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Autore: MissCrazy95    03/05/2013    1 recensioni
Sirius, ancora mezzo assonnato, si trascinò sbadigliando verso il tavolo e, afferrata la prima sedia che gli capitò a tiro, vi si lasciò cadere sopra stravaccandosi comodamente.
Osservò di sottecchi il tavolo e si illuminò quando capì la causa di tutto quel trambusto mattutino che tanto l’aveva fatto innervosire. La tavola era apparecchiata e imbandita di tutto punto e lui era una vita che non faceva una colazione come si deve.
“Beh, mi sono arrangiata con quello che ho trovato ma sono comunque abbastanza soddisfatta del risultato” affermò fiera Rachel sorridendo, appoggiata con non curanza al mobile sul quale poco fa tentava disperatamente di arrampicarsi “e dopotutto mi sembrava il minimo per sdebitarmi dell’ospitalità”. (dal capitolo 2)
Coppia principale:
Sirius/nuovo personaggio
Altre coppie:
Remus/Tonks, Harry/Ginny e Draco/Hermione
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sirius Black, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
Capitoli:
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Capitolo 2

La mattina seguente Sirius si svegliò imprecando. Dei rumori provenienti dalla cucina l’avevano svegliato di soprassalto. Scese dal letto di malavoglia e si infilò la vestaglia prima di dirigersi verso la cucina in attesa di scoprire la causa di tutto quel trambusto. Forse Kreacher aveva deciso di redimersi uno buona volta e preparargli la colazione, del che dubitava fortemente, o forse Rachel aveva deciso di fare una capatina in cucina di prima mattina.

Si augurò non fosse un’abitudine per lei perché, fin da quando era piccolo, amava dormire fino a tardi la mattina. Svegliarsi presto era sempre un trauma.
Scese in cucina mezzo assonnato, barcollando e imprecando quando inciampò sulle scale e rischiò di farsele tutte a rotoli ritrovandosi magari con la testa rotta.
James avrebbe detto che era impossibile, la sua testa era troppo dura. Sorrise fra se a quel pensiero mentre un velo di malinconia gli si attaccava addosso.
Quando entrò in cucina Rachel gli dava le spalle mentre cercava di arrampicarsi sul mobile per prendere chissà quale diavoleria dagli scaffali più in alto. I capelli ancora umidi le scendevano morbidi sulle spalle e la cortissima vestaglia in raso azzurra mostrava molto più di quel che Sirius fosse abituato a vedere di una donna negli ultimi 14 anni e, dopotutto, Rachel era indubbiamente bella, affascinante ed elegante.
 “Oh Mr Black mi onora con la sua presenza” lo schernì Rachel.
Mr Black avrebbe preferito stare a letto a dormire stamani ma qualcuno…” Sirius la guardò di sottecchi e continuò “…non me l’ha lasciato fare”.
“Lo ammetto, ho fatto un po’ di baccano” consentì  la vampira aprendo le mani in senso di scusa, “il fatto è che stamattina mi sentivo parecchio mattiniera e così…”
“Aspetta… sta mattina? Vuol dire che non lo sei sempre?”
“Solo quando mi va” rispose alzando le spalle noncurante. Black sorrise, “Oh grazie al cielo” disse tirando un sospiro di sollievo. Rachel non diede segno di averlo notato.
Sirius, ancora mezzo assonnato, si trascinò sbadigliando verso il tavolo e, afferrata la prima sedia che gli capitò a tiro, vi si lasciò cadere sopra stravaccandosi comodamente.
Osservò di sottecchi il tavolo e si illuminò quando capì la causa di tutto quel trambusto mattutino che tanto l’aveva fatto innervosire. La tavola era apparecchiata e imbandita di tutto punto e lui era una vita che non faceva una colazione come si deve. Ad Hogwarts adorava strafogarsi di cibo ogni mattina insieme a James sotto lo sguardo disgustato di Remus e, negli ultimi anni, perfino quello di Lily.
“Beh, mi sono arrangiata con quello che ho trovato ma sono comunque abbastanza soddisfatta del risultato” affermò fiera Rachel sorridendo, appoggiata con non curanza al mobile sul quale poco fa tentava disperatamente di arrampicarsi “e dopotutto mi sembrava il minimo per sdebitarmi dell’ospitalità”.
In tavola c’era del caffè, del the e del latte caldo, dei biscotti ancora caldi, una torta di zucca e….
“Questi cosa sarebbero?” chiese Sirius a metà tra il curioso e il diffidente, indicando dei dischi piatti, marroncini e ricoperti da un liquido dall’aspetto appiccicoso.
Una risata cristallina riempì la stanza al suono di quella domanda.
“Vuoi dirmi che non hai mai mangiato dei pancakes ricoperti di sciroppo d’acero?” chiese un po’ incredula osservando il mago ma quando si accorse della faccia sempre più stupita di quest’ultimo si affrettò a rispondere: “beh… è una specie di… frittata dolce, se così si può definire. Assaggiali, sono buonissimi” lo incoraggiò.
Sirius ne afferrò uno e iniziò a trangugiarlo, da prima in modo diffidente ma poi sempre più entusiasta. Rachel sorrise soddisfatta. “Dove hai trovato tutto il necessario per preparare queste prelibatezze?” riuscì a chiederle tra un boccone e l’altro osservandola con la coda dell’occhio. Era dannatamente attraente doveva ammettere. “C’era un sacchetto pieno di roba in un angolo della cucina e ho pensato di usare alcune cosette” rispose alzando le spalle con tranquillità. Sirius si batté una mano sulla fronte “Ah già. Molly mi aveva detto di avermi lasciato qualche cosa in cucina. Me n’ero completamente dimenticato”. Rachel lo squadrò un attimo accigliata. Non che fosse granché informata a riguardo ma da quel che le aveva raccontato Severus e da quello che aveva letto sui giornali appena tornata a Londra, questo tizio era stato in prigione per qualcosa come una decina d’anni e doveva essere ormai latitante da due; non pensava avesse trovato il tempo di trovarsi una ragazza. “E così sei fidanzato?” Sirius quasi si strozzò con il caffè che aveva appena iniziato a sorseggiare “Cosa?” la sua voce si alzò di qualche tono.
 “Molly” rimarcò il nome Rachel con un’espressione a metà tra il divertito e lo stralunato.
“Per Merlino no! Molly Weasley è solo un membro dell’ordine, un’amica e madre di ben sette figli perciò no, direi proprio che non è la mia ragazza” concluse Sirius scuotendo la testa divertito.
“Oh, pensavo” rispose atona la vampira scrollando le spalle “Comunque” cambiò velocemente discorso “la prima riunione dell’Ordine è domani sera giusto?” Sirius annuì osservandola “quindi oggi pensavo di uscire a sbrigare un  po’ di affari, prendere la mia roba, qualche acquisto,… sai com’è” nutrirsi, aggiunse mentalmente nella sua testa ma non osò pronunciarlo ad alta voce. Non che se ne vergognasse anzi, era sua abitudine pensarla come un qualcosa di naturale a modo suo o, perlomeno, era l’unico modo per non farla sentire un vero mostro, ma non conosceva abbastanza bene Black da sapere con sicurezza la reazione che avrebbe avuto ad una affermazione così diretta perciò, a scanso di equivoci, preferì soprassedere. “Starò via tutto il giorno penso” concluse.
Sirius la guardò e per un attimo sembrò rattristarsi appena ma si riprese subito “Ne approfitterò per fare un po’ di pulizia in questa vecchia casa maleodorante” scherzò guardandosi attorno con un velo di malinconia.
“Hai bisogno di qualche cosa?” chiese, ma Sirius scosse la testa “me la caverò, tranquilla” e le scoccò un sorriso tirato. L’unica cosa di cui aveva bisogno era uscire da quella casa e farsi un giro, magari con la sua bella moto. Ma sapeva bene che questo era impossibile a meno che non volesse trovarsi sbattuto ad Azkaban con un biglietto di sola andata.
Rachel annuì “D’accordo. Allora ci vediamo stasera” lo salutò e sparì al piano di sopra a cambiarsi lasciando Sirius immerso nei sui pensieri.

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Quando Rachel se ne fu andata e la porta sbatté alle sue spalle, Sirius si lasciò scappare un sonoro sbuffo. Di nuovo solo in quell’odiosa casa. Finì di bere il suo caffè, si alzò dal tavolo e lentamente si avviò al piano di sopra.
Quando passò di fianco al quadro di sua madre notò che le tende erano tirate e non proveniva nessun rumore, nessun urlo, nemmeno uno sbuffo. Strano, pensò. In genere bastava qualche minimo rumore per svegliarla eppure… Era indeciso se controllare ma il ricordo vivo della voce squillante e pungente di sua madre bastò a dissuaderlo all’istante. Magari più tardi, penso fra se e se
Una volta giunto in camera sua si cambiò e, afferrata la bacchetta, scese di nuovo di sotto pronto ad una giornata di pulizia in solitudine.

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 In Fleat Street a quell’ora di sera le luci dei negozi si spegnevano e le saracinesche scorrevano giù rapidamente una dietro l’altra. I negozianti si salutavano tra loro, alcuni scambiavano qualche parola e poi correvano via impazienti di tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro.

In fondo alla strada due giovani ragazze erano intente a chiudere il loro negozio discutendo allegramente.
“Dovresti chiamarlo tu” disse la prima ragazza più alta con lunghi capelli rossi appoggiata tranquillamente al muro, una sigaretta tra le mani. La seconda, più minuta con i capelli castani tagliati a caschetto si girò appena mentre tentava di fissare a terra la saracinesca “Chiamare chi?”
“Come chi, Jonathan è ovvio” rispose l’altra alzando gli occhi al cielo.
“Certo, giusto per fare la figura della stupida” la ragazza col caschetto si alzò da terra pulendosi le mani sui pantaloni mentre la rossa buttava a terra la sigaretta e la schiacciava con la punta delle scarpe “Beh, io ci ho provato” alzò le mani in segno di resa sbuffando appena. Si voltò e si avviò verso la macchina parcheggiata lì vicino “Sei sicura di non volere un passaggio?”
“No, la fermata dell’autobus è qui vicina. Faccio due passi, tranquilla”
“D’accordo, come preferisci. Ciao Katy” la rossa salì in macchina e mise in moto. Katy la salutò con la mano e dopo averla vista sfrecciare via nella notte si avviò a passo svelto verso la fermata dell’autobus.
Forse avrebbe dovuto ascoltare Vanessa e chiamare Jonathan e finirla con tutta questa storia. Dopotutto lei non poteva sapere con certezza cosa lui provasse per lei se non ne avevano mai parlato veramente.
Era così presa dai suoi pensieri che non si accorse di essere seguita da due losche figure.
Due uomini le si erano avvicinati rapidamente, due ghigni stampati sulle facce. Si sentì afferrare da dietro bruscamente mentre veniva trascinata in un vicolo buio lì vicino. Provò ad urlare ma era troppo tardi, l’uomo le premeva forte la mano ruvida e callosa sulla bocca facendola respirare a mala pena.
Tentò di scalciare e dimenarsi in tutti i modi ma lei era troppo minuta contro quei due energumeni, non sarebbe mai riuscita a liberarsi. Quando si rese conto di non avere scampo le lacrime iniziarono a scendere copiose sul suo volto.
Il secondo uomo, che la fissava divertito con in mano una bottiglia di scadente birra inglese, se ne accorse e le si avvicinò come un gatto che punta la sua preda. Le scansò i capelli dalla fronte e, mentre l’altro continuava a tenerla ferma, le soffiò nell’orecchio: “Tranquilla, non vogliamo farti del male. Vogliamo solo divertirci un po’” e si piegò in due dalle risate mentre l’altro lo seguiva a ruota.
La ragazza tremava disperatamente “Vi prego, vi prego” le uscì quasi in un soffio mentre l’uomo che la teneva allentava la presa sulla sua bocca. Lei non lo vedeva negli occhi ma avvertiva sul collo il suo alito marcio di alcol.
Il secondo le si avvicinò rapidamente e le tirò uno schiaffo guardandola con odio.
Le lacrime presero a scendere più violentemente mentre la guancia le pulsava sotto il segno arrosato delle cinque dita di quel bastardo. Quella sera sarebbe stata l’ultima, ne era certa e si maledisse di non aver accettato quel passaggio in macchina.
All’improvviso… un fruscio e si sentì libera.
Katy si voltò di scatto. L’uomo che la teneva ferma era sparito nel nulla.
Quando riportò lo sguardo sull’altro, quello se ne stava di fronte a lei immobile, lo sguardo stralunato.
Un urlo squarciò la notte.
Katy si appiccicò al muro terrorizzata tremando come una foglia. In quel momento dal tetto sopra di loro cadde il corpo dell’uomo, gli occhi vuoti e uno squarcio vivo nel collo.
L’altro lo guardò terrorizzato e Katy giurò che fosse sul procinto di urlare. Invece, dopo averla fissata un’ultima volta, si voltò rapidamente per scappare ma, all’improvviso, una figura comparve di fronte a lui. Questa volta un urlo vero gli uscì dalla bocca mentre iniziava a indietreggiare. Quando la figura si spostò e venne illuminata dalla luce della luna, Katy non riuscì a reprimere un brivido. Era una donna dai lunghi capelli scuri e la pelle pallida che fissava dritto in faccia l’uomo agitando il dito in senso di diniego “No no no. Non ci siamo affatto” sussurrò con un tono che le penetrò nelle ossa. Gli occhi della donna erano iniettati di sangue e le vene sotto gli occhi pulsavo evidenti più che mai sotto la pelle pallida della ragazza. I canini sporgevano bianchi e pericolosi dalla sue labbra rosso sangue. Era leggermente chinata sulla schiena quasi fosse pronta a balzare da un momento all’altro. Si muoveva lentamente , gli occhi fissi sull’uomo e un sorriso inquietante sulle labbra.
“Non si importunano così delle povere ragazze indifese” disse avanzando ancora spingendo così l’uomo alla fine del vicolo, fra i cassonetti pieni lungo il muro. Questo vi si appoggiò terrorizzato mentre la donna continuava a fissarlo “Scommetto che non è la prima volta vero, Dean?”
“Come conosci il mio nome?” le domandò sconvolto.
“Diciamo solo che è da un po’ che ti seguo”
“Ti diverti con le giovani piccole ragazze perché sei più forte di loro vero? Beh oggi hai trovato qualcuno più forte di te dolcezza” il modo in cui disse dolcezza face accapponare la pelle a Katy.
“Cosa sei?” le domando il topo spaurito “Una specie di supereroe che difende la giovani ragazze maltrattate” quasi le sputò addosso facendosi coraggio. Ma quando vide che lei continuava ad avanzare verso di lui mormorò appena: “I supereroi non uccidono”. Lei si fermò un attimo e lo osservò divertita, la testa inclinata da un lato “Non ho mai detto di esserlo”.
L’uomo deglutì a vuoto “Cosa sei allora?”
“Un predatore molto affamato” una lieve risata uscì dalle labbra scarlatte della donna  “E, indovina un po?...” gli si avvicinò afferrandolo per le spalle “Tu sei la mia preda dolcezza” e gli si avventò addosso mentre questo si dimenava disperatamente. Per la prima volta impotente di fronte a una donna.
Katy era rimasta appiccicata al muro per tutto il tempo e guardava la scena attonita.
Quando il corpo dell’uomo cadde a terra inerme, la vampira rimase in piedi di spalle qualche secondo e, quando si voltò il suo volto non aveva più alcuna traccia del mostro che era stata fino a pochi istanti prima. Il suo volto era affascinante e aristocratico, gli occhi non erano più rossi ma grandi e verdi, le vene sotto agli occhi erano sparite e i canini erano tornati alle dimensioni normali. L’unica traccia di quel che era successo era un rivolo di sangue che le colava dall’angolo della bocca che, rapida, si pulì col dorso della mano.
Katy la guardava ancora terrorizzata mentre la donna avanzava verso di lei. All’inizio pensò di urlare ma non ne aveva più la forza e, quando pensò di essere spacciata, si ritrovò puntato contro un bastoncino di legno mentre la donna la guardava seria e mormorava: “Oblivion”.

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Rachel tornò a casa molto tardi quella sera perciò si stupì molto nel vedere in fondo al corridoio la luce accesa in cucina.
Si controllò rapida i vestiti cercando delle eventuali tracce di sangue e, quando constatò che non ve n’era alcuna, si avviò verso la cucina e spinse appena la porta che si aprì cigolando.
Sirius era seduto a capotavola con un bicchiere in mano, di fronte a lui una bottiglia di Whiskey mezza vuota. Si girò a guardarla, i suoi occhi erano decisamente lucidi e brilli. Le rivolse un sorriso storto e disse con voce roca e appena impastata alzando il bicchiere verso di lei: “Alla salute”, e buttò giù quel che restava nel bicchiere.
Rachel lo fissava appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate.
“Se hai intenzione di dire qualcosa, non farlo” la ammonì Sirius tristemente aspettandosi una qualche ramanzina da parte sua. Rachel, invece, avanzò verso il tavolo e afferrò la bottiglia di Whiskey. Sirius fece per protestare ma la vampira si portò la bottiglia alla bocca e iniziò a trangugiarne il liquido ambrato rapidamente per poi appoggiarla di nuovo sul tavolo e lasciarsi cadere su una sedia affianco a Black che, dal canto suo, la guardava scioccato.
“La vita a volte fa schifo”“Già”
“Se pensi non sappia cosa stai provando ti sbagli”
“Ma lascia che ti dica una cosa: la vita è crudele Sirius. Ma non possiamo passere il nostro tempo a commiserarci. Non se non vogliamo perderci anche le cose più belle che ha da regalarci”. Lo guardò un’ultima volta e afferrò di nuovo la bottiglia “questa è il caso che la prenda io, che dici?” gli disse guardandolo e sorridendo appena  mentre riponeva la bottiglia nelle alte in alto della cucina.
“Buona notte Sirius”. Lo guardò un’ultima volta e si avviò verso le scale lasciandolo nuovamente solo in quella cucina.


















































Salve a  tutti!!! Mi dispiace moltissimo per il ritardo  ma purtroppo  questo è l'ultimo periodo dell'anno scolastico e c'è tanto lavoro da fare :(
Comunque ecco qui il capitolo.... non sono molto soddisfatta ma spero vi piaccia comunque :)
Mi raccomando recensite in tanti e buon weekend! :)
Alla prossima :)
   
 
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