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Autore: Waterproof    05/05/2013    14 recensioni
Dal XII capitolo:
"Harry, vaffanculo." Borbottai, voltandomi per andarmene.
"Ci andrei, ma ci vai spesso tu. Mi toccherebbe condividere con te anche quel posto."
Ora gli spacco la faccia.
*
"
Mi stai toccando il sedere, Styles? " Domandai, scostando violentemente la sua mano.
" Io posso. "
" Ah, sì? E chi lo dice? " Incrociai le braccia al petto, aspettandomi una risposta esauriente.
" Questo. " Sussurrò, indicando il segno rosso sul collo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8.









Portai istintivamente una mano dinanzi alle labbra, cercando di nascondere l’espressione esterrefatta e contrariata, ma al tempo stesso frutto di uno spavento che ancora non voleva saperne di passare. Sapevo solo che ero lì, ferma, sulla soglia della porta che avevo spalancato in uno scatto repentino, e che di fronte a me un Harry sanguinante mi fissava in modo sgomento. I suoi grandi occhi verdi erano diventati due pozze vuote, e io sentii l’improvviso bisogno di gridare.
Ciò che mi trattenne dal farlo, fu lo sguardo furente di Harry, che si avvicinò alla porta per chiuderla con un gesto secco. Con tutta la forza che avevo, e facendo leva sulla sua impossibilità di opporsi, glielo vietai, entrando nella camera senza smettere di guardarlo.
<< Che vuoi? >> Chiese, infastidito. I miei occhi non riuscivano a staccarsi dalla ferita alla mano, che ancora sanguinava, come se non intendesse smettere fino a quando Harry non si fosse ritrovato a terra privo di sensi.
Sperando che anche in camera loro ci fosse il classico kit di pronto soccorso, lo scostai e mi avvicinai alla piccola stanza, nella quale entrai velocemente. Altrettanto rapidamente scavai nei cassetti alla ricerca della valigetta bianca, che trovai poco dopo. Sentivo il respiro affannoso di Harry, che d’altra parte della stanza evitava di rivolgermi qualsiasi tipo di sguardo. Gli ordinai di sedersi, e mentre accortamente evitavo di calpestare i cocci di quello che un tempo era stato uno specchio, mi avvicinai a lui.
Mi accomodai di fianco alla sua persona, prendendogli delicatamente la mano tra le mie. Il sangue non esitò a sporcarmi, ma non vi feci caso.
<< Puoi anche tornartene di - >>
<< Sta’ zitto, dannazione. Zitto. >> Sibilai, incrociando il suo sguardo. Nei suoi occhi lessi sorpresa, nonostante stesse cercando in tutti i modi di mantenere la facciata da duro che in quel momento proprio non gli si addiceva. Glielo leggevo in quelle iridi verdi che stava male.
E, al diavolo l’odio che provavo per lui, volevo sapere cosa diavolo gli fosse preso.
Mi alzai nuovamente per riempire una piccola bacinella d’acqua fresca, prima di tornare da lui e immergervi la mano. Con una piccola garza gli strofinai la parte illesa per cancellare il sangue rappreso, prima di passare alla mano.
Posai il contenitore ai piedi del letto e con una tovaglietta tamponai la ferita, prima di armarmi di disinfettante. Con un batuffolo di ovatta bagnai leggermente la zona circostante al taglio, fortunatamente non così profondo, poi vi spruzzai l’antisettico.
Lo sentii digrignare i denti, ma non si lasciò mai andare ad un sospiro di dolore.
Cercai il rotolo di garza che poi presi ad avvolgere intorno alla mano, incurante dei suoi tentativi di sottrarla, per fare tutto da solo. Quando finii, passai un dito, leggermente, nella zona lesa, chiedendomi cosa l’avesse spinto a distruggere uno specchio e ridursi la mano in quello stato.
Mi allontanai da lui per versare l’acqua sporca di sangue nel lavello, per poi pulirle con del detersivo. Gettai garza e ovatta nel cesto dei rifiuti e tornai in camera, vedendolo ancora lì, seduto sul bordo del letto di Josh. Sollevò lievemente il capo, smettendo di guardarsi la fasciatura, prima di incrociare i miei occhi, carichi di disappunto.
Avrei dovuto andarmene, chiamare l’infermiera e chiederle di occuparsi di Styles, ma qualcosa mi aveva spinta a rimanere lì. Curiosità?
<< Allora? >> Chiesi, poggiandomi allo stipite della porta, in attesa. Lui di tutta risposta si chinò e si distese completamente sul letto dell’amico, coprendosi il volto con un braccio.
<< Va bene. >> Mi arresi, afferrando una scopa e spazzando via i cocci di vetro riflettente. Su alcuni di essi, c’era il suo sangue, e improvvisamente sentii una morsa attanagliarmi lo stomaco.
In circostanze del tutto normali non mi avrebbe comunque parlato, né io gli avrei rivolto tutte quelle attenzioni. Ero stanca di fare un passo verso di lui mentre lo vedevo arretrare, allontanandosi quasi scottato. Avremmo continuato a detestarci per tutta la vita, nonostante da parte mia ci fosse la volontà di tentare un approccio. Conoscevo Harry, sapevo quanto in realtà fosse fragile: delicato quanto il vetro che aveva appena ridotto in pezzi. Eppure, continuava ad essere così sgarbato con me, e io di rimando, senza conoscere il reale motivo di quel suo astio.
Tentai di riaprire il discorso, ricorrendo al vecchio sotterfugio della madre: domande senza senso.
<< Hai litigato con qualcuno? >>

Passo primo: Harry non litiga, Harry fa a pezzi la persona, non uno stupido specchio.

<< No. >>
<< Hai discusso con i tuoi? >>

Passo secondo: Harry non discute mai con i suoi; la parte del figlio perfetto gli si addice troppo.

<< No. >>
Sospirai, tentando la carta Josh. Niente. A quel punto, si fece largo nella mia mente un’idea di quello che poteva essere successo. Avevo paura, ma non potevo far altro che chiederglielo.
<< E’ per quello… che è successo? >>
Finalmente una reazione diversa. Rise sommessamente, scostando il braccio ed alzandosi lievemente. Mi fissò insistentemente, con un’espressione di scherno dipinta sul volto che poteva risultare quasi offensiva. Senza pensarci troppo, strinsi forte il manico della scopa, come se quello potesse darmi una forza che neanche credevo di stare cercando.
<< Tu credi davvero che mi farei questo per un tuo bacio? Mi stai scadendo, ragazzina. Che fine ha fatto il tuo intuito infallibile? >> Deglutii sommessamente, di fronte a quell’ammissione del tutto inaspettata.
Certo, non speravo mica che quell’essere iniziasse a tollerarmi o cose simili, ma neanche mi aspettavo tutto quello.
<< Dimmelo tu, allora. Perché sì, ultimamente sono meno sveglia del solito. >> Affermai.
<< Cazzi miei. >> Borbottò, alzandosi. << Grazie per la fasciatura, puoi anche andare. >>
<< Ma ti senti? >> Mi coprii subito la bocca, pentita di quello che avevo appena affermato. Dannato il mio cervello fuori controllo!
Ci ero dentro, ormai, tanto valeva riprendere l’ascia di guerra – rappresentata in quel momento, molto propriamente, dalla mazza di legno – e dire tutto.
<< Perché sei così, Harry? Ma soprattutto, perché solo con me? >> Lo sentii trattenere il fiato per un istante prima di esplodere in una fragorosa risata.
<< Davvero ti senti così importante, Lewis? >> Nella sua domanda c’era un punta di acidità. << Scendi dal piedistallo. >>
<< Non ci sono mai salita, Styles. Voglio sapere perché. >> Dissi, decisa.
<< Non c’è un perché, ragazzina. Mi sei indifferente, sarebbe un privilegio troppo grande per te se ti odiassi. >> Quelle parole colpirono un punto impreciso al centro del petto. L’odio avrei potuto trasformarlo, l’indifferenza segnalava disinteresse e quindi non ci sarebbe stato niente da fare.
Ma non si spiegavano le sue perle di cattiveria nei miei confronti.
<< Voglio dire.. >> Continuò, costringendomi a guardarlo. << Capisco che tu cerchi di trovare quell’attenzione che non hai ricevuto dai tuoi genitori altrove, ma… Lasciami fuori. >>
Non capii di stare stringendo il manico di scopa troppo forte fino a quando non sentii un dolore acuto partire dalle dita per prolungarsi lungo tutto l’avambraccio. Come aveva potuto dire una cosa simile? Lui, l’unico dopo Elena a sapere di me quasi fossi stata una tasca del suo stupido pantalone!
Io non cercavo attenzioni, io le evitavo con tutta me stessa. E lui… lui non aveva capito niente.
Lasciai andare la scopa contro il muro e a passi pesanti mi diressi fuori dalla stanza, sbattendo violentemente la porta. Erano anni che non piangevo, non avrei iniziato quella volta. Non per quello stronzo.  
Scostai poco gentilmente un ragazzo che mi stava ostacolando la strada e imprecando entrai nella mia stanza, prendendo tra le mani il primo oggetto che mi capitò e sbattendolo a terra.
Come poteva anche solo insinuare una cosa del genere? Gli avrei perdonato l’avermi definita nullità, ma non quell’offesa. Non quando sapeva benissimo in che condizioni versasse la mia esistenza, da diciotto anni ormai. Sfilai il cellulare che vibrava dalla tasca e lessi il messaggio appena arrivato.

Com’è andata?
Josh.

Come poteva essere andata? Con Harry si finiva sempre in quel modo, non c’era niente da fare. E da quel momento in poi neanche ci avrei provato a tentare di costruire un dialogo. Non ci pensavo nemmeno.
Al diavolo Styles e tutto quello che lo riguardava, mi ero stancata. Di lui, delle sue offese e della sua capacità di farmi fuggire.

Lascialo marcire in quella stanza e mangia in pace.

Risposi, spegnendo il telefono. Volevo restare sola. E c’era solo un posto in cui nessuno avrebbe mai pensato di venirmi a cercare.
Non avrei commesso lo stesso errore dell’ultima volta, perché imparai a memoria ogni passo che facevo e che mi avrebbe condotto sulla rupe sulla quale mi ero persa quel giorno.
Mi arrampicai su un terreno scosceso che la prima volta neanche avevo notato e arrivai a destinazione, respirando l’aria sana e fresca del lago a pieni polmoni.
Mi lasciai andare ad un lungo sbuffo, desiderosa di metter fine a quella tortura psicologica per sempre.
 
Harry’s p.o.v



Mia madre non sapeva un cazzo di quello che stavo passando stando lì, eppure sembrava così felice di sapermi ad un corso per geni della letteratura. Balle, balle, balle.
Le volevo un bene dell'anima, ma quando cercava di fare il meglio per me decidendo al posto mio... 
Amavo quella materia per una sua sola funzione: l’evasione dal mondo reale. Era perfetta in ogni sua sfaccettatura, ma la mia cara genitrice aveva pensato bene di fare domanda per me per quel programma di studi. E mi ero ritrovato in quella merda insieme alla mia peggior nemica, d’altronde.
Sebbene lo avessi appena negato, la detestavo. Per quello che mi faceva diventare quando stavo con lei, per quello che non ero. E i miei genitori l’adoravano, oltretutto.
<< Harry. >> Vidi Josh entrare tenendo sollevato il piede per non toccare terra e farsi male alla caviglia fasciata, e la prima cosa che fece fu indicare la mia mano.

Quella che lei aveva medicato.

Proprio non capivo perché fosse stata così gentile con me, dopo tutto quello che le avevo detto giorni prima, e anche nell’attimo precedente alla sua fuga dalla mia stanza.
<< Che hai combinato? >>
<< Mi sono graffiato, tutto a posto. >> Spiegai brevemente, mettendomi a sedere accanto alla scrivania. Aprii il quaderno degli appunti e finsi di leggere, per distogliere l’attenzione del mio amico dalla mia ferita.
<< Che fine ha fatto lo specchio?! >>
<< Nel cestino. >> Indicai la piccola pattumiera, senza staccare gli occhi dal foglio. Non riuscivo a leggere un bel niente, non riuscivo a connettere le parole.
<< D’accordo, con calma. Abbey è stata qui. >> Quella non era una domanda, era un’affermazione vera e propria, e nel suo tono c’era un velo d’accusa che mi irritò non poco.
Ma cos’aveva di speciale quella ragazza che tutti si prodigavano per lei? Era sempre così chiusa, schiva, come poteva attirare l’attenzione delle persone giuste?
Compresa la mia.
Quel bacio in camera sua mi aveva completamente destabilizzato, così come quel suo abbigliamento la sera del raduno. Ero in compagnia di quella prosperosa e vogliosa bionda, eppure le lunghe gambe scoperte, la pelle chiara di chi è rimasto sempre chiuso in casa a legger libri, i lunghi capelli castani che morbidi cadevano sulle spalle, erano stati fattori destabilizzanti. Avevo sentito nascere un’attrazione pericolosa, quindi sarebbe stato meglio tenerla lontana.
<< Perché mi ha scritto di lasciarti marcire qui dentro? >> Chiese, inarcando un sopracciglio.
<< Ci odiamo, Josh, come minimo. >> Affermai, come fosse una cosa ovvia.
<< Tu proprio non lo capisci, vero? >>
Feci ruotare la sedia e incontrai il suo sguardo arrendevole. Sembrava mi stesse rimproverando di qualcosa, ma di cosa?
<< Abbey, a quanto ho capito, non è in grado di odiare. Prendi Sandy: per lei prova ripugnanza, ed è ben diverso. Con te è diverso, perché probabilmente sente che tu ce l’hai con lei e quindi si difende. Solo che sembra che tu attacchi troppo. >>
<< In virtù di cosa mi accusi di ciò? >> Domandai, incrociando le braccia al petto. Era semplicemente ridicolo quel ragionamento; chi non era in grado di odiare?
<< Dovresti capirlo da solo. >> Decretò, lasciandomi senza una risposta. << Dov’è ora? >>
Feci spallucce, ritornando agli appunti. Si lasciò andare sul letto e prese a digitare qualcosa sul suo Blackberry. Il rumore di quei tasti era insopportabile, non mi permetteva di concentrarmi.

O forse sono le parole di Josh.

Improbabile, altamente improbabile. Quel discorso non mi aveva minimamente toccato, così come qualsiasi cosa la riguardasse, sebbene più volte avessi dimostrato l’esatto contrario, abbandonando Sandy nel bel mezzo dei preliminari per andare da lei e recuperarla, solo perché era spaventata e in un luogo da cui non riusciva a tornare. Sentivo nascere, talvolta, un istinto di protezione che non mi apparteneva, e questo mi atterriva terribilmente.
Chi era lei per farmi sentire così?
Un mostro, era un mostro.
Picchiettai con la matita sulla scrivania di legno chiaro, mentre sentivo l’impazienza di Josh farsi palpabile e la mia anche. Insomma, cos’aveva da preoccuparsi? Probabilmente era in camera sua a leggere qualche romanzo perché era l’unico modo che aveva di evadere. L’avevo sentita tante volte parlare con Elena, discutere con lei perché non riusciva a farla andare a qualche festa.  Alla fine decise di comporre il numero e chiamarla direttamente.
<< Ah, finalmente! No, non pensarci. Abbey, non staccare e dimmi dove sei, è buio. L’ultima volta ti sei persa, come pretendi che io sappia come venirti a prendere se dovesse succedere ancora? Abbey. Dove. Sei? No, non prendere quella strada per tornare, non è sicuro. >>
Andò avanti così cinque minuti buoni, prima di gridare il suo nome più e più volte… Spaventato.
Che diavolo stava succedendo?
Mi voltai lentamente, per  incrociare lo sguardo preoccupato di Josh, che teneva stretto il cellulare tra le mani.
<< Dobbiamo andare. Ora. >> Zoppicando saltellò verso la porta, senza darmi alcuna spiegazione.
<< Dov’è? >> Quel tono preoccupato non me lo spiegai, ma non vi feci caso. Vedevo Josh troppo agitato mentre arrancava per arrivare all’uscita del campus, facendomi cenno di seguirlo.
C’era chi ci fissava incuriosito, chi invece non badava ad uno zoppo ed un ragazzo che si affrettavano a lasciare il dormitorio alle dieci di sera.
<< E’ caduta la linea ed è in un quartiere malfamato. Ho sentito qualcuno parlarle e lei ha tentato di dirmi qualcosa, ma poi silenzio. >>
Un brivido mi percorse la schiena e improvvisamente accelerai il passo, senza ascoltare neanche una parola di quello che il mio compagno di stanza stava dicendo.
Dovevo trovarla.
 
 
 
Hola!
Credo questo sia il mio saluto, ormai, abituatevi ahahah
Non uccidetemi se ho lasciato il capitolo così in sospeso, please. Ma è per creare attesa, sapete u.u
Grazie tante a tutte coloro che seguono la storia ** Siete meravigliose!
Per lo spoiler, ci si vede in messaggio privato u.u

  
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