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Autore: Lavandarose    01/05/2013    9 recensioni
Con uno scatto la ragazza si avventò su di lui con il pugnale sguainato in mano.
Lui si scostò solo di qualche centimetro e le prese il polso.
Con un movimento fluido la scaraventò contro il muro, puntellandole le braccia ai lati del suo corpo.Il pugnale cadde a terra.
Ora lei era sola e disarmata, tra le braccia del nemico, che la stava sovrastando di almeno trenta centimetri.
Sospirò e lo guardò negli occhi.
L’istante successivo le loro bocche si stavano baciando con rabbia, mordendosi, succhiandosi, lasciando che un’anima entrasse nell’altra.
Lei chiuse gli occhi e dopo un istante sentì un dolore lancinante alla spalla destra.
La stava marchiando, la stava marchiando maledizione!
Con le ultime forze che le rimanevano, cercò di spingere via quel magnifico corpo da lei, guardando che cosa le aveva fatto.
E il marchio era lì: una croce sulla spalla.
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Genere: Erotico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questo capitolo è dedicato a Nerea_V...;) tu sai perché!

 

 

 

Tac. Tac. Tac.

L'eco del rumore dei suoi tacchi era assordante in quel corridoio lungo e buio.

Virginia stava seguendo la donna vestita di bianco che la precedeva di pochi passi. Tra pochi minuti avrebbe rivisto sua madre.

Mamma.

Era tanto, tantissimo tempo che non pensava davvero a lei. Certo, era stato semplice credere alle parole del padre, quando era ancora bambina.

La mamma stava male, era in un posto dove si sarebbero presi cura di lei. Punto. Ecco un'intera vita condensata in poche parole.

E lei lo aveva accettato, chissà se perché era troppo piccola, troppo ingenua o troppo opportunista per chiedersi se in realtà c'era sotto qualcosa d'altro.

E' vero, la sua mamma era una persona strana. Virginia era piccola, ma si ricordava bene delle litigate tra i suoi genitori.

E tutto perché lei continuava a dire che vedeva e parlava con gli angeli.

Gli angeli, certo.

I soliti Edward e Gabriel, alla fine. Ma da quanto tempo è che stavano cercando il sangue della sua famiglia?

Anni? Secoli?

La ragazza scosse la testa. Ora doveva concentrarsi su quel che stava per fare, pensare a quel che doveva chiedere a sua mamma.

Si accorse che l'infermiera stava armeggiando con le chiavi che teneva in mano, senza dubbio erano quasi arrivate alla stanza di Lucy.

Lucy.

Non riusciva neppure a chiamarla mamma, d'altra parte erano anni che non la vedeva più.

Ricordava vagamente suo padre che le raccontava che la mamma stava male e che doveva stare lontana da loro.

Ricordava anche qualche compleanno, durante il quale il papà la portava dalla mamma, facendo ben attenzione a non farle capire che comunque era ricoverata in un ospedale.

E ricordava ancora le braccia della mamma che la stringevano, gli occhi rossi di pianto nascosto mentre la guardava e le carezzava la fronte.

Virginia era tornata a trovarla ancora qualche volta, poi era diventata grande e di tanto in tanto trovava alcune scuse per non andare.

Così, aveva accettato con sollievo, quasi, il discorso del padre che un giorno le aveva detto che la mamma era peggiorata molto ed era meglio che la vedesse meno, molto meno.

Perché si è così egoisti quando si è giovani?, si domandava disperata. Se l'avesse ascoltata di più. Se avesse capito che non c'era nulla di strano, ma che per lei era davvero una realtà.

Facendosi mille colpe, la ragazza si fermò davanti a una porta. L'infermiera mise la chiave nella toppa e iniziò a girare.

- E' proprio necessario tenerla sotto chiave? -

La donna in bianco la guardò.

- Ce lo ha chiesto lei. Ha paura che di notte possa entrare qualcuno. Lei dice che può entrare nei suoi sogni. Noi sappiamo che non può essere vero, ma per assecondarla e non farla agitare la teniamo sotto chiave -

Virginia si morse un labbro. Solo lei poteva sapere quanto vera era invece quella storia.

Averla provata sulla sua pelle le aveva aperto gli occhi in maniera definitiva.

Mentre l'infermiera stava aprendo la porta, la mente della ragazza era in subbuglio.

Quale sarebbe stata la reazione di sua madre? L'avrebbe riconosciuta, abbracciata? Soprattutto l'avrebbe perdonata?

- Vi lascio sole. Tornerò tra un 'ora -

Accorgendosi quasi dell'uscita di scena della donna, Virginia focalizzò la sua attenzione prima sulla stanza.

Era una bella camera, grande. Suo padre non aveva certo badato a spese pur di togliersi quella moglie ingombrante dalla vita. Clinica privata, stanza privata con un letto molto grande, un bagno personale, una bella finestra che dava su un terrazzino. Accanto alla finestra un scrivania, piena di carte, libri e di quaderni che, immaginava la ragazza, dovevano contenere i pensieri della madre.

L'istante successivo l'occhio di Virginia cadde su una figura seduta davanti a uno specchio. Apparentemente non dava attenzione a chi era entrato.

Virginia approfittò del momento per darle uno sguardo. Era di spalle, d'accordo, ma almeno poteva darle una rapida occhiata.

Una figura minuta, vestita di nero, con le spalle un po' incurvate e un caschetto di capelli biondi.

La ragazza si fece coraggio e fece qualche passo nella direzione di sua madre.

- Mamma... - balbettò

La donna seduta si voltò e per un attimo il cuore di Virginia perse un battito. Era ancora bella la sua mamma. Aveva uno sguardo triste e dolce, con degli occhi marroni che nascondevano ancora un bagliore di volontà di acciaio tra la tristezza della vita da reclusa cui era stata condannata.

- Mamma - ripeté Virginia a voce più ferma.

- Bambina mia - una voce sommessa, ma decisa.

Le due donne si guardarono per un attimo, poi Virginia si tuffò tra le braccia della madre, appoggiandole la testa sulle ginocchia.

- Mamma, mammina, io... come ho fatto a non... -

Lacrime sincere rigavano il viso della giovane, la madre la strinse a sé.

- Piccola mia. Non piangere tesoro. Lo sapevo che prima o poi saresti arrivata a sapere tutto -

Virginia rimase ancora un attimo in silenzio, assaporando l'abbraccio della madre. Un respiro le portò alle narici un profumo di rosa. Era l'essenza che sua mamma usava sempre, i muri della casa ne erano sempre impregnati. La ragazza lo aveva rimosso, ma ora il ricordo stava esplodendo in lei.

Chiuse gli occhi e le si ripresentarono alla mente dei momenti che credeva perduti. I suoi compleanni, i brutti sogni notturni, gli abbracci quando si faceva male cadendo.

Poi la madre parlò.

- Sono arrivati da te, vero Virginia? Sei qui per questo vero, bambina? - La ragazza si alzò piano, divincolandosi da quell'abbraccio caldo.

Piano indietreggiò verso il letto, sedendoci sopra. La mamma era rimasta seduta sulla sue sedia e la guardava. Poi le sorrise.

- Sei diventata una bella donna, sai? - A Virginia il cuore faceva così male da farle mancare il respiro.

- Mamma, io non so cosa dirti per giustificare in qualche modo il fatto che ti ho lasciata qui. Anzi no, non ho nemmeno giustificazioni, posso solo dire che sono stata giovane e stupida e... -

Sua madre alzò una mano per interromperla.

- Il passato è passato. Io e tuo padre non andavamo più d'accordo da tempo. Il fatto che poi io parlassi con degli angeli non ha aiutato. Non mi credeva nessuno, Richard approfittò di questo fatto per rinchiudermi qui. Alla fine ero quasi contenta che tu fossi così piccola e non potessi capire più di tanto -

- Perché, scusa? Non capisco -

- Volevo proteggerti. Almeno fino a che tu fossi stata grande e in grado di difenderti. Se fossero tornati quando eri bambina ti avrebbero portato via. Ora però sei in grado di scegliere. E in un certo modo sono riuscita a proteggerti -

Virginia si mosse a disagio sul letto.

- Veramente non sono stata così brava come credi - E le raccontò tutto, di come Edward e Gabriel l'avessero trovata, di come il Sacerdote fosse entrato nei suoi sogni, di come l'avessero portata in uno strano luogo per allenarla ad essere la Sacerdotessa. E poi Hoara e la sua proposta di matrimonio per riuscire a essere lui il Re del Reame Perduto.

Lucy guardava la figlia con apprensione. - Non immaginavo che ci fosse una stirpe caduta parallela. Non me ne avevano mai parlato -

- Ma quando hai iniziato a vederli, mamma? -

- Tu eri nata da poco. Da lì in poi è arrivato spesso a trovarmi Edward. Lo ricordo così bello, così gentile... Era buono e rassicurante con me.Avrà fatto lo stesso anche con te -

No, ha mandato l'amico simpatico, pensò la ragazza, ma non disse nulla.

- Avevano bisogno di me per riprendere il regno, ma avevo te, ero sposata. Cosa potevo fare? -

- Un attimo, mi hanno detto che il tuo sangue era più magico del mio, che significa?-

- I miei genitori, i tuoi nonni, venivano entrambi da famiglie di origine angelica -

- Cosa?! -

- Siamo parte di una grande famiglia, Virginia, abbiamo sempre cercato di sposarci tra di noi -

- Ma io, ma papà... -

- Infatti. Tuo padre non ha sangue angelico nelle vene. Ero stanca di vivere in questo mondo, tra gente che aspettava il ritorno di non sapevo nemmeno io cosa. E così ho cercato un uomo normale, ho incontrato tuo padre e ho commesso l'errore di non raccontargli nulla di me, di che cosa ero e da dove venivo. Forse avrei dovuto. Quando sono arrivati Edward e Gabriel non mi ha creduto. Pensava che avessi delle visioni. Ed eccomi qui -

Virginia si rabbuiò: - Avrei dovuto fare qualcosa -

- Non avresti potuto fare nulla, bambina. Allora. Ora invece puoi decidere che fare. Hai davanti a te la scelta di fare la cosa giusta. Ma devi essere sincera con te stessa. Lo sai a chi hai dato il tuo cuore, no? -

- Non è così semplice, mamma -

- Lo è invece. Hai davanti a te due strade. Puoi scegliere quella che vuoi. Ma ricorda che ognuna porterà delle conseguenze che dovrai affrontare. Cerca di affrontarle con qualcuno che ti voglia bene davvero -

La donna tacque e guardò con amore la figlia. Si alzò finalmente dalla sedia e le si avvicinò facendole una carezza sul viso. In quel muto gesto c'erano anni di amore che era dovuto rimanere in silenzio, momenti non vissuti che ora stavano parlando.

- Hai ragione, mamma - come era bello potere dire quella parola - Penso di sapere cosa voglio e chi voglio. Il problema sarà arrivarci...Comunque ora pensiamo ad uscire di qui -

- No, cara. Io resto qui -

- Che cosa? -

- Non posso venire con te, non ora, non in queste condizioni. Devi fare una scelta e devi essere sola per farla in tranquillità -

- Ma io non ti voglio perdere ancora -

- Non mi perderai. Quando tutto sarà finito, se lo vorrai, potrai venirmi a prendere e staremo assieme -

Virginia si alzò e abbracciò la mamma. - Staremo a casa mia, mamma. Ti giuro, recupereremo tutto il tempo perduto -

- Ne sono certa, cara -

L'abbraccio fu interrotto dal bussare discreto alla porta dell'infermiera. Le due si staccarono con riluttanza.

- Ti prometto che tornerò presto, mamma -

- Abbi cura di te e stai attenta, bambina -

Virginia, con una nuova speranza nel cuore, corse verso l'uscita della clinica. Ora sapeva cosa voleva davvero, cosa forse aveva sempre saputo di volere. Correva e pensava a cosa avrebbe detto a Gabriel. A come gliel'avrebbe detto.

Era già arrivata nel giardino e stava per imboccare il grosso cancello in ferro battuto, quando una mano la prese e la strattonò all'indietro. Tanta fu la sorpresa che la ragazza non riuscì a emettere neppure un fiato.

Virginia cadde e sbatté la testa.

In un attimo tutto fu buio.

Si risvegliò dopo qualche tempo. Era distesa, con un mal di testa lancinante e riusciva a stento a tenere gli occhi leggermente aperti.

Dove era?

Si mosse per cercare di alzarsi ma le braccia sembravano essere spinte all'indietro.

Aprì gli occhi e una luce abbacinante le ferì lo sguardo. Si accorse con sgomento di essere incatenata a un letto, le braccia e le gambe leggermente divaricate e legate con cura. Indossava solo una leggera tunica bianca mentre sotto era nuda.

- Cosa? - riuscì solo a dire.

Un movimento catturò la sua attenzione con la coda dell'occhio. C'era qualcuno.

- Gabriel? - provò a chiamare, anche se si rendeva conto che questo era troppo anche per lui!

- No, direi che il tuo salvatore non è qui -

Un giovane alto e biondo, dallo sguardo cattivo, comparve alla sua vista.

- Hoara! Ma che cosa mi hai fatto? -

- Ancora nulla, cara - rispose lui avvicinandosi al letto - Ti ho solo portato qui da me per prendermi quel che mi spetta per essere Re. E questa volta con le cattive -

 

Lav's corner

E così ci siamo. L'atmosfera idilliaca in cui Virginia pensava di vivere è stata bruscamente interrotta dall'arrivo di Hoara e dei suoi piani. Immagino non sia difficile capire cosa vuole da lei, no?...

Certo, non gli sarà facile, ma ormai si è capito che lui vuole la ragazza a tutti i costi, un po' per avere il Regno, un po' perché forse davvero è preso da lei.

Ma Virginia? Cederà ai ricatti che lui le farà? Ce la farà a sfuggire da quella situazione o magari arriverà qualcuno a salvarla prima che sia troppo tardi?

Vorrei davvero ringraziare tanto Nerea_V che mi ha aiutato a delineare i capitoli che da ora in poi arriveranno...Mi ha dato una bella idea, grazie ancora cara! :*

Mi trovate come sempre qui!

A presto!

Lav

   
 
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