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Autore: love yourself    02/05/2013    1 recensioni
Louis si alzò: aveva già visto troppo in quel posto; prese il suo zaino e puntò la Metro come meta. Ogni mattina il cellulare lo svegliava dai suoi sogni e lui apriva gli occhi senza sapere quello che lo aspettava, la gente che avrebbe visto e le emozioni che avrebbe provato. Si domandava perché avesse intrapreso quello stile di vita e ogni volta, continuava a camminare a testa china, senza una risposta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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a chi, come Louis, osserva.
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ve la consiglio con questa  canzone. 



Londra, in quella mattina dicembrina, era tanto fredda quant0 piena di milioni cuori che battevano all’impazzata.
Forse, battevano così forte per l’emozione del Natale in arrivo, oppure per la paura di arrivare in ritardo, molto probabilmente però, battevano per il freddo che Dicembre aveva portato con sé.
Louis guardava con attenzione il mondo che gli occhi chiari gli trasmettevano. Sentiva il naso freddo e immaginò il colore rosso delle sue guance, poi con un sospiro tirò su la sciarpa nera e distolse l’attenzione da un uomo in giacca e cravatta, frettoloso per puntarla su un gruppo di ragazzi; correvano giù per le scale della Metro, con un biglietto in mano da obliterare e lo zaino pesante che impediva loro di andare più veloce.
Ricordò che anche lui, tempo addietro, correva per la Metro perché detestava arrivare in ritardo; ma quelli, erano vecchi tempi.
Osservò due ragazzi che si tenevano per mano, uno con una tracolla borchiata a penzoloni e l’altro con gli occhiali da vista appannati perché erano appena usciti dal bar. Un cappello nero fasciava i ciuffi biondi di uno, e l’altro stava blaterando qualche cosa. Louis immaginò parlasse dell’ultima partita di campionato e di quanto gli scocciasse giocare con quel tempo: il meteo aveva previsto neve per il giorno dopo. Quello più alto rise, illuminando gli occhi e un sorriso spontaneo e sincero fece capire a Louis quanto fosse importante l’amore; anche se lui non amava.
Un clacson richiamò la sua attenzione e rimase impassibile quando notò il solito infuriato alla guida di una Range Rover nera; tutte le sante mattine era di fretta e Louis si continuava a chiedere, da un mese a quella parte, perché non uscisse di casa un quarto d’ora prima. Uno scooter sorpassò quella macchina sportiva, fregandosene dell’insulto che il bancario gli aveva rivolto, continuando a dare gas. Probabilmente si stava dirigendo verso Università e lui sì, che era uscito un quarto d’ora prima per incontrare la sua fidanzata che lo aspettava con un caffè bollente in mano.
Louis si alzò: aveva già visto troppo in quel posto; prese il suo zaino e puntò la Metro come meta.
Ogni mattina il cellulare lo svegliava dai suoi sogni e lui apriva gli occhi senza sapere quello che lo aspettava, la gente che avrebbe visto e le emozioni che avrebbe provato. Si domandava perché avesse intrapreso quello stile di vita e ogni volta, continuava a camminare a testa china, senza una risposta.
Scese lentamente le scale, stando vicino al muro di destra, sapeva quali erano gli insulti che avrebbe ricevuto se fosse stato in mezzo e quella mattina proprio non ne aveva bisogno.
Una miriade di persone, migliaia di occhi, centinaia di voci arrivarono a Louis e con un piccolo sorriso si appoggiò al muro. Si divertita ad osservare le persone frettolose e irritate già di prima mattina, proprio perché lo era anche lui. Correva per la Metro, con il telefono all’ultima moda nella mano destra, la ventiquattro ore nell’altra e chissà dove il cervello. Continuava a rispondere alle domande assillanti del suo capo, promettendo un articolo giornalistico che mai sarebbe arrivato.
Un trent’enne gli passò accanto e ritrovò sé stesso in quegli occhi trafficanti, nelle mani occupate e nelle risposte secche. Ridacchiò: magari tra qualche mese, se avesse fatto la sua stessa fine, gli avrebbe insegnato i trucchi della vita londinese.
Camminò per cinque minuti e si fermò davanti a una macchinetta di caffè. Tirò fuori qualche spicciolo e li inserì nella macchina, tamburellò le dita per poi mescolare le tre dosi di zucchero nella caffeina.
Una ragazza gli sorrise ammiccante e, dopo averlo superato, si girò per guardarlo un’ultima volta, sorridendo.
Squallida, pensò.
Louis odiava la Metropolitana e non c’era nessun altro motivo per restare lì sotto, soffocando.
Risalì velocemente le scale, questa volta senza ricevere insulti perché decise di correre anche lui e confondersi con la massa frettolosa.
Sentì qualcuno imprecare e qualcun altro urlare un “dannazione, stia attento!” e continuò a ignorarli. Era l’ordine del giorno macchiarsi la camicia bianca con il caffè scuro di qualche sbadato.
Spostò lo sguardo sul semaforo verde e aumentò il passo, prendendo sottobraccio una signora anziana e aiutandola ad attraversare la strada, questa gli sorrise e un “che Dio ti benedica”campò in aria.
Louis sorrise rammaricato: non credeva in Dio e delle sue prediche non se ne faceva proprio un bel niente.
Una giovane mano nella mano con una bambina prese la attenzione, un cerchietto rosso illuminava il biondo dei capelli della piccola e lo zaino rosa era quasi più grande di lei. La ragazza, davanti all’edicola, probabilmente chiedeva il quotidiano del giorno per il suo capo e Vanity Fair per la moglie; la piccola poi, riuscì a cogliere la sua attenzione e le porse un giornalino da colorare. La mora pagò in fretta e continuò ad ascoltare le chicchere infantili della piccola, per poi girare l’angolo e scomparire dalla visuale di Louis.
Si sentiva padrone del mondo e anche di tutte quelle vite; poteva immaginare che cosa avrebbero mangiato a pranzo e cosa avrebbero fatto il giorno seguente. E chissà quante volte aveva indovinato.
Dopo due ore si sentì quasi rilassato: tutto il caos era sparito, l’ora di punta era ormai passata e Louis stava aspettando il suo amico. Un “buongiorno!” gli fece togliere gli occhi da una signora anziana con la borsa della spesa che traboccava di verdure e frutta, e si girò osservando Liam che tanto aspettava. Il giardino dietro il centro commerciale era il loro ritrovo da ormai un mese, e Louis era felice di avere qualcuno con cui stare.
Una ragazza stava piangendo seduta su un muretto e un giovane camminava lontano da lei, a testa china. Sentì Liam alzarsi, ma con un piccolo gesto gli bloccò la gamba e nel suo sguardo fece intendere un “aspetta un secondo.” E aveva ragione, perché in lontananza c’era un’altra ragazza che correva in direzione dell’amica.
Louis sorrise felice: conosceva ogni movimento della città e ogni situazione che lo circondava; Londra però lo considerava solo un ragazzo senza lavoro, quasi un barbone, che pranzava alla mensa comunale e dormiva insieme a ragazzi universitari.
Osservò per qualche altro minuto le ragazze finché si abbracciarono e poi si alzò.
Un uomo usciva dalla porta di casa sbadigliando, con in mano un sacchetto di plastica e la patta dei pantaloni aperta; Louis sghignazzò lasciandoselo alle spalle.
Aveva perso di vista Liam, probabilmente era al bar a prendere il caffè, ma se ne dimenticò subito quando una ragazzina era uscita da Starbucks con un muffin al cioccolato in mano e gli era passata accanto; lo voleva anche lui.
Sbuffò e sbuffò ancora: si stava annoiando, come ogni mattina.
Un anziano richiamò la sua attenzione e con una corsetta lo raggiunse. “Giovanotto mi può raccogliere il giornale?”, disse quello. Un “certamente” uscì lieve dalla bocca di Louis che con un gesto veloce raccolse il quotidiano e glielo porse.
Il signore lo ringraziò e con un gesto gentile del capo Louis lo saluto, per poi “Giovane, non sprecare la tua vita. Non sprecare gli anni più belli. Vivi, divertiti e ama, tu che puoi.”
E se ne andò, senza dare il tempo a Louis di rispondergli.
Aveva ragione, si disse; aveva ragione, non poteva andare avanti così per il resto della sua vita, doveva trovare qualcosa.
Qualcosa o qualcuno che lo aiutasse, come l’ancora aiuta il pescatore a rimanere saldo e fermo in mezzo al mare. Ma Louis sapeva che non c’era niente e nessuno che potesse aiutarlo, che potesse salvarlo e potesse prendersi cura di lui. Se lo sentiva dentro come un macigno sulla pancia, lo sapeva e basta.
Poi girò l’angolo, sommerso da quei pensieri e dalle parole del signore, e sbatté contro qualcuno e cadde. Alzò lo sguardo e due occhi verdi, luminosi si incastrarono i suoi azzurri, spenti.
E Louis capì di essersi sbagliato, capì che qualcuno esisteva.
Lo capì quando quello sorrise e due fossette comparvero sulle guance rosse, quando aprì bocca per un “mi dispiace, non ti ho visto”, quando, con un gesto veloce, si scompigliò i capelli, quando gli allungò la mano e lo aiutò ad alzarsi. Quando con un tono dolce disse: “vieni, ti offro un caffè”.
 
Un mese dopo, Louis camminava per le vie di Londra, frettoloso e senza fiato. La nuova ventiquattro con sé e stringeva la mano di Harry, il riccio che l’aveva salvato.
Un mese dopo, Louis non era più quello che osservava, ma era l’osservato.
Un mese dopo, Louis sorrideva felice e gli occhi erano tornati luminosi.
Un mese dopo, Louis si sentiva vivo grazie all’amore che Harry gli aveva dato e grazie a quello che aveva ancora in serbo per lui.
Un mese dopo, Louis si sentiva una parte di Londra; un mese dopo, Louis sentiva le voci e i suoni, li sentiva davvero.
Un mese dopo, Louis non sbuffava più, ma amava, amava per davvero.





ciauz, non sono morta ma sono sepolta dallo studio e dagli impegni che spero finiscano presto.
no, per davvero. sono tornata con questa
cosa e non so che dire; l'ho tirata fuori in un momento calmo mentre stavo ascolando Birdy (ghfdhdksjvkldf)e guardando il suo video, quindi molto probabilmente l'idea mi è venuta da lì.
spero vi piaccia e nel caso ditemeeeelo ghfjk
e il larry alla fine ci sta sempre, bon. 
eventuali errori sono giustificati dalla mia fretta di fare i compiti di statistica e la mia poca voglia di rileggere lol
vi saluto e alla prossima (spero presto!) 

arrivederci donzelleee ghfdj 
Alice c: hgfdjsk
  
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