Sedici anni dopo...
Angela.
C'è un ragazzo nuovo. Lo capisco dal chiacchericcio che fanno quelle oche delle ragazze arrivate qui per aver commesso qualche reato con il computer e altri aggeggi eletronici o aver semplicemente taccheggiato qualcosa.
Purtroppo non siamo in un prestigioso collegio del Texas. Questo è un edificio fatto per "ragazzi difficili", come dicono quelli che hanno paura di chiamarci delinquenti. O gli psicologhi. Tanto quella è tutta gente matta.
Un carcere minorile. Sono in un carcere minorile.
Ed è arrivato uno nuovo. Carne fresca, come pensano tutti quelli non ancora impegnati quando nel nostro allegro e illegale mondo viene un nuovo ragazzo/a.
Appena entri in questo posto cercano di classificarti, di cercare di capire perchè sei entrato qui: un furtarello, vandalismo, vagabondaggio, aggressione...
Hanno avuto lo stesso sguardo anche per me, quando sono arrivata io: all'inizio mi guardavano con curiosità, per capire perchè fossi finita qui. Quando però lo hanno scoperto, tutti hanno cominciato a evitarmi come la peste. Come se fossi solo io la criminale qui, mentre loro erano solo degli innocenti entrati in questo carcere dimenticato da Dio per sbaglio. Eppure il mio aspetto non incute timore: sono minuta, alta 1,59. Insomma di certo non sono una ragazza-armadio che non appena la vedi ti vengono i brividi. La paura verso di me l'hanno cominciata a provare quando hanno scoperto cos'ho fatto.
Sinceramente mi chiedo anch'io perchè sia entrato qui. Ma preferisco far finta che non me ne importi niente e continuo a farmi gli affari miei. In un posto come questo più sei invisibile meglio è.
Sono nel cortile dell'istituto Il caldo sole del Texas splende luminoso e mi bacia la pelle e io ne sono più che felice. Amo la sensazione che mi da la luce quando scende su di me. Mi sento più forte. Rigenerata. Per questo cerco di stare il più possibile sotto il sole e la mia pelle lo dimostra: è di un bel colore ambrato, quasi miele.
Chiudo gli occhi, porgo ancora di più la mia faccia ai raggi solari, cercando di catturarne ancor di più prima di entrare in quelle tristi celle del riformatorio.
E' incredibile come siano piccole e crostata la vernice che ricopre le loro pareti. In ognuna di esse c'è una minuscola finestra che fa entrare un po' di luce.
La nostra ora d'aria però passa troppo velocemente e dobbiamo rientrare. Un secondino mi conduce alla mia cella, tenendosi a debita distanza. Anche loro, che dovrebbero essere abituati ad assassini o a altri tipi di criminali. Per forza, hanno sentito cos'ho fatto a Tyler. il secondino è una donna robusta, dai capelli rossicci e gli occhi scuri.
La mia stanza è a dir poco spoglia, da casa mia non ho portato nulla, solo il mio ciondolo. Apparteneva a mia madre. La mia vera madre. Quella che mi ha abbandonata in un orfanotrofio. Nonostante mi abbia lasciata da sola, non riesco a odiarla più di quanto non faccia con Lily. La mia madre adottiva. Colei che non ha nemmeno lottato per tenermi. Aveva paura anche lei. Ma d'altronde non mi avrebbe difeso lo stesso, poichè avevo detto a suo marito, nonchè mio padre adottivo, delle sue brutte perdite a poker.
Mi prendo tra le mani il mio ciondolo e lo porto alle labbra, il metallo dorato è freddo contro le mie labbra. Mi immagino che dentro il mio vero genitore mi abbia lasciato qualcosa dentro. Poi scuoto la testa risvegliandomi da questa sciocchezze. Mi stendo sulla brandina e guardo il soffitto. Prendo una ciocca dei miei capelli e ci gioco attorcigliando i capelli scuri attorno al mio indice destro.
Non so quando mi addormento, nè me ne rendo conto, perchè dopo un po' arriva un secondino che mi sveglia e così mi accorgo di essermi addormentata. Non mi ricordo il sogno. Mi verrà in mente più tardi. Come sempre. Temo che sia lo stesso. Ma tanto lo so che è il medesimo. E' da anni che mi sogno da bambina, in braccio a una donna misteriosa che corre dagli occhi e i capelli scuri. Quando avevo otto anni mi immaginavo come sarebbe stata la mia vita, quando avrei avuto sedici anni: mi vedevo fidanzatissima con un ragazzo perfetto, con tante amiche e prossima ad avere la macchina. Insomma, il contrario di quello che ho adesso.
Non sono mai stata fidanzata in tutti questi sedici anni della mia vita, abbastanza deprimente, ho avuto solo un'amica in tutta la mia vita e se adesso avessi la macchina, di certo non la userei per andare a Los Angeles, come progettavo a dieci anni.
Il secondino mi porta alla mensa, devono essere le dodici. Qui non ci sono orologi, potrebbero essere usati come armi. Ma riesco a capire l'orario della luce che riesce a entrare miracolosamente dalle finestre coi vetri opachi dell'edificio.
Ma d'altronde riesco sempre a capire che ora sia. Anche di notte.
La mensa è la stanza più grande e ospita circa duemila criminali in erba. Sono disposti dei lunghi tavoli di ferro, ancorati al pavimento, con delle panche, anche loro ancorate al pavimento.
Di solito mi siedo al tavolo vicino alla finestra più grande, in un piccolo angolo appartato, da sola. E' quello più piccolo di tutti: ospita al massimo sei persone. Lo uso solo io. Tutti lo sanno ed evitano quel tavolo. Hanno paura di indispettirmi, credono che stia da sola
perchè lo voglio, non perchè nessuno vuole stare in mia compagnia.
Ma oggi è diverso: perchè oggi un ragazzo è seduto al mio tavolo.
note dell'autrice:
ringraziate Nocturno per questo aggiornamento veloce perchè ieri mi ha incalzato una o due volte. No dai scherzo. Allora, parliamo del capitolo, il primo scritto in prima persona: non succede niente di eclatante ma questo e i prossimi quattro sono di passaggio e presentano i protagonisti. Il prossimo aggiornamento è sempre previsto per venerdì, salvo imprevisti. Mi raccomando di dirmi cosa ne pensate di Angela. vi prego di essere clementi, perchè è una ragazza mooolto complicata sia da scrivere che di per sè. Prima di andare ringrazio Nocturno, Water_wolf e kenner per aver recensito! Ci vediamo (si fa per dire) venerdì!