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Autore: Trick    22/11/2007    9 recensioni
«L’Ordine della Fenice originario» ringhiò Moody. «Ho pensato che alla gente qui sarebbe piaciuto vederla».
Raccolta di One Shot dedicate alla Prima Guerra del mondo magico - Quarto capitolo: "A mani sporche", (Remus Lupin).
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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favola

 

Scacco Matto

by Trick






Degli scacchi è stato detto che la vita non è abbastanza lunga per essi,

ma questo è il difetto della vita,

non degli scacchi.”

(Irving Chernev)





Rapide, fiduciose e determinate, le lunghe dita di Benjy Fenwick afferrarono l’alfiere malamente intagliato di quel vecchio servizio da gioco, e con l’abilità e la maestria di un esperto burattinaio, lo condussero lungo la diagonale di caselle bianche in direzione della già critica posizione del re bianco.

«Alfiere in B6» sentenziò con un sorriso compiaciuto. «Scacco matto, Remus».

Remus Lupin fissò per un attimo la lucida scacchiera, contemplò velocemente l’eventualità di un fuga tattica di cui il proprio avversario poteva non essersi reso conto, così preso dall’enfasi dell’imminente vittoria, ma sorridendo di rimando a Benjy, fu costretto ad ammettere di avere davvero perso la partita. Il suo re era morto. Di nuovo, maledizione.

«Incredibile» ridacchiò, lanciando un’ultima occhiata speranzosa all’unica torre sopravvissuta e grattandosi distrattamente la testa, «mi hai stracciato, Ben».

«Sai qual’è il tuo problema?»

«Temo di no» rispose con un sorriso mesto l’altro, «o sarei riuscito a dare scacco matto prima di quest’imbarazzante umiliazione».

Benjy rise. «Sei troppo buono, Remus. A scacchi, invece, bisogna essere brutali. È un po’ come la vita, se vogliamo vederla con filosofia».

«È un bel paragone, effettivamente» convenne Lupin, appoggiando il capo su una mano e rivedendo mentalmente le ultime, decisive mosse dell’avversario. «Molto caratteristico, aggiungerei».

Benjy afferrò uno dei primi pedoni bianchi che aveva sottratto a Lupin, e lo scrutò attentamente rigirandoselo davanti agli occhi. «Prendi il pedone, ad esempio» disse, «il prigioniero della scacchiera. Il più recluso fra i pezzi dello scacchista. Non sa mai quando potrebbe essere mangiato, non è in grado di stabilire quando il suo padrone deciderà di sacrificarlo a favore di un alfiere o di un cavallo. Sa solo che è quello il suo posto in battaglia, in prima fila, a fronteggiare un nemico decisamente più pericoloso di lui sotto tutti i punti di vista».

Lupin inarcò un sopracciglio, fissando il volto rapito del compagno a cavallo fra il divertimento e lo stupore. «Da quando sei diventato anche poeta, Ben?»

Ben ridacchiò leggermente. «Non c’è bisogno di essere un poeta per capire da che parte gira la vita. Il pedone, ad esempio, non è un poeta. Se ne resta immobile, sperando con timore di non essere mangiato come i suoi compagni, nonostante abbia già compreso che il suo destino è quello di ritrovarsi nella traiettoria della Regina. E lei, per Merlino, lei non conosce la pietà» concluse, afferrando pensieroso la propria regina nera, e avvicinandola al pedone.

«Un eroe in miniatura» commentò Lupin, sfiorandone uno nero con un dito.

Benjy scosse la testa. «Eroe?» ripeté con un velo di malinconia nella voce. «No... se solo potesse, se la darebbe a gambe, fidati. I tuoi , inoltre, credo ti prenderebbero a calci. Non hanno fatto niente di male per meritarsi un simile sterminio».

L’espressione sul volto di Lupin non poteva essere più inequivocabile: con un sopracciglio inarcato e l’angolo destro della bocca lievemente alzato verso l’alto il suo divertimento era più che palese.

«Non meritavano un simile sterminio?» ripeté sbalordito, «ti ricordo, Ben, che sei tu ad averne fatto una carneficina».

«Gli scacchi sono spietati, Remus» ribatté Benjy, alzando le spalle con fare innocente e disinvolto, «devi essere pronto ad ammazzare la gente».

Un brusco e oppressivo silenzio calò improvvisamente fra loro, smorzando in pochi istanti l’intimo calore creatosi nella loro conversazione. Calarono gli occhi pressoché contemporaneamente sul re che Lupin aveva disperatamente cercato di salvare: la luce scivolava sulla sua corona di legno, creando una semplice e lineare ombra sulla scacchiera pressoché deserta. Così detronizzato e schiacciato, il sovrano del gioco era tornato ad essere nient’altro che un misero pezzo di legno. Benjy alzò lo sguardo sul compagno, stiracchiando i muscoli del viso in un sorriso tirato.

«Hai un argomento allegro di riserva nel cilindro, vero?»

«Ti sembro il tipo che è solito estrarre argomenti allegri dal cilindro?»

«No, ma mi sembri il tipo che ne avrebbe seriamente bisogno».

Lupin, seppur a malincuore, sorrise. «Ne avremmo bisogno tutti, temo».

Benjy fece una smorfia di disappunto. «È tutta questione di sopravvivenza» disse, «come negli scacchi».

«C’è qualcosa che non sei in grado di paragonare agli scacchi?»

«Tutto può essere paragonato agli scacchi» fu la risposta, «prendi questa guerra, tanto per fare un esempio».

«Un esempio molto rilassante, se posso permettermi».

«Fa’ finta» iniziò, raddrizzando velocemente il re sulla scacchiera, «che i neri siamo noi».

Lupin inarcò confuso un sopracciglio. «Perché i neri?»

«Perché il bianco muove sempre per primo» spiegò con semplicità Benjy, aggiustando morbosamente un alfiere nero, «è sempre lui a iniziare la partita. E chi l’ha iniziata, questa dannata guerra?»

L’altro mago si limitò a sorridere tristemente, e a concentrare il proprio sguardo sulle mosse illustrate sulla scacchiera. Benjy, trasportato come da un’ispirazione artistica, continuava a muovere i vari pezzi, incurante dei loro movimenti regolari e della geometria bipartitica della tavola.

«Non è solo un paragone, il mio, Remus: gli scacchi sono la riproduzione in miniatura della nostra vita: basta un errore, anche la più piccola svista, e puoi compromettere l’intera partita fino alla tua totale sconfitta. Prima, hai astutamente cercato di prendere il controllo delle caselle centrali. Nonostante questa volta la tua strategia mi abbia messo in difficoltà un paio di volte, non ti sei accorto della pericolosità del mio alfiere in prossimità della tua torre, e questo, puoi rigirarlo come ti pare, ma è stato il tuo errore fatale».

«Sembra ancora più brutale vista da questo punto di vista» commentò Lupin, «ma, perlomeno, hanno vinto i neri».

Benjy annuì. «Casualità».

«Da quando la casualità riguarda il gioco degli scacchi?»

«Puoi tentare di prevedere le mosse del tuo avversario. Ma non puoi sempre avere la certezza della sua prossima azione».

«Vince chi riesce a prevedere meglio l’avversario, dunque».

«Vince chi fa meno errori. Remus. È solo e sempre questione di errori» fece scivolare l’alfiere lungo una diagonale scura, finché questo non cozzò violentemente contro il re bianco, mandandolo a terra e lasciandolo rotolare un paio di volte su sé stesso, quasi si stesse contorcendo un’ultima volta prima di esalare il suo ultimo respiro.

«Un solo errore, Remus» disse gravemente, «e qualcuno è capace di farti a pezzi».



*



«Cerchiamo di mantenere il controllo, Black» sbottò la voce ansiosa di Alastor Moody, da qualche parte nella penombra della foresta. «Frena la tua foga e inizia ad usare la testa, o prima o poi finirai per lasciarci le penne pure tu».

Nonostante il fischio del vento gelido e il fruscio delle fronde, Remus riuscì a sentire lo schiocco violento provocato dalle nocche di Sirius. Intuendo la necessità di distrarre il compagno al più presto, ed emettendo leggere nuvolette di vapore – quel dicembre si stava rivelando fra i più rigidi degli ultimi vent’anni, come se non ci fossero già abbastanza problemi – gli sussurrò:

«Ho bisogno di qualcosa di forte da mandare giù».

«Fammi indovinare... cioccolata?» propose Sirius, sfregando le mani arrossate l’una con l’altra.

«Temo sia finito il tempo della cioccolata» ribatté, «ho bisogno di whisky, per Merlino, di whisky...»

In un’occasione differente, Sirius avrebbe sicuramente riso nel vedere il suo ex-compagno di dormitorio, noto per la sua elevata – ma dirottabile – morale, scongiurare per un bicchiere del Whisky Incendiario di Ogden. Date le circostanze, tuttavia, immersi nella neve fino alle ginocchia, con i mantelli appesantiti dall’acqua e con gli spiriti scoraggiati, persino la sua classica euforia sembrava assopirsi.

«Da quanto siamo qua?» domandò Remus, tentando inutilmente di rendere la propria voce meno apprensiva di quanto in realtà fosse.

«Non saprei. Ehi, Frank, hai l’orologio?»

«A che ti serve?» rispose in un sussurro la voce di Frank Paciock, accompagnata da diversi frusci che indicavano i suoi movimenti.

«Io dico che riesco a portarmi a letto Dorcas in meno di dodici ore a partire da adesso, mentre per Remus è impossibile» disse Sirius. «L’unico problema è che non sappiamo che ora sono, ora».

I rumori alle loro spalle cessarono improvvisamente. «State scherzando, vero?» domandò incredulo Frank.

«Lascialo perdere» s’intromise Remus, inarcando un sopracciglio in direzione di Sirius, «volevamo solo sapere che ore fossero».

«Con questo buio non riesco a vedere il quadrante, ragazzi, mi spiace».

«Non preoccuparti, vorrà dire che rimanderemo la nostra scommessa».

«Dacci un taglio, Sirius».

«Siamo partiti alle undici» riprese Frank, «per me sono passate almeno tre ore».

«Anche di più, a giudicare da quanto sono intirizzite le mie dita».

«Volete darci un taglio?» sbottò Moody, muovendosi nervosamente nel cespuglio nel quale si era nascosto. «Non stiamo facendo una scampagnata, siamo in perlustrazione, e finché Potter non ci manderà il suo messaggio, rimarremo qui, chiaro?»

«Buona fortuna, allora» sbuffò Sirius, «James sarebbe capace di arrivare in ritardo perfino all’altro mondo».



*



Le gambe dei giovani membri dell’Ordine della Fenice affondavano nella neve fino alle ginocchia, trascinandosi dietro corpi stremati e intirizziti, ma decisi che non sarebbero tornati a casa senza il loro compagno.

«Potter, sei certo di non aver visto nessuno?»

«Santo Boccino, Alastor, ti ho già detto di sì!» incalzò James Potter, stringendosi maggiormente nel colletto del proprio mantello. «Dei Mangiamorte non è rimasto nemmeno il cappuccio. E tantomeno di Benjy», aggiunse accoratamente.

«Quanti credete che fossero?» si azzardò a chiedere Frank, controllando per l’ennesima volta aldilà di un gruppo di sporgenti e appuntiti massi.

Sirius alzò le spalle. «Che importa?» disse. «Saranno sempre troppi».

«Avete notato niente dietro a quelle betulle, laggiù?» domandò Moody, arrancando faticosamente con la gamba di legno nella neve fresca.

«Erano nella zona di Remus e...» iniziò Frank. «Dov’è finito Remus?» esclamò, guardando nervosamente in direzione di James e Sirius. I due si scambiarono un’occhiata eloquente, e sembrarono convincersi in quell’unico e modesto gesto che non c’era nulla di cui preoccuparsi.

«Starà ancora cercando nella sua zona» tentò Sirius, annuendo con decisione, «sapete com’è fatto, Remus. È sempre preciso e meticoloso in tutto quello che-»

«JAMES! SIRIUS

Sgranarono gli occhi, voltando contemporaneamente la testa verso il punto da cui si era levata la voce di Remus.

«Dannazione» sbottò Moody. «Muoviamoci».

I tre ragazzi, tuttavia, avevano già estratto le proprie bacchette e lo avevano già distanziato di parecchi metri, avvantaggiati com’erano dalle loro gambe giovani e sane. Sirius precedeva il gruppo, incespicando continuamente per la troppa velocità e sbracciando nella neve come se avesse intenzione di rivoltarla tutta; James lo seguiva a pochi passi, preferendo avanzare a balzi piuttosto che trascinarsi; per Frank – che non aveva mai spiccato in altezza – l’idea di saltare era improponibile, quindi optò per una sorta di incrocio fra le due tecniche di attraversamento, che perfino Moody – che aveva continuato ad osservarli avanzare – la definì semplicemente ridicola, ma decisamente più efficace.

«Remus!» gridò Sirius, una volta riconosciuta la figura accucciata contro il tronco più vicino. Puntò automaticamente la bacchetta verso qualunque cosa avesse spaventato il compagno, ma non scorse null’altro che il candore delle cortecce delle betulle. Abbassò gli occhi verso l’amico, sconcertato dal modo terrorizzato in cui i suoi occhi continuavano a fissare fra le fronde, con il respiro ansante e la mano tremante stretta attorno alla bacchetta.

James e Frank lo raggiunsero pochi attimi dopo, entrambi rincuorati di averlo trovato sano e salvo. «Remus» iniziò James, passandosi sollevato una mano fra i capelli scompigliati, «hai quasi fatto venire un colpo al vecchio Alastor, amico mio».

«Fa’ poco lo spiritoso, Potter» sbottò Moody, scostandolo Frank con una spinta seccata. «Lupin, che diavolo succede?»

Remus alzò lentamente lo sguardo su di lui solo un istante, prima di tornare a concentrare la propria attenzione sulle betulle davanti a sé. Quasi pesasse quanto un Troll intero, il giovane mosse il braccio sinistro davanti a sé, indicando un punto preciso fra gli alberi.

Freddi e spalancati, gli occhi vitrei della sola testa di Benji Fenwick rispondevano al suo sguardo terrorizzato.



«Un solo errore, Remus. E qualcuno è capace di farti a pezzi.»






*****




Ebbene, sì: ho deciso di trasformarla in una raccolta di one-shot sulla guerra combattuta dai Malandrini, e per questo dovete ringraziare nient’altro che il mio migliore amico, che adora distruggermi a scacchie, fomentando il mio desiderio di rivincita.

Non so dirvi con certezza ogni quanto posterò le storie – e non mi pare il caso di prendere impegni che SO con certezza di essere geneticamente portata a non mantenere – ma, ispirazione permettendo li posterò. Anzi, credo di potervi anticipare il personaggio del prossimo capitolo: sono quasi sicura che tratterà di Dorcas Meadowes (è per questo motivo che l’ho nominata).


E prima che piovano insolenze, ci tengo a specificare due cosette:


  1. non è mia intenzione trasformare il personaggio di Frank Paciock (che fra l’altro, adoro) in una sorta di versione migliorata di Peter Minus. Il fatto è che nella mia immaginazione, quando ho letto dei coniugi Paciock, non sono mai riuscita a figurarmi un Frank che fosse alto. Non chiedetemi il perché, temo sia questione di inconscio. Sta di fatto, che sì: in questa raccolta Frank Paciock non sarà molto alto. ^^ Che carino...

  2. magari a non tutti piacerà il modo in cui ho delineato i giovani componenti dell’Ordine: spaventati, agitati, e ancora, forse, immaturi. Sappiamo che Remus Lupin è un uomo calmo, pacato, razionale ed un mago molto dotato, certo, ma all’epoca in cui io mi sono immaginata la storia, non aveva più di vent’anni. La mia raccolta parlerà di ragazzi di fronte ad una guerra, non di eroi.



Blah, basta con queste inutili ciancie.


SakiJune: così sia, è diventata una raccolta. Be’, spero sarai felice di sapere che la famiglia Paciock ha un posto fisso nella mia hit-parade di personaggi preferiti; seppur marginalmente, il tuo paciocchino ci sarà sempre. ^^

...Harry non è una presenza necessaria... v__v mentre Teddy... ç__ç, non ci voglio neanche pensare...

Un bacione gigante, con la speranza che anche questa sia di tuo gradimento.


lady hawke: mi è piaciuto tantissimo quel «pittorico»; non ho potuto che apprezzarlo facendo una scuola d’arte. Grazie, mi chiedi? Dovrei essere io a ringraziare te per una così incoraggiante recensione. Sono contenta che il mio intercalare fra sorrisi e malinconia sia apprezzato, è il modo di scrivere che più mi viene naturale. Un bacione enormemente riconoscente.


Juliet: speranza accontentata? Mi auguro di sì, con questo nuovo capitolo. I tuoi complimenti mi hanno fatto arrossire, e non lo dico tanto per dire. Grazie, infinite. Per quanto riguarda i diversi personaggi, sono davvero contenta il modo in cui li ho deniati ti sia risultato IC. Trattare personaggi marginali, è facile e difficile allo stesso tempo, secondo il mio punto di vista. Sei libera di spaziare con la fantasia, certo, ma parti comunque da zero. Ed ora, visto che l’hai nominato, mi vedo costretta a confessare che mi ero dimenticata dell’esistenza di Peter, scrivendo il primo capitolo... è umiliante, come ho potuto. L’ho aggiunto in seguito, sperando che la sua presenza non sembrasse un semplice copia e incolla. Fortunatamente, il suo carattere timido e taciturno mi ha aiutato parecchio. Un bacione assurdo.


Kel: ebbene sì, sono masochista e farò una raccolta su i componenti del primo Ordine della Fenice, diventando una maniaca depressiva...^^ Sono rimasta piacevolmente stupita di vedere Remus diventare padre nel corso di Deathly Hallows, e credo che tutti abbiano collegato la figura di Teddy a quella di Harry e Neville. Perciò, ho pensato, perché non posso collegare anche quella dei loro genitori? Sono ancora disgustata dall’ultimo libro, ed è per questo, che come molto fanwriter hanno già detto, che non smetterò di scrivere. Sono davvero felicissima che la mia storia ti sia piaciuta, e spero ugualmente ti piaccia questa. Un bacione grandissimo.


Raisoul: Grazie mille, mi fa davvero piacere che tu l’abbia apprezzata. Be’, spero che anche questa sia di tuo gradimento. ^^ Un bacione, con la speranza che ti piacciano gli scacchi!


Christine: A dire la verità, è al mio barista preferito che spetta il merito di avermi suggerito il nome. Mentre mi serviva uno dei suoi disgustosi caffé (è il massimo, garantisco, ma è un barista pessimo) mi ha chiesto che nome avrei dato ad un elicottero se solo lo avessi avuto. Ora, io non ho voluto indagare a cosa gli servisse, ma la prima cosa che mi è venuta in mente dopo Precipito e Sfracello è stata Nimbus... ^^ Un grazie gigantesco e un bacione ugualmente grande.


ramona55: ti ringrazio, mi fanno sempre tantissimo piacere le tue recensioni, in quanto capisco che mi avvicino sempre più all’obiettivo di mostrare i personaggi senza alcuna maschera dell’eroe a coprirgli il volto, ma caratterizzati dalle più comuni emozioni umane. Mi piace tentare di giocare sul lasciare in sospeso qualcosa per i personaggi, come una frase che pronunciata nel contesto non simboleggia nulla, ma che per noi, che ne conosciamo il destino, come hai detto tu, risulta un bel colpo. In questo caso, ho giocato molto sul diverso significato della parola pezzi. I pezzi degli scacchi e i pezzi di Benjy Fenwick. Ancora grazie mille, e ti prometto – per quanto le mie promesse lascino a desiderare – di non abbandonare più nessun file al loro triste destino. Un bacione.


puciu: sì, mancavi ed io iniziavo a preoccuparmi seriamente! XD Mi sono già scusata con la fanfic di averla relegata al grado di storia senza capo né coda, e devo dire che l’ha presa piuttosto bene.

Trovi davvero che Ormerod sia un nome melodioso? °__°

Io lo trovo sconcertante. Un bacione assurdo.


lauraroberta87: sfrutto questo momento per rispondere a tutte le meravigliose e apprezzatissime recensioni che mi hai lasciato in questo perioso. Innanzitutto, grazie mille davvero, sono imbarazzata...^^ Hai pensato male, io non mi perdo nemmeno una recensione, non mi scappano le critiche e non riesco a non mordicchiarmi ansiosa le labbra mentre aspetto il giudizio popolare XD.

E ancora una volta, mi rendi incredibilmente felice nel vedere che anche tu apprezzi il mio stile (seppur involontario, credo sia una cosa genetica) semplice. Adoro i membri dell’Ordine della Fenice e, come avrai sicuramente notato, sono una maniacale Wotcher Wolfie.^^ E di nuovo, non sei certo a dovermi ringraziare, ma io, perché con i tuoi complementi mi hai davvero fatto toccare il cielo con la tastiera. Per quanto riguarda la tua storia, ho intenzione di deatomizzarmi a leggerla seduta stante, mi fa molto piacere. Un bacione, e una valanga di gratitudine.


















   
 
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