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Autore: nevaeh    08/05/2013    10 recensioni
Ha partecipato alle selezioni del #thegfactor indette dal #THEGAYS.
"Hoy es el día de San Jordi." sente d'un tratto. Non riesce a capire da dove venga il suono fino a quando non lo sente di nuovo, stavolta in inglese.
"Oggi è il giorno di San Giorgio." Harry si gira e lo vede. Ha gli occhi azzurri ed è abbronzato, sta seduto dietro ad una delle bancarelle di rose attaccata ad un'altra che vende libri: lì dietro c'è una bella ragazza con i capelli scuri che si fa pagare e da i soldi al ragazzo che li ripone in una cassetta di legno. Harry si accorge del suo sorriso bianchissimo in contrasto con la carnagione abbronzata, si rende conto delle labbra sottili e dei capelli curati, dei tatuaggi che ha sul braccio - lui non avrebbe mai il coraggio di farne uno. E poi sua madre lo ucciderebbe -; il colore delle iridi è così spettacolare che Harry potrebbe sospirare per ore solo ad immaginarli.
[Student!Harry, Florist!Louis, Schooltrip!AU]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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N.D.A Habìa una vez en Barcelona nasce grazie alle selezioni del #thegfactor indette dal #THEGAYS. La storia è nata proprio in Spagna il giorno di San Giorgio, l'ho scritta per lo più in Plaza de la Catalynia, corretta in motropolitana tra Camp de l'Arp e Sants Estaciò e plottata, all'inizio, su Las Ramblas e al Mercat de la Buqueria. Sicuramente non la mia storia più complessa, ma spero possiate lo stesso apprezzarla. :D

 

Note di servizio:

♥ - tutti i riferimenti a posti, vie, nomi dei negozi, fermate della metro e quant'altro sono assolutamente reali;

♥ - grazie a Francesca, che ha betato anche questo capitoletto (possiamo chiamarlo così?), ad Ari che lo ha letto in anteprima e mi ha riempita di "OMG IL FLUFF!!!!1" e a chiunque abbia letto e apprezzato le precedenti parti.

Enjoy ♥

 

Porto vecchio

“Guarda che se poi ti penti…” Louis guarda Harry divertito e un po’ preoccupato, una mano stretta nella sua mentre Paulo, un omone pieno di tatuaggi, prepara la pistola. Zayn, lì accanto, sbuffa e fa ridere Perrie.
Harry scuote la testa, si morde un labbro perché solo vedere Paulo aprire la confezione di plastica con l’ago dentro gli fa male. “Non me ne pento, ho sempre voluto fare un tatuaggio.”
“Un conto è volerlo fare, un altro è farlo davvero!”
“Ma non me lo avevi proposto tu?” Paulo si siede esattamente di fronte ad Harry, gli tira il braccio senza troppe cerimonie e lo ispeziona per qualche secondo mentre Louis sbuffa.
“Che c’entra… io voglio farlo, ma non credo che sia una buona idea.”
Perrie ridacchia comodamente seduta sulle gambe di Zayn, la sigaretta alla menta che stringe in una manina rilascia un profumo gradevole per tutta la stanza, “è un po’ tardi adesso, non credi?” fa notare a Louis, visto che Paulo ha acceso la macchinetta che fa un rumore fastidioso. Harry stringe i denti e Louis si morde un labbro soffrendo per lui, quando l’uomo comincia a marchiare la pelle bianchissima del polso.
Eppure era sembrata un’idea così divertente, quando Louis gli aveva chiesto, poche ore prima “sai cos’è un matching tattoo?”
E adesso sono in un piccolissimo negozio, Harry col polso dolorante e Louis pentito come mai in vita sua. Zayn prende un altro sorso di birra, dice “ti faranno il culo” in quel modo che ad Harry scappa addirittura da ridere per un istante.
Poi, però, se ne pente e mormora “ma perché me lo avete fatto fare sul polso?” con tono così lamentoso che Louis gli si avvicina per dargli un bacio tra i capelli.
“Sei tu che volevi farlo lì.”
Harry lancia un’occhiataccia al suo amico, poi un’altra a Louis, “ho capito, ma potevate dirmelo che faceva tanto male!”
Continua a lamentarsi per i successivi venti minuti, Paulo lavora in silenzio e nemmeno gli infastiditi “smettila di comportarti come un bambino” di Zayn sembrano calmare il ragazzo. Comunque mostra orgogliosamente il polso a Louis, un secondo prima che venga incerottato. C’è scritto in stampatello “i can’t change” e lui non potrebbe esserne più fiero.
“Perché proprio questo?” chiede curiosamente Louis mentre prende il suo posto. Paulo cambia in fretta l’ago e dopo pochi minuti è pronto a ricominciare.
Harry si stringe nelle spalle, “perché è così: in questa settimana sono stato io tutto il tempo. Con te. Questo è quello che sono e magari adesso che ce l’ho scritto addosso non me ne dimentico anche quando lo schifo diventa insostenibile a casa.”
Louis annuisce, gli sorride teneramente mentre Zayn borbotta qualcosa che fa annuire seria e che somiglia sinistramente a “Dio, sono peggio di una soap opera.”
“Cosa ti farai tatuare tu, Louis?” è la ragazza a parlare, sporgendosi un po’ verso la postazione di lavoro di Paulo: ha preso maldestramente le misure del tatuaggio di Harry e adesso sta disegnando due virgolette sul polso opposto di Louis, così che sembra facciano parte dello stesso disegno.
Harry cammina nervosamente per il locale angusto, alla fine si ferma alle spalle di Louis e gli posa le mani sulle spalle, accenna un massaggio.
“Tutto bene?” Louis volta appena la testa, gli occhi azzurri lo guardano preoccupato per un istante. Harry vorrebbe annuire e sorridergli, ma riesce solo a stringersi nelle spalle.
“Adesso ti porterai sempre dietro un pezzo di me.” mormora, sentendosi un po’ patetico.
Louis ride, annuisce, “anche tu ti porterai sempre dietro un pezzo di me.” gli ricorda. Harry si morde il labbro, perché un pezzo di lui se lo sarebbe portato anche senza dello stupido inchiostro nero sulla pelle. Louis gli è entrato dentro in modo improvviso e violento, ma non riesce a rimpiangere un solo istante dei giorni precedenti; piuttosto, sente di aver sprecato i primi, quando ancora non lo conosceva.
Quando finiscono è Louis a pagare per entrambi e anche Zayn sfoggia un disegno – assolutamente senza senso – sul petto. Entrambe le coppie escono stringendosi nei maglioni: sulla Rambla de Mar tira vento, ma l’aria è fresca e loro sono comunque troppo distratti per farci caso. La mano di Perrie sparisce completamente in quella di Zayn, i capelli viola sono legati sulla testa e indossa uno sciarpone che gli nasconde parte del viso; Harry è sicuro di non aver mai visto una ragazza così graziosa prima, ed è davvero stupito quando vede Zayn togliersi il giubbino di pelle per metterglielo sulle spalle.
Louis, intanto, sta raccontando qualcosa di divertente e senza senso che fa ridere tutti, un braccio stretto intorno al collo di Harry in maniera protettiva: nulla potrebbe essere più perfetto, perché le cose non possono andare così anche a casa? Harry non potrebbe essergli più vicino, con un braccio dietro la sua schiena e il fianco premuto contro il suo, eppure non ne ha abbastanza. Partirà in poche ore e già sente la mancanza dei suoi occhi, delle sue labbra, delle sue mani piccole e rovinate.
“A che ora avete l’aereo, domani?” chiede d’un tratto, riportando l’attenzione del ragazzo alla conversazione.
Perrie risponde “io rimango a Barcellona anche la prossima settimana” mentre Zayn, quasi contemporaneamente, dice “alle diciotto e quarantacinque.”
“E tu?” Louis lo guarda, stringe ancora di più la presa. Non si parla della partenza, e questo lo sanno entrambi. Semplicemente, non se ne parla. Perché glielo sta chiedendo, allora?
“Alle nove.”
Louis annuisce, senza pensare agli altri ragazzi preme le labbra sulla sua fronte, poi sul naso e infine sulle labbra. Una, due volte.
“Non ci pensare.” gli mormora sulle labbra “vuoi che venga a salutarti, in aereoporto?”
Zayn e Perrie si allontanano mano nella mano mentre Harry scuote la testa, lo sguardo basso. Il ponte è deserto, Louis lo trascina fino a sedersi sul bordo.
“Sei sicuro?”
“Non credo che poi potrei partire.” si limita a risponde Harry. Raccoglie le ginocchia al petto e ci poggia su il mento, Louis lo abbraccia sospirando.
“Sei la cosa più bella che mi capita da un sacco di tempo.”
Harry non risponde subito; sospira e gira appena la testa: “tu sei la cosa migliore che mi sia capitata da sempre, invece. Dove abito io non posso uscire con un ragazzo o essere così tranquillo. Qui, con te… è come se avessi vissuto in un universo parallelo.” ammette.
“Harry…” Louis chiude per un attimo gli occhi, quando li riapre costringe Harry a guardarlo attentamente. “Tu sei forte. Sei bellissimo e spiritoso, intelligente. Non c’è nulla di cui tu debba avere paura neanche a casa.”
Harry si concede un sorriso, “non ho mai detto di avere paura.”
“E poi,” Louis continua come se non fosse stato interrotto, scotendo solo la testa “devi sempre ricordarti che vai bene così. Non puoi cambiare, e non dovresti nemmeno volerlo fare.”
“Sarebbe più facile se ci fossi tu, a casa.”
Louis annuisce, sospira e gli bacia le labbra piene. “Non sai quanto vorrei poter venire con te, piccolo. Non lo sai.”
Ed Harry sta per chiederglielo, di andare con lui, ma alla fine scuote solo la testa e gli passa le braccia attorno al collo. Si accoccola al suo petto, riparandosi dal vento.
“Non voglio parlare più di questo.”
Louis sorride, gli accarezza i capelli, “e cosa vuoi fare?”
Harry ci pensa un po’ su, risponde “fingere che il tempo non esista, che rimarremo qui per sempre e che non ci siano altri luoghi oltre questo ponte.”
Louis annuisce immediatamente soffocando una risata, “possiamo almeno far cessare anche il vento?” gli chiede, con finta aria speranzosa. Harry ci riflette un paio di secondi, poi si stringe nelle spalle, “sì, credo di possa fare.” concede alla fine.
Louis lo bacia, sussurra un “grazie, allora” e torna a guardare il mare. Si riscuote solo quando sente Harry improvvisamente più pesante: si è addormentato con la testa sul suo petto e le mani sotto la maglietta per tenerle al caldo. Louis sorride e cerca di coprirlo meglio con la giacca, poi fa cenno a Zayn di avvicinarsi.

 

Sants Estació

Fanno colazione in silenzio, Harry imburra una fetta di pane tostato e poi la posa nel piattino, Zayn beve un caffè americano con gli occhi semichiusi e i gomiti sul tavolo.
"Mi accompagni a fumare?"
Harry alza la testa, annuisce mentre si alza e prende la misera colazione. Fuori fa freddo, sono le sei e mezza del mattino e loro sono appena rientrati, decidendo di andare subito in sala colazione.
"Hai finito di preparare la valigia?"
Di nuovo Harry annuisce, senza parlare.
"Sei sicuro? Hai rifatto un giro per la stanza?"
"Che cazzo, Zayn." sbotta allora Harry, sbuffando con la schiena contro il muro dell'entrata dall'hotel e le braccia incrociate al petto.
Zayn accenna un sorriso, "volevo essere d'aiuto."
"Non lo sei. Per niente." Harry è irritato perché non ha dormito per niente - se non per pochi minuti al porto -, ha fatto un tatuaggio, ha l'aereo in poche ore e odia, definitivamente, la sua vita. Pensa di essere  anche un po' patetico, poi, dal momento che si sente così legato a una persona che ha incontrato da così poco tempo.
Zayn getta il mozzicone dopo un ultimo tiro, sbadiglia, "verrà a salutarti in aeroporto?"
"Voleva venire."
"Ma?"
Harry si stringe nelle spalle e chiude gli occhi: "gli ho detto che sarebbe stato meglio di no."
"Te ne sei già pentito, vero?"
Harry annuisce soltanto, cade a sedere contro il muro e tira le ginocchia al petto. "Mi sento così patetico." ammette, un sorriso amaro sul bel volto.
"Per Louis?"
"Per come mi sento con Louis. Per come so che mi sentirò quando tornerò a casa."
Zayn si siede al suo fianco, una gamba raccolta e l'altra stesa sull'asfalto. "È così terribile dove vivi tu?"
Harry ride senza divertimento, come se Zayn avesse appena fatto una battuta nemmeno particolarmente brillante: "dove vivo io sono quello strano," comincia a spiegare "quello che non si mette con le ragazze, che non è bravo a calcio, che è sempre sbagliato, di troppo."
Zayn annuisce, cerca un'altra sigaretta nella tasca dei pantaloni e l'accende; "qui invece?"
"Qui sono stato io per la prima volta. Non sapevo come fosse, ma adesso che l'ho provato tornare alla vita di tutti i giorni mi sembra praticamente impossibile."
Rimangono in silenzio per un po', piano piano il giardino si riempie di ragazzi che hanno finito la colazione e si concedono la prima sigaretta della giornata.
"Styles." la professoressa Pereer si affaccia, lo nota e si avvicina "non ti ho visto a colazione."
"Mi sono alzato presto e l'ho già fatta, professoressa."
La donna lo soppesa con lo sguardo, non sembra troppo convinta. "Quindi se dovessi chiedere al tuo compagno di stanza lui mi risponderebbe che sei stato nel tuo letto tutta la notte."
Harry, che ha già corrotto il tipo con cui divideva la doppia con cinquanta sterline e PES 13, annuisce convinto: "può chiamarlo e chiedere anche adesso, se vuole." la sfida, in un modo in cui non sarebbe stato minimamente capace solo una settimana prima.
"Lo farò, Styles, e lo sai. Abbiamo appuntamento nella hall in dieci minuti, va a prendere le tue valigie e smettila di stare qui come un barbone." lancia un'occhiata anche a Zayn, che continua a fumare senza nemmeno guardarla e si allontana con una smorfia infastidita.
"Sembra che io debba andare."
Zayn alza lo sguardo, "sembra di sì."
"Bene." si alzano entrambi, un po' in imbarazzo, e stanno uno di fronte all'altro.
"Odio questi momenti," borbotta Zayn ridendo "ma è mio dovere dirti solo una cosa, anche se negherò fino alla morte dopo."
Harry ride, "avanti."
"Sei una bella persona, Harry, a prescindere da quello che i cazzoni di Holmes Chapel potranno mai dire. E se non l’hanno capito è solo perché sono troppo stupidi per farlo. Io ti ho conosciuto davvero, e così Louis e Perrie e posso dirtelo."
Non seguono molte altre parole poi; Harry si morde un labbro, abbassa lo sguardo per un istante e quando lo rialza sta già abbracciando Zayn. Dura tutto pochi secondi, poi rientra in hotel senza guardarsi indietro.

Sono un po' ridicoli, in ventiquattro coi trolley che fanno rumore sulle pietre della strada, mentre scendono la scala a chiocciola della stazione della metro di Camp de l'Arpa. Harry rimane in silenzio un po' lontano dal resto del gruppo, sono le otto del mattino e il treno è pieno quando salgono e i portelloni si chiudono con un tonfo. I televisori dicono "prossima fermata: San Pau" ma a lui non interessa poi tanto. Rimane in piedi, una mano stretta alla maniglia della valigia e il corpo che cerca di non sbilanciarsi quando il treno va in salita. Un suo compagno di classe lo richiama, gli chiede se voglia un pezzo di panino e lui scuote la testa senza nemmeno accennare un sorriso. La verità è che, se non fosse in mezzo a tanti sconosciuti, probabilmente scoppierebbe a piangere. È ancora a Barcellona e già sente la mancanza delle braccia di Louis, dei suoi occhi azzurri e della voce sottile quando lo prende in giro. Sta tornando a casa ed è come se si stesse svegliando da un bel sogno un attimo prima del momento migliore. Il treno si ferma per la seconda volta, il percorso luminoso sul portellone indica che sono fermi a Sagrada Familia, un po' di turisti scendono parlottando eccitati. Harry riesce a trovare un posto a sedere accanto ad una ragazza che segue con lui il corso di biologia e che non rivolge la parola a nessuno.
"È stata una bella gita." dice, però, senza guardalo in faccia.
Harry si stringe nelle spalle, pensa a Zayn e a Perrie, al tatuatore a cui aveva dovuto offrire anche una birra, a Tom e Lou e alla loro bancarella nel mercato della buqueria, a quella ragazza che sta al banco dei libri sulla Ramblas e che dovrebbe chiamarsi Eleanor, anche se non ne è troppo sicuro. "Già."
La ragazza non aggiunge altro, le porte si aprono per venti secondi a Verdaguer, si rinchiudono e il treno riparte. Harry sospira, vorrebbe soltanto scendere e correre in centro, dove sa che Louis sta tagliando gli steli alle rose e sorridendo ai turisti che passano. Vuole rivedere quel sorriso, ha già paura di non ricordarlo perfettamente e sa che è stupido, ma la pancia gli fa male lo stesso. La professoressa gli lancia un'occhiata dall'altra parte del treno, gli chiede "tutto apposto?" e lui annuisce solo mentre fermano a Diagonal e un sacco di gente esce ma ancora di più entra. Quando il treno riparte Harry si guarda attorno e odia improvvisamente tutti gli occupanti dello scompartimento: come fanno a ridere e scherzare, a guardare le fotografie e a chiacchierare come se nulla fosse? Non sentono quanto fa male? Si sistema i capelli con un gesto secco, ha caldo pressato nella calca e anche i Rayban sono troppo pesanti sul naso.
A Hospital Clinìc la professoressa si alza, fa un cenno ai suoi di prestare attenzione e avvisa che la prossima è la loro. "Non disperdetevi," si raccomanda "abbonamento alla mano."
Anche Harry si alza e si prepara per uscire, il cellulare vibra in quel momento.
"Già mi manchi x (troppo sdolcinato? LOL)"
Harry sorride e digita velocemente "decisamente troppo. (Mi manchi già anche tu .x)" mentre la vocina metallica annuncia "Sants Estaciò" e segue la massa di valigioni di stoffa per il binario.
"Sei proprio sicuro che non vuoi che venga a salutarti?"
Harry legge il messaggio sulle scale mobili, sospira appoggiandosi contro il suo trolley.
"Non più tanto, veramente .x" scrive alla fine, perché non ha senso mentirgli adesso.
"Il treno è tra venti minuti, ragazzi. Ne avete dieci per andare a prendere un caffè, ci vediamo all'ingresso dei binari alle nove e dieci. Sono stata chiara?"
La classe si esprime in un coro svogliato di assensi, contemporaneamente il telefono di Harry vibra nella sua mano.
"Meno male, perché sono dietro di te x"
Harry si gira di scatto, ha già dimenticato la sua classe e il treno e l'Inghilterra. Louis gli sta sorridendo, i pantaloni arrotolati sulle caviglie sottili e la maglia a mezze maniche che mostra i tatuaggi. È bellissimo, ed Harry non può impedire al suo stomaco di contrarsi per un istante.
"È la tua classe? Carina." lo accoglie, le braccia incrociate al petto e il sorriso sulle labbra. Harry vorrebbe allungare una mano e passargliela tra i capelli spettinati, solo la consapevolezza che probabilmente la maggior parte della classe starà guardando il ragazzo strano con lo sconosciuto lo blocca.
"Già, be'..." Harry prende fiato "sei qui."
"Sono qui."
"Ti avevo detto di non venire."
Louis ride, "e poi mi hai detto che mentivi!" gli ricorda. Rimangono un secondo in silenzio, semplicemente guardandosi.
Harry, alla fine, non riesce ad impedirsi di allungare la mano e passargliela lentamente tra i capelli; Louis, nonostante sia più grande di lui, è piccolo e delicato. Tutto, nel suo corpo e nel suo profumo e nella sua voce e nei suoi sorrisi urla “stringimi”. Ad Harry non va che solo perché una massa di ignoranti non riesca ad accettarlo lui non possa farlo veramente. Si avvicina un po', continua con la carezza.
"Vorrei darti un bacio." sussurra Louis "sei così..."
"Cosa? Ridicolo?"
L'altro scuote la testa, ancora non lo tocca. "Bellissimo e... Non voglio che tu parta." ammette alla fine, sospirando. Ed Harry non ce la fa più, perché probabilmente conosce Louis da troppo poco tempo, ma è sicuro che quello che prova per lui - di qualsiasi cosa si tratti - è grande e sincera.
Lo bacia sulla fronte, sul naso, sulle labbra, con il trolley rosso abbandonato a pochi passi e le mani sulle sue guance, quasi a volerlo tenere fermo lì per sempre. E forse è quello che vuole fare davvero.
"Tornerai?"
"Tornerò."
Louis annuisce, gli sorride e lo bacia ancora. "Sarai forte per me, a casa?" gli chiede ancora, prendendogli il polso su cui ha scritto "I can't change".
"Ti ho appena baciato davanti a tutto il mio corso, Lou." cerca di scherzare, anche se sta realizzando che, oh mio dio, adesso sarà l'inferno.
Louis sorride, lo abbraccia, "e io sono così orgoglioso di te per questo."
La professoressa comprare di fronte a lui, un bicchiere di caffè tra le mani: li guarda senza proferire parola, poi sospira e dice solo "dannazione a te, Styles." che fa ridere entrambi sotto i baffi. Un secondo dopo sta già richiamando tutti per prendere il treno.
"Mi sa che devo andare."
Louis annuisce ma non scioglie l'abbraccio. Neanche Harry lo fa.
"Farai il bravo?" gli chiede canzonatorio Louis, una mano tra i suoi riccioli.
"Io faccio sempre il bravo!"
"Non allontanarti mai dal gruppo," comincia allora ad istruirlo il più grande, ridendo. Si fa di colpo serio, poi. "Non uscire con altri ragazzi."
Harry abbassa lo sguardo "potrei farlo?" chiede retoricamente, in modo così ingenuo che Louis lo bacia ancora.
"Tu non farlo."
Harry si morde un labbro, gli occhi sono un po' lucidi quando dice "solo se tu mi aspetterai."
"Potrei non farlo?" gli fa il verso Louis, bonariamente. E poi c'è un altro bacio, un altro ancora.
"Devo andare davvero."
Louis annuisce, gli dà l'ultimo bacio; "torna presto da me.” gli dice solo, guardandolo. Harry chiude gli occhi, li riapre. Non riesce a rispondere niente ma sa che non ce n'è bisogno.
Quando è dall'altra parte del tornello per i binari si guarda indietro. Louis è lì e lo guarda. Si sorridono un secondo, poi Harry sale sul treno.

 

El Prat

La voce metallica avvisa che "siamo appena atterrati nell'aeroporto internazionale di El Prat, la temperatura esterna è di trentuno grado centigradi." e altre cose come "speriamo vi siate goduti il viaggio con Ibera" in spagnolo e poi in inglese che Harry sente distrattamente mentre mette il libro e la cuffiette dell'iPod nel bagaglio a mano. Gli fa male un orecchio - accidenti al pilota che non sa atterrare - e ha il sedere addormentato dopo un'ora e mezza di volo senza alzarsi nemmeno una volta. Sorride eccitato, però, quando le spie delle cinture si spengono e tutti si alzano in piedi per uscire. Si crea la solita confusione, Harry rimane al suo posto e ne approfitta per togliere il cellulare dalla modalità aereo: gli arrivano immediatamente due messaggi da sua madre. Il primo dice: "sei in aereo? Mi chiami quando atterri?" e il secondo "Harry rispondimi però, che mi fai stare in ansia!" e lui ride, perché sua madre è sempre la solita e gli vuole un bene da matti. Guarda un attimo fuori dal finestrino, c'è un sole bellissimo e gli addetti in divisa corrono già avanti e indietro per vuotare la pancia dell'aereo. Risponde: "come facevo col cellulare spento? Sono arrivato, ti chiamo quando metto l'altra SIM! .x" e si alza, perché ormai il corridoio è quasi deserto e le hostess stanno già mettendo a posto le cinture sui sedili per il prossimo volo. È tutto veloce, poi, mentre percorre il corridoio fino all'enorme spazio dei gate. Ci sono le vetrine di Mango con la testa a forma di palla da tennis che pubblicizzano lo sconto del 30%, i tapis roulant - Harry non ha appieno capito la loro esatta essenzialità - pieni di viaggiatori con bagagli al seguito, il primo store del Barcellona tutto blu e rosso e uno dei mille punti vendita Disegual sempre coloratissimi e zeppi di abiti strani. Non ci entrerebbe mai, riflette svogliatamente canticchiando la canzone che esce dal negozio, tutto quel viola lo inquieta un po'. Ha mal di pancia, ancora un po' all'orecchio e le ginocchia molli. Si passa una mano tra i capelli per sistemarsi il ciuffo e improvvisamente si rende conto di quanto sia ridicolo, con i jeans e la maglia a mezze maniche grigia. Probabilmente avrebbe potuto vestirsi un po' meglio, magari dovrebbe andare in bagno a lavarsi almeno le mani e il viso. Non è che puzza, tra attesa a Manchester e volo? Continua a camminare seguendo l'insegna "ritiro bagagli", però, perché è già passato troppo tempo, ci sarà tempo dopo di constatare l'effettivo odore delle due ascelle.
Lo vede già quando sta per attraversare le porte trasparenti automatiche e il cuore si ferma per un istante. I rayban a specchio penzolano dalla maglietta a mezze maniche attillata che gli fascia perfettamente il busto, indossa un paio di bermuda beige, espadrillas, capelli sparati in aria col gel.
E gli sta sorridendo.
Harry si sente un po' stupido, in effetti, perché non riesce a controllarsi e comincia a correre verso di lui, dopo un po' lascia anche andare la borsa e al diavolo che dentro c'è tutto e se gliela rubano sono problemi. Louis scoppia a ridere mentre apre le braccia, quando Harry lo raggiunge e gli butta le braccia al collo non può far altro che stringerlo forte perché sono passati quattro mesi e dio solo sa se è stato difficile, ma ce l'hanno fatta. E vaffanculo tutto.
"Sei diventato ancora più alto! Come puoi essere diventato ancora più alto?!" gli sussurra Louis nell'orecchio, ridendo forte perché così non piange e lo sanno entrambi.
Anche Harry ridacchia, si stacca dalle braccia che lo hanno intrappolato e si fissa i piedi per un istante.
"Secondo me sei tu che diventi più basso!" sorride di nuovo a Louis perché davvero, quanto è bello con la pelle scurissima e gli occhi azzurri un po' lucidi? E già si è dimenticato della maglietta che indossa e che forse è vero che puzza un po', perché gli occhi di Louis che lo guardano lo fanno sentire il ragazzo più bello del mondo.
"Mi sei mancato così tanto." gli mormora così, senza nemmeno rendersene conto, prendendo il viso di Louis tra le mani. Lo accarezza e, finalmente, lo bacia. E, wow,  quanto gli sono mancate quelle labbra che sanno sempre delle mele che ha rubato al lavoro, sottili come la sua voce, sempre umide. Harry lo bacia dolcemente, con la gente che prende le valige e chiacchiera e un po' lo guarda, ma non gliene importa. Non più.
Louis è lì e gli sta sussurrando "è come se stessi ricominciando a respirare adesso dopo quattro mesi" e lo stomaco gli si contorce. Non ci sono più le telefonate, gli sms nel cuore della notte, Skype. Harry si allontana e le labbra di Louis lo rincorrono per un nuovo bacio, questa volta a fior di labbra.
Si sorridono per un secondo, poi, hanno tre interi mesi da passare insieme come regalo per il diploma di Harry e sanno che nemmeno questa volta sarà per sempre, ma non gli interessa fino a quando possono prendere il trolley sempre troppo rovinato dal nastro e recuperare il bagaglio a mano dal pavimento.
Niente importa, fino a quando possono uscire dall'aeroporto tenendosi per mano.
Harry lo sa, quando raggiungono Las Ramblas, un'ora dopo, che ama Louis.
Barcellona non è mai stata più bella. 

   
 
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