Film > Labyrinth
Segui la storia  |       
Autore: Edelvais    06/05/2013    5 recensioni
But I'll be there for you
As the world falls down.


▪ I: Proprio mentre il mio respiro andò ad abbattersi contro le esili fiamme delle candele, un pensiero mi squarciò il petto in due, lasciandomi con gli occhi sbarrati e il battito del cuore a mille.
Jareth. Nonostante una parte di me fosse orgogliosa di averlo sconfitto e di non avere più nulla a che fare con il Re di Goblin, l’altra scalpitava dalla voglia di rivedere il suo bel viso marmoreo, incorniciato da quella cascata di capelli biondi e stravaganti. Non l’avevo più visto da quell’avventura nel labirinto di quattro anni fa, ma avevo pensato a lui diverse volte.
Dentro di me, sapevo che eravamo destinati a rincontrarci, ma non sospettavo minimamente che potesse accadere così presto e in quel modo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Underground'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Sogni di cristallo ~
 

 

Image and video hosting by TinyPic


 

 

Capitolo II - Complicazioni

••

 
 
 
Stavo sognando?
Lui si voltò verso di me, stiracchiando le labbra sottili in un sorriso compiaciuto.
«Buon compleanno, Sarah. Mi sembri un tantino pallida, sei sicura di stare bene?», ghignò divertito.
«Potrei stare meglio», borbottai asserendo ai tre, che nel frattempo scrutavano la nuova comparsa con rabbia.
Il Re di Goblin si voltò a esaminarli, scuotendo la testa.
«Come temevo», mormorò. «Avanti, mostrate a Sarah la vostra vera forma… Demoni Nephilim».
Rischiai veramente una sincope quando quelli che all’apparenza sembravano umani, si trasformarono in esseri demoniaci dai denti affilati come rasoi. La loro pelle diventò di un colore tendente al bordeaux, e i loro occhi parevano ardere come delle fiamme.
«Resta dove sei, Sarah», m’intimò Jareth.
D’un tratto il mago evocò una sfera di cristallo dalle sue dita, e la lanciò in aria, facendo comparire un bastone infuocato. Si lanciò addosso ai tre demoni, colpendoli con l’arma.
Notai con stupore che non appena le fiamme sfioravano la loro pelle, essi si dissolvevano nell’aria come cenere, senza nemmeno emettere un solo suono.
Jareth era impegnato a difendersi da uno dei due che rimanevano, e non si accorse di quello che strisciò fino ad arrivare a due spanne da me, pronto ad affondare il pugnale che teneva in mano nel mio petto. Proprio quando realizzai di essere spacciata, mi ricordai dell’accendino che avevo messo in tasca dopo aver acceso le candeline della torta.
Lo afferrai con decisione, riuscendo a schivare l’affondo del demone per un soffio, e lo lanciai acceso contro di lui.
Mi coprii il volto mentre la creatura si dissolveva in un mare di polvere scura, e tossii, ancora incredula dell’accaduto.
Jareth si voltò in quel momento, dopo aver finito l’ultimo dei tre demoni, e mi raggiunse.
«Tutto bene?», domandò divertito, scrutando la mia espressione scandalizzata.
Se non fossi stata appena assalita da un gruppetto di demoni e non avessi avuto gli arti letteralmente paralizzati, l’avrei schiaffeggiato volentieri per la sua insolenza.
«Come ho già detto potrei stare meglio».
Lui rise, suscitando per la seconda volta la mia irritazione.
«Vieni, dobbiamo andarcene da qui».
Mi afferrò per un polso, cercando di trascinarmi altrove, ma io mi opposi con fermezza.
«Non se ne parla! I miei amici mi stanno aspettando».
D’accordo, tre demoni avevano appena tentato di uccidermi e quello che alcuni anni prima aveva tentato di trasformare mio fratello in uno gnomo si era materializzato davanti a me senza alcun preavviso, quindi era fondamentale trovare un posto sicuro al più presto prima che altri esseri mostruosi potessero riparare agli errori dei loro “colleghi” infernali. Tuttavia fuggire in quel modo lasciando i miei amici con la preoccupazione della mia scomparsa non mi sembrava per niente giusto.
«Capiranno, in fondo sanno benissimo quanto fossi ansiosa di tornare a casa».
Tentò di nuovo di schiodarmi da lì, ma non cedetti.
«Ho detto no! Se vuoi che ti segua devo prima avvisarli».
«Sarah…».
Non sfidarmi.
Si avvicinò lentamente, piantando il suo sguardo di ghiaccio nel mio.
«È un ordine, non una richiesta. Perciò ora niente storie, li contatterai domani… forse».
Inarcai un sopracciglio. «Come sarebbe a dire forse?».
«Perché fai tanto la difficile? Se sto cercando di portarti via dalla tua squallida compagnia di amici, un motivo ci sarà!», sbottò al limite della pazienza.
«E quale sarebbe questo motivo?!».
«Non posso parlarne qui. È rischioso».
Assottigliai lo sguardo in un’espressione irremovibile.
Jareth allargò le braccia, esasperato. «Hai appena rischiato la vita per colpa di tre demoni e ti preoccupi del fatto che i tuoi amici, nonostante siano troppo occupati a imbottirsi di alcolici, potrebbero accorgersi della tua assenza?».
Sospirai, acconsentendo; in effetti, non potevo dargli torto. «D’accordo, ma prima dimmi dove intendi portarmi».
«A casa tua», rispose come se fosse la cosa più ovvia.
«Come? Tra poco meno di un’ora arriveranno i miei genitori! Non posso nasconderti».
«Oh, lo farai, invece», s’impose con aria minacciosa. «Sarah, è una cosa seria. Sei in pericolo».
Sbuffai, incrociando le braccia. «Fino a qui c’ero arrivata. Sai com’è, sono appena stata attaccata da tre creature demoniache», borbottai.
Lui sorrise beffardo. «Ti farà piacere sapere che quelli non sono nulla in confronto a ciò che ti dà realmente la caccia. Ora sbrigati».
Senza inveire inutilmente lo condussi fino a casa mia.
Dopo venti minuti di camminata silenziosa e furtiva, entrammo nel salotto, e gli feci strada fino in camera mia. Era strano stargli accanto in quel modo, dopo l’avventura nel Labirinto, senza la costante paura che possa soffiarmi Toby da sotto il naso.
«Bene, ora vorresti spiegarmi chi e perché mi sta dando la caccia?», domandai.
Jareth si era appoggiato con la schiena al muro, giocando distrattamente con una sfera di cristallo che faceva ondeggiare con abilità sulle mani. Rimasi rapita da quei movimenti così fluidi e rapidi che tanto mi erano mancati in quegli anni, finché non si decise a rispondermi.
«Dunque, ricordi quando, quattro anni fa, mi dissi di non avere alcun potere su di te?».
Annuii, leggermente irritata dal suo tono accusatorio.
«Bene. Dopo che te ne sei andata riprendendoti il marmocchio, il mio Labirinto si è rivoltato al suo Re, causando l’ira di Zephit, mio padre. Egli non ha sopportato la mia sconfitta e soprattutto ritiene noi due responsabili della ribellione del Labirinto».
Prima che potesse proseguire lo interruppi, confusa. «E perché mai a tuo padre dovrebbe interessare tutto ciò? Voglio dire, invece di perseguitarti dovrebbe cercare di aiutarti a rimediare. E poi in che senso si è rivoltato?».
«L’Underground non è come il mondo dove vivi tu. Mio padre è totalmente indifferente alla carica di figlio che ricopro io, e si ricorda di ciò solamente per questioni politiche. Proprio per quest’ultima ragione vuole punire i responsabili della rivolta del Labirinto, in modo da mettere ordine al caos che è nato nel mio Regno. E per punire, intendo uccidere. Per rivoltato intendo proprio che il Labirinto si è ribellato alla mia persona, cambiando la propria morfologia e diventando un luogo ostile a chiunque, persino a me».
«E solo uccidendoci il Labirinto tornerà com’era?», domandai scettica.
Insomma, cos’avevo combinato di male, oltre a voler riprendere mio fratello dalle grinfie del Re di Goblin? Nulla. E lui mi stava accusando ingiustamente.
«Esatto, mia preziosa. Vedo che cominci a capire».
«Ma è una cosa assolutamente insensata! Perché gli interessa tanto il tuo Labirinto? Ma, soprattutto, cosa c’entro io? Non mi sembra di aver fatto nulla di male».
Jareth si allontanò dal muro, avvicinandosi a me con passo lento e sfrontato.
«Ah, non hai fatto nulla di male, dici. A me pare proprio il contrario, visto che non solo non ti sei accontentata di riprenderti il bambino, corrompendo i miei sudditi con stupidi braccialetti di plastica, ma hai anche fatto in modo di mettermi contro il mio stesso Labirinto».
Il suo volto minaccioso era a due spanne dal mio, e potevo sentire il suo respiro pungente solleticarmi il collo. Questo era troppo. Mi considerava colpevole della rovina del suo Regno?
«Come puoi dire una cosa simile?! Io mi sono solo ripresa mio fratello!», protestai puntandogli un dito contro.
«Certo, potevi benissimo accontentarti di questo e andartene, ma non l’hai fatto».
«Come sarebbe a dire-», ribattei infuriata, ma lui m’interruppe, impassibile.
«Tu non hai alcun potere su di me», sorrise senza entusiasmo. «Ricordi?».
«Ma come…».
«A causa di quella frase, il mio Labirinto si è ribellato al mio potere, approfittando della mia sconfitta. Sono ancora il sovrano di Goblin, ma il Labirinto non mi appartiene più».
Abbassai lo sguardo, aggrottando le sopracciglia.
No, non poteva essere…
«Non l’avrei mai pensato», sussurrai fissando il pavimento.
«Ah, non pensavi?».
Quelle parole risvegliarono la memoria della notte del rapimento di Toby, quando a quindici anni mi resi conto del terribile errore che avevo commesso a sfidare inconsapevolmente il mondo della magia, formulando quelle maledettissime parole.
 
«Non credevo mai…»., cercai di giustificarmi, con voce traballante.
Sentivo gli occhi inumidirsi, mentre la vista si faceva più offuscata.
«Ah, non credevi?», sibilò l’essere che si stagliava in tutta la sua regale altezza davanti a me, un’insignificante ragazzina che aveva osato sfidarlo, ma che alla fine era persino riuscita a sconfiggerlo.
 
Ritornai alla realtà di camera mia, posando lo sguardo su quello che in passato era stato mio avversario, e che pochi minuti prima mi aveva salvato la vita. «E sentiamo: perché sei venuto qui?».
«Per proteggerti», ammise voltandosi a passeggiare per la mia stanza. «E per reclamare il tuo aiuto».
«Il mio aiuto?», domandai scettica.
«Esattamente. Per far sì che il Labirinto ritorni sotto il potere della mia famiglia, l’alternativa alla nostra morte è questa: noi due dobbiamo sconfiggere mio padre».
«E perché tuo padre?».
Sentivo la testa girare, sovraccarica d’informazioni che non riuscivo ad incastrare tra loro. Insomma, tutto ciò non aveva alcun senso.
«Perché è lui che ci vuole morti».
«E come dovremmo fare?», mi arresi. «È proprio necessaria la mia presenza?».
«Certo, mia cara. A meno che tu non voglia versare il tuo sangue per il bene della mia famiglia», rise lui. «In ogni caso non possiamo affrontarlo ora. Posso avere di nuovo accesso all’Underground soltanto durante l’Equinozio di Primavera».
«Perché mai? Il tuo caro papino ti ha buttato fuori dal tuo mondo?», domandai con sarcasmo.
«Precisamente, mia preziosa. Zephit mi ha bandito persino dalla mia città, in modo che possa trovare due piccioni con una fava; infatti, sa perfettamente che se riesce a scovare me, ti troverà in mia compagnia e a quel punto potrà soddisfare la sua sete di sangue».
Mentre parlava era tranquillo, come se non rischiasse affatto di perdere la pelle da un momento all’altro.
«E perché puoi tornare nel Sottosuolo soltanto il 20 di Marzo?».
Jareth sbuffò. «Quante domande, non ti facevo così interessata», sorrise beffardo. «Durante l’Equinozio l’esilio non varrà più, ed io sarò libero di recarmi nell’Underground. Ma non oltre la mezzanotte del 20 Marzo».
«E come faremo ad andarci?».
«Ancora ho dei dubbi a riguardo; non penso che sia immediato come al solito. Ti ho contattata anche per questo: aiutarmi nelle ricerche. Dobbiamo trovare un metodo per varcare la soglia dell’Underground».
«E nel frattempo dove pensi di andare? Manca una settimana all’Equinozio».
«Mia cara, sarò tuo ospite! Pensavo l’avessi capito».
Proprio quello che temevo.
«Oh no, tu non resterai qui per una settimana! Ti ha dato di volta il cervello? Che cosa racconto ai miei genitori?», sbottai gesticolando.
Il Re di Goblin si avvicinò di nuovo, prendendo una ciocca dei miei capelli tra le dita guantate.
Un brivido freddo corse per la mia spina dorsale quando avvertii il suo sguardo lambire la mia pelle.
«Potresti presentare loro il tuo spasimante segreto proveniente da una città distante», sussurrò al mio orecchio. «E avvisarli che si fermerà a casa tua per qualche giorno, per motivi che inventerai».
Storsi le labbra in una smorfia di disapprovazione e scossi la testa. «Non se ne parla».
«Non mi sembra una cattiva idea».
«Oh, certo. Mamma, papà, vi presento il mio ragazzo, di cui non vi avevo parlato prima d’ora perché la nostra relazione si basa su una lunga serie di segrete corrispondenze epistolari, dato che non viviamo nella stessa città», esplosi con pungente sarcasmo, allargando le braccia. «E poi non voglio fingermi la tua ragazza; Karen incoraggerebbe sicuramente un bacio».
Jareth sorrise, malizioso. «E tu non vorresti baciarmi?».
Arrossii di colpo, visibilmente in imbarazzo. «Cosa…? No! Assolutamente!», gridai.
In quel momento sentii la porta di casa aprirsi.
«Sarah, siamo tornati! C’è qualcosa che non va?». Era mio padre.
«Sono arrivati! Presto, fuori da qui prima che ti vedano», dissi, sperando di eclissare il discorso del bacio.
Jareth non se lo fece ripetere e, una volta trasformatosi in un barbagianni, volò fuori dalla finestra, appollaiandosi su un ramo.
Robert entrò un secondo dopo, sorridendomi. «Ciao, Sarah! Trascorso bene il compleanno?».
I miei amici l’avevano sicuramente informato della sorpresa che avevano intenzione di farmi.
«Sì, papà. È andato tutto meravigliosamente», mentii.
«Ne sono felice. Be’, buona notte tesoro».
Mio padre uscì dalla stanza, e nello stesso istante il Re di Goblin riapparve al mio fianco, facendomi sobbalzare.
«Com’è che non ti credo?», mormorò divertito.
«A che proposito?».
«Riguardo al fatto che non desideri baciarmi».
Decisi di ignorarlo, placando a fatica la voglia di fargli passare quel sorrisetto derisorio.
Mi buttai sul letto, sotto il suo sguardo indagatore. «Che hai da guardare? Voglio dormire, lasciami in pace».
«Sta bene», rispose tranquillo, sedendosi e appoggiando i piedi sulla mia scrivania.
Gli lanciai un’occhiata torva. «Togli subito i tuoi sudici stivali da lì».
Invece di obbedire incrociò le mani dietro la nuca, cominciando a dondolarsi sulla sedia.
Sbuffai, certa che avrebbe finito soltanto qualora avessi deciso di scaraventarlo giù con la forza.
Ma ero troppo stanca per discutere con lui; tutta quella storia di demoni e regni in contrasto mi aveva sfinita, per non parlare dell’ombra che minacciava le nostre vite.
«Sono curiosa di sapere come farai a dormire così», borbottai con la testa schiacciata contro il cuscino.
«Mia cara, a differenza di voi umani, io non necessito di dormire con la vostra stessa frequenza. Anzi, potrei persino evitarlo, per noi Sidhe non è un bisogno impellente».
Le sue parole mi parvero quasi sussurri, e proprio quando stavo definitivamente scivolando nel sonno, avvertii i suoi passi diretti verso di me, seguiti dal suono melodico della sua voce, le cui note s’intrecciavano in una nenia che mi accompagnò tra le braccia di Morfeo. 











Bene, rieccoci con il secondo capitolo! Mi dispiace aver atteso tanto, purtroppo ho passato una settimana d'inferno, e non ho avuto molto tempo per revisionare e pubblicare. Spero mi perdoniate ^^
Anyway, fortunatamente Jareth è intervenuto da bravo cavaliere prima che fosse troppo tardi, salvando Sarah dalle grinfie dei Demoni. Più avanti chiarirò anche i vostri dubbi su questi ultimi esseri, non temete! 
Spero di non avervi deluso! Fatemi sapere cosa ne pensate :)

Un grazie enorme a chi segue questa storia e a voi che recensite, mi ha fatto davvero molto piacere ricevere le vostre recensioni. 
Grazie di cuore!






 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Labyrinth / Vai alla pagina dell'autore: Edelvais