Capitolo
2
La
mattina
seguente Sirius si svegliò imprecando. Dei rumori
provenienti dalla cucina l’avevano
svegliato di soprassalto. Scese dal letto di malavoglia e si
infilò la
vestaglia prima di dirigersi verso la cucina in attesa di scoprire la
causa di
tutto quel trambusto. Forse Kreacher aveva deciso di redimersi uno
buona volta
e preparargli la colazione, del che dubitava fortemente, o forse Rachel
aveva
deciso di fare una capatina in cucina di prima mattina.
Si augurò
non fosse un’abitudine per lei perché, fin da
quando era piccolo, amava dormire
fino a tardi la mattina. Svegliarsi presto era sempre un trauma.
Scese in
cucina mezzo assonnato, barcollando e imprecando quando
inciampò sulle scale e
rischiò di farsele tutte a rotoli ritrovandosi magari con la
testa rotta.
James
avrebbe detto che era impossibile, la sua testa era troppo dura.
Sorrise fra se
a quel pensiero mentre un velo di malinconia gli si attaccava addosso.
Quando entrò
in cucina Rachel gli dava le spalle mentre cercava di arrampicarsi sul
mobile
per prendere chissà quale diavoleria dagli scaffali
più in alto. I capelli
ancora umidi le scendevano morbidi sulle spalle e la cortissima
vestaglia in
raso azzurra mostrava molto più di quel che Sirius fosse
abituato a vedere di
una donna negli ultimi 14 anni e, dopotutto, Rachel era indubbiamente
bella, affascinante
ed elegante.
“Oh
Mr Black mi onora con la sua presenza” lo
schernì Rachel.
“Mr
Black avrebbe preferito stare a letto
a dormire stamani ma qualcuno…” Sirius la
guardò di sottecchi e continuò
“…non
me l’ha lasciato fare”.
“Lo ammetto,
ho fatto un po’ di baccano” consentì la
vampira aprendo le mani in senso di scusa, “il fatto
è che stamattina mi
sentivo parecchio mattiniera e così…”
“Aspetta…
sta mattina? Vuol dire che non lo sei sempre?”
“Solo quando
mi va” rispose alzando le spalle noncurante. Black sorrise,
“Oh grazie al cielo”
disse tirando un sospiro di sollievo. Rachel non diede segno di averlo
notato.
Sirius,
ancora mezzo assonnato, si trascinò sbadigliando verso il
tavolo e, afferrata
la prima sedia che gli capitò a tiro, vi si
lasciò cadere sopra stravaccandosi
comodamente.
Osservò di
sottecchi il tavolo e si illuminò quando capì la
causa di tutto quel trambusto
mattutino che tanto l’aveva fatto innervosire. La tavola era
apparecchiata e
imbandita di tutto punto e lui era una vita che non faceva una
colazione come
si deve. Ad Hogwarts adorava strafogarsi di cibo ogni mattina insieme a
James
sotto lo sguardo disgustato di Remus e, negli ultimi anni, perfino
quello di
Lily.
“Beh, mi
sono arrangiata con quello che ho trovato ma sono comunque abbastanza
soddisfatta del risultato” affermò fiera Rachel
sorridendo, appoggiata con non
curanza al mobile sul quale poco fa tentava disperatamente di
arrampicarsi “e
dopotutto mi sembrava il minimo per sdebitarmi
dell’ospitalità”.
In tavola
c’era del caffè, del the e del latte caldo, dei
biscotti ancora caldi, una
torta di zucca e….
“Questi cosa
sarebbero?” chiese Sirius a metà tra il curioso e
il diffidente, indicando dei
dischi piatti, marroncini e ricoperti da un liquido
dall’aspetto appiccicoso.
Una risata
cristallina riempì la stanza al suono di quella domanda.
“Vuoi dirmi
che non hai mai mangiato dei pancakes ricoperti di sciroppo
d’acero?” chiese un
po’ incredula osservando il mago ma quando si accorse della
faccia sempre più
stupita di quest’ultimo si affrettò a rispondere:
“beh… è una specie di… frittata dolce, se così si
può definire.
Assaggiali, sono buonissimi” lo incoraggiò.
Sirius ne
afferrò uno e iniziò a trangugiarlo, da prima in
modo diffidente ma poi sempre
più entusiasta. Rachel sorrise soddisfatta. “Dove
hai trovato tutto il
necessario per preparare queste prelibatezze?”
riuscì a chiederle tra un
boccone e l’altro osservandola con la coda
dell’occhio. Era dannatamente
attraente doveva ammettere. “C’era un sacchetto
pieno di roba in un angolo
della cucina e ho pensato di usare alcune cosette” rispose
alzando le spalle
con tranquillità. Sirius si batté una mano sulla
fronte “Ah già. Molly mi aveva
detto di avermi lasciato qualche cosa in cucina. Me n’ero
completamente
dimenticato”. Rachel lo squadrò un attimo
accigliata. Non che fosse granché
informata a riguardo ma da quel che le aveva raccontato Severus e da
quello che
aveva letto sui giornali appena tornata a Londra, questo tizio era
stato in
prigione per qualcosa come una decina d’anni e doveva essere
ormai latitante da
due; non pensava avesse trovato il tempo di trovarsi una ragazza.
“E così sei
fidanzato?” Sirius quasi si strozzò con il
caffè che aveva appena iniziato a
sorseggiare “Cosa?” la sua voce si alzò
di qualche tono.
“Molly”
rimarcò il nome Rachel con un’espressione
a metà tra il divertito e lo stralunato.
“Per Merlino
no! Molly Weasley è solo un membro dell’ordine,
un’amica e madre di ben sette
figli perciò no, direi proprio che non è la mia
ragazza” concluse Sirius
scuotendo la testa divertito.
“Oh,
pensavo”
rispose atona la vampira scrollando le spalle
“Comunque” cambiò velocemente
discorso “la prima riunione dell’Ordine
è domani sera giusto?” Sirius annuì
osservandola
“quindi oggi pensavo di uscire a sbrigare un
po’ di affari, prendere la mia roba, qualche
acquisto,… sai com’è” nutrirsi, aggiunse mentalmente nella sua
testa ma non osò pronunciarlo ad alta voce. Non che se ne
vergognasse anzi, era
sua abitudine pensarla come un qualcosa di naturale
a modo suo o, perlomeno, era l’unico modo per non
farla sentire un vero
mostro, ma non conosceva abbastanza bene Black da sapere con sicurezza
la
reazione che avrebbe avuto ad una affermazione così diretta
perciò, a scanso di
equivoci, preferì soprassedere. “Starò
via tutto il giorno penso” concluse.
Sirius la
guardò e per un attimo sembrò rattristarsi appena
ma si riprese subito “Ne
approfitterò per fare un po’ di pulizia in questa
vecchia casa maleodorante”
scherzò guardandosi attorno con un velo di malinconia.
“Hai bisogno
di qualche cosa?” chiese, ma Sirius scosse la testa
“me la caverò, tranquilla”
e le scoccò un sorriso tirato. L’unica cosa di cui
aveva bisogno era uscire da
quella casa e farsi un giro, magari con la sua bella moto. Ma sapeva
bene che
questo era impossibile a meno che non volesse trovarsi sbattuto ad
Azkaban con
un biglietto di sola andata.
Rachel annuì
“D’accordo. Allora ci vediamo stasera” lo
salutò e sparì al piano di sopra a
cambiarsi lasciando Sirius immerso nei sui pensieri.
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Quando
Rachel se ne fu andata e la porta sbatté alle sue spalle,
Sirius si lasciò
scappare un sonoro sbuffo. Di nuovo solo in quell’odiosa
casa. Finì di bere il
suo caffè, si alzò dal tavolo e lentamente si
avviò al piano di sopra.
Quando passò
di fianco al quadro di sua madre notò che le tende erano
tirate e non proveniva
nessun rumore, nessun urlo, nemmeno uno sbuffo. Strano,
pensò. In genere bastava qualche minimo rumore per
svegliarla eppure… Era indeciso se controllare ma il ricordo
vivo della voce
squillante e pungente di sua madre bastò a dissuaderlo
all’istante. Magari più
tardi, penso fra se e se
Una volta
giunto in camera sua si cambiò e, afferrata la bacchetta,
scese di nuovo di
sotto pronto ad una giornata di pulizia in solitudine.
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In
Fleat
Street a quell’ora di sera le luci dei negozi si spegnevano e
le saracinesche
scorrevano giù rapidamente una dietro l’altra. I
negozianti si salutavano tra
loro, alcuni scambiavano qualche parola e poi correvano via impazienti
di
tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro.
In fondo
alla strada due giovani ragazze erano intente a chiudere il loro
negozio
discutendo allegramente.
“Dovresti
chiamarlo tu” disse la prima ragazza più alta con
lunghi capelli rossi
appoggiata tranquillamente al muro, una sigaretta tra le mani. La
seconda, più
minuta con i capelli castani tagliati a caschetto si girò
appena mentre tentava
di fissare a terra la saracinesca “Chiamare chi?”
“Come chi,
Jonathan è ovvio” rispose l’altra
alzando gli occhi al cielo.
“Certo,
giusto per fare la figura della stupida” la ragazza col
caschetto si alzò da
terra pulendosi le mani sui pantaloni mentre la rossa buttava a terra
la
sigaretta e la schiacciava con la punta delle scarpe “Beh, io
ci ho provato”
alzò le mani in segno di resa sbuffando appena. Si
voltò e si avviò verso la
macchina parcheggiata lì vicino “Sei sicura di non
volere un passaggio?”
“No, la
fermata dell’autobus è qui vicina. Faccio due
passi, tranquilla”
“D’accordo,
come preferisci. Ciao Katy” la rossa salì in
macchina e mise in moto. Katy la
salutò con la mano e dopo averla vista sfrecciare via nella
notte si avviò a
passo svelto verso la fermata dell’autobus.
Forse
avrebbe dovuto ascoltare Vanessa e chiamare Jonathan e finirla con
tutta questa
storia. Dopotutto lei non poteva sapere con certezza cosa lui provasse
per lei
se non ne avevano mai parlato veramente.
Era così
presa dai suoi pensieri che non si accorse di essere seguita da due
losche
figure.
Due uomini
le si erano avvicinati rapidamente, due ghigni stampati sulle facce. Si
sentì
afferrare da dietro bruscamente mentre veniva trascinata in un vicolo
buio lì vicino.
Provò ad urlare ma era troppo tardi, l’uomo le
premeva forte la mano ruvida e
callosa sulla bocca facendola respirare a mala pena.
Tentò di
scalciare e dimenarsi in tutti i modi ma lei era troppo minuta contro
quei due
energumeni, non sarebbe mai riuscita a liberarsi. Quando si rese conto
di non
avere scampo le lacrime iniziarono a scendere copiose sul suo volto.
Il secondo
uomo, che la fissava divertito con in mano una bottiglia di scadente
birra
inglese, se ne accorse e le si avvicinò come un gatto che
punta la sua preda.
Le scansò i capelli dalla fronte e, mentre l’altro
continuava a tenerla ferma, le
soffiò nell’orecchio: “Tranquilla, non
vogliamo farti del male. Vogliamo solo
divertirci un po’” e si piegò in due
dalle risate mentre l’altro lo seguiva a
ruota.
La ragazza tremava
disperatamente “Vi prego, vi prego” le
uscì quasi in un soffio mentre l’uomo
che la teneva allentava la presa sulla sua bocca. Lei non lo vedeva
negli occhi
ma avvertiva sul collo il suo alito marcio di alcol.
Il secondo
le si avvicinò rapidamente e le tirò uno schiaffo
guardandola con odio.
Le lacrime
presero a scendere più violentemente mentre la guancia le
pulsava sotto il
segno arrosato delle cinque dita di quel bastardo. Quella sera sarebbe
stata
l’ultima, ne era certa e si maledisse di non aver accettato
quel passaggio in
macchina.
All’improvviso…
un fruscio e si sentì libera.
Katy si
voltò di scatto. L’uomo che la teneva ferma era
sparito nel nulla.
Quando
riportò lo sguardo sull’altro, quello se ne stava
di fronte a lei immobile, lo
sguardo stralunato.
Un urlo
squarciò la notte.
Katy si
appiccicò al muro terrorizzata tremando come una foglia. In
quel momento dal
tetto sopra di loro cadde il corpo dell’uomo, gli occhi vuoti
e uno squarcio
vivo nel collo.
L’altro lo
guardò terrorizzato e Katy giurò che fosse sul
procinto di urlare. Invece, dopo
averla fissata un’ultima volta, si voltò
rapidamente per scappare ma,
all’improvviso, una figura comparve di fronte a lui. Questa
volta un urlo vero gli
uscì dalla bocca mentre iniziava a indietreggiare. Quando la
figura si spostò e
venne illuminata dalla luce della luna, Katy non riuscì a
reprimere un brivido.
Era una donna dai lunghi capelli scuri e la pelle pallida che fissava
dritto in
faccia l’uomo agitando il dito in senso di diniego
“No no no. Non ci siamo
affatto” sussurrò con un tono che le
penetrò nelle ossa. Gli occhi della donna
erano iniettati di sangue e le vene sotto gli occhi pulsavo evidenti
più che
mai sotto la pelle pallida della ragazza. I canini sporgevano bianchi e
pericolosi dalla sue labbra rosso sangue. Era leggermente chinata sulla
schiena
quasi fosse pronta a balzare da un momento all’altro. Si
muoveva lentamente ,
gli occhi fissi sull’uomo e un sorriso inquietante sulle
labbra.
“Non si
importunano così delle povere ragazze indifese”
disse avanzando ancora
spingendo così l’uomo alla fine del vicolo, fra i
cassonetti pieni lungo il muro.
Questo vi si appoggiò terrorizzato mentre la donna
continuava a fissarlo
“Scommetto che non è la prima volta vero,
Dean?”
“Come
conosci il mio nome?” le domandò sconvolto.
“Diciamo
solo che è da un po’ che ti seguo”
“Ti diverti
con le giovani piccole ragazze perché sei più
forte di loro vero? Beh oggi hai
trovato qualcuno più forte di te dolcezza” il modo
in cui disse dolcezza face
accapponare la pelle a
Katy.
“Cosa
sei?” le
domando il topo spaurito “Una specie di supereroe che difende
la giovani ragazze
maltrattate” quasi le sputò addosso facendosi
coraggio. Ma quando vide che lei
continuava ad avanzare verso di lui mormorò appena:
“I supereroi non uccidono”.
Lei si fermò un attimo e lo osservò divertita, la
testa inclinata da un lato “Non
ho mai detto di esserlo”.
L’uomo
deglutì a vuoto “Cosa sei allora?”
“Un predatore molto affamato” una lieve risata
uscì dalle labbra scarlatte
della donna “E,
indovina un po?...” gli
si avvicinò afferrandolo per le spalle “Tu sei la
mia preda dolcezza” e gli si avventò
addosso mentre questo si dimenava disperatamente. Per la prima volta
impotente di
fronte a una donna.
Katy era
rimasta appiccicata al muro per tutto il tempo e guardava la scena
attonita.
Quando il
corpo dell’uomo cadde a terra inerme, la vampira rimase in
piedi di spalle
qualche secondo e, quando si voltò il suo volto non aveva
più alcuna traccia
del mostro che era stata fino a pochi istanti prima. Il suo volto era
affascinante e aristocratico, gli occhi non erano più rossi
ma grandi e verdi,
le vene sotto agli occhi erano sparite e i canini erano tornati alle
dimensioni
normali. L’unica traccia di quel che era successo era un
rivolo di sangue che
le colava dall’angolo della bocca che, rapida, si
pulì col dorso della mano.
Katy la
guardava ancora terrorizzata mentre la donna avanzava verso di lei.
All’inizio
pensò di urlare ma non ne aveva più la forza e,
quando pensò di essere
spacciata, si ritrovò puntato contro un bastoncino di legno
mentre la donna la
guardava seria e mormorava: “Oblivion”.
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Rachel tornò
a casa molto tardi quella sera perciò si stupì
molto nel vedere in fondo al
corridoio la luce accesa in cucina.
Si controllò
rapida i vestiti cercando delle eventuali tracce di sangue e, quando
constatò
che non ve n’era alcuna, si avviò verso la cucina
e spinse appena la porta che
si aprì cigolando.
Sirius era
seduto a capotavola con un bicchiere in mano, di fronte a lui una
bottiglia di
Whiskey mezza vuota. Si girò a guardarla, i suoi occhi erano
decisamente lucidi
e brilli. Le rivolse un sorriso storto e disse con voce roca e appena
impastata
alzando il bicchiere verso di lei: “Alla salute”, e
buttò giù quel che restava
nel bicchiere.
Rachel lo fissava
appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate.
“Se hai
intenzione di dire qualcosa, non farlo” la ammonì
Sirius tristemente
aspettandosi una qualche ramanzina da parte sua. Rachel, invece,
avanzò verso
il tavolo e afferrò la bottiglia di Whiskey. Sirius
fece
per protestare ma la vampira si portò la bottiglia alla
bocca e iniziò a
trangugiarne il liquido ambrato rapidamente per poi appoggiarla di
nuovo sul
tavolo e lasciarsi cadere su una sedia affianco a Black che, dal canto
suo, la
guardava scioccato.
“La vita a
volte fa schifo”“Già”
“Se pensi
non sappia cosa stai provando ti sbagli”
“Ma lascia
che ti dica una cosa: la vita è crudele Sirius. Ma non
possiamo passere il
nostro tempo a commiserarci. Non se non vogliamo perderci anche le cose
più
belle che ha da regalarci”. Lo guardò
un’ultima volta e afferrò di nuovo la
bottiglia “questa è il caso che la prenda io, che
dici?” gli disse guardandolo e
sorridendo appena mentre
riponeva la
bottiglia nelle alte in alto della cucina.
“Buona notte
Sirius”. Lo guardò un’ultima volta e si
avviò verso le scale lasciandolo
nuovamente solo in quella cucina.
Salve a tutti!!! Mi dispiace moltissimo per il ritardo
ma purtroppo questo è l'ultimo periodo
dell'anno scolastico e c'è tanto lavoro da fare :(
Comunque ecco qui il capitolo.... non sono molto soddisfatta ma spero
vi piaccia comunque :)
Mi raccomando recensite in tanti e buon weekend! :)
Alla prossima :)