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Autore: mesafe    06/05/2013    1 recensioni
Mi lavo i denti. 16 movimenti secchi. 16 e solo 16. Mi lavo le mani. una. due. tre. quattro volte. Vado in camera. Calze, camicetta, gonna e felpa. Sempre e solo così. Predo la cartella e fortunatamente mi accorgo che è venerdì. 7 ore. Letteratura, Tedesco, Matematica, Storia, Pranzo, Ora-buco, Ginnastica, Ginnastica. Prendo le mie cose per ginnastica dall’armadio. A scuola non lascio vestiti perché è tutto pieno di germi ed è tutto sporco. Chiudo la porta di camera, attraverso il soggiorno, metto il giubbotto, apro la porta dell’appartamento, scendo le scale. L’aria fredda di Earl’s Court Road mi entra nelle vene. Sento le linee rosse nelle mie braccia risuonare, sento il dolore dell’incomprensione dentro di me. Stazione della metro, igienizzante a portata di mano; fortunatamente c’è un posto a sedere libero e mi ci siedo. Mi lavo le mani con il gel. St James’ Park. E’ la mia fermata; scendo e prendo l’autobus. Arrivo a scuola e il portone immenso mi da il benvenuto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*mi scuso immensamente per il ritardo di pubblicazione, ma ci sono state delle complicazioni, gravi e non. Spero che questo capitolo vi piaccia. Elizabeth*



 
Mentre tornavo a casa avrò rischiato 5 o 6 volte la morte.
Non ero concentrata mentre ero in motorino, ripensavo a ciò che era successo. E se avevo sbagliato?
No, non avevo sbagliato. Non volevo che Cadwgan nella mia testa si delineasse nell’aspetto di Josh.
Aperta la porta mia mamma stava guardando la tv.
“Ciao Meg, già finita la festa?”
“No, ma sai com’è. Le feste non sono per me, quindi ho optato per venire a casa.”
Le sorrido e vado in camera a accendere il computer, poi vado in bagno, mi lavo e mi metto il pigiama.
Quando la mia testa esce dalla maglia, vedo riflesso nel mio specchio il mio viso.
Dalla mia testa escono mille disegni, mille immagini e mi ritrovo a pensare a mio padre.
Sempre in quello specchio vedo la faccia di mio padre. Inizio a respirare affannosamente e sento la sua voce dentro la mia testa che rimbomba, ma se l’ascolto con attenzione diventa una melodia.
“Megan, non ti preoccupare, va tutto bene.”
Inizio a piangere, ma stavolta sono felice perché queste qui sono e devono essere le mie ultime lacrime.
Non voglio più vedere il mio viso umido, voglio vedere da ora in poi le mie fossette che contornano il mio sorriso.
Riguardo lo specchio e capisco che la ‘visione’ di mio padre è la cosa che chiude il cerchio.
L’ultimo amaro ricordo di una Megan che non mi è mai piaciuta.
Mi lavo il viso e quando mi guardo allo specchio vedo il mascara colato, ma sono pulita, pulita dentro.
“Megan, ora si ricomincia.
E si ricomincia con Cadwgan.
Via le immagini di Josh dentro la tua testa, via le cicatrici dalle braccia, via tutto.”
 
Seduta davanti al mio portatile, mi lavo le mani con l’igienizzate.
Mentre l’odore piacevole di amuchina si sparge nella stanza, la finestrella della chat di Cadwgan si illumina.

C: che è successo?
M: confusione mentale.
C: perché?
M: perché sono pazza. Completamente.
C: a me piace la tua pazzia.
M: in effetti mi rende carina.
C: ;) è vero. Ti devo parlare. Ti chiamo.
M: ok, ti do il mio numero.
C: ho già il tuo numero.
 

Il mio cellulare inizia a vibrare le dal +49 intuisco che è Cadwgan. Io non ho il suo numero, ma lui si.
Molto probabilmente è stata Yen.
Dolce e cara Yen.

“Ciao Cad.”
“Ascolta, io e te dobbiamo chiarire.
Non sono uno che cerca storie serie, ma non sono nemmeno quello che viene lasciato solo come uno stupido su una terrazza.”

Ora mi sentivo in colpa, ma la nuova Megan non doveva partire con i sensi di colpa, doveva partire con l’essere più sicura.
“Senti Cad, so di aver fatto una cazzata, ma ero confusa.
Stavo associando il nostro…bacio..” perché ti devi imbarazzare adesso Megan? Eh? Dimmelo. “ai baci con Josh. Non è colpa tua, è solo che l’odore della birra mi ha riportata a quel periodo di merda. Scusa.”
“Allora hai fatto bene. Io ora devo andare a letto che mia sorella sta dormendo e poi sono abbastanza stanco. Ci sentiamo domani.”
“Va bene.”
“Buonanotte”
“…Cad?”
“Si?”
“Sei la mia Amy?”
Non so perché ho fatto questa domanda, ma sentivo il bisogno di essere rassicurata e una buonanotte non mi sarebbe bastata.
“No.”
Non è stato un no strascicato.
E’ stato un no deciso, sicuro.
La mia domanda, invece di rassicurarmi, mi ha disorientata.
“Ok, buonanotte Cad.”
“Non sono la tua Amy, sono il tuo Cadwgan.”
Sorrido anche se lui non può vedermi.
Mentre sono a letto ripenso a ciò che è successo in bagno.
Non mi era mai successo prima e non capisco perché proprio mio padre e non la faccia di qualcuno a me più vicino, tipo Yen o mia mamma.
Dovrebbe esserci stata una scintilla, qualcosa che mi ricordasse lui.
Ma dove?
Iniziai a ripercorrere la mia serata dai mille incidenti per strada e non c’era nessun cartellone con il suo nome.
Nemmeno in casa aperta la porta perché non ci sono sue foto.
Mi stavo confondendo.

Sento bussare alla mia porta di camera e mia mamma con il giubbotto mi dice che dobbiamo uscire di corsa.
“Perché Ma?”
“C’è stato il terremoto.”
Addirittura? Io non avevo sentito nulla, la mia testa era troppo assorta nei mille pensieri.
“Ok, prendo il giubbotto e l’igienizzante.”
Dato che ci sono, prendo anche la mia macchina fotografica, Londra è sempre pronta per qualche foto.
In caso di terremoto io e mia mamma prendiamo la macchina e gironzoliamo un po’ per Londra e parliamo, però io ero troppo stanca.
“Mamma, va bene se dormo? Quando poi siamo a casa mi svegli.”
“No, non puoi. Devi vedere una cosa.”
“Cosa?”
La macchina si ferma davanti a un pub fuori Londra.
La faccia di mia mamma è sconvolta e le sue palpebre sono pesanti.
Dalla sua borsa tira fuori i miei occhiali da vista, sono un po’ miope e penso che lei voglia farmi vedere qualcosa.

“Vedi Meg quel pub?”
“Certo.”
“Lì ho conosciuto tuo padre.”
Avevo avuto una visione. Iniziavo a preoccuparmi, però la voce di mio padre mi rientrò della testa.
“Va bene, allora?”
“Scendi Meg e vai dentro quel pub.”
“Mamma è sporco e io lì dentro non ci vo…”
Vedo che si gira verso di me. Con i capelli raccolti il suo viso spicca ancora di più.
Quello che mi aveva dato era un ordine che dovevo rispettare e così feci.
Stavo andando incontro a qualcosa più grande di me, ma dentro di me frullava quella voce, quella frase.

“Megan,non ti preoccupare, va tutto bene.”
  
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