Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Shark Attack    07/05/2013    5 recensioni
Prendete una classica storia fantasy e buttatela via: il protagonista cade dalle nuvole e si ritrova a dover salvare il mondo come dice una profezia sbucata da chissà dove, giusto? No, non qui.
Lei è Savannah, lui è Nehroi: sono fratelli senza fissa dimora, senza passato, senza futuro ma con un presente che vogliono vivere a cavallo tra il loro mondo e il nostro seguendo solamente quattro regole: non ci si abbandona, si restituiscono i favori, non si prendono ordini e non si dimentica.
Sfidano antiche leggende, rubano amuleti e armi magiche di ogni genere per il solo fine di diventare più forti e usano i poteri per vivere da nababbi a NewYork. Il resto non conta. (... o almeno, così credono!)
[Grazie anticipate a chiunque vorrà essere così gentile da leggere e lasciare due parole di commento! ^-^]
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



30
Fine dei Giochi



«Signor Goon! Signor Goon!»
Il cameriere entrò nella sala con passo rapido ma composto, facendo svolazzare freneticamente le code della sua giacca nera.
Tutte le poltroncine rosse erano vuote ed allineate tra loro attorno all'immenso tavolo di legno scuro, eccetto una. Lì sedeva un uomo panciuto dall'aria depressa, con gli occhi rivolti verso un punto indistinto tra i quadri appesi sulla parete di fronte a lui.
«Signor Goon, signore...»
Il Capo di Haffireth si ricompose sulla poltroncina e si schiarì la voce con un piccolo colpo di tosse. Si voltò verso il ragazzo in divisa e scrutò la sua aria affaccendata e vagamente sconvolta. Sospirò.
«Che c'è?», domandò Goon con tranquillità.
«I Fein Anis, signore, stanno... hanno allestito una specie di palco nel salone delle feste e nessuno sa cosa vogliono farci. Anzi, non si sa nemmeno dove siano...»
Il sopracciglio bianco del Capo si arcuò molto udendo quelle parole. «Un palco?», ripeté confuso.
Provò ad elaborare una spiegazione logica ma ricordò i due soggetti dell'informazione e rinunciò ad andare oltre. Scattò in piedi con un gesto rapido e secco e scomparve nel corridoio, diretto verso le scale con ampie falcate.
Il giovane cameriere fece un debole inchino quando gli passò di fronte, poi sistemò la poltroncina sotto al tavolo, allineandola con le gemelle, e si avvicinò alla parete dei dipinti.
Oltre le acque limpide di Haffiret e le montagne nere di Lagireth, c'era il caldo oro di Feinreth. Col naso all'insù, il ragazzo cercò il volto che gli era stato indicato tra i tanti disseminati tra i paesaggi.
Allungò un braccio e riuscì a staccare la cornice dal muro senza problemi, orgoglioso della sua posizione di Custode che permetteva a lui e a pochi altri di prelevare i dipinti, altrimenti ancorati alle pareti come se ne facessero parte. Si issò sulle punte dei piedi ed afferrò anche il ritratto sovrastante con un piccolo salto.
Infilò le due tele con cura sottobraccio, attraversò la sala riunioni, chiuse con cura i pesanti battenti e salì una rampa di scale.
Lì due ragazzi lo stavano aspettando a mani tese.
«Ti ha visto qualcuno?», domandò Savannah mentre afferrava il ritratto del padre.
Il cameriere scosse energeticamente la testa e si inumidì le labbra.
«Chi c'era nella sala?»
«Solo il signor Goon. Non ha sospettato di nulla», rispose prontamente.
Nehroi si rigirò tra le mani il ritratto del nonno ed annuì soddisfatto. «Benissimo, puoi andare.»
Il cameriere sbatté più volte le palpebre e guardò nervosamente prima il brehkisth, poi la jiin e infine nuovamente il brehkisth. «Non erano questi i piani, voi avevate promesso che...»
«Che ti avremmo lasciato vivere se ci avessi fatto un favore?»
«Nient'affatto!», sbottò il ragazzo tingendo di rosso il viso. Gli fremevano le mani per la rabbia, ma anche per la frustrazione.
Savannah si portò un indice sulla tempia e guardò il fratello con un'espressione pensierosa. «Ho come l'impressione che ci siamo dimenticati di avvisarlo dei nuovi termini dell'accordo», disse candidamente.
Nehroi sgranò gli occhi e si finse indignato. «Oh cielo, no!», esclamò teatrale portandosi una mano sulla bocca.
Il cameriere scoccò occhiatacce astiose ad entrambi ed iniziò a pensare a cosa avrebbe potuto fare per ottenere comunque ciò che gli avevano promesso, poi girò sui tacchi ed iniziò a correre disperatamente giù per le scale, ma una rete comparve improvvisamente di fronte a lui e lo imprigionò ancor prima che riuscisse ad aprire la bocca per urlare aiuto. Avvolto come un salame, fluttuò verso i due fratelli e venne depositato ai loro piedi come un pacco. Nehroi si chinò su di lui e gli sorrise desolato. «Le Stelle sono troppo preziose... davvero pensavi che te ne avremmo data una?», domandò sottovoce, poi gli afferrò la testa e la picchiò contro la parete. Fece un suono sordo, un “tunc” che si spense subito dopo.
Il cameriere perse i sensi e Savannah lo fece fluttuare nella sala riunioni, chiudendo con cura i battenti.
«Grazie dei dipinti.»

Era effettivamente un palco.
Non molto grande né particolarmente solido, ma alto più di un metro e dotato di tre gradini sul fondo, verso la parete. Era fatto di pietra, più precisamente di marmo bianco, come se avessero utilizzato una parete o due del palazzo di Tolakireth per costruirlo spostandone i blocchi.
Goon non si stupì quando pensò che poteva realmente essere andata così.
«E nessuno li ha visti mentre lo facevano? Sarà anche stato di notte, ma qualcuno deve averli visti!», stava squittendo il Capo Hartis dall'altra parte della sala inveendo contro chiunque passasse nei paraggi mentre Goon entrava nella sala.
Heim comparve dal giardino poco dopo, intento a riporre l'orologio da taschino nella sua tasca, e rimase impietrito sulla soglia quando notò quello strano cambiamento. Anche Phil, al suo fianco, strabuzzò gli occhi.
«I tuoi ospiti!», sputò Hartis agitando un pugno ossuto nell'aria verso il Capo di Norreth. «Bell'affare! Adesso la cucina da' sulla prateria e gli animali entrano liberamente! Se dovessi trovare anche un solo pelo nel mio piatto...»
Phil imprecò mentalmente e si vietò di immaginare quali possibili piani potessero avere in testa quei due demoni: la loro mente era troppo strana per poter essere facilmente prevista.
«Qualcuno ha provveduto?», domandò imperioso Heim con il suo vocione.
Olus comparve dal corridoio inferiore ed alzò una mano per far notare la sua presenza. «Ho chiuso il muro, problema risolto», informò soddisfatto ma visibilmente irritato. «Ora l'unica cosa che può entrare è la luce, non mi è riuscito particolarmente spesso come la parete vera...»
Heim non sembrò tranquillizzato. «Andrà benissimo», disse. «Qualcuno sa dirmi dove sono i Fein Anis al momento?»
«La porta della biblioteca è stata sfondata», giunse dalle scale. La voce era quella di Chawia, ma i presenti nella sala delle feste dovettero attendere parecchi passi sui gradini prima di vedere la sua provenienza. La principessa comparve avvolta in un abito largo giallo striato delicatamente di arancione chiaro che fluttuava attorno a lei come una nuvola e che stonava con la sua espressione nervosa.
«Sfondata», ripeté Goon con desolazione. «Quante altre sorprese ci vogliono riservare oggi?»
Silar, Nekkis e i suoi due soldati stavano camminando tranquillamente nel giardino, tra gli alberi variopinti, quando udirono l'insolito vociare nel salone e si avvicinarono curiosi. La prima cosa che li spiazzò fu vedere praticamente tutti i Capi riuniti lì senza un apparente motivo, sottratti dai loro compiti amministrativi che normalmente li teneva occupati nei rispettivi uffici; notarono solo qualche istante più tardi la costruzione insolita che campeggiava nella sala e tutti e quattro iniziarono a chiedere spiegazioni al riguardo.
Il vociare aumentò sempre di più, alimentato da ipotesi su dove potessero essere i due fratelli e sul perché di quegli strani gesti; c'era chi accusava l'idea di averli invitati ed essere stati generosi con loro e chi sosteneva che dovesse esserci qualcosa di serio sotto e che non necessariamente potesse essere negativo.
«Hanno rubato qualcosa dalla biblioteca?», domandò Olus indirizzandosi verso Chawia, poco distante.
La donna fece spallucce e sbuffò. «Non mi interessa, ero solamente salita perché avevo sentito il botto», disse annoiata.
«Spostiamo le pietre e rimettiamole in cucina!», propose Hartis tra un'imprecazione e l'altra verso tutti.
«Anche mio nonno aveva detto di aver sentito qualcosa ma non avevo pensato potessero essere loro», sussurrò Silar ad Heim. «Sono stati scaltri, io non ho sentito nulla...»
Il Capo di Norreth gli pose una mano sulla spalla e strinse le labbra. «Qualche guardia ha sentito dei rumori nella notte, ma non hanno visto nulla.»
Il suo sguardo vagò verso Nekkis e i soldati che lo fiancheggiavano e non si stupì nel vederli lividi di rabbia. Dalle loro espressioni non trapelava altro che offesa ed oltraggio e stavano confabulando in maniera così concitata che nessuno avrebbe scommesso alcunché contro il loro piano di contrattacco.
«Ad ogni modo», tuonò Heim per sovrastare le voci dei presenti. Le sue mani alzate attutirono i suoni come ovatta e pian piano tutti si zittirono e lo ascoltarono. «Ad ogni modo dobbiamo ancora ascoltare la loro versione e capire come sono andate le cose. Ci sarà una spiegazione per tutto.»
«Dov'è Decra?», domandò Olus ricordandosene all'improvviso.
Anche gli altri ruotarono la testa e gli occhi per cercarla, ma nessuno la vide. «Sarà ancora in camera», ipotizzò Goon con apprensione. «Ieri sera ha parlato con la ragazza e mi è sembrata scossa, forse sta ancora riposando...»
Chawia ridacchiò e ricevette molte occhiatacce di rimando.
Nekkis si portò prepotentemente in mezzo alla sala, di fronte ad Heim, e lo fissò dritto negli occhi.
«Qualunque scusa abbiano, hanno messo in ridicolo i miei uomini di guardia», sibilò tagliente.
Silar ridacchiò. «Se non hanno visto nulla si sono messi in ridicolo da soli», commentò con più irriverenza del dovuto.
Nekkis si infervorò e stava per rispondergli per le rime quando Heim si frappose tra loro ed alzò una mano con solennità. «Pace, Aner, non è colpa delle guardie. Silar, non siamo qui per seminar zizzania. Abbiamo ben altri probl...»
Si interruppe.
Uno strano botto proveniente dall'ala opposta del palazzo li zittì e mise sull'attenti, come se non lo fossero stati già abbastanza. Il sorriso svanì lentamente dal viso di Silar non appena la vide.
Savannah stava scendendo le scale con tranquillità e catturò l'attenzione di tutti i presenti, dal primo all'ultimo. Non ebbero modo di reagire in alcuna maniera, né a parole né con qualche magia o incantesimo, che l'attenzione venne di nuovo catturata, e in maniera più potente, da Nehroi.
Scendeva le scale tenendosi a pochi scalini di distanza dalla sorella e aveva tra le braccia una ragazza bionda svenuta. La sua testa gli pendeva oltre il gomito, inerte, ed erano molli e lascivi anche tutti gli arti.
«Deiry!», esclamò Goon con gli occhi fuori dalle orbite. Spintonò chi lo separava dal brehkisth ma non riuscì a muovere un passo di più, respinto da una forza invisibile e dolorosissima. «Che avete fatto a mia figlia!», ringhiò allora, guardando con strano astio il brehkisth non sigillato.
I due fratelli non dissero nulla e continuarono a camminare, respingendo chi cercava di avvicinarsi troppo con la naturale forza della maledizione. Salirono sul palco, il loro palco, e ancora non dissero neanche una parola. I loro sguardi erano fermi, decisi, non guardavano distintamente nessuno né mostravano alcuna emozione.
«Insomma, si può sapere che intenzioni avete?», sbottò Heim paonazzo. Improvvisamente era diventato molto difficile essere la voce neutrale e saggia del gruppo. Il suo sguardo era incatenato al corpo immobile di Deiry e gli occhi erano assottigliati come lame nel tentativo di constatare se stesse respirando o no.
«Perché non lo chiedete al pupillo di Kyureth?», disse Savannah atona e fredda.
Gli sguardi dei presenti si focalizzarono su un agitatissimo e già sudato Silar. «Non so di cosa stia parlando», balbettò nel disperato tentativo di sembrare disinvolto. Le espressioni poco convinte che ricevette in risposta gli fecero capire che stava fallendo nell'impresa.
Nehroi mise Deiry in piedi e la scollò finché non si svegliò. I suoi occhi chiari si aprirono sulla folla dei Capi che la fissavano preoccupati ed angosciati, gettando anche lei nel panico. Con un istante di ritardo stropicciò il suo bel visino in numerose e varie smorfie di dolore quando il contatto con la maledizione la colpì come bastonate o esplosioni lungo tutto il corpo. Iniziò a gemere e a contorcersi convulsamente, poi sentì una presa sul suo braccio e il dolore si attenuò lievemente.
«Hai la resistenza di una formica», soffiò irritata Savannah mentre se la trascinava ai piedi, lontano da Nehroi. Fece un cenno della testa al fratello non appena la biondina ricominciò a lamentarsi e il ragazzo saltò giù dal palco con un'alzata di spalle. Allargò le braccia ed immaginò di erigere un muro con la sua maledizione, esattamente come aveva fatto contro la grotta di Bastreth, quando niente era più importante che proteggere sua sorella. Tutti i presenti si allontanarono di almeno tre metri da lui, stipandosi da soli contro la parete opposta. Un ampio corridoio deserto separava i Capi dai due fratelli, una striscia bianca invalicabile.
Phil fece un passo in avanti, umanamente invulnerabile ad ogni sorta di maledizione contro la magia, ma la mano salda di Heim gli afferrò il braccio e lo costrinse a rimanere con lui.
Savannah si chinò su Deiry e le afferrò il mento con due dita. «Perché non racconti tutto da brava bambina? Scommetto che neanche il tuo caro papà è al corrente di ogni dettaglio...»
Le ruotò il volto verso i Capi, oltre Nehroi, mentre due lacrime le bagnavano le dita.
Osservò Goon impallidire e cercare di affrontare l'antimagia, ma era troppo per lui e rimase bloccato dov'era, i pugni che fremevano e la frustrazione dipinta a chiare pennellate sul suo viso paffuto.
«So della maledizione mentale», disse con voce roca. Al sol ricordo si sentì squarciare da un senso di agonia che raramente riusciva a seppellire. «L'ho sigillata io.»
Savannah non fu l'unica a rimanere stupita da quella frase: Heim per primo sgranò gli occhi verso il suo collega e amico, incredulo. Aprì la bocca per dire qualcosa ma non uscì alcun suono.
«Molto bene», proseguì la giovane jiin senza scoraggiarsi. «Deiry cara, sai dirmi cosa succede quando sei maledetta?», domandò con voce pungente.
La ragazza di Haffireth deglutì. «Non sei più padrone del tuo corpo, né della tua vita», esordì faticosamente. «Nella tua mente scatta qualcosa di nuovo e le priorità cambiano.»
«Nehroi», chiamò Savannah interrompendo il racconto. «Confermi?»
Il brehkisth annuì grave.
«Prosegui.»
Deiry si puntellò su un gomito e si mise un po' più dritta, sebbene la maledizione di Nehroi fosse ancora troppo vicina per poter essere sopportabile. Pianse altre due lacrime, che caddero sul marmo e lo scurirono con grossi punti. «Sai che è una punizione per qualcosa ma non puoi farci niente, cerchi solo di sfruttarla e fai molte cose, anche sbagliate... perché senti che devi fare così, la tua nuova natura te lo impone e... non puoi farci niente...»
Savannah la afferrò per i boccoli biondi e la scrollò come uno straccio. «Dì loro cosa hai fatto in questi giorni senza sigillo. Dì quali cose sbagliate la tua maledizione ti ha portata a fare», ordinò.
Deiry singhiozzò e la sua vista si appannò completamente. Strizzò le palpebre ed altre lacrime caddero sul palco, ma tutto rimase sfuocato e non cambiò nulla. «Ho...», singhiozzò ancora, più violentemente. «Ho costretto Nehroi a...», la sua voce si interruppe, ma la presa di Savannah sui suoi capelli si fece più forte. «A mettermi... incinta...»
Sebbene avesse pronunciato quelle ultime parole quasi impercettibilmente, tutti i presenti compresero benissimo e un coro di esclamazioni di vario genere aleggiò tra loro.
Savannah li osservò ad uno ad uno, constatando che l'unico non stupito era ovviamente Silar. «Vuoi proseguire tu?», gli domandò mentre apriva le dita e lasciava cadere a terra Deiry bruscamente. «Signor Gerit. Cosa ne avresti fatto tu, del bambino?»
Silar tornò a fissare il pavimento sotto lo sguardo scandalizzato di chi gli stava attorno. Olus scavalcò Chawia e si allontanò da lui come se avesse la peste.
Il futuro Capo guardò la giovane jiin in cagnesco, visibilmente irritato. «Assolutamente niente», rispose ostentando la sua solita fermezza e una certa ferocia.
Savannah tirò un angolo della bocca in su e il suo sorriso si trasformò in un ghigno. «Ma certo. Avevi altri progetti, non un figlio doppiamente maledetto ed ingestibile ma una linea di discendenza più stabile e comunque potente... tu volevi me. Non è così?»
Un silenzio tombale accolse le sue parole mentre uno scontro tra sguardi di fuoco si svolgeva tra Nehroi e Heim, poi con Goon, con Chawia e infine Nekkis. Ogni volta che qualcuno sembrava resistere un po' troppo alla maledizione, il brehkisth si spostava di qualche centimetro in avanti e li costringeva tutti ad arretrare ancora.
«Non c'era niente di male», si limitò a dire Silar come unica difesa. Non smise di lanciare occhiatacce alla ragazza, così come lei non smise di ignorarle. «Te l'ho detto, le pianificazioni coniugali non sono roba dell'altro mondo... anzi, anche tra gli umani ci sono da secoli.»
Savannah alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Risparmiaci la lezione di storia, non siamo qui per questo. Deiry, tu invece devi spiegarmi che cosa speravi di ottenere.»
Si chinò su di lei e la costrinse a rialzarsi almeno di qualche centimetro, ignorando i fiumi di lacrime che le scorrevano lungo le guance. Piantò gli occhi viola su di lei, incutendole timore. Erano freddi e cupi, privi di qualsiasi luce. «Cosa speravi di fare con un bambino in grado di manipolare le menti altrui e di respingere la magia di chiunque? E nel momento in cui sei riuscita a perdere il controllo anche solo di te stessa, come credevi di poterlo crescere come volevi? Sarebbe diventato ingestibile, un mostro contro tutte le genti...»
Deiry singhiozzò ancora e si passò i palmi delle mani sugli occhi, pulendoli dalle lacrime. «Perché parli col condizionale?», pigolò con voce spezzata.
Savannah le sorrise diabolica e la jiin rossa si sentì male.
«Qual è lo scopo di questa messinscena?», sbraitò Nekkis allo stremo delle forze. Era il più vicino a Nehroi tra tutti quanti, ma era anche madido di sudore e il suo respiro iniziava ad essere affannato.
«Tu», lo additò. «Tu ti stai rovinando una brillante carriera ancor prima di farla nascere!»
Le spalle di Nehroi sussultarono e il suo petto iniziò a tremare. La risata scoppiò lentamente ma inesorabilmente, inondando la sala e le orecchie dei presenti nell'intero palazzo. «Sul serio? Avevi creduto sul serio che potessi diventare un tuo soldatino?», esclamò ilare facendo gelare il sangue ai tre membri del corpo di guardia davanti a lui.
«Ma non capisci che così vai contro il volere del regno?», sibilò Nekkis con voce ferma e uno sguardo a dir poco infuocato.
Nehroi assottigliò lo sguardo e lo colpì con altrettanta potenza, trasformati i suoi occhi in due lame smeraldine. Brillavano di speranza e di eccitazione, ma nessuno riuscì ad accorgersene.
«Sei tu che non capisci... dovresti pensarci due volte prima di metterti contro di noi. Per proteggere la nostra famiglia siamo pronti a scontrarci con il regno e con il mondo intero.»
Savannah si alzò in piedi con imponenza e guardò verso le scale: infervorati come mai li aveva visti prima di allora, il vecchio Capo di Kyureth, Prachis Kin, e il Capo di Feinreth, Decra Algia, stavano scendendo con rapidità. Rimasero basiti vedendo la scena che comparve ai loro occhi: tutti i Capi, compreso il capo delle guardie, premuti contro una parete di fronte ad un Nehroi senza sigillo, impotenti nei confronti di una ragazza su un palco che sovrastava la figlia di un Capo come se fosse una bambina impaurita.
«Siamo al completo», commentò Savannah con un una punta di gioia nella voce. Nehroi allungò una mano verso di loro e un ramo della maledizione li prese alle spalle, costringendoli ad unirsi al gruppo.
«Stavamo giusto per spiegare ai vostri colleghi che questa non è una messinscena», disse la jiin viola con voce affabile ed ostentando un sorriso cordiale. «È una regolazione di conti.»
«Già», proseguì Nehroi, «Non ci sono piaciuti i vostri scherzetti da palloni gonfiati, così abbiamo deciso di cambiare qualche regola. Questa è la fine dei giochi, signori ospiti, e la morale della favola è che non si possono prendere in giro i Fein Anis senza assaggiarne le conseguenze.»
Nekkis ed Heim ridacchiano in contemporanea. «Credete di essere gli unici a poter passare al contrattacco?», disse il Capo di Norreth.
«Questo posto pullula di guardie», intervenne Nekkis con orgoglio. «Non potete bloccarci qui per sempre e quando la situazione uscirà dallo stallo arriveranno squadroni a...»
La voce cristallina di Savannah lo interruppe. «Oh! Per guardie intendi... quei polli che ho stordito e rinchiuso negli scantinati?», disse divertita. «Ma tu continua pure, sono sicura che troverai qualcun altro ad aiutarti... a parte la servitù di Tolakireth. Abbiamo messo fuori combattimento anche loro.»
Parecchi visi sbiancarono e i Capi vacillarono.
«Siamo previdenti», commentò infine Nehroi con un'alzata di spalle.
Heim rifletté per qualche istante sull'entità di ciò che avevano appena ammesso -era piuttosto impensabile una tale dimostrazione di potere: smisurata, completamente inosservata e sotto i loro occhi- e sentì mormorii di sbigottimento anche da parte dei suoi colleghi. Quando si riprese batté un piede a terra e richiamò l'attenzione su di sé, visibilmente alterato. «Vi abbiamo aperto tutte le porte del palazzo!», sbottò infuriato, «Vi abbiamo accolto tra noi senza se e senza ma! Vi abbiamo offerto un futuro che nessuno si sarebbe mai aspettato o sognato... perché fate questo! Noi vi abbiamo dimostrato fiducia!»
Savannah soffiò dal naso e ridacchiò tra i baffi. «Fiducia?», ripeté, «Ma se non ti fidi neanche del tuo stesso consigliere! Hai bisogno di controllarlo, di tenerlo al guinzaglio come un cagnolino, ordinandogli cosa fare e cosa non fare! Come possiamo fidarci di chi controlla i suoi più stretti collaboratori in questo modo assurdo? Minacciandoli, poi!»
Phil si morse un labbro ed abbassò lo sguardo tanto al pavimento da stare in realtà guardando la sua cravatta. Heim si voltò verso di lui con un'espressione stupita e sconvolta, con le labbra schiuse e il respiro mozzato. Anche gli altri rimasero stupefatti da quella rivelazione e spostavano increduli lo sguardo dall'umano alla jiin sul palco come se potesse dire ancora qualcosa di più shockante.
«Ops», sussurrò la giovane jiin. Questo non era previsto.
«Sei... sei controllato?», balbettò Heim, impietrito, con un filo di voce. «Guardami, Phil.»
Phil non si mosse. Abbassò ancora di più la testa, sentendo tutti i muscoli e i tendini del collo tirare fino a fargli male.
«Guardami!», tuonò il Capo, pulsante di rabbia. L'umano tremò e deglutì, ma non eseguì l'ordine. «Chi ti controlla? Dimmelo, Phil! Lavoriamo assieme da anni, perché me l'hai sempre tenuto nascosto e... perché non mi guardi? Alza gli occhi, ti prego, mostrami le tue vere iridi!»
«Non posso», sussurrò l'uomo, ombra di quel che era fino a poco prima: sicuro, padrone della situazione, abile, talvolta saggio. Tenne lo sguardo a terra come il più vile dei vermi e non disse più nulla.
Fu Goon ad interrompere quel momento di rivelazione e a riportare l'attenzione su sua figlia, ancora indebolita e rannicchiata ai piedi di un'insensibile Savannah. «Vi prego», supplicò quasi urlando, «Lasciate andare la mia bambina... vendicatevi con noi, se volete, prendete me! Prendete me!… ma lasciate lei...»
I Fein Anis non lasciarono passare neanche un istante. «No», dissero all'unisono.
Chawia fece un passo avanti, dimostrando una notevole forza fisica per resistere più degli altri alla maledizione, pur con il viso contratto. «Così è questa la vostra vendetta? Metterci in un angolino e sentirvi potenti per dieci minuti? È questa la famosa “missione” che sbandierate ai quattro venti senza dire mai in cosa consiste?», domandò con voce calma e solenne. Man mano che le parole fluivano dalle sue labbra, l'espressione tornava ad essere rilassata come sempre, con il tipico accenno di noia che caratterizzava la principessa. Abbassò lo sguardo sulle sue mani e se le rimirò distrattamente. «Come intendete regolare i vostri conti? Qualunque cosa farete sarete voi ad assaggiare le nostre conseguenze e, per quanto potenti possiate essere, noi non siamo da meno. Perderete questa stupida battaglia, anzi: vi state scavando la fossa da soli e giocate ai duri illudendovi che non sia così.»
Savannah sollevò Deiry tirandola per il vestito, poi le mise una mano sul volto e con l'altra le tenne fermo il busto. Ruotò la testa di lato, lentamente, ma senza mai staccare lo sguardo dalla sedicente principessa.
«Un paio di centimetri», disse seria. La furia verso tutto e tutti stava montando in lei così in fretta che avrebbe potuto aggredire da un momento all'altro chiunque le fosse capitato a tiro. Deiry gemette e cercò di ribellarsi, ma la magia che provò ad indirizzare verso Savannah -una raffica di lame taglienti- venne deviata dalla maledizione di Nehroi, che avvolgeva la jiin viola come un mantello, e si ritorse contro di lei. Braccia, gambe e busto divennero costellati di tagli di piccole dimensioni, i vestiti si lacerarono in tantissimi punti e si tinsero di rosso non appena la pelle iniziò ad essere lacerata in profondità.
Goon aveva gli occhi più sgranati che mai, la bocca spalancata e la faccia tonda paonazza sotto gli arruffati capelli brizzolati. Trattenne il respiro e si sentì mancare quando provò a fare un altro paio di passi in avanti, in quel corridoio intangibile che separava il brehkisth dai Capi. Cadde in ginocchio e picchiò i pugni a terra con rabbia. «Prendete me!», urlò disperato.
Erano lontane le sue moine da zio gentile e premuroso, lontani i suoi modi garbati e un po' buffi, lontana ogni apparenza inutile. Lassù, su quel palco gelido ed improvvisato, la star dello spettacolo era sua figlia, la sua bambina, l'unica cosa che gli era rimasta in tutto il mondo. Jilian era morta, crescere una bimba così piccola da solo l'aveva cambiato e reso migliore. Se lo era sempre detto, era il suo credo e non poteva perderla così, per una regolazione di conti, per una vendetta, per un'ambizione di potere che non...
Savannah gettò Deiry alle sue spalle, come una bambola, facendola sbattere contro il muro. La sua mano ancora tesa verso di lei si illuminò lievemente e lo scoppio di un'esplosione riempì l'aria in tutta la regione di Tolakireth. Le pareti tremarono e solo allora i Capi si accorsero del motivo di tanta sicurezza da parte dei due fratelli: alzarono gli occhi al soffitto marmoreo e lo videro costellato di sfere bianche di varie dimensioni, appese come lanterne e perfettamente mimetizzate.
«Bombe», sussurrò Olus un attimo prima di gettarsi su Decra per proteggerla.
I Fein Anis scattarono come lepri verso l'ingresso non appena le sfere iniziarono ad esplodere una dopo l'altra, innescate da quel colpo che aveva lasciato Deiry stordita lì sul palco, in un lago di sangue.
Il soffitto crollò blocco per blocco ed enormi pezzi di marmo iniziarono a riempire il pavimento rendendolo impercorribile. I Capi di protessero ergendo sulle loro teste un gran numero di barriere e l'unione fu la loro forza contro quella pesantissima tomba che stava per seppellirli; ne crearono anche qualcuna su Deiry, coprendola appena in tempo.
La scalinata crollò poco dopo il passaggio dei ragazzi e i due svicolarono tra i battenti dell'enorme porta d'ingresso, inclinati e presto trascinati giù dalle pareti danneggiate da altre bombe.
Savannah e Nehroi corsero come poche altre volte in vita loro, quando era particolarmente essenziale non essere beccati. I polmoni si riempivano e svuotavano velocemente, i loro ansimi impedivano qualsiasi parola inutile. Le gambe scattavano leggere e al tempo stesso pesanti tra i carri fluttuanti, arrivando al più lontano del gruppo, l'unico che dava sulla prateria sgombra e pronto alla partenza.
«Stanno scappando!», urlò Hartis da sotto la sua cupola protettiva, sommersa dalle macerie. Spostò qualche detrito e si voltò verso Kin, alla sua destra, trovandolo stranamente immobile a terra, sebbene le barriere degli altri Capi avessero protetto anche lui. «Prachis!», lo chiamò in preda al panico, «Prachis!»
Silar sentì le urla disperate del Capo di Lagireth ma era troppo lontano per correre in aiuto di suo nonno: spostate le macerie con non poca difficoltà e indebolito dall'esposizione troppo prolungata alla maledizione, era partito all'inseguimento dei due delinquenti e con lui Chawia e Heim. Olus era riuscito a proteggere Decra e il bambino che portava in grembo e stava gioendo per il successo, mentre Goon spostava pezzi di marmo su pezzi di marmo, con la magia o più spesso a mani nude, e cercava in tutti i modi di raggiungere sua figlia.
Il rumore del carro fluttuante che filava via sorvolando con un fruscio inconfondibile l'erba di Tolakireth fece realizzare a tutti quanti che ormai era troppo tardi per riuscire ad acciuffare i Fein Anis.
Heim salì su un carro e cercò di inseguirli a parità di mezzi. «Non possono farla franca!, sbraitò fuori di sé.
Diede l'ordine mentale alla Stella per avviarsi e partire, ma era priva di magia e non successe nulla.
Chawia e Silar continuarono a correre dietro ai fuggitivi, ma si fermarono a metà della prateria smeraldina, ormai troppo distanti dal carro per poterlo raggiungere; fu la loro magia a proseguire l'inseguimento.
Silar si lasciò cadere a terra e vi appoggiò con forza le mani, conficcando le unghie nel terreno mentre borbottava qualche incantesimo ad una velocità incredibile. Chawia invece analizzò l'ambiente di fronte al carro e trovò il modo di far crollare il terreno in un punto che avrebbe sorvolato poco dopo, sperando di riuscire ad affondarli e frenarli una volta per tutte.
La terra tremò e il carro vacillò. Savannah si sporse da un lato e riuscì ad immaginare un tappeto elastico appena in tempo, prima che cadessero inesorabilmente nell'abisso che Chawia aveva progettato per loro. Il carro saltò letteralmente fuori dalla voragine, come un chicco di riso, e riprese la corsa dopo aver rotolato per un po' ed essersi rimesso dritto a dispetto delle ammaccature.
Chawia imprecò quando li vide farla franca e si chinò su Silar con le mani tremanti. «Riesci a prenderli? Quanto manca?», gli domandò ansiosa e visibilmente impaziente, smessi per l'occasione i panni da perfetta e nobile principessa.
Il futuro Capo inspirò brevemente e i suoi occhi rimasero immobili per qualche istante. Le sue dita si illuminarono e la terra attorno ad esse sembrò sciogliersi come acqua, poi tornò normale. Silar chinò la testa con desolazione. «Troppo lontani, mi dispiace», mormorò affranto.
«Signor Heim, signore!», urlò un ragazzino alle loro spalle, sbucando dagli altri carri parcheggiati.
Il Capo si voltò e non seppe identificare la sensazione che provò nel vedere il custode delle vetture venire verso di lui tutto pimpante. Provò odio perché tutti i carri con cui stava provando a partire avevano Stelle scariche di magia per potersi muovere e provò sollievo nel vedere sia che il ragazzino stava bene sia il suo sorriso candido, un po' anomalo in una situazione del genere.
«Che c'è», sputò innervosito.
«Signore, sono riuscito a togliere parecchia magia dalla Stella del carro che stanno guidando!», esclamò il ragazzino con orgoglio.
Heim lo guardò corrucciato. «Sapevi quale avrebbero preso?», domandò sospettoso.
Il ragazzino annuì. «Mi avevano chiesto di caricare la Stella mentre svuotavano le altre, signore, ma li ho sabotati! Ho pensato che non fosse giusto ciò che facevano e...»
Heim avrebbe voluto dargli un bacio in fronte ma abbozzò un “bravo” e scappò all'interno di ciò che rimaneva dell'ingresso di Tolakireth, ignorando il tuffo al cuore che la vista della devastazione che in pochi minuti era stata portata lì gli provocò. La statua del Creatore di Ataklur pendeva pericolosamente verso il basso, indicando non più le vaste terre magiche ma un punto indistinto tra i fili d'erba; i suoi piedi non erano più in procinto di camminare nel mondo che aveva creato, ma di cadere inesorabilmente verso il basso.
«Nekkis!», urlò Heim ancor prima di infilarsi tra i battenti inclinati dell'ingresso. «Aner!»
Il capo delle guardie segnalò la sua posizione spostando di botto un masso enorme usando solamente la sua forza muscolare. Accanto a lui, in una nuvola di polvere biancastra, Ur era stato ferito ad una gamba da un detrito pesante che gli aveva schiacciato il femore e lo stava liberando con l'aiuto di Fazil.
«State bene?», domandò Heim in un soffio, poi scosse la testa. «Non abbiamo tempo per i soccorsi. Il carro su cui stanno scappando ha un'autonomia limitata. Se proseguono dritti arriveranno alle montagne tra Kyureth ed Eastreth ma dovrebbero fermarsi nella zona di confine, prima delle colline.»
Aner Nekkis si illuminò e un sorriso gli si allungò sul viso impolverato e stanco. «Chiamo subito i miei uomini», disse deciso mentre affidava il lavoro di soccorso al suo assistente rosso. Estrasse un rotolo di pergamena ed una matita dalla taschina interna della divisa, poi iniziò a scrivere freneticamente. Bruciò il foglio con un po' di magia e sorrise alle ceneri che svolazzavano ai suoi piedi. «Ci penseranno loro a dare a quei bastardi un caloroso bentornati.»

«La Stella è quasi esaurita!»
A Savannah si mozzò il respiro quando Nehroi esclamò improvvisamente quella frase e il suo primo pensiero fu quello di controllare gli indicatori.
Sulla vetrata frontale del carro il disegno corrispondente alla quantità di magia si stava rimpicciolendo sempre di più, inesorabilmente, e il panico le attraversò la mente come una freccia affilata.
«Piccolo bastardo...», sibilò.
Nehroi si chinò sotto la vetrata alla ricerca dello sportellino in cui si inserisce la Stella, ma era tutto perfettamente liscio.
«Si inserisce solo da fuori», gli ricordò la sorella con una nota angosciata.
«Ho solo fatto un tentativo, non possiamo fermarci a fare rifornimento!»
Savannah rimase in silenzio per qualche istante, pensierosa, e Nehroi temette di averle dato una pessima idea. «No», disse alzando le mani verso di lei. «Non lo farai.»
«Abbiamo alternative?»
«Stai seriamente pensando di ricaricarla mentre il carro è in movimento? Stiamo andando ad una velocità troppo elevata, volerai via!»
Savannah fece spallucce. «Modificherò la struttura del carro per crearmi degli appigli», disse tranquilla.
«Perché non lo fai da qui e sposti la Stella più all'interno? Così la carichi senza correre questo rischio inutile!»
«Se la sposto potrei rompere il contatto tra Stella e carro e ci fermeremmo di botto. E in quel caso sì che schizzeremmo via... tranquillo, sarà una passeggiata!»
Nehroi bofonchiò qualcosa contrariato sugli svenimenti, ma le aprì comunque una portiera. Tenne la sorella per un braccio finché non riuscì a sistemarla sulla parte anteriore del carro e un paio di volte rischiò davvero di non riuscire a tenerla abbastanza ancorata. Ad un certo punto, però, la vide aggrapparsi con una mano ad una grossa maniglia, dall'aria robusta, e Nehroi lasciò la presa con più tranquillità. Il carro fluttuava alla massima velocità ormai da dieci minuti, una velocità che solo alcuni tipi di treni al mondo potevano eguagliare, e Savannah era incollata alla vetrata occupando quasi l'intera visuale come un grande moscerino spiaccicato. Eresse una barriera per deviare l'aria che le arrivava addosso, ma si rese conto di essere troppo stanca per riuscire a fare un buon lavoro e rinunciò. Creò altre maniglie lungo tutta la carrozzeria, evitando o sfruttando le ammaccature che la costellavano, e scese con cautela verso lo sportellino che conteneva il prezioso cristallo rosso irradiato da una luce sempre più flebile. Lo divelse ed appoggiò una mano sulla pietra.
«Ci sono!», esclamò entusiasta, ma il vento rubò le sue parole e Nehroi non sentì neanche un sibilo.
Dalla mano la magia iniziò a defluire in un piccolo torrente, scivolandole da sottopelle come se lei fosse un gomitolo e qualcuno le stesse tirando fuori i fili. La pietra iniziò a riscaldarsi e la jiin si sentì sempre più debole.
Il carro riprese velocità e quando Savannah vide che la Stella era tornata ad essere abbastanza luminosa, interruppe il contatto ed iniziò a procedere lentamente indietro, cercando di rientrare nel carro senza “volare via”, come suo fratello giustamente continuava a temere.
Sentì la sua presa su una gamba e un gran sollievo le precipitò nel petto, rendendolo più leggero.
«Ce l'hai fatta», le comunicò lui con orgoglio.
«Una passeggiata, te l'ho detto», ribatté con un'espressione esausta. Con gli occhi semichiusi ed arrossati dal vento, i capelli intricati più di un cespuglio di rovi e gli arti tremanti, tese le labbra chiare in un timido sorriso e poi lasciò cadere stancamente la testa all'indietro.
Passarono pochi minuti quando videro davanti a loro un posto di blocco costituito da tre o quattro squadroni, appostati fin troppo bene per poter sembrare messi lì casualmente. «Ci aspettavano?», domandò sgomenta Savannah. «Non posso affrontarli!»
Nehroi scosse la testa e si chinò verso la vetrata anteriore. Si concentrò e diede l'ordine al carro. «Non li affronteremo», disse sicuro. Il carro aumentò ancora di velocità, con uno scossone che fece sobbalzare entrambi i fratelli, e superarono il posto di blocco come se fosse un castello di carta. Le guardie si spostarono per non essere investiti e la magia che tessero per fermarli era troppo debole e si ruppe.
Proseguirono così la loro fuga, disperatamente diretti verso le montagne più vicine.
Si fermarono appena in tempo, prima di schiantarvisi, e Savannah si avvicinò barcollante alle rocce. Le sue dita tastavano la pietra in cerca della sottile linea viola che avrebbe segnato il passaggio tra i due mondi mentre Nehroi, messo in spalla lo zaino contenente i due ritratti e i libri trafugati dalla biblioteca, recuperava la Stella rossa e gliela porgeva.
«Ha ancora un po' di magia, prendila», le suggerì. «Sei troppo stanca, non riusciresti ad aprire un portale neanche per un gatto.»
Savannah rimase in silenzio per un po', come se stesse verificando quanta ragione avesse Nehroi, poi annuì con un grugnito stanco, gli occhi fuori dalle orbite, ed appoggiò entrambe le mani sul diamante color amaranto. Era poco illuminato, ma aveva ragione il brehkisth: non avrebbe potuto concedersi il lusso di snobbare anche la più piccola forma di energia magica, non dopo aver messo a tacere decine di guardie e servitori, aver posizionato tantissime bombe, aver spostato pesanti blocchi di marmo, aver creato un robusto tappeto elastico, aver sfidato la velocità e il vento su un carro in movimento...
Mentre pensava quelle cose si sentì venir meno ma la magia cominciò a fluire in lei come un'ondata calda, simile al vento del deserto che le bruciava il viso da bambina, e si sentì sollevata. Inspirò profondamente e fu come se i polmoni potessero di nuovo respirare, freschi e liberi.
«Non è molto...», disse Nehroi.
«È abbastanza.»
Spostò le mani sulla linea viola e si concentrò. Focalizzò i pensieri sulla barriera, sul velo tra i mondi, sulla sua voglia di arrivare tra gli umani, alla loro amata casetta in Virginia. Desiderò arrivare lì e dormire per una settimana o più, coccolarsi per un po' e ricaricare le batterie usando i loro preziosi tesori nascosti in quella baita abbandonata che nessuno aveva mai scoperto...
Aprì gli occhi e le sue dita stavano già sfiorando il confine trasparente ed immateriale. Oltre, c'era un paesaggio che i due fratelli conoscevano bene.
Si presero per mano e varcarono la soglia senza esitazione, ma rimasero impietriti quando arrivarono dall'altra parte.
La loro casetta c'era ancora, era lì come sempre. Purtroppo, era anche piena zeppa di poliziotti e agenti di ogni tipo, bardati di giubbotti antiproiettile, etichettati con varie sigle, armati fino ai denti. Decine di armi puntavano minacciosamente verso di loro e Savannah sentì venir meno le forze.
Ebbe un mancamento e cadde a terra come una foglia secca, lasciando Nehroi solo, schiacciato contro una parete che ormai non era altro che nuda roccia e nel mirino di chissà quanti agenti.
«Merda.»




*-*-*-*





Questo capitolo è stato... stranamente non il più difficile che abbia scritto, avevo in mente ogni cosa da mesi e mesi e neanche mettere tutto nero su bianco è stato complicato. È il rendere ogni cosa con il giusto grado di azione, suspense, descrizione (che purtroppo qui è dovuta un po' mancare o sarebbe venuto un capitolo infinitamente infinito!), coinvolgimento, introspezione (che ha fatto un po' schifo)... no, non mi è riuscito alla perfezione. A voi forse piacerà comunque ma a me no e quindi continuerò a modificarlo dettaglio su dettaglio, finché leggendolo non mi dirò “massì, dai, può andare” con più convinzione di quanta non ne abbia ora.
Enjoy it anyway ^^
Erano decisamente troppe le cose da dire e converrete con me sul fatto che non si poteva tagliare prima! >.< Nel prossimo capitolo avremo qualche spiegazione in più, poco poco... diciamo un paio di info che potrebbero chiarire cos'è successo in questo capitolone! Ah, se vi sentite un po' confusi e sbigottiti dalla piega che hanno preso gli eventi: è ok. E' tutto ok.

Immensamente grazie alle mie donzelle che recensiscono con costanza invidiabile! :D
Alla prossima, ciao!

Shark
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Shark Attack