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Autore: nevaeh    03/05/2013    6 recensioni
Ha partecipato alle selezioni del #thegfactor indette dal #THEGAYS.
"Hoy es el día de San Jordi." sente d'un tratto. Non riesce a capire da dove venga il suono fino a quando non lo sente di nuovo, stavolta in inglese.
"Oggi è il giorno di San Giorgio." Harry si gira e lo vede. Ha gli occhi azzurri ed è abbronzato, sta seduto dietro ad una delle bancarelle di rose attaccata ad un'altra che vende libri: lì dietro c'è una bella ragazza con i capelli scuri che si fa pagare e da i soldi al ragazzo che li ripone in una cassetta di legno. Harry si accorge del suo sorriso bianchissimo in contrasto con la carnagione abbronzata, si rende conto delle labbra sottili e dei capelli curati, dei tatuaggi che ha sul braccio - lui non avrebbe mai il coraggio di farne uno. E poi sua madre lo ucciderebbe -; il colore delle iridi è così spettacolare che Harry potrebbe sospirare per ore solo ad immaginarli.
[Student!Harry, Florist!Louis, Schooltrip!AU]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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N.D.A. Habìa una vez en Barcelona nasce grazie alle selezioni del #thegfactor indette dal #THEGAYS. La storia è nata proprio in Spagna il giorno di San Giorgio, l'ho scritta per lo più in Plaza de la Catalynia, corretta in motropolitana tra Camp de l'Arp e Sants Estaciò e plottata, all'inizio, su Las Ramblas e al Mercat de la Buqueria. Sicuramente non la mia storia più complessa, ma spero possiate lo stesso apprezzarla. :D

Note di servizio:

♥ - tutti i riferimenti a posti, vie, nomi dei negozi, fermate della metro e quant'altro sono assolutamente reali;

♥ - la storia è tutta per Ari (che ha letto e sopportato i miei scleri nonostante fosse sottopressione come e più di me) e a quell'anima santa di Francesca, che beta tutto qullo che produco e non ho ancora capito perché non mi manda a quel paese! ♥♥♥;

♥ - solo questo primo aggiornamento, che nella versione originale non era diviso in due parti, ha partecipato al contest con il nome Sant Jordi;

♥ - le flashfic (o OneShot in un paio di casi "xD) saranno sette e divise in tre capitoli, l'aggiornamento sarà davvero veloce perché le ho concluse. (sto mentendo, ne manca una ma shhh!)

Enjoy

 

Las Ramblas

Harry passeggia per Las Ramblas guardandosi intorno estasiato: ama Barcellona. Non era mai stato all'estero, non aveva ma viaggiato in aereo e non aveva mai parlato con qualcuno in una lingua diversa dall'inglese britannico. A diciotto anni da qualche mese, Harry si rende conto che gli piacciono tutte quelle persone che camminano o urlano o cantano; ci sono statue umane che alzano il cappello o fanno l'occhiolino a chiunque lasci loro una moneta, gli artisti di strada che per dieci euro - euro! - disegnano in meno di un'ora il tuo ritratto o una caricatura colorata. E poi mille bancarelle che vendono qualsiasi cosa di cui qualcuno possa - o no - aver bisogno. La professoressa di cultura inglese, accompagnatrice nella gita scolastica, ha raccontato a tutti che un famoso scrittore morto tempo prima - qualcosa come Hemingway, ma Harry non ne è particolarmente sicuro - ha detto che Las Ramblas è la strada più bella del mondo. Harry il mondo non l'ha visitato ma mentre passa accanto ai banchi di fiori e a quelli di libri nuovi e usati non potrebbe che dimostrarsi d'accordo con quello scrittore. O era un poeta? 

Ci sono fiori ovunque: è tutto un rosa e verde e giallo e rosso e blu e lilla. Ci sono un sacco di persone che vendono le rose, nota mentre un tizio in pantaloncini ne compra una che da poi alla ragazza che tiene per mano. In effetti, si accorge dopo un momento, ci sono un sacco di ragazzi che vendono rose rosse: chi così, chi in pacchi di carta colorata e abbelliti con spighe di grano o fiocchi. E un sacco di gente le comprano. Alcuni le tengono per sé, altri la fanno subito alla ragazza ci sta con loro. Da quando sono tutti così romantici? E ci sono un sacco di libri. Davvero tanti. 

Harry cerca la macchina fotografica digitale che in realtà e di sua sorella Gemma e gli ha detto che se gliela perde o gliela rompe lo uccide e passa un secondo a cercare di capire come di accede. Scatta qualche foto ai turisti che passeggiano, ai catalani che escono in fretta dalla metropolitana dove c'è scritto "Le liceu" e corrono chissà dove, ai fiori e ai libri e a chi vende le magliette con il nome di Messi e le vuole assolutamente spacciare per originali.

"Hoy es el día de San Jordi." sente d'un tratto. Non riesce a capire da dove venga il suono fino a quando non lo sente di nuovo, stavolta in inglese. 

"Oggi è il giorno di San Giorgio." Harry si gira e lo vede. Ha gli occhi azzurri ed è abbronzato, sta seduto dietro ad una delle bancarelle di rose attaccata ad un'altra che vende libri: lì dietro c'è una bella ragazza con i capelli scuri che si fa pagare e da i soldi al ragazzo che li ripone in una cassetta di legno. Harry si accorge del suo sorriso bianchissimo in contrasto con la carnagione abbronzata, si rende conto delle labbra sottili e dei capelli curati, dei tatuaggi che ha sul braccio - lui non avrebbe mai il coraggio di farne uno. E poi sua madre lo ucciderebbe -; il colore delle iridi è così spettacolare che Harry potrebbe sospirare per ore solo ad immaginarli. 

Ha un accento britannico, la voce sottile come le labbra. 

"Cosa?"

Il ragazzo sorride nuovamente, come se non sapesse fare altro. Ad Harry quel sorriso piace. 

"Ho visto che ti guardavi intorno. Oggi è il giorno di San Giorgio."

Harry lo sa, che il ventidue aprile è il giorno di San Giorgio. All'asilo gli avevano anche raccontato la leggenda, anche se ora non riuscirebbe a riportarla esattamente.  Ricorda solo che è il santo di tutti gli scout - sua madre lo aveva costretto ad iscriversi durante le scuole medie. Ha bruciato tutte le fotografie, ovviamente - e che è l'unico santo ad essere rappresentato a cavallo in ricordo della sua vita come cavaliere.

"Lo so. Lo festeggiamo anche noi." 

Il ragazzo scoppia a ridere come se avesse detto qualcosa di divertente; Harry registra, con un quarto della sua attenzione, che ha perso i suoi compagni di classe e Miss Peere. Non sembra una cosa positiva. 

"Sei inglese, vero? Lo sono anche io," sta dicendo intanto il ragazzo "posso indovinare da dove vieni? Vediamo... L'accento sembra di Manchester." 

Harry arrossisce un po' perché lui lo sta squadrando con quegli occhi azzurri e contemporaneamente sorride. Ha gli avambracci muscolosi poggiati sul banchetto, la camicia di jeans arrotolata fino ai gomiti mostra il disegno di alcune rondini che volano e di un enorme uccello. Anche Harry, suo malgrado, dimentica tutto per un istante: non esiste la sua classe o la sua insegnante o sua madre che lo ucciderà per "non essere sempre stato col gruppo". Nemmeno il fatto di essersi perso in una città in cui tutti sembrano avercela a morte con la sua lingua madre lo spaventa più di tanto: c'è solo quel ragazzo con quegli occhi e quella voce che sta sorridendo mentre lo guarda, e tutto questo non è, poi, così importante. 

"Non proprio di Manchester. Tu invece?" si ritrova a rispondere.

Il ragazzo si sporge ancora un po', "indovina." lo sfida sempre col solito sorriso; ed Harry vorrebbe sotterrarsi perché è una frana in queste cose - cose come indovinare gli accenti o flirtare - e sa che farà una figuraccia. Benissimo. 

Sospira, allora, e si poggia a sua volta con le mani sul banco: "ma è facile," sorride, cercando non di non mostrare eccessivamente l'imbarazzo, "sei di Barcellona!"

E il ragazzo con gli occhi azzurri scoppia a ridere di nuovo. Harry è contento, pensa che sia il ragazzo più bello col quale avrà mai l'occasione di parlare, e l'ha appena fatto ridere. Lui!

Una coppia si avvicina al banchetto e il ragazzo saluta con un sorriso e un "buenas dias!" che fa rabbrividire Harry. Chissà dove saranno i suoi compagni di classe. La coppia intanto compra un fiore - lui - e un libro - lei - e se lo scambiano con un bacio. È solo quando vanno via alleggeriti di dodici euro che il ragazzo con gli occhi azzurri si rivolge di nuovo a lui. 

"Romantico, vero?" perché non se n'è andato? Avrebbe dovuto raggiungere il gruppo! Imbecille. 

Tuttavia sorride un po' imbarazzato, si passa una mano sulla nuca, "molto."

Il ragazzo, accortosi che non arriverà nessuno per un po', esce dalla sua postazione e si poggia con i fianchi contro il tavolino traballante. Indossa un paio di pantaloni chiari arrotolati sulle caviglie, espadrillas ai piedi, occhiali da sole che penzolano dalla camicia. Harry deglutisce senza nemmeno rendersene conto. 

"La conosci la leggenda?" 

Lui scuote la testa, ammaliato. Strano, fino a poco tempo prima era sicuro che ci fossero rumori e persone e musica e vita oltre quegli occhi così azzurri. 

"Cioè..." si corregge, "me l'hanno raccontata ma non la ricordo."

Il ragazzo annuisce, incrocia le braccia al petto: "posso raccontartela, se vuoi." gli propone, ma con un tono così caldo che Harry, wow, cosa dovrebbe rispondere? Cerca di darsi un tono mentre annuisce, in fondo non è che non abbia mai avuto un ragazzo prima - se un amico del calcetto che lo bacia di nascosto possa considerarsi un ragazzo, perlomeno - e non dovrebbe sentirsi tanto come un bambino. Dai, ha diciotto anni! 

"Si racconta che una bella principessa, un giorno, venne rapita da un feroce drago e nascosta nel suo castello. Giorgio, prode cavaliere, decise di andare a liberarla e, dopo mille e mille difficoltà, riuscì a raggiungere il castello e uccidere il feroce drago con la sua spada."

Harry rimane incantato mentre questo racconta. Ha incrociato anche lui le braccia e si è fatto un po' più vicino, un mezzo sorriso sulle labbra; "allora," sta intanto continuando a dire il ragazzo, "Giorgio raggiunse la bella principessa nella stanza più remota del castello e, appena la vide, si inginocchiò e le porse una rosa rossa come pegno della sua devozione. Lei, invece, le regalò un libro."

"Wow." riesce solo a dire Harry, anche se non sa se dipenda dalla storia o dagli occhi luccicanti del ragazzo che gli sta di fronte. Non è completamente sicuro di volerlo sapere. 

"Ogni anni, il ventidue aprile, l'uomo  regala una rosa alla donna e questa, se ricambia, gli compra un libro." finisce di spiegare con un nuovo sorriso sul volto. 

Harry rimane in silenzio per un po', poi chiede con le guance rosse: "e se sono due uomini o due donne come si fa?" in maniera così ingenua che il ragazzo ride divertito e si stringe nelle spalle. 

"Non lo so, quelli che hanno inventato la leggenda non ci hanno pensato." 

Harry annuisce, si morde un labbro, "quindi tu non ci credi?"

"Alla leggenda, intendi?" il ragazzo torna dietro al banco dove si sono avvicinati due clienti, "è una bella tradizione e fa bene regalare un po' d'amore, ogni tanto." si limita a rispondere mentre prende quattro euro per la rosa e dieci per il libro. I due clienti si allontanano contenti. 

"E comunque," il ragazzo torna a posare la sua completa attenzione su Harry, "credo che tra due ragazzi e due ragazze sia la stessa cosa." 

Harry annuisce soprappensiero, tocca i fiori con la punta delle dita, "tu hai già ricevuto qualche rosa, oggi?" si ritrova a chiedere e si fa dello stupido immediatamente perché, diamine, non sa nemmeno il nome di quel ragazzo!

L'altro scoppia a ridere, "e tu?"

"No. Non sapevo nemmeno di questa tradizione."

Il ragazzo prende uno dei fiori dal vaso che gli sta davanti, "si regala la rosa alla persona che ami," comincia a spiegare mentre con gesti automatici toglie le spine con un coltellino "ma spesso una persona può regalarne una ad un'altra persona per dirgli 'mi piaci'." il ragazzo taglia la parte inferiore dello stelo. 

Harry si schiarisce la voce, il ragazzo lo sta guardando di nuovo e gli sta porgendo il fiore. Lo accetta senza nemmeno pensarci, poi chiede "e l'altra persona cosa fa?" senza guardalo in faccia, preferendo rigirarsi il dono tra le mani completamente consapevole del fatto che le sue guance, adesso, siano tendenti al rosso cremisi. Imbarazzante. 

Il ragazzo sorride, si riappoggia con i gomiti al banco fino ad avvicinarsi al viso di Harry. 

"L'altra persona, se ricambia, gli regala un libro." si limita a rispondere con una certa malizia. Ed Harry già vorrebbe comprargli una libreria intera, quando la voce ansiosa della sua insegnante di inglese lo raggiunge. Sta urlando e lui non capisce cosa stia dicendo, anche se non sarebbe troppo difficile da immaginare. 

Il ragazzo, intanto, ha messo via il coltellino e si è asciugato le mani. 

"Devo andare." Harry gli sorride, stringe un po' più forte la rosa tra le mani. 

"Immagino. Come ti chiami?" 

Miss Pereer lo sta raggiungendo in fretta, con tanto di braccio alzato e guance rosse per la rabbia. 

"Harry."

Anche il ragazzo pronuncia "Harry", in un modo così sensuale che lui sospira e sta per chiedergli di dirlo ancora e ancora. 

"Io sono Louis."

"Non sembra un nome inglese."

Louis ride, "ecco perché sono a Barcellona, no?" lo prende in giro. 

"Non sembra nemmeno un nome spagnolo!" anche Harry ride. 

"Che vuoi farci! Sei qui con la scuola?"

Harry annuisce, indica la donna che lo ha avvistato e si sta avvicinando a passo di marcia: "è la mia professoressa."

"Sembra abbastanza incazzata." considera Louis. 

"Lo è. Mi sono allontanato dal gruppo senza dire niente."

"E perché lo hai fatto?" Louis sorride, mentre glielo chiede, ed Harry non riesce a non imitarlo. 

"Ero curioso di conoscere la leggenda di San Giorgio."

"Raccontala anche a lei, magari la intenerisci." entrambi la guardano inciampare nei suoi stessi passi, ad entrambi viene da ridere. 

"Magari dovrei regalarle una rosa."

Louis annuisce, "magari. Non te lo hanno detto che non ci si allontana dal gruppo?"

Rimangono entrambi in silenzio per un paio di secondi, poi è Harry che - stupendo persino se stesso - riprende: "potrei farlo di nuovo, però."

Louis gli sorride, capendo immediatamente cosa Harry sta - impacciatamente - cercando di fargli capire; "conosci Parc Güell?"

Harry annuisce, "ci sono stato ieri."

"Credi di poterci tornare oggi pomeriggio?"

No che non potrebbe. Hanno una visita guidata a Casa Battlò. Quindi scuote la testa e dice "posso arrivarci in metropolitana?"

Louis sorride, poi Miss Pereer arriva e lo tira quasi per un orecchio. 

"Styles! Non lo fare mai più, mi sono spiegata?"

Louis li fissa divertito allontanarsi, si accorge alla fine che Harry si è voltato verso di lui e lo sta salutando con un cenno della mano con cui stringe la rosa. Si sorridono per un secondo. 


 

 Parc Güell

"Sei sicuro?" Zayn Malik è più grande di Harry, ha un sacco di tatuaggi e una sigaretta in equilibrio sul l'orecchio. Si sono incontrati in hotel, visto che lui frequenta l'ultimo anno al comprensorio di Bradfort come ripetente ed è in gita con la sua classe. Harry non lo ammetterebbe mai, ma è sempre un po' in soggezione quando sono insieme: sarà la pelle scura, gli occhi che sembrano sempre voler leggere cose di te che tu vorresti tenere nascoste, i disegni praticamente in qualsiasi punto del corpo snello o l'aria di chi ce l'ha perennemente col mondo. Perché abbia accettato di accompagnarlo, con la consapevolezza che così si gioca l'anno per la seconda volta, Harry non lo sa e preferisce, in tutta onestà, rimanere nell'ignoranza. 

"Sì, Zayn. Non andrà via molto tempo." Harry è teso mentre risponde, in piedi nella metropolitana con  Zayn seduto davanti a lui. Le porte si aprono a Diagonal, Harry guarda l'amico che scuote la testa. Non è la fermata giusta. 

"Non sembri nemmeno tu troppo convinto." ma lo sta prendendo in giro? Harry stringe ancora più forte la mano alla sbarra di ferro a cui si sta appoggiando, l'altra è occupata a tenere la rosa - tra due dita - e un libro. 

"No. Lo sono, solo... E se non venisse?"

Zayn sbuffa, annoiato. Dice "non essere ridicolo, è lui che ti ha invitato." con espressione scocciata sul volto mentre il treno rallenta e le porte si aprono. La vicina automatica annuncia la fermata a Fontana: nuovo sguardo di Harry, nuovo diniego di Zayn. 

Le porte si chiudono ed Harry guarda l’altro mentre gli si siede accanto; "ma tu come fai a sapere come ci si muove qui?" cerca di cambiare argomento. La sua professoressa ha lasciato la classe libera di andare a prendere un panino in una catena che si chiama La baguetina catalana e che ha un punto vendita più o meno ogni cinquanta metri ma che a Harry fa schifo. Ha un po' male allo stomaco al pensiero di cosa potrebbe accadere se, oltre a scappare, si perdesse anche. 

"Leggo i cartelli, genio." Zayn sbuffa e prende la sigaretta, se la rigira tra le mani con gesti annoiati. Harry, veramente, non crede che sarebbe mai riuscito a trovare il modo di allontanarsi dal gruppo da solo. E invece Zayn, che aveva incontrato solo due sere prima e gli aveva detto, come prima cosa, "ma come prende aria il tuo cervello?" riferendosi alla sua strana capigliatura, aveva ascoltato in silenzio lo strano racconto dell'incontro con quel Louis e poi aveva detto, nell'ordine: "lo sapevo che eri gay", "hai  il coraggio di andarci davvero?" e infine "muoviamoci, prima che qualcuno di accorga che non stiamo andando al negozio di souvenir." Harry, a quel punto, aveva sorriso e si era limitato a seguirlo. 

Adesso, però, con la professoressa che avrà capito sicuramente che non è andato a prendere da mangiare e la consapevolezza che quel Louis potrebbe averlo solo preso in giro e non essere all'appuntamento - ma è un appuntamento, poi? - comincia a metterlo davvero in ansia. E se chiamassero sua madre? Dio, sua madre lo ucciderebbe. E poi gli taglierebbe internet fino alla fine dei suoi giorni. Mio dio. 

Improvvisamente l'idea non sembra più così geniale, ma non può pensarci troppo, perché Zayn si sta alzando e lui si accorge che la vicina automatica sta annunciando Lesseps. Escono in fretta dal treno e cercano con lo sguardo l'uscita, ad Harry sudano un po' le mani. 

"Allora." Zayn si accende la Marlboro con un gesto secco, "ti ricordi che il Parco è a dieci minuti a piedi e in salita?” Harry annuisce,  “io non ho intenzione di accompagnarti."

Harry si guarda intorno, "e che fai?"

"Mi invento qualcosa." risponde, senza guardarlo. C'è una ragazza bellissima appena dietro di lui, con i capelli colorati e gli occhi di un azzurro vivissimo: Zayn le sta già sorridendo. 

"Ho capito, ho capito." Harry ride e guarda per l'ultima volta il libro che stringe tra le mani. Sospira. "Mi aspetti qui?"

Zayn annuisce, "non metterci un'eternità." dice, ma già non lo sta più nemmeno pensando. Harry rimane un secondo a guardare il ragazzo che si allontana per attaccare bottone con un gruppo di studentesse, puntando immediatamente quella con i capelli viola e sorride: vorrebbe avercela lui tutta quella sicurezza. Sospira, invece, e si asciuga le mani sudaticce contro la stoffa dei jeans. La passeggiata a piedi dura quasi dieci minuti a piedi e in salita - Zayn aveva ragione -; quando è in cima ormai sta ansimando e deve fermarsi per un paio di secondi a prendere fiato, fingendo di stare solo ammirando uno dei mille negozi identici che costeggiano il viale. Gli batte il cuore un po' più forte, quando si rende conto di quanto sia tardi: raggiunge di corsa l'ingresso dei giardini e gli viene quasi da piangere quando vede tutti quei turisti. Sono le sei passate del pomeriggio, non hanno proprio niente di meglio da fare? Harry cerca di ricordare se Louis gli avesse dato un punto di riferimento preciso per trovarsi in mezzo a tutta quella folla, nel frattempo sale per la scalinata fino a raggiungere il famoso drago di Gaudì. Si ferma un attimo: wow, ci sono un sacco di ragazzi che si tengono per mano, due donne si stanno scambiando un bacio proprio a pochi passi da lui. Perché non può essere così anche dove abita lui?

"Scusa?" Harry si accorge di un ragazzo biondo che lo sta richiamando. Potrà avere un anno o due più di lui, mostra fieramente delle guance rosse e degli occhi chiarissimi. 

"Sì?"

Il ragazzo sospira, come contento; "oh, meno male, sei inglese! Senti, ce la scatti una foto?" il ragazzo indica un altro ragazzo che lo sta guardando speranzoso esattamente vicino al drago e vorrebbe dire che no, non ha assolutamente tempo per giocare a fare il fotografo dal momento che già deve pensare a trovare Louis tra diecimila turisti. 

"Certo, sì."

Il ragazzo sorride e raggiunge quasi di corsa quello che deve essere il suo compagno. 

"Ne ho trovato uno, Liam!" sta esultando, così che l'altro scoppi a ridere intenerito. Si mettono in posa vicini ed Harry scatta due volte, poi si scambiano un bacio a fior di labbra sorridendo. 

"Grazie mille!" l'altro ragazzo, quello che è stato sempre in silenzio, gli parla in un inglese che persino lui fa fatica a comprendere, prima di rivolgersi di nuovo all'altro: "andiamo, Niall, prendi la macchina che il ragazzo ha da fare, non vedi?"

Quello che si chiama Niall annuisce e si avvicina. 

"Ne ho scattate due o tre, spero vadano bene." Harry, tuttavia, non può fare a meno di invidiare quei due ragazzi che stanno insieme e sembrano tanto felici. Il pensiero di Louis, però, è più impellente: saluta i due con un cenno della mano e un sorriso e si allontana in fretta fino alla sala delle cento colonne, dove c'è solo una ragazza piena di dred che canta accompagnata da una chitarra acustica. Louis non c'è. Probabilmente sarà ancora alla Ramblas, a vendere fiori completamente dimentico del ragazzino coi capelli strani a cui ha regalato una rosa. Stupido, stupido Harry. Continua a passeggiare, però, fino a quella che assomiglia ad un'enorme piazzetta da cui si riesce a vedere tutta la città. Be', almeno è uno spettacolo bellissimo, e vuole goderselo per un po’ sapendo che rimarrà in punizione fino alla fine della gita. E tutto per un ragazzo con gli occhi azzurri che sicuramente si è dimenticato di lui. Si avvicina al margine fino a poggiarsi con le ginocchia ai mosaico che la guida, il giorno prima, ha detto essere creati con pezzetti di vetro e ceramica colorata. Scatta persino una fotografia con la macchinetta di sua sorella - dio, anche lei lo ucciderà per questa bravata! - e sta per tornare indietro, quando sente "sono stato uno stupido!"

Louis sta ansimando come se avesse corso per arrivare lì, ha una mano sulla pancia piatta e lo sguardo divertito. 

"Pensavo non saresti venuto."

"Pensavo lo stesso." sorride ad Harry, lo raggiunge fino a trovarglisi esattamente di fronte. "Hai portato un libro."

Harry sorride un po' imbarazzato, perché tra le mani stringe una raccolta di poesie in russo che ha trovato in un negozietto di cultura russa in una traversa del Liceu e si sente così stupido! "Mi hanno detto che, se qualcuno ti regala una cosa e tu vuoi che sappia che ricambi, gli regali un libro." cerca di scherzare, un po' più tranquillo visto che Louis sta prendendo il regalo con un sorriso divertito. Il parco comincia a svuotarsi, orde di turisti escono ma a nessuno dei due interessa particolarmente. C'è ancora il sole, il chiacchiericcio in mille lingue diverse, il rumore dei flash delle Canon. 

"Sono contento che tu sia venuto." Louis gli sfiora il dorso della mano con cui sta ancora reggendo la rosa, in un modo così timido e allo stesso intimo che Harry sorride senza neanche rendersene conto. Alza lo sguardo fino agli occhi di Louis: di profilo al sole sembrano ancora più chiari; risponde "sono contento di essere venuto." quasi in un sussurro.

 

Zayn Malik spegne l'ultima sigaretta della serata alzando gli occhi al cielo, Harry si sistema i capelli con un gesto automatico di entrambe le mani. 

"Questa volta ti fanno il culo."

"Perché invece stamattina e prima di cena non me l'hanno fatto?"

Zayn sbuffa anche se sta trattenendo una risata e l'ha capito anche Harry: lanciano entrambi un'occhiata alla Pereer che chiacchiera con un collega proprio alla reception e si fissano in silenzio per un paio di secondi. 

"Se ne accorgerà, Harry. E ti farà il culo."

Harry annuisce, ma intanto si sta sistemando la maglia a mezze maniche che si è infilato insieme a un jeans nero dopo la doccia.

"E dove avreste intenzione di andare stavolta?"

Harry prende il maglioncino in filo nero che ha chiesto a Zayn di reggergli e lo infila mentre risponde "alla... Piazza spagnola o qualcosa del genere."

"Intendi alla Plaza de España." 

"Sì, sì, quella."

Zayn cerca un'altra sigaretta nel pacchetto, se l'accende senza nemmeno offrirne una all'altro perché "non offro sigarette a chi si fa fare volontariamente il culo.", come ci ha tenuto a ribadire quattro volte da quel pomeriggio. "E hai la minima idea di come arrivarci?"

Harry sorride, in un modo che vorrebbe essere ingenuo e invece è solo preoccupantemente malizioso. 

"Come sto?"

Zayn soffia via il fumo, "come una principessa." risponde, senza nemmeno guardalo. Harry fa una smorfia divertita e si sistema per l'ennesima volta i capelli. Vengono interrotti solo dal rumore di un clacson: Harry si apre in un sorriso che potrebbe far venire giorno su tutta Barcellona. 

"Non me lo dire." Zayn, nonostante tutto, scoppia a ridere. Harry si inumidisce un labbro con la punta della lingua. 

"Ho bisogno che tu la distragga." indica la professoressa con un cenno. 

Zayn, apprendendolo, annuisce: "ti faranno il culo." ci tiene a ribadire un'ultima volta, prima di spegnere la sigaretta ancora a metà e rientrare in hotel. 

Harry sospira, ha improvvisamente perso tutta la sua audacia. Sta davvero per scappare per la terza volta in un solo giorno solo per vedere un paio di - ok, favolosi - occhi azzurri?

Anche Louis indossa un pantalone nero, le espadrillas e una camicia di jeans sbottonata. Gli sorride in quel modo che Harry non può far altroché sciogliersi e sorridergli di rimando e lo indica la moto a cui è poggiato. 

"Non ti hanno mai detto che non ci si allontana dal gruppo?" lo saluta, con le stesse parole con cui lo aveva preso in giro solo poche ore prima. 

Harry ha il cuore che gli batte forte, un po' perché la professoressa potrebbe uscire in qualsiasi momento e un po' perché la voce sottile di Louis gli arriva direttamente nello stomaco, ma si avvicina di un passo e prende la mano che gli viene porta. Louis intreccia le dita con le sue, quando Harry si stringe nelle spalle e dice solo "sì, invece, se credi ne valga la pena."

L'altro ride divertito, avvicina il corpo di Harry ancora un po' al suo, ma ancora nemmeno si sfiorano se non fosse per le mani unite. "E tu credi che ne valga la pena?"

Harry rabbrividisce per il sussurro di Louis, direttamente nel suo orecchio. 

Tuttavia cerca di farsi spavaldo, si morde un labbro già troppo carnoso: "dimmelo tu."

E poi c'è solo la risata di Louis. E delle labbra sottili sulle sue. 

 

   
 
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