04/05/2013
0 recensioniNessuno rispose.
Si trovava lì, sola in quella stanza, in quell’edificio ormai dimenticato da Dio.
-Jake? Jake?-
Stava sognando.
-No, Jake no! Non lasciarmi.-
Rosso.
-Jake no, smettila.-
Rosso Valentino.
-Jake smettila, per favore! Smettila! Fallo per me! Smettila o morirai!- supplicava lei.
Rosso Veneziano.
-Jake no! Cazzo no! Jake per favore, rispondimi, parlami! Cazzo Jake, fallo per me!- gridava con gli occhi ancora chiusi.
-Cristo Jake, oddio!-
Bordeaux.
E il fiato si spezzò, facendola svegliare.
Improvvisamente fra le lacrime e le urla si rese conto di trovarsi nella solita stanza dalle pareti bianche, vuota, con una lastra di ferro che tutti definivano “porta”, ma per lei era solamente il “limite”.
Era limitata in quattro mura.
La sua vita ormai continuava lì dentro.
E ogni volta era sempre la stessa storia, lo stesso incubo.
Ogni volta, il rosso predominava la sua mente, dal rosso più chiaro, come quello del sangue che scorre nelle vene, a quello più scuro, come lo stesso sangue che si essicca una volta conosciuta l’aria.
Ma io l’aria non la conoscerò mai, pensava ogni volta lei, io rimarrò per sempre qui, fresca, rinchiusa in questa merda di posto dimenticato da tutti e da tutto. Ed era triste, ed era matta.
Era così matta che qualcuno sbatté la “porta”, il suo limite, dopo aver sentito le urla, e tutto tornò nero, nero come prima, e gli incubi cominciarono di nuovo, ogni volta più veri che mai, ogni volta era sempre la stessa storia, ogni volta sarebbe voluta rimanere essiccata come il sangue che fuoriesce dal corpo.