente non ce n'erano sott'acqua, quindi l'idea di dover attraversare un accampamento la incuriosiva, ma soprattutto era felice di stare lontana dalla Jolly Roger anche solo per poco.
Voleva allontanarsi da Diego...e da Hook. Meglio che stare lì a farsi dilaniare dai sensi di colpa.
Dopo circa un'ora di cammino, i due giovani giunsero a poca distanza dall'accampamento, dal quale Ariel poteva vedere del fumo. Riuscì a convincere nuovamente Flynn a non fermarsi prima, perché era semplicemente ansiosa di vedere l'accampamento, ma forse sarebbe stato meglio non esserlo.
L'accampamento indiano si trovava in cima ad una collina che si affacciava su un altro lato della spiaggia, precisamente la parte opposta a quella in cui si trovava la Jolly Roger.
Ariel osservò attentamente le tende tenute in piedi da pali ricoperti con pelle di bisonte. [a capo]
Le tende erano disposte tutte a cerchio ed al centro vi era un fuoco che stava ormai per spegnersi.
Poco più in là, vi erano tre pali piuttosto alti, che però avevano qualcosa di particolare che attirò l'attenzione di Ariel, la quale si avvicinò meglio per osservare.
La struttura l'affascinava. Mise una mano su di essa e osservò le figure scolpite. Ariel si chiese che significato potessero avere quelle strutture.
“Questi sono totem” esclamò Flynn vedendola così presa. Ariel si voltò verso di lui.
“E qual è il loro significato?” chiese con curiosità.
“Beh, dipende” rispose il giovane toccandosi la mascella con una mano “Di solito dipende dal tipo di disegno scolpito su di esso. Possono indicare leggende, clan o eventi importanti. Hanno un significato prettamente simbolico”.
Ariel continuava a guardarle: quelle strutture raccontavano una storia e si chiedeva quale storia potesse essere. Chissà se un giorno ci sarebbe stato qualcosa che raccontasse anche la sua di storia.
Chissà se ci sarebbe stato qualcosa che raccontasse anche quella di Hook. Qualcosa che testimoniasse il loro passaggio, le loro azioni...la loro esistenza.
“Forza, Marina” disse Flynn avvicinandosi alla ragazza “Andiamo ora, prima che ci diano per dispersi”. Pronunciò l'ultima frase con un sorriso, cercando di mettere Ariel di buon umore. La ragazza ricambiò il sorriso, contenta di aver visto qualcosa di interessante, e lo seguì, riprendendo a camminare. Mentre stavano per uscire dall'accampamento, cominciarono a sentire un suono di tamburi. Si voltarono per cercare di capire da dove provenissero, ma non c'era nessuno oltre loro. I due ragazzi si guardarono, evidentemente confusi ed anche un po' preoccupati.
La situazione sembrava un po' inquietante. Flynn prese immediatamente il braccio sinistro della ragazza e la tirò, riprendendo a camminare, ma non appena si voltarono, si trovarono dinanzi uno dei pellerossa. Era piuttosto grosso. Aveva le braccia incrociate sul petto e stava lì immobile a guardali senza proferire parola. Ariel guardò di nuovo alle sue spalle e vide altri pellerossa sbucati improvvisamente dal nulla. Erano circondati.
L'uomo dinanzi a loro iniziò a parlare “Intrusi”. Il suo tono di voce era accusatorio, come se fossero venuti lì per rubare o fare qualcosa di dannoso nei loro confronti.
Flynn scosse la testa “No, no!” esclamò con voce quasi tranquilla “Senti, grande capo. Stiamo semplicemente andando al villaggio, siamo solo di passaggio”.
L'indiano non badò minimamente a quello che aveva detto e gli si fece più vicino “Pirati” esclamò con tono più alto. Suonava quasi come un rimprovero.
“Voi ci avete saccheggiato”. Ariel deglutì. Si chiese a chi altro potevano aver dato fastidio.
“E adesso noi saccheggeremo voi” continuò il pellerossa.
Flynn lo guardò, accennando un lieve sorriso “E come vorreste farlo?” chiese.
Il pellerossa si voltò verso di lei.
“Prendendo qualcosa di prezioso” rispose, continuando a tenere lo sguardo fisso su di lei. La ragazza impallidì. Qualcosa le diceva che non sarebbe uscita da quell'accampamento.
 
Tre ore. Erano passate tre ore da quando Ariel e Flynn erano scesi dalla nave e al capitano Killian Jones questo non piaceva affatto. Avrebbero dovuto impiegarci un'ora, un'ora e mezza al massimo, di certo non tre ore. Cosa li stava trattenendo? Ryder aveva un certo successo con le signore da quello che aveva sentito, nonostante il suo amore per la ragazza dai lunghi capelli biondi. Forse era scattato qualcosa fra i due, d'altronde stavano sempre insieme. Forse Ryder si era fatto avanti e lei non lo aveva rifiutato. No...Ariel non era una ragazza del genere. Tuttavia, questo non poteva dirlo con assoluta certezza, visto che non sapeva assolutamente nulla di lei. Non aveva idea del luogo da cui provenisse, né era a conoscenza del motivo che l'aveva portata su quella nave.
Quella ragazza era stata praticamente pescata dal mare, come fosse un pesce. Ariel era un vero mistero per lui sotto certi punti di vista, eppure era sempre così curiosa e desiderosa di avventure...un po' come Milah. Quando il pensiero della donna da lui amata gli attraversò la mente, sentì una leggera fitta al cuore. Ogni volta che pensava o guardava quella ragazza dai capelli rossi, gli sembrava quasi di tradire Milah. Spesso e volentieri si era ritrovato a fissarla, bloccando semplicemente i suoi occhi su di lei, senza nemmeno rendersene pienamente conto e questo lo faceva sentire in colpa. Chissà cosa avrebbe potuto dire Milah al riguardo. Lo avrebbe spinto ad amare di nuovo oppure lo avrebbe attirato maggiormente verso di sé? Amare...lui che amava di nuovo? Doveva essere proprio impazzito anche solo nel pensare una cosa del genere.
“Capitano!” L'urlo di Grimsby lo fece sobbalzare, come se si fosse appena svegliato. Si voltò e quella che si ritrovò dinanzi non era una scena molto promettente: il viso di Grimsby era il ritratto dell'ansia e della preoccupazione. Qualcosa non andava. Affianco a lui c'era Spugna che cercava di reggere, con l'aiuto di Diego, un Ryder evidentemente ferito e privo di sensi. Hook si avvicinò immediatamente, e gli tastò il polso per assicurarsi che fosse ancora vivo...lo era, per fortuna.
“Che diamine è successo?” chiese fissando Spugna.
“Non lo so” rispose l'uomo con voce carica di ansia “Lo abbiamo visto in lontananza, ma non appena lo abbiamo soccorso ha perso i sensi”.
Il ragazzo era messo alquanto male. Aveva un labbro spaccato e qualche livido sul viso, ed inoltre aveva una freccia conficcata all'altezza della spalla.
“Portatelo nella sua cabina, forza!” disse rivolgendosi ai due uomini che lo reggevano. Scosse un attimo la testa, cercando di ragionare. Come era potuto succedere e soprattutto chi era stato a fargli questo e per quale motivo? Ad un tratto si accorse che qualcosa non andava. Lei dov'era? Si recò di corsa sottocoperta, raggiungendo Spugna e Diego nella cabina. I due uomini si voltarono al suo arrivo: sul viso di Hook si poteva notare una leggera preoccupazione. Si avvicinò al letto su cui era adagiato Ryder e cominciò a scuoterlo. Diego lo guardò confuso.
“Capitano, ma cosa state facendo?” chiese fissandolo mentre Spugna prendeva dell'acqua e qualche straccio per la ferita del giovane.
“Tu che dici?!” esclamò il capitano “Marina non c'è! Lui deve sapere dov'è!” continuò agitandosi.
“Capitano” intervenne Spugna “ci faccia medicare la ferita e poi vedrà che si sveglierà”.
Hook scosse la testa con fare nervoso “No, perderemmo solo altro tempo”.
Il capitano cercò di svegliarlo, continuando a scuoterlo fin quando Flynn non riprese finalmente i sensi. Il giovane si contorceva sul letto, lamentandosi, e con la spalla ricoperta di sangue. Hook non gli diede nemmeno il tempo di riprendersi, che gli fu nuovamente addosso, prendendolo per le braccia.
“Lei dov'è?” la sua voce sembrava quasi un sibilo.
“Capitano!” esclamò Spugna cercando di avvicinarsi, ma Diego lo fermò.
Flynn, tenendosi la spalla ferita con una mano, lo guardava con faccia sofferente cercando di trovare la forza per parlare. Prima che il capitano potesse perdere maggiormente la pazienza, cominciò a parlare, digrignando i denti per il dolore alla spalla.
“Indiani” rispose tutto d'un fiato “L'hanno presa”. Hook si morse il labbro poi si passò una mano fra i capelli con fare preoccupato. Doveva aspettarsi una qualche risposta, dato ciò che avevano combinato qualche tempo prima. Non solo avevano assalito l'accampamento dei pellerossa ma avevano anche rapito la figlia del capo della tribù, Giglio Tigrato.
Tutto ciò per scoprire il nascondiglio di Peter Pan e dei Bimbi Sperduti, che la ragazza conosceva ma ovviamente non erano riusciti nel loro intento, poiché Peter era venuto a salvarla. Non aveva minimamente riflettuto sulla possibilità che potessero riversare la loro vendetta su di lei, ma come poteva? Adesso la ragazza era con loro e chissà cosa le avrebbero fatto. Hook realizzò che non potevano certo stare lì con le mani in mano: dovevano salvarla. Uscì dalla cabina e si recò sul ponte di comando della nave, dove vi trovò Grimsby, che al suo arrivo si voltò a guardarlo.
“I pellerossa hanno preso Marina come ripicca per aver rapito Giglio Tigrato” esclamò “Dobbiamo andare a riprenderla”.
Grimsby lo guardò leggermente confuso “Killian, fermati un attimo a pensare. Non credi che adesso si aspettino una nostra visita? Sarebbe azzardato”.
“Lei è nelle loro mani!” ribatté “E se le facessero del male?”.
“Non lo faranno” rispose l'uomo cercando di tranquillizzarlo “Noi non abbiamo alzato nemmeno un dito su Giglio Tigrato e loro faranno altrettanto”.
Hook sospirò pesantemente e si mise una mano sulla bocca, cercando di riprendere il controllo della sua mente. Il solo pensiero di lei prigioniera per colpa sua lo faceva stare male. L'avrebbe salvata, a qualsiasi costo.
 
Il suono dei tamburi era a dir poco assordante e le perforava i timpani. Non ricordava molto di ciò che era successo: aveva visto soltanto Flynn correre ed urlarle di scappare...poi il buio. Adesso si stava risvegliando e poteva sentire i tamburi non molto lontano da lei. In realtà, aveva paura di aprire gli occhi e sperava fosse un sogno...che ancora si dovesse svegliare, perché dinanzi ai suoi occhi non avrebbe trovato qualcosa di buono. Li aprì leggermente, cercando di capire cosa c’era era attorno a lei: era in una tenda dell'accampamento...da sola. Flynn non c'era e questo la preoccupava. Forse era in un'altra tenda? Si mise a sedere, cercando di ricordare ciò che era successo. Flynn l'aveva presa per un braccio, le aveva urlato di correre e lei così aveva fatto ma poi qualcosa era andato storto:era stata colpita, finendo a terra e prima di perdere i sensi ricordava solo Flynn che correva...l'aveva lasciata indietro? No, non lo avrebbe mai fatto. Forse era stato catturato oppure era riuscito a scappare per andare a chiamare aiuto. Tuttavia, lei era prigioniera anche se non capiva il motivo. Il capo indiano aveva detto che erano stati saccheggiati, ma perché prendere lei? Non riusciva a venirne a capo.
“Non tediarti troppo”. Una voce femminile la fece voltare. Dinanzi a sé trovò una donna. Era di una bellezza indescrivibile: alta, con le labbra rosse e gli occhi neri fissi su di lei. Aveva la pelle scura ed i capelli, dello stesso colore degli occhi, le arrivavano fin sotto la schiena. Al collo portava una collana fatta con pietre turchesi ed un pendente al centro.
“Con chi ho il piacere di parlare?” chiese Ariel con velata ironia. Ovviamente non si fidava molto: l'avevano presa e fatta prigioniera per chissà quale motivo.
La donna le rivolse un sorriso gentile “Non è la mia identità il problema, ma la tua”.
Ariel si irrigidì mentre la donna le sorrideva tranquilla, come se percepisse il suo fastidio e ne traesse divertimento.
“Tu chi sei?” chiese Ariel titubante. Si sentiva stranamente vulnerabile in quel momento, come se quella donna riuscisse a leggere il suo animo. Era curiosa di sapere chi fosse quest'ultima.
“Io sono una delle figlie del capo tribù” rispose “mi chiamo Pocahontas e sono una strega”.
“Una strega?” chiese la ragazza confusa “E cosa vuoi farmi?”.
Dopo aver udito la domanda di Ariel, la donna scoppiò a ridere ancora più divertita di prima, mentre Ariel la guardava sempre al confine fra fra il confuso e l’infastidito. Farsi prendere in giro le riusciva sempre bene.
“Io non voglio farti niente di male” rispose fra le risate “ma vedi tu sei qui semplicemente perché i pirati non molto tempo fa hanno rapito mia sorella Giglio Tigrato”.
“Le hanno fatto del male?” domandò Ariel timorosa. Se la risposta fosse stata sì, allora avrebbe dovuto preoccuparsi seriamente per la propria sorte.
“No” rispose “L'hanno rapita per conoscere il nascondiglio dei bimbi sperduti ma mia sorella non ha proferito parola pur di non tradirli”. Fece una breve pausa, sospirando per poi continuare a parlare.
“Tuttavia mio padre non ha gradito quel gesto, quindi ha voluto rispondere con la stessa moneta ed usandoti come esca per i pirati”. Ariel la fissò incredula. Adesso era tutto più chiaro. Flynn sicuramente non era all'accampamento ma lo avevano lasciato fuggire apposta, così che lui potesse avvertire Killian e portarli tutti qui. Se loro fossero arrivati lì da lei...non voleva nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere. Tuttavia, c'era forse la possibilità che non sarebbero venuti. Magari l'avrebbero lasciata lì, per non correre pericoli, almeno non avrebbero corso il rischio di dare inizio ad un combattimento con gli indiani.
La ragazza, notando il silenzio di Ariel, le mise una mano sulla spalla “Verranno”.
Ariel sgranò gli occhi. Cosa faceva quella ragazza? Le leggeva nel pensiero?
“Ma...” Ariel non portò a termine la frase e la giovane le rivolse l'ennesimo irritante sorriso.
“Insomma!” sbottò ad un tratto Ariel “Ti piace fare giochetti!”.
Pocahontas rise di nuovo. Era lei ad essere troppo stupida o era l'indiana che si divertiva a ridere in continuazione di lei? Forse entrambe.
“E tu hai perso la coda”. La giovane la guardò con espressione interrogativa “Io so chi sei e soprattutto cosa sei, Marina” esclamò la ragazza con gran gusto, come se pronunciare quella frase le desse soddisfazione “O forse dovrei dire Ariel”.
Magia? Tutti attorno a lei sembravano possederla o almeno conoscerla, mentre lei ne era completamente all’oscuro . Bae con la polvere di fata, Killian con i fagioli magici e adesso questa ragazza che sosteneva di sapere lei chi fosse e cosa fosse. Cosa le importava? Sapere chi fosse non poteva né giovarle né danneggiarla in qualche modo. Allora perché farglielo notare?
“Ariel” continuò la ragazza mettendosi a sedere di fronte a lei “Tu appartieni all'oceano, anche se hai le gambe continuerai ad appartenere ad esso, per sempre. Non esiste magia in grado di cambiare questa cosa, rammenta”.
“Come fai a sapere che sono una sirena?” chiese la giovane guardandola con sorpresa.
L'indiana le prese le mani d'un tratto.
“Io sapevo da molto tempo che ti avrei incontrata e non aspettavo altro” esclamò tenendo gli occhi fissi nei suoi “Tu sei un essere speciale”.
Ariel fece un sorriso amaro “Io non sono niente di speciale. Solo una ragazza, né più né meno” rispose sminuendosi ed abbassando gli occhi per non reggere il suo sguardo.
“Una ragazza innamorata” la corresse lei mettendole una mano sulla guancia.
Innamorata” esclamò Ariel alzando gli occhi al cielo “Io non so assolutamente cosa sia l'amore e non dovrei neanche parlarne. Il mio errore è stato semplicemente quello di idealizzare troppo qualcuno di cui non sapevo e non so assolutamente niente. Ho sempre vissuto nell'oceano, cosa posso saperne di amore?” mentre pronunciava queste parole sentì un lieve groppo in gola “Quando lo vidi per la prima volta mi sono sentita come mai in vita mia, gli ho salvato la vita ma quell'uomo non ha nemmeno il minimo ricordo di me ed è una bestia...non mi ama, né mi amerà mai. Credevo che la vita con i pirati fosse la strada giusta per me invece mi sbagliavo. Per colpa mia un uomo innocente è stato punito, semplicemente perché mi sono comportata da codarda quale sono”.
“A me sembra che tu abbia già iniziato a percorrere la tua strada” rispose la ragazza.
Ariel la guardò con un filo di sfiducia “Ma io non so nemmeno quale sia la mia strada né se la troverò mai. Sostieni di essere una strega, dimmelo tu!”. Pocahontas rise.
“Se ti dicessi io la strada da percorrere, che senso avrebbe tutta la tua vita?” le domandò lei mettendole le mani sulle spalle “Hai intrapreso la tua strada già tempo fa, scegliendo una vita da umana, lontana dall'oceano. Lo hai fatto per un motivo: per essere libera. Libera di scegliere chi amare, libera di scegliere cosa fare, libera di vivere la tua vita. Tua e di nessun altro. Questo deve pur significare qualcosa, non credi?” Ariel sembrava ancora poco convinta. Cosa potevano significare le sue azioni se fino ad allora avevano portato soltanto sofferenza a chiunque le stesse intorno e non a lei. La donna le prese il mento con una mano.
“Hai iniziato a percorre la tua strada quando hai deciso di salvare quel pirata” cominciò con voce ferma “quando hai deciso di uscire in superficie, quando hai impedito che un giovane orfano venisse tenuto prigioniero, quando con il tuo aiuto hai evitato un ennesimo scontro fra pirati e bimbi sperduti. Le tue azioni sono più determinanti di quanto tu creda.”
“Anche dire la verità sulla fuga di quel ragazzo sarebbe stato determinante” disse con voce bassa, come se stesse parlando tra sé e sé. Ciò che era successo a Diego era soltanto colpa sua, si sentiva orribile oltre che codarda. Quello che lei sentiva non era soltanto dolore ma una voglia di addormentarsi, di scomparire, annullando la sua identità (fittizia per di più): in quei giorni una forza meccanica la portava a muovere le gambe, quasi involontariamente. Sembrava una malattia dell'animo la sua, dovuta al suo gesto che non le permetteva di agire, di pensare, di essere chiaramente se stessa. Era come se fosse un guscio vuoto, un fantasma: non sentiva nulla. Il mare era soltanto mare. Il sole era soltanto sole. La sua vita ed i suoi sentimenti stavano evaporando.
“Il tuo gesto è stato dettato dalla paura, nient'altro” rispose la donna cercando di rincuorarla “Non ci sono buoni e cattivi, ognuno crede di essere nel giusto. Tu hai agito con ingenuità, senza pensare seriamente alle conseguenze ma hai aiutato qualcuno che ne aveva bisogno”.
“Forse dovrei lasciare la nave, sarebbe la scelta più saggia” esclamò la ragazza a fatica, come se fosse sul punto di scoppiare in lacrime.
“Ascolta. Guarda dentro di te, tu sai qual è la tua strada. Seguila!” le prese nuovamente le mani e chiuse gli occhi. Ariel si sentì invadere da un freddo incredibile, che le penetrava le ossa.
“Tu hai un cuore puro, a differenza del pirata” esclamò tenendo sempre gli occhi chiusi e mettendole una mano all'altezza del cuore. A quella frase, in Ariel lo sconforto non fece altro che aumentare, poiché confermava la sua idea di lasciare la nave ma prima che potesse rispondere la donna continuò a parlare.
“Il suo cuore è marcio, stretto in una morsa di vendetta e rancore...ma non devi arrenderti. C'è ancora una piccola luce, anche se flebile. Tu puoi riaccenderla ma dovrai essere paziente. L'odio è talmente radicato, che sarà difficile combatterlo”.
In quel momento, un'immagine nitida le attraversò la mente: lei e Killian insieme, ma quando sarebbe stato realizzabile questo suo profondo desiderio? Era davvero in grado di annientare la morsa di odio che teneva stretto il suo cuore?
“Sono i nostri gesti a determinare chi siamo, Ariel” disse la giovane riaprendo gli occhi e carezzandole lievemente la guancia “Sentirti in colpa e smettere di vivere per quello che è capitato non annullerà certo il tuo dolore. Andare avanti, questo farà scomparire il tuo dolore e senso di colpa. Stare a compiangersi non cancellerà le cicatrici di Diego ma farà aumentare quelle già incise sul tuo cuore”. Ci volle molto per convincere Ariel che Pocahontas le stava dicendo il vero. Aveva ancora molte domande e cercava da sola di dare una risposta a questi interrogativi che si stava ponendo ma venne interrotta dall'arrivo di qualcun altro nella tenda: il capo tribù che aveva visto insieme a Flynn. Stringeva in mano una lancia e, senza dire nulla, si avvicinò e l'afferrò per un braccio costringendola ad alzarsi: la teneva così stretta da farle male. La trascinò fuori, dove c’erano altri indiani che continuavano a suonare imperterriti i loro tamburi, mentre Pocahontas si era precipitata fuori insieme a loro.
“Legatela” esclamò il capo tribù scrollandole il braccio “I pirati dovrebbero arrivare tra non molto”. Detto ciò, spinse via la giovane tra le mani di altri due indiani che avevano il compito di legarla ed immobilizzarla, mentre Ariel continuava a dibattersi, senza restare per niente ferma.
“Padre!” esclamò Pocahontas con un filo di disperazione nella voce, mettendosi dinanzi ad Ariel.
“Figlia, togliti di mezzo!” esclamò l'uomo con sguardo severo “Con il tuo atteggiamento insulti tua sorella, rapita da quei selvaggi”.
“No, non lo farò!” rispose lei quasi urlando, provocando lo sgomento di tutti coloro che li circondavano. Ariel, intanto, la osservava. Le sembrava di rivivere una scena a dir poco familiare: una figlia che si opponeva al volere del proprio padre...le ricordava qualcosa.
“Guardati intorno” esclamò la giovane quasi supplicandolo “è a questo che la via dell'odio ci ha portato. Questa è la via che ho scelto, padre: quella di impedire inutili combattimenti e spargimenti di sangue. Quale sarà la tua? Dimmi” (*).
Il padre la guardava con gli occhi sgranati, esattamente come il proprio nel momento esatto in cui si era ritrovato faccia a faccia con una verità che non gli andava del tutto bene, una verità che lo aveva lasciato di sasso: la sconcertante situazione di sua figlia che si opponeva al suo volere e che, soprattutto, la pensava in maniera del tutto diversa da lui. Ariel si chiedeva come avrebbe reagito il capo indiano...se, come suo padre, avrebbe distrutto ogni cosa che aveva intorno, oppure se avrebbe capito ciò che si stava apprestando a compiere. Sia Ariel che Pocahontas erano immobili, quasi paralizzate dalla tensione di quel momento. Nessun altro osava parlare o emettere suoni, persino i tamburi si erano fermati. Erano tutti concentrati sul capo tribù, in attesa delle sue parole.
Un improvviso e tenue venticello cominciò a soffiare, accarezzando il viso di Pocahontas e scompigliandole leggermente i capelli. Era ancora più bella. Il suo sguardo era fisso su suo padre e stava ad indicare una sola cosa: non si sarebbe arresa.
Suo padre si lasciò quasi cullare da quella lieve ondata di vento e chiuse gli occhi, come se stesse ascoltando qualcuno che gli stava parlando. D'un tratto aprì gli occhi, abbassando la lancia.
“Sei identica a tua madre” esclamò corrugando la fronte. Poi si voltò verso Ariel “Lasciatela andare. Sarà meglio che tu vada via in fretta prima che cambi idea”. Pocahontas fece un sorriso commosso che si allargò maggiormente quando corse incontro a suo padre abbracciandolo.
Nel frattempo, Ariel non riusciva a distogliere il suo sguardo da loro: quello era il finale perfetto di una situazione padre-figlia...solo che purtroppo quello non era il suo finale. Improvvisamente, il pensiero di Killian e gli altri le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno: doveva correre via da lì ed impedire che arrivassero all'accampamento ma prima che potesse andarsene, Pocahontas si staccò da suo padre per avvicinarsi a lei, come se le avesse appena letto nel pensiero.
“Ci hai messo poco” esclamò Ariel con un sorriso. La giovane ricambiò il sorriso.
“Credo che sia il momento di salutarci” rispose abbassando lo sguardo.
“Come posso ringraziarti?” chiese la ragazza prendendole le mani.
“Non devi ringraziare me” rispose Pocahontas con voce serena “soltanto te stessa. Adesso vai!”. La sua ultima espressione suonò quasi come un'ordine...doveva fare in fretta. Abbracciò velocemente la donna, e si voltò per andarsene.
“Ariel!” Pocahontas la chiamò facendola voltare “Rammenta quello ti ho detto, ogni cosa!
La giovane annuì, dopodiché cominciò a correre lontana dall'accampamento e sempre più vicina a Killian.
 
“Forza! Spostate quelle fronde!” gli ordini di Grimsby erano così forti che risuonavano per tutta la foresta. Sembrava che li stesse pronunciando quasi con rabbia. Convincere Hook ad aspettare prima di incamminarsi verso l'accampamento indiano era stato a dir poco impossibile e Grimbsy, come molti altri, era convinto che stessero andando incontro ad una vera e propria trappola ma al capitano questo non sembrava importare. Hook, non molto distante da lui, tagliava via le fronde con la sua spada e lo faceva con un tale sdegno che a guardarlo ci si poteva chiedere cosa avesse contro quelle povere piante. In realtà stava solo sfogando la sua preoccupazione per la sorte della ragazza ma era meglio non farglielo notare per nessuna ragione al mondo.
“Siamo sicuri di ciò che stiamo facendo?” chiese Diego sottovoce sperando il capitano non lo sentisse in alcun modo.
“Diego, ti prego!” esclamò Grimsby “Non parlare e non domandare”. Diego si limitò a guardarlo perplesso, borbottando. Era abbastanza evidente che erano tutti consapevoli della situazione spiacevole a cui stavano incontro.
“Siamo sicuri che la ragazza sia ancora viva?” chiese Jack ad alta voce.
“Male che vada ce ne liberiamo” rispose uno dell'equipaggio, Shorty, con un sorriso maligno “Porta male avere una donna a bordo”.
Grimsby, avendoli sentiti, cercò di far loro segno di star zitti, poiché il capitano era proprio dietro di loro.
Jack rise divertito “Porterebbe peggio non averne, credimi!”. Hook li fulminò con lo sguardo e quando i due si accorsero che il loro capitano li aveva ascoltati, fecero finta di nulla, continuando a tagliare le fronde.
Stava davvero portando i suoi uomini in una trappola? In quel momento voleva solo essere certo che lei stesse bene ma se, come ipotizzavano loro, non fosse ancora viva? Il pensiero gli fece venire un groppo in gola.
Guardò più avanti e vide una macchia rossa muoversi fra gli alberi. Hook sbatté leggermente le palpebre e scosse la testa, cercando di realizzare cosa avesse appena visto ed una serie di immagini completamente sconnesse gli attraversarono la mente: il mare, la spiaggia ed una macchia rossa dinanzi a lui. Aveva il respiro affannato ed era finito in ginocchio senza nemmeno accorgersene. Diego gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla “State bene, capitano?”. Hook si limitò a sospirare e scuotere la testa, alzandosi in piedi. La stanchezza lo stava facendo crollare.
Guardò di nuovo dinanzi a sé e vide di nuovo questa macchia rossa non molto lontano da loro. Che cos'era? Sguainò la spada e cominciò a camminare superando i suoi uomini che lo guardavano come se fosse completamente impazzito.
“Killian!”. Quella voce. Era lei. Man mano che si avvicinava la macchia rossa diventata sempre più chiara: era Ariel che correva verso di loro. Quando lo vide, si fermò, annaspando e mettendo le mani sulle ginocchia, cercando di riprendersi.
“Marina!” esclamò Grimsby felice di rivedere la ragazza “Stai bene? Sei fuggita?”.
“No” rispose la giovane sistemandosi i capelli dietro il collo “mi hanno lasciata andare”.
“Come?” chiese Jack evidentemente sorpreso.
“Stai bene? Sei ferita?” domandò Hook.
“Sto bene” rispose lei con un filo di voce. Poteva quasi vedere la preoccupazione sul viso di Hook mentre l'osservava, assicurandosi che stesse realmente bene.
“Sei sicura? Non ti hanno fatto del male?” La giovane annuì con un cenno del capo, sospirando e felice di essersi riunita a loro.
Tornarono alla Jolly Roger, dove ad aspettarli vi erano Spugna che vegliava su Flynn e gli altri pirati rimasti a bordo. Ariel, quando mise piede sulla nave, venne invasa da una sensazione di calore a livello del petto, come se in quel momento fosse a casa: era una sensazione piacevole.
 
Ariel scese subito sottocoperta. Aveva un piccolo taglio sulla fronte, che doveva essersi procurata quando era stata colpita dagli indiani, così cercò del rum ed uno straccio per disinfettare la ferita. Cominciò a tamponare lievemente, sopportando il bruciore che quella ignobile bevanda le stava provocando.
“Avevi detto di non essere ferita”. Il tono di Hook sembrava quasi offeso, come se lei gli avesse tenuto nascosto qualcosa di importante.
“E' solo un taglio” rispose la ragazza rivolgendogli un sorriso “Nulla di grave”. Gli diede le spalle, continuando a tamponare la ferita ma non appena fece in tempo a voltarsi, Hook le fu davanti.
“Faccio io” esclamò con tono autoritario, togliendole lo straccio ed il rum dalle mani “Siediti”.
Ariel si mise a sedere su una delle diverse casse presenti sottocoperta e, per quanto fosse pienamente in grado di medicarsi da sola, decise di non dire nulla, data l'espressione corrucciata del suo capitano, così si limitò a sussurrare un semplice grazie.
“Così ti hanno lasciata andare” cominciò lui tamponandole il taglio sulla fronte.
“Già” rispose lei tenendo gli occhi bassi “La figlia del capo tribù aveva una certa simpatia per me”.
Come darle torto? La guardò per un attimo. Il suo sguardo sembrava non avere mai abbastanza della vista di lei, dei suoi occhi, del suo viso, soprattutto durante quel giorno in cui aveva temuto profondamente per la sua vita. Il suo cuore si fermò, quando lei alzò gli occhi verso di lui, per poi distoglierli immediatamente, come se non fosse capace di reggere il suo sguardo.
“Beh” esclamò Hook sospirando “per fortuna non ho perso due del mio equipaggio”.
Ariel lo guardò con un'espressione divertita “Oh andiamo, Killian!”.
Sentirla pronunciare il suo nome lo fece sentire vivo per un attimo. Non era Hook, l'uomo senza mano e senza cuore...era tornato ad essere Killian, quel giovane ancora vivo dentro di lui. Hook e Killian: sempre in guerra fra loro. Killian pregava di uscire, di tornare a vivere davvero come aveva fatto prima dell'incontro con il Coccodrillo ma Hook era troppo forte. La verità era che provare odio e rancore risultava più semplice.
“Sei felice che io sia sana e salva!” esclamò la rossa con un sorriso ancora più divertito e convinto per ciò che aveva appena detto.
“Mi sarebbe solo dispiaciuto perdere uno dei miei” rispose lui con tono sardonico. Non riusciva ad ammettere nemmeno a se stesso la verità che quella ragazza gli stava sbattendo in faccia. [a capo] Per lui era così. Non confessava mai i propri sentimenti e le proprie paure, principalmente perché non si era mai piegato ad essi e non aveva certo intenzione di cominciare adesso.
“Certo” rispose lei con tono canzonatorio “Ti sarei mancata, nonostante tutto”.
Hook non rispose e si limitò a roteare gli occhi, mentre lei continuava a sorridere soddisfatta. Lo sguardo di lei cadde sul suo braccio destro: aveva la manica della camicia sollevata ed il tatuaggio era in bella vista. Lei lo guardò e aprì leggermente la bocca come per parlare.
“Chi è Milah?” chiese con tono basso. Ariel aveva già notato quel tatuaggio ma non aveva certo avuto modo di chiedere qualcosa al riguardo, e forse quel momento non sarebbe tornato.
“Qualcuno del mio passato” rispose lui abbassando gli occhi e voltandosi per riporre il rum “Sono venuto qui per trovare un modo per vendicarmi”. L'evidenza colpì Ariel come uno schiaffo in pieno viso, non aveva la forza né il desiderio di rispondere o fare altre domande, quindi si limitò a tenere gli occhi bassi fissando il legno. Tuttavia, rifletté su un particolare: Hook proveniva da un altro luogo...non era sempre stato all'Isola che non c'è.
Intanto, Hook cominciò ad armeggiare con una piccola sacca che teneva legata alla cintura, prendendo qualcosa. Ariel lo osservava senza dire nulla, chiedendosi cosa stesse facendo. Dalla sacca, l'uomo estrasse un oggetto minuscolo. La giovane lo osservò meglio, cercando di capire di cosa si trattasse e sgranò gli occhi quando realizzò cosa Hook avesse preso: un fagiolo.
“Questo” cominciò il capitano tenendo il fagiolo tra le dita all'altezza della fronte di Ariel “è un fagiolo magico. Ne ho usato uno per venire qui”. Ariel continuava ad ascoltarlo, rapita dalle sue parole e ricordando ciò che le aveva detto anche Bae la notte che lo aveva liberato.
La malinconia cominciò a manifestarsi nello sguardo di Hook, mentre Ariel si chiedeva cosa gli fosse successo di così triste.
“Ne ho rubato uno per poter tornare indietro nel nostro mondo...mio e dei miei uomini” continuò osservando il fagiolo che aveva tra le mani “Sai, se un giorno tornassimo indietro...” pronunciò questa frase con una lieve esitazione, come si stesse rendendo conto in quel momento di ciò che stava per dire “potresti venire con noi, invece di restare qui”.
Il viso di Ariel si allargò in un luminoso sorriso, mentre Hook continuava ad osservarla, quasi estasiato dal suo sorriso.
“Sarebbe davvero bello” disse in tutta onestà “E' proprio vero che sei felice che io sia qui!” aggiunse poi sorridendo e sperando di non aver tirato troppo la corda.
Hook sospirò, rassegnato alla convinzione della ragazza “Diciamo che non sono scontento!” esclamò poi con un ghigno “Allora che cosa ne pensi, Marina?”.
Ariel si alzò in piedi, continuando a sorridergli evidentemente felice come mai era stata fino ad allora. Lo avrebbe abbracciato volentieri, grata per la proposta che le aveva fatto, ma decise di non farsi prendere troppo dalla gioia che provava in quel momento.
Lo guardò con dolcezza “Ne sarei felice”.
 

Note:
- eccomi con il quinto capitolo. Personalmente scrivere i primi capitoli per me è sempre un'agonia perchè non sei ancora al “centro” della storia quindi cerchi di ideare una serie di eventi che siano collegati ed abbiano senso con quello che poi deve accadere u.u in questo capitolo ho “cercato” (non so con quale risultato) di far compiere ad Ariel una sorta di viaggio interiore per cercare di capire meglio chi sia e cosa desideri;
- (*) tutti coloro che hanno letto Peter Pan sapranno sicuramente che è stato scritto da James Barrie. Ho deciso di mettere un villaggio che portasse il suo nome perchè così mi ha detto la testa u.u no dai era per inserire un luogo in cui potessero fare rifornimento anche se a Neverland non mi risulta ci siano villaggi u.u;
- guardare un pò chi c'è...Pocahontas! Lo so, come sorella di Giglio Tigrato suona alquanto ridicolo ma all'inizio non era prevista. Volevo mettere una semplice donna indiana di età avanzata che facesse da "guida" ad Ariel poi mentre scrivevo ho pensato di mettere lei (come quella che nel film ei Simpson aiuta Homer u.u) e spero che non faccia ridere l'idea xD;
- (**) frase tratta proprio dal cartone disney "Pocahontas" precisamente quando impedisce a suo padre di uccidere John Smith :3.
Per quanto riguarda Hook il suo interesse per Ariel/Marina sta evolvendo piano piano senza che se ne renda conto, speriamo bene u.u Ok, non mi sembra ci siano altre precisazioni da fare. Un grazie di dimensioni sconfinate a PoisonIvy_ che sta betando la storia, se pubblicassi certe cose prima del suo betaggio...non voglio neanche immaginare xD. Spero che vi sia piaciuto, commentate in tanti (se vi va u.u)...detto questo, vi saluto. Alla prossima spero.
Un abbraccio :*
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: lilyhachi