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Autore: Bruli    05/05/2013    3 recensioni
Un temporale improvviso, e poi il gelo. Cinque ragazzi si svegliano improvvisamente in una spiaggia, un luogo che non ha nulla a che fare col paesino in cui vivono. Si conoscono, ma non sono amici, o almeno non più. In realtà non vogliono avere nulla a che fare l’uno con l’altro, ma ben presto saranno costretti a collaborare per poter tornare a casa, trovandosi a solcare i Sette Mari sulla stessa imbarcazione, e gustando quella libertà tanto agognata riprodotta tra le vignette di One Piece. Un viaggio cominciato per necessità, ma che li porterà a scoprirsi a vicenda e a trovare il luogo cui appartengono.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SOMEWHERE I BELONG

 
CAP. 1

La prima cosa che Sara avvertì quando riprese conoscenza fu un piacevole calore sulla pelle. Mosse insicura le dite delle mani e dei piedi, intorpidite come se fossero state congelate.
Man mano che riprendeva il possesso degli arti, le orecchie si liberarono, permettendole di udire nuovamente. Inizialmente i suoni si presentarono come assordanti, obbligandola a coprirle con le mani. Abituatasi, poi, lasciò lentamente la presa.
Quei suoni che in un primo momento le erano sembrati così confusi da procurarle fastidio, cominciarono a divenire sempre più nitidi.
Conosceva questo rumore, era così familiare …  Sembrava quasi il … mare?
Aprì di scatto gli occhi e si mise a sedere velocemente, troppo probabilmente, perché la colse un giramento di testa, obbligandola a poggiarsi sulle mani.
… Che cosa stava toccando? Sabbia?
Aprì nuovamente gli occhi cauta, realizzando che ciò che le scivolava tra le dita erano proprio soffici granelli grigi. Si guardò attorno sorpresa, la bocca spalancata dalla meraviglia.
Deserta. Si trovava su una spiaggia deserta.
Non riusciva a scorgere alcun edificio nelle vicinanze, e dietro di lei si estendeva una fitta vegetazione che le ostacolava la vista.
Dov’era? Com’era finita lì?
Le sembrava lo scenario perfetto per “I pirati dei Caraibi”, pareva un paradiso terrestre. Ma non era il luogo in cui viveva, la sua cittadina non si trovava nemmeno nelle vicinanze del mare! La sua scuola, dov’era la sua scuola? Era lì pochi minuti prima! Ricordava che era accovacciata per terra e stringeva forte la mano di Caterina, quella ragazza della III B. Poteva sentire ancora le sue piccole dita tra le sue, come se stesse vivendo di nuovo quel momento. Lei le aveva chiesto di non lasciarla da sola, aveva molta paura.
Anche Sara aveva paura. Aveva perso di vista il cugino e non sapeva cosa fare, se non seguire le direttive dei professori. Si ricordava del terrore che poteva leggere nei loro occhi, nonostante cercassero di mantenere un’apparenza di calma.
Stava forse sognando? No, non poteva essere, quel caldo micidiale era reale. Si accorse solo allora di indossare ancora il maglione rosso che aveva messo quella mattina di fretta e furia, in ritardo a scuola come sempre. Allora era tutto vero, il temporale, il terremoto. Nemmeno quello era un sogno.
Un’insolita ansia le strinse lo stomaco. Era sola su una spiaggia deserta, in un luogo che non conosceva e sicuramente distante da casa. Non sapeva come fosse finita lì, né cosa fare o dove andare. Pensava ai suoi genitori che si sarebbero preoccupati sicuramente, al cugino, che non sapeva dove fosse finito, a quell’assurda situazione in cui si trovava. Cominciò a sudare e il respiro si fece pesante.
Calma. Doveva rimanere calma. Non poteva rischiare un attacco di panico in quel luogo desolato dove nessuno avrebbe potuto soccorrerla, o almeno non in tempo.
Si alzò a fatica, sbattendo le mani sui jeans per far cadere la sabbia. Si tolse il maglione, soffocata dal calore, e se lo legò in vita, rimanendo così in canotta.
Non potevano essere tutti scomparsi, ragionò. Se lei era finita lì -  per qualche assurdo motivo a lei sconosciuto -, non poteva essere da sola. Insomma, c’erano più di trecento persone solo nell’Aula Magna quella mattina! Doveva esserci qualcun altro lì con lei. Si rifiutò anche solo di considerare l’eventualità di essere sola.
La prima cosa da fare era pensare ad un “piano d’azione”,  si disse. Solo pianificando riusciva a mantenere la calma, o almeno ci riusciva quando si trattava di studio. Decise quindi di applicare lo stesso sistema anche in quell’occasione, unica speranza per non impazzire.
Per prima cosa doveva trovare un corso d’acqua dolce. Era circondata dal mare e faceva un caldo tremendo, non avrebbe resistito molto altrimenti. Ripensò a tutte le volte che la madre voleva mandarla in campeggio e lei si era rifiutata, e se ne pentì. Aveva sempre pensato che la vita alla ventura non facesse per lei, ma in questo momento doveva arrangiarsi e contare su se stessa e quel po’ che ricordava del corso di sopravvivenza fatto nel villaggio vacanze in Puglia.
Seconda cosa, si sarebbe messa alla ricerca di qualche altra anima che si trovasse lì. Insomma, ci doveva pur essere sicuramente qualcun altro in quel luogo!
O forse le conveniva cercare prima qualcosa di commestibile, non sapeva decidersi. E inoltre avrebbe dovuto trovare un riparo per la notte. Non osava immaginare quali belve feroci dovessero girare lì intorno! In fondo non sapeva dove si trovava, tutto era possibile!
Scrollò le spalle nel tentativo di scacciare i cattivi pensieri.
“Pensa positivo, Sara” si disse. “È inutile disperarsi per qualcosa che non si può controllare, tanto vale far ciò che si può”. Era questa la sua filosofia di vita: inutile piangere sul latto versato. Ovviamente questo non le impediva di far mille viaggi mentali solamente dannosi, ma cercava di limitarli il più possibile “per quieto vivere”.
Si addentrò nella folta vegetazione nella speranza di trovare un corso d’acqua che, dato il verde intenso degli alberi, doveva esserci necessariamente. Il problema era “solo” trovarlo.
Facile, insomma.
 “Ovviamente era sarcastico”.
Cominciò a camminare cercando di tener presente sempre la direzione da cui era venuta. In un certo modo la spiaggia le infondeva sicurezza, era certa che avrebbe passato la notte lì.
Come si cerca un corso d’acqua? Ecco, questo Sara non lo sapeva. Nei film solitamente i protagonisti avevano sempre gran fortuna, oppure vagavano alla cieca fino a quando non udivano lo scrosciare dell’acqua.
Giusto! Si sarebbe affidata all’udito!
Si fermò e si focalizzò su quanto sentiva. La dolce melodia degli uccelli, il frusciare delle foglie, i richiami di animali sconosciuti. Ma no, niente rumore di acqua corrente.
Pestò i piedi a terra, frustrata. Davvero si aspettava di trovare qualcosa così?
“Hai evitato il campeggio come la peste? Ora ti arrangi!”
Si chiese perché doveva essere sempre così ipercritica con se stessa. Non bastava la situazione assurda in cui si era ritrovata, ora doveva pure fare la puntigliosa!
Riprese a camminare imprecando tra i denti. Vagò per quella che le parve un’ora – ovviamente l’orologio che aveva al polso sembrava aver deciso di prendersi una bella vacanza – , ma senza trovare nulla, eccetto uno strano animale che era spuntato da un cespuglio facendola spaventare e prendere la rincorsa. Non sapeva nemmeno che cosa fosse, non si era concessa più di un’occhiata veloce per accertarsi che effettivamente c’era qualcosa di vivo vicino a lei.
“Quante volte avevi sognato l’avventura, eh Sara?” si chiese. “Ora ti stai proprio divertendo, vero?”
Dopo diversi minuti di ricerca infruttuosa, si lasciò cadere per terra esausta e delusa.
<< Santa Pazienza! >> urlò facendo spaventare gli uccellini sugli alberi circostanti.  << Tutto a me deve capitare! Perché?! >>
Lo stomaco brontolò sonoramente.
<< Ecco, ci mancava pure la fame! >> borbottò.
Lanciò un’occhiata attorno e si mise a ridere. Una risata un po’ da esaurita, a dire il vero. Non riusciva a credere che stesse capitando davvero a lei! Sperava fosse un sogno troppo realistico e che da un momento all’altro si sarebbe svegliata nel suo bel letto. Anche sul banco con la prof di arte che le urlava contro sarebbe andato bene, pensò.
All’improvviso sentì un CRACK, come quello provato da un ramo spezzato. Si rizzò e tese le orecchie. Seguì un rumore simile. Pensò velocemente, o almeno ci provò, per quanto il suo cervello, attanagliato dalla paura, le consentisse. Era sicuramente provocato da qualcuno che stava camminando, perché era lo stesso scricchiolio che produceva lei quando si muoveva. Ora questo qualcuno poteva essere o la sua salvezza o la sua condanna. Si guardò intorno, ma non trovò nessun luogo in cui potesse nascondersi efficacemente per poter scoprire, senza farsi vedere, chi fosse. Intanto i passi si avvicinavano sempre più.
Presa dal terrore, si alzò velocemente e si mise a correre in una direzione qualsiasi. Non ricordava nemmeno più da dove fosse venuta, ma in quel momento non le importava.
I passi diventarono sempre più frequenti: qualcuno la stava rincorrendo! Sentì un’imprecazione alle sue spalle quando spostò un ramo per passare: evidentemente il rinculo doveva aver colpito il suo inseguitore. Questo le regalò un piccolo vantaggio, ma le fece capire anche che era troppo vicino a lei. Chiunque fosse, correva veloce.
Muoveva celermente le gambe col terrore di inciampare , e spostava in continuazione lo sguardo da terra a davanti a sé, e viceversa. All’improvviso scorse una luce più forte tra le foglie degli alberi davanti a lei: doveva aver raggiunto di  nuovo la spiaggia! Ciò da un lato le portò sollievo, ma dall’altro la preoccupò, perché allora sarebbe stata più esposta al suo inseguitore.
Non ebbe il tempo di pensare altro, perché subito fu fuori dal bosco, solo che non si trovò dove si aspettava. Non c’era il mare davanti a lei, ma un grosso burrone. Realizzò troppo tardi la situazione, e ormai le sue gambe erano fuori controllo. Chiuse gli occhi e strinse i denti, sicura che da lì a poco sarebbe caduta nel vuoto per poi sfracellarsi contro le rocce.
Inaspettatamente, però, ciò non avvenne.
Sentì una presa salda avvolgersi attorno al polso e tirarla indietro. Prima che riuscisse a rendersene conto, si ritrovò per terra con le gambe all’aria, ma almeno non era finita nel burrone.
Confusa, aprì gli occhi solo dopo qualche secondo e realizzò finalmente di non essere caduta, ma di trovarsi al sicuro, poco distante dal dirupo.
<< Ma sei impazzita?! Volevi ammazzarti?! >> urlò una voce maschile a fianco a lei, una voce fin troppo conosciuta.
Sara si voltò sconvolta verso la sua fonte. Mise a fuoco una figura maschile seduta a terra che si massaggiava il polso, il volto una maschera di rabbia mista a sollievo.
<< Marco?! >> urlò la ragazza.
<< No, guarda, l’uomo nero!  >>  rispose sarcastico l’altro.
Sara non rispose, continuando a guardarlo con gli occhi sgranati come se avesse visto un fantasma, o la più meravigliosa delle apparizioni.
<< M – Mar … >>
<< Si, Marco! Ti si è incantato il disco? >>
La ragazza si riscosse dal suo stato di torpore e lo guardò con astio.
<< Scusa se sono sconvolta, eh! >> esclamò infuriata <<  Mi hai praticamente aggredita, senza contare il fatto che stavo per cadere in un burrone! >>
<< Io ti avrei aggredito?! >> ribatté il ragazzo indignato << Se non ti avessi afferrato in quel modo, saresti caduta sicuramente! >>
<< Beh, tante grazie, ma potevi evitare di spaventarmi in quella maniera!>>
<< Cosa? Ma mi spieghi perché tu ti sei messa a scappare come una pazza!? Io stavo solo cercando di raggiungerti! >>
Sara scrollò le spalle e si spostò una ciocca dietro l’orecchio.
<< E non potevi avvertirmi? Pensavo di essere inseguita da un malintenzionato! >> fece.
Il ragazzo, di tutta risposta, si mise a ridere.
<< Che cavolo ridi? >> protestò lei. << Ero terrorizzata! >>
Marco continuò a ridere, incurante del colorito rossastro che stava assumendo la ragazza, schiumante di rabbia. Sara, allora, si alzò e prese a camminare nella direzione da cui era venuta, i pugni stretti lungo il corpo.
<< Sara! Fermati, non fare la bambina! >> la chiamò Marco quando si accorse che stava andando via.
<< Non faccio la bambina , io! >> rispose l’altra. << Ma non ti sopporto quando fai così, anzi non ti sopporto e basta! Dico, con tutti i miliardi di persone nel mondo, proprio te dovevo trovare in questo posto sperduto?>>
<< A proposito di posto sperduto, >> la interruppe Marco, ignorando volutamente la sua sfuriata  << secondo te dove siamo finiti? >>
Sara si fermò e lo guardò con un’espressione afflitta.
<< Non lo so proprio >> sospirò. << Per quanto ti reputi tra le persone più odiose al mondo, devo ammettere che sono felice di averti incontrato. Avevo paura di essere sola >> confessò.
<< Eppure c’era un tempo in cui non mi odiavi poi così tanto >> constatò Marco con voce monocorde.
Sara fece un altro sospiro, questa volta velato da una sottile malinconia. Tornò indietro e si sedette a gambe incrociate accanto al ragazzo.
<< Era tanto tempo fa >>  disse guardandolo negli occhi. << Le cose sono parecchio cambiate da allora. >>
Marco distolse lo sguardo, puntandolo su un punto imprecisato dinanzi a sé.
<< Già. >>
Anche Sara smise di guardarlo, dedicandosi al panorama che si presentava dinanzi. Grazie a Marco era scampata a morte certa. Il diruto era molto profondo e cosparso da rocce dalle punte acuminate. Al di sotto si estendeva una grande valle, dopo la quale si intravedeva una piccola spiaggia dalla sabbia grigia, simile a quella in cui si era svegliata.
Restarono per qualche minuto in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri e in ricordi troppo lontani.
<< Comunque, come mi hai trovato? >> chiese Sara all’improvviso, spezzando l’atmosfera soprannaturale che si era venuta a creare. Nella sua cittadina, per quanto piccola, non vi era possibilità di godersi una tale tranquillità, ed erano pochi i posti dove stare a contatto così stretto con la natura.
Marco la guardò di nuovo, questa volta ghignando.
<< Ovviamente grazie al tuo starnazzare! >> esclamò  << Impossibile non sentire una pazza che urla da sola nel bel mezzo di una foresta! >>
Sara lo guardò in tralice. Provava un urgente bisogno di colpirlo, ma purtroppo al momento non disponeva di oggetti contundenti. Se c’era una cosa che non era cambiata affatto negli anni, quella era la sua capacità di farle perdere le staffe. Anzi, probabilmente questa era aumentata a dismisura. Era vero, però, anche che lei era dotata di un carattere piuttosto irascibile, ma bisognava ammettere che dava vita alle scenate peggiori principalmente quando lui si trovava nei paraggi, e sempre perché c’era lui di mezzo.
<< Se non fosse stato per il mio “starnazzare”, >> ribatté Sara con tono acido  << probabilmente non ci saremmo mai incontrati. >>
Lui alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, come si fa davanti ad un bambino capriccioso. Peccato che questo non fece altro che far innervosire ancora di più la nostra iraconda amica.
Niente oggetti contundenti? Ottimo, le sarebbe bastato il suo corpo. Approfittando della distrazione del giovane, che continuava a volgere gli occhi scuri verso le nuvole, gli si avventò contro nel tentativo di farlo ruzzolare per terra, conscia che, data la stazza imponente del ragazzo, si sarebbe dovuta servire di tutta la forza che disponeva. Ciò che non si aspettava, però, fu che lui, dotato di riflessi sicuramente migliori dei suoi, l’avrebbe afferrata per i polsi, trascinandola con sé nello scivolare lungo quel breve tratto di pendio che li distanziava dall’inizio del dirupo.
Sara urlò in preda al terrore. Marco digrignò i denti. Gli uccelli si alzarono in volo dagli alberi spaventati.
Fortunatamente il ragazzo riuscì ad arpionarsi alla terra con i piedi, frenando la discesa e facendoli fermare appena in tempo.
Seguì un silenzio innaturale. Il cuore di Sara batteva freneticamente, incredula di aver scampato per la seconda volta, e nel giro di pochi minuti, alla morte, e per di più nello stesso posto. Un rivolo di sudore le scese lungo la tempia. Sentiva Marco fremere, schiacciata contro il suo corpo, ed era sicura fosse per la rabbia.
Il ragazzo lasciò nervosamente i suoi polsi, mettendosi in ginocchio e guardandola furiosamente.
<< Sei imbecille o cosa?! >> le urlò << Per poco non ci ammazzavi! Cosa cavolo ti è venuto in mente?! >>
Sara guardò per terra, incapace di replicare. D’altronde sapeva che aveva ragione lui : si era comportata da bambina, facendoli rischiare una brutta fine.
<< Io non so cosa tu abbia nella testa, giuro che non lo so! >> continuò lui alzandosi e prendendo a camminare iracondo. << Non ti bastava una volta, no! Tu dovevi provare anche la seconda volta a cadere là dentro!>>
<< Mi dispiace >> disse Sara mortificata.
<<… una bambina! Sei solo una bambina! Non sei cambiata affatto in questi anni! >>
<< Ho detto mi dispiace … >>
<<…e poi uno si chiede come abbia fatto la nostra amicizia a rompersi! È normale quando uno è così imbecille! Una piccola mocciosa, non sei nient’altro che una mocciosa che non ha capito nulla della vita! >>
<< HO DETTO CHE MI DISPIACE! >> urlò Sara. Si alzò anche lei e gli andò incontro. << È vero, mi sono comportata da stupida prima, non dovevo saltarti addosso in quella maniera dal momento che stavamo vicino ad un burrone, ma tu mi hai fatto innervosire! Se non fossi così maledettamente insopportabile e arrogante, questo non sarebbe successo! E inoltre non dare a me la colpa della fine della nostra amicizia! >>
Marco si ammutolì. La guardava ancora furioso, ma sembrava aver appena realizzato le parole che le aveva urlato contro.
<< Non volevi avere una mocciosa per amica? >> fece Sara dopo aver preso un bel respiro. << Va bene! Mi dispiace non essere stata all’altezza di Sua Signoria L’Uomo Maturo! >> esclamò sarcastica. << Ma era un problema TUO! Per cui Non. Dare. A. Me. La. Colpa. >>
Si portò i capelli color cioccolato indietro in un gesto nervoso, cercando di riacquistare un respiro regolare. Marco la guardava con occhi sgranati, le labbra socchiuse come se volesse dire qualcosa e l’espressione di chi ha appena compreso di aver commesso un madornale errore.
<< Sai, >> continuò lei con voce tremula, ma più calma << mi ero sempre chiesta perché la nostra amicizia fosse terminata così all’improvviso, dopo aver condiviso le più piccole cose della vita. Ora lo so, grazie. Mi dispiace solo esser stata male per tutti questi anni … come una mocciosa, si. Grazie per l’illuminazione, ora finalmente posso mettere il cuore in pace. Facciamo finta che non ci siamo incontrati, ognuno per la sua strada.>>
Si voltò e prese a camminare verso il bosco. Marco, ripresosi dallo shock, la chiamò più volte, ma lei non si girò. La guardò scomparire nella selva verdeggiante, esterrefatto e dispiaciuto, ma non la raggiunse. Sapeva di aver detto qualcosa che non doveva dire, e se ne vergognava. Aveva paura di quella espressione ferita che era comparsa sul volto della ragazza, e sapere di esserne la causa non faceva che aumentare i sensi di colpa. Si sedette nuovamente sul manto erboso prendendosi il capo tra le mani, e si chiese ancora una volta perché sbagliasse sempre con lei.
 
 

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ANGOLINO DELL’AUTRICE

Saalve! Caldo, vero? xD Poveretti quei due che non hanno trovato manco un corso d’acqua…
 
Innanzi tutto grazie a chi ha avuto il coraggio di giungere fin qui! =) Spero che questo primo capitolo sia piaciuto. Mi rendo conto che è piuttosto lungo, quindi forse i successivi dovrò dividerli. Volevo fare lo stesso anche con questo, ma non sapevo dove fermarmi.
Ovviamente sono sempre contenta di ricevere la vostra opinione riguardo trama, personaggi, stile… tutto insomma! xD Le lamentele sono accettatissime, anzi accolte molto volentieri!
Grazie a tutti,
Bruli 
  
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