Possibili cambiamenti
Dopo la discussione Matsuri si sedette di nuovo sul morbido prato cercando di alleviare i suoi dolori.
Gaara cominciò a strattonarla minacciandola.
<< Io sono un Dio! Posso possederti quando e dove voglio! >>
Lei lo guardò con le lacrime agli occhi, le braccia incrociate quasi a voler proteggere la piccola creatura dentro di lei, parlò con voce pacata, ma decisa.
<< Oh divino Eros! Se tu mi imporrai di essere posseduta da te, io mi concederò senza lamentele, perché sono solo un’umile umana al tuo cospetto, ma sappi che, se lo farai, perderai piano piano quell’amore che mi tiene legata a te e mi dà ancora una speranza di vita, quell’amore, col tempo si trasformerà in odio e in disprezzo >>
Gaara dapprima la guardò meravigliato, poi un ghigno spuntò nel suo magnifico volto, non demorse.
<< Io posso controllare i tuoi sentimenti Matsuri, mi basta un dardo… >>
Lei lo osservo col viso colmo di tristezza.
Perché ancora non capiva?
Sollevò la mano destra verso di lui e gli mostrò la punta dell’anulare.
<< Sono già stata colpita dalle tue frecce divino Eros, come puoi ben vedere… e questo è il loro effetto >>
Questa volta Gaara non poté celare lo stupore e l’angoscia che trasparirono dai suoi occhi, lei se ne accorse approfittandosene.
<< Divino Eros... >>
<< Smettila di chiamarmi così!!! >>
Ancora non capiva quanto era cocciuta quella ragazza.
<< Divino Eros >> disse evidenziando le parole << se da qualche parte nel tuo cuore, si nasconde un pizzico di rispetto per me, ti prego, ti imploro, lasciami sola col mio dolore … >>
Detto questo distolse lo sguardo osservando una delicata farfalla che volava libera in quel meraviglioso giardino.
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I giorni passavano, e Matsuri cominciava ad essere considerata, dalla maggior parte degli dei, una persona degna di restare sull’Olimpo.
Nonostante questo, lei non aveva mai preteso nulla: restava quasi sempre chiusa nella sua stanza, in compagnia delle due ancelle Hinata ed Ino, che ora con sua somma gioia poteva vedere, e quando usciva, si recava sempre sulle sponde del lago sacro per andare a trovare la sua adorata Delia.
Ed ogni volta lo incontrava.
Sempre lì ad aspettarla, all’inizio prepotente, ma poi, piano piano, la sua presenza era diventata sempre più dolce, molte volte si limitava ad osservarla seduto su un albero di pesche.
In quei giorni era venuta a sapere che non aveva più combinato disastri, sulla terra c’era più amore ed i matrimoni erano floridi e felici, e soprattutto, molte maldicenze erano finite nel dimenticatoio.
Quel giorno le si avvicinò piano.
<< Buon giorno vita mia >>
Lei lo accolse con un tenero sorriso.
Ormai non aveva più quel terrore, ma ancora non riusciva a fidarsi.
<< Buon giorno a te >>
Lui si chinò dolcemente sedendosi accanto a lei.
<< Ho una cosa per te >>
Le mise un delicato giglio tra i capelli, per poi sollevare un po’ d’acqua cristallina in modo che lei si vedesse.
Lei sfiorò la delicata pianta con due dita.
<< È bellissimo… grazie >>
Lui accennò un leggero sorriso.
<< Non è degno di te… >>
Abbassò lo sguardo, come a prendere coraggio, per poi riguardarla.
<< Mi permetti di poggiare le mie labbra sulla tua delicata guancia? >>
Lei fece un timido cenno di si col capo, e lui si avvicinò piano, delicatamente, poggiando le morbide labbra sul viso di seta, aspirando il suo profumo.
Avrebbe voluto abbracciarla, baciarla ovunque, ma si accontentò.
A malincuore staccò le sue labbra dal viso della ragazza poi si avviò a sbrigare la sue faccende, mentre lei lo guardava allontanarsi.