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Autore: malfoya    03/05/2013    0 recensioni
Cosa succederebbe se l'unica via di sopravvivenza rimanente fosse la morte?
Una storia d'amore, odio, sesso, droga, lacrime e dolore.
(N.B. E' un contenuto datato.)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Fine anni Cinquanta.

Io ero solo un’innocente tredicenne che non meritava la fiducia di una madre.
Un padre? 
Magari averlo avuto. Forse, se lui fosse stato vivo, vicino a noi , non avremmo avuto tutti quei contrasti familiari.
Mia madre mi ha raccontato che dopo la guerra, lui non tornò a casa.
Mi disse che forse lui era diventato un angelo, o che c’era probabilità che fosse scappato per cambiare vita.
Io non ricordo nulla, probabilmente io ero molto piccola. 
Forse, se lui fosse stato qui, non sarei mai entrata a far parte di quel gruppo di tossicodipendenti . Almeno non a quell’età precoce.
Tutto iniziò quando mi fidanzai con un ragazzo più grande di me di circa sette o otto anni; eravamo felici insieme ma lui mi nascondeva  parecchie cose, che infine venni a sapere.
Ad esempio il fatto  che andava  con altre ragazze  perché insoddisfatto di me, forse a causa della mia giovane età, o come il fatto della droga.
In primo tempo non accettai nessuna delle due, poi passai sopra la prima e lo seguii nella seconda.
Era una notte fredda, di gennaio, il diciotto, ovvero il mio compleanno, quando, seduti davanti al bancone di un bar (lui con una birra, io con una tazza di latte), mi disse che quella sera “voleva farmi crescere”.
All’inizio non capii bene cosa intendesse , ma quando ordinò un boccale di birra anche per me, molte idee scoppiarono nella mia testa.
Mi disse di bere quella roba, che i brutti pensieri dopo se ne sarebbero andati , così, tutto d’un fiato bevvi metà del liquido dentro il boccale.
La testa iniziò a girarmi leggermente, ma lui mi ordinò di bere la metà restante. 
Obbedii.
Dopo aver chiesto come mi sentivo, notò che reagivo ancora abbastanza bene, così ordinò un secondo boccale e, dopo avermi baciata delicatamente sulle labbra, mi disse di berlo.
Stavo iniziando a diventare confusa, non riuscivo a capire dove volesse arrivare, quella sera, con me.
Dopo aver finito anche il secondo, grande bicchiere di birra, la vista mi si offuscò.  Le immagini diventarono confuse.
-Bene- disse –credo che vada bene-.
Vada bene per cosa?
Le uniche cose che il mio cervello distinse nitidamente, furono lui che pagava il conto, poi mi prese la mano e mi tirò fino alla macchina , dove iniziò a baciarmi e il resto fu tutto nero…
Il giorno seguente, mi ritrovai nel suo letto senza alcuni vestiti addosso .
Al piano di sotto lui mi dava il “buongiorno”, ma io con la testa confusa mi fiondai sulla porta con alcuni vestiti in mano. 
Fortunatamente, era aperta, così correndo ancora confusa arrivai a casa mia.
Aprii ma madre, ma al posto di preoccuparsi per cosa fosse successo alla figlia, mi trascinò per i capelli e mi fece vivere una giornata d’inferno; non avrei mai immaginato che quella era la prima di tante.
Di ciò che successe la notte precedente, non accennai nulla a nessuno, ma mia madre non si fidava di quel ragazzo, così mi proibì di vederlo.
Di conseguenza, poiché ero totalmente attratta da lui, iniziai a vederlo di nascosto. Ricordo la sera in cui accettai una sigaretta da parte sua, e dalla sigaretta passammo a qualcosa di più forte. 
Quella roba mi faceva esaltare, era una sensazione mai provata prima.
Così, quando gli chiesi se aveva qualcosa di più eccitante di quel fumo là, mi porse delle pasticche.
Ancora ricordavo, dopo tanto tempo, quella sensazione della vodka che infuocava le tonsille e le pasticche in fondo al mio stomaco. Ogni sera lui mi faceva provare pasticche di colore diverso; solo una cosa le accomunava:  tutte mi facevano sentire la persona più felice del mondo.
Vari ricordi vagano nella mia testa, nessuno dei quali, però veramente nitido: pasticche, bottiglie, mani e labbra…
Frammenti di un’annata che vorrei aver dimenticato, che avrei potuto passare in maniera diversa; mi ero pentita delle azioni che avevo fatto, di essere caduta nella trappola di un ragazzo.
I giorni passavano, e io sentivo sempre più il bisogno di quella roba. Ne stavo diventando dipendente, ma poco tempo dopo, lui mi fece provare delle iniezioni di una sostanza trasparente.
Bene, quelle erano delle cose fortissime. Ormai, a causa di ciò, non ero più me stessa, lui poteva fare qualunque cosa con me, non avevo più un cervello, lui era padrone del mio corpo.
Intanto mia madre sentiva ogni giorno di più la puzza dell’alcool dentro la mia camera, mi picchiava e mi puniva, ma non risolveva nulla. 
Ero dipendente da una cosa che mi faceva male.
Qualche giorno dopo, esaminandomi allo specchio, notai di avere la pelle sotto gli occhi totalmente nera.
Iniziai a piangere. Volevo che quella storia finisse o meglio, non fosse mai iniziata.
Mi assicurai allora di essere sola in casa, ma chiusi ugualmente la porta del bagno a chiave. 
Aprii l’acqua per riempire la vasca e una volta piena, mi immersi con tutti i vestiti, dopo aver preso le forbicette da manicure.

Tirai su una manica e iniziai a fare inizialmente piccoli graffi sulla pelle, poi continua spingendo la lama nella carne. Il sangue cominciò ad uscire dal mio corpo, contemporaneamente alle lacrime.
Il dolore era fortissimo, quasi insopportabile, ma volevo farlo, dovevo farlo! 
Quando finii, ero bianca, quasi quanto un cadavere. L’acqua era diventata rossa e il mio corpo giaceva lì, quasi inerme dentro la vasca.
1958.
Ragazzina innocente di tredici anni, braccio martoriato, occhi neri. 
Ecco come mi ricorderanno tutti loro, loro che hanno voluto ciò.
Credo che andrò in Paradiso, perché il mio Inferno l’ho vissuto sulla Terra…
  
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