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Autore: VahalaSly    09/05/2013    3 recensioni
"[...]Improvvisamente vidi un'ombra vicino al Platano Picchiatore; sembrava essere appena uscita dal tronco, cosa altamente improbabile. Severus sembrò vederla a sua volta, poiché si lanciò all'inseguimento. Raggiunse il Platano Picchiatore e lanciò un incantesimo, così che l'albero smettesse improvvisamente di muoversi.
Sentii letteralmente la mia mascella in caduta libera.
Prima che potesse fare anche solo un altro passo però, un'altra figura si diresse correndo verso di lui. Lo raggiunse e lo bloccò, parandoglisi davanti."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Quando alle otto il mio gatto mi saltò in grembo, faticai a resistere alla tentazione di rimettermi semplicemente a dormire.
Mi stiracchiai uscendo dalle coperte e per un attimo rimasi ad osservare le mie compagne di stanza che si preparavano per andare a colazione. Come al solito nessuna di loro sembrò prestarmi attenzione e io non potei far a meno di sentirmi sollevata.

Forse mi ero preoccupata inutilmente per ciò che era accaduto lo scorso pomeriggio. Forse il ragazzo nemmeno si ricordava più di ciò che era successo. Incrociai le dita.

Quando afferrai il mantello notai lo squarcio al posto del mio stemma serpeverde e mi tornarono in mente gli avvenimenti della notte precedente. Era difficile credere a ciò a cui avevo assistito, ma sopratutto a ciò che avevo scoperto. Uno degli studenti di Hogwarts, uno dei più tranquilli, era un dannato licantropo e Silente stesso lo copriva.

Dopo che avevo realizzato la verità sul lupo mannaro, a Potter e Black non era rimasta altra scelta che raccontarmi la verità, anche se non dubitavo avessero tenuto parecchi punti fondamentali per loro.

Remus Lupin era un licantropo da praticamente tutta la vita. Era stato infatti morso da un altro di quegli esseri quando era poco più che un infante. Il preside, Albus Silente, lo aveva tuttavia ammesso alla scuola, procurandogli un rifugio per trasformarsi, riparato dal platano picchiatore.

Potter, Black e Minus erano gli unici oltre lui a conoscere la verità, perciò avevo dovuto giurare mille volte di non riferire niente a nessuno prima che mi lasciassero andare. Ero sicura, comunque, che non si sarebbero fidati poi molto della mia parola, perciò non dubitavo che me li sarei trovati nei paraggi molto più spesso da quel momento in poi.
Non ero sicura di come riparare il mantello, perciò lo lasciai in camera e indossai la divisa di ricambio, visto che l'altra era ridotta a brandelli. Mi segnai mentalmente di cercare un libro su degli incantesimi di cucito in biblioteca quel pomeriggio.

Mi lavai velocemente i denti, presi i libri e uscii velocemente dai sotterranei, dirigendomi verso la sala da pranzo. Normalmente avrei evitato la colazione, ma il brontolio che fece il mio stomaco mi convinse a fare un'eccezione.

Mangiai velocemente, seduta all'angolo del tavolo, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno. Non mi sentivo affatto tranquilla: temevo che da un momento all'altro i miei timori si realizzassero, perciò dopo aver ingurgitato delle uova e pancetta uscii dalla sala, ignorando le occhiate che mi lanciarono i Malandrini dal tavolo dei Grifondoro.

Mi incamminai verso l'aula di Difesa contro le arti oscure, sedendomi nel banco in fondo all'aula non appena entrai nella classe. Il fortunato professore quest'anno era Crabus Lombott, un largo omino munito di capelli color carota e in mare lentiggini, che spesso delle arti oscure sembrava saperne meno di noi. Le sue lezioni però non erano male alla fine: ogni tanto riusciva anche a insegnarci qualche incantesimo di tutto rispetto.

Dividevamo questa lezione con i Tassorosso che, come al solito, non facevano altro che ciarlare tra loro, irritando tutti i serpeverde presenti, compresa la sottoscritta.

Passai tutte le due ore di lezione in uno stato di profondo dormiveglia, appuntando di tanto in tanto le poche parole della spiegazione sugli incantesimi di difesa che riuscivo a filtrare.

Quando finalmente quello strazio finì, uscii distrattamente dalla classe, diretta verso la sala da pranzo. Stavo pensando che sarebbe stato davvero meraviglioso se quel giorno ci fosse stato il pollo arrosto, quando sentii qualcuno dietro di me lanciare un incantesimo. Mi girai appena in tempo per vedere il ragazzo del pomeriggio precedente con la bacchetta puntata verso di me, poi qualcuno mi si parò davanti, utilizzando un incantesimo scudo.
Rimasero a fissarsi per qualche secondo, le bacchette puntate l'uno contro l'altro, poi il professor Lombott uscì dalla classe. I due studenti riabbassarono velocemente le bacchette, nascondendole sotto il mantello, poi il ragazzo che mi aveva attaccata girò i tacchi e si allontanò, non prima però di avermi lanciato un'occhiataccia.

Io da parte mia rimasi a fissare colui che mi aveva aiutata, incredula nel realizzare che si trattasse di Remus Lupin. In questi giorni c'era chiaramente qualcosa che non andava.

“Credo che io e te dobbiamo parlare” disse, girandosi a guardarmi.

Non riuscii a fare niente più che annuire, cercando ancora di capire cos'era appena successo.

Mi afferrò delicatamente la spalla e mi condusse attraverso un paio di corridoi, finché non raggiungemmo l'aula di trasfigurazione. “Prima le signore” disse, aprendomi la porta. Sbuffai superandolo ed entrando nella stanza.

“Allora, dimmi, è il tuo turno di minacciarmi per evitare che riveli il tuo segreto? Stai tranquillo, i tuoi amici me lo hanno fatto capire forte è chiaro. Non ne parlerò con nessuno. Non mi crederebbe nessuno, comunque.” enunciai subito, sedendomi sulla cattedra e guardandolo negli occhi.
Li analizzai, quasi cercando una traccia di quel giallo che avevo visto la sera precedente; non vi era niente del genere. Anzi... giudicai, trovandomi a pensare che erano davvero belli. Scossi la testa, cercando di scacciare il pensiero.

“In realtà sono qui per scusarmi” replicò. Cercai di capire se si stesse prendendo gioco di me, ma il tormento nella sua voce mi spinse a credere che fosse serio. “James e Sirius mi hanno riferito cos'è successo ieri sera; mi hanno detto che ti ho... ferito alla schiena. Spero non sia niente di grave...” Scossi la testa, facendo spallucce “Sono un graffio” minimizzai.

Mi fissò per un attimo, incerto, poi mi si avvicinò, tirando qualcosa fuori dalla tasca “Questa è una pozione contro i graffi dei... ehm... dei miei artigli. Mettine un paio di gocce ogni sera e nel giro di un mese dovrebbero sparire completamente.”

“Mi dispiace che non ti abbiano potuto portare da Madama Chips, se ne sarebbe già liberata” concluse, lo sguardo imbarazzato. Mi venne l'insano impulso di abbracciarlo. Ecco cosa succede a dormire solo due ore.

“Grazie. Non solo per questa...” gli dissi sincera, prendendo la pozione “Anche per prima; sei stato gentile ad aiutarmi… anche se avrei potuto cavarmela da sola” aggiunsi in fretta.

Sollevò un sopracciglio, sorridendo, ma non commentò. Rimanemmo qualche secondo in silenzio, insicuri di cosa fare, quando decisi che era inutile restare lì. Feci per salutarlo, ma lui fu più veloce di me: “Senti, questo fine settimana io e i ragazzi andiamo a prenderci una Burrobirra a Hogsmeade. Se capiti da quelle parti perché non ti unisci a noi?”.

Impiegai qualche secondo per registrare le sue parole e, quando lo feci, la prima cosa che pensai fu di aver capito male. Non c'era alcuna possibilità al mondo che Lupin mi avesse appena invitato a uscire con lui. Lui e gli altri tre broccoli, corresse con disappunto una voce nella mia testa.

“Non penso i tuoi amici ne sarebbero entusiasti” gli feci notare. Fu il suo turno di alzare le spalle. “Non vedo perché. Alla fine è anche colpa di Sirius quello che è successo; sarà la sua occasione per scusarsi.”. Lo guardai curiosa, evitando di specificare che era solo colpa di Black.

Ero tentata di rifiutare, alla fine una cosa del genere era destinata a fallire miseramente in partenza, tuttavia una parte molto piccola, sepolta molto in profondità di me, reclamava la possibilità di passare un pomeriggio in compagnia di qualcuno. Di essere, per una volta, parte di un gruppo. Mi sentii veramente patetica.

“Ci penserò su.” risposi, decidendo di tenermi aperte entrambe le possibilità. Provai ad auto convincermi che non avevo rifiutato solo per togliermelo velocemente di torno, ma non ci credetti nemmeno per un secondo.

Lui mi sorrise di nuovo, le mani infilate nelle tasche “Saremo ai Tre Manici di scopa domenica, verso le tre del pomeriggio. Ci vediamo” disse, poi uscì.

 

Il resto della settimana passò senza che nemmeno me ne accorgessi, così che domenica mattina ancora non avevo deciso se accettare l'invito oppure no. Tuttavia, quando mi svegliai quella mattina, mi preparai per uscire, maledicendomi.

Non avevo rincontrato Lupin dopo la chiacchierata nell'aula di trasfigurazione, cosa piuttosto normale considerando che eravamo di case e anni diversi, tuttavia non sapevo nemmeno io se esserne contenta o no.

Il ragazzo di Serpeverde, che finalmente ricordai chiamarsi Avery, continuava a lanciarmi occhiate poco promettenti di tanto in tanto, ma con mio estremo piacere si limitò a quelle.

Mercoledì, dopo la lezione di Astronomia, ero tornata nel bagno del secondo piano, ma Mirtilla si era rifiutata di rivolgermi la parola, ancora arrabbiata. Le promisi che sarei tornata entro il fine settimana con un regalo da Hogsmeade, cosa che immaginai le facesse piacere, poiché non se ne lamentò.

Mi ritrovai a vagare per il castello, un sacchetto con qualche galeone in tasca, sforzandomi con tutta me stessa di convincermi che sarei andata a Hogsmeade solo per prendere un libro e il regalo a Mirtilla ( che poi cosa diamine potevo comprare ad un fantasma? ) e non per incontrare i Malandrini. Alla fine presi e mi diressi verso l'uscita, mostrai velocemente l'autorizzazione a Gazza e camminai a passo svelto verso la città di maghi.

Era poco più tardi di mezzogiorno, perciò mi incamminai verso la libreria. Cercai un libro che mi ispirasse, evitando accuratamente la sezione “romantico”. Alla fine optai per un piccolo libro che raccontava di un mago avventuriero, pagai e uscii.

Fu il turno del regalo per Mirtilla, che trovai in un negozio specializzato in oggetti per esseri sovrannaturali. Era un bracciale particolare, stregato apposta per far si che non passasse attraverso i fantasmi. Ero stata tentata di prenderle uno specchio capace di riflettere i fantasmi con i loro volti da vivi, ma le mie magre finanze me lo impedirono. Me la cavai pagando il bracciale 20 zellini.

Tutto ciò non mi impedì però di ritrovarmi esattamente alle tre di fronte ai tre manici di scopa.

Rimasi un attimo incerta sulla porta, poi decisi di entrare. Ho tutto il diritto di andare a prendermi una burrobirra, giusto?

Mi richiusi velocemente la porta alle spalle, sbirciando tra i tavoli per individuare almeno uno dei brocc... Malandrini, rimanendo delusa nel constatare che non erano qui.

Ti aspettavi davvero che un Grifondoro volesse avere qualcosa a che fare con te?

Mi diressi comunque verso uno dei tavoli, decisa a non lasciarmi rovinare il pomeriggio. Mi presi la testa tra le mani e chiusi gli occhi. Chi volevo prendere in giro? Ci contavo veramente.

“Ehi, sei venuta!” esclamò una voce familiare. Sollevai di scatto la testa, sorpresa.
Remus Lupin era davanti a me, accompagnato da Black, Potter e Minus. Battei un paio di volte le palpebre, poi senza che potessi fare niente a riguardo sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso.

“Avevo sete.” spiegai, spostandomi leggermente così che si potessero sedere. Sembrarono percepire il mio invito e si accomodarono al tavolo. Lupin si sedette accanto a me, mentre Black, Potter e Minus davanti. Minus sembrava confuso, mentre Black sorrideva sornione, guardandomi divertito.

“Mi devi 10 falci James” esclamò, senza smettere di guardarmi. L'altro sbuffò, tirando fuori i soldi, mentre Lupin accanto a me scuoteva piano la testa, ridacchiando.

“Avete per caso scommesso su di me?” chiesi scettica, guardandoli torva.

“Esattamente. Io l'ho detto che saresti venuta, ma James era sicuro che non ne avresti avuto il coraggio” mi spiegò Black ridendo e dando delle pacche sulle spalle Potter. Mi sentii estremamente felice di essermi decisa ad andare.

Madama Pinch ci si avvicinò sorridendo per prendere le nostre ordinazioni, arrossendo sotto lo sguardo di Black. Non riuscii a trattenere una risatina, che venne intercettata da Potter, divertito a sua volta. Ci guardammo, per poi tornare improvvisamente entrambi seri.

Prendemmo cinque Burrobirre, che arrivarono pochi secondi dopo al nostro tavolo.

“Noi non abbiamo ancora avuto il piacere di presentarci, credo” dissi a Minus per rompere il silenzio imbarazzato che era sceso tra di noi.

“Sono Peter, Peter Minus” disse arrossendo e tendendomi la mano attraverso il tavolo. La strinsi, evitando di precisare che sapevo già il suo nome. “Elisabeth Whincester” risposi.

Presi un sorso di Burrobirra, sperando che qualcuno facesse la prossima mossa; io il mio tentativo l'avevo fatto.

Fu Lupin a prendere l'iniziativa. “Sei del quinto anno, giusto?” mi chiese, evidentemente a corto di idee a sua volta.

“Sì, quinto.” risposi, incapace di trovare un modo per allungare il discorso. Dovrebbero essere vietate dalla legge domande del genere.

“Invece la pozione, funziona?”

“Uh, si, è veramente ottima. Sono però piuttosto sicura che il gufo di una delle mie compagne di dormitorio ne abbia ingerito un po'.” riflettei “Spero sia velenosa.” borbottai poi.

Mi guardarono interdetti, incerti su come prendere la mia affermazione.
“Era una battuta.” spiegai e i loro sguardi si tranquillizzarono. Col cavolo una battuta, quel maledetto uccello è un incubo.

“Ehi, a proposito, com'è la sala comune dei Serpeverde? Me la sono sempre immaginata buia e piena di teste di serpente...” chiese curioso Potter.

“Non tanto diversa da questa descrizione. E' cupa, verdognola ed è pieno di statue di serpenti un po' dappertutto, però i mobili sono piuttosto belli. Credo ci sia addirittura un tavolo risalente ai tempi dei fondatori.”

“Sembra tu stia descrivendo Mocciosus. Senza i mobili però. ” ridacchiò Black, senza una precisa ragione. Lo ignorai.

“Non ti senti un po' a disagio a trascorrere il tempo in una stanza simile?” fu Minus a parlare questa volta.

“Mi dispiace, stai chiedendo alla persona sbagliata. In tutta la mia carriera scolastica ci avrò passato si e no 10 minuti, giusto per attraversarla e andare al mio dormitorio.”

“Credo che a me non dispiacerebbe, tutti quei serpeverde lì radunati a confabulare su Tu-Sai-Chi. Mi divertirei a dargli una lezione” disse Black. Mi irrigidì, non aspettandomi che il discorso prendesse una tale piega. Vidi Lupin lanciargli un'occhiataccia.

“Tra quei serpeverde c'è anche tuo fratello, spero che tu lo sappia” commentai gelida.

“Oh, lo so bene. Nella mia famiglia non c'è onore più grande che servire quel mostro. Speravo che mio fratello riuscisse a finire in una casa migliore, ma dovevo aspettarmelo, immagino. Sembra che io sia l'unico Black che abbia avuto la fortuna di scampare dalle grinfie di quegli esaltati.”

Continuai a fissarlo, senza sapere cosa rispondere. Mi chiesi se si rendesse almeno conto che stava parlando in questo modo della mia casa, ma realizzai che probabilmente lo stava facendo di proposito.

“Sirius adesso smettila.” sbottò Lupin, alterato.

“Perché? Lei è la prima che dovrebbe pensarlo! Le hanno reso la vita un inferno, e solo perché è una nata babbana! Se fosse capitata in un'altra casa questo non le sarebbe successo!”

In quel momento smisi di vederci per la rabbia. Prima che me ne rendessi conto, ero in piedi.

“Se fossi capitata in un'altra casa? Vi sentite così superiori ai serpeverde tutti voi, non è così? E fatemi capire, perché? Se la vostra favolosa casa avesse meno pregiudizi, forse io non mi sarei ritrovata a dover passare quattro anni a Hogwarts completamente da sola! Avete iniziato a giudicarmi nel momento stesso in cui il cappello mi ha assegnato a serpeverde! Voi condannate la mia casa perché discrimina i nati babbani, quando voi fate la stessa cosa con lei. Allora ditemi, perché io proprio non la vedo, qual è la maledetta differenza!” ero riuscita a tenere il tono di voce basso, ma ciò non mi impedii di avere il fiatone. Sentii gli occhi inumidirsi, perciò mi voltai veloce e mi allontanai, uscendo dal locale.

Non sapevo nemmeno perché me l'ero presa così tanto. Non mi importava di ciò che pensavano della mia casa, né mi era mai importato di stare da sola.

Tutto ciò che sapevo era che aver accettato l'invito era stato un errore.

“Elisabeth, aspetta!” urlò Lupin alle mie spalle. Lo ignorai, continuando ad avanzare, decisa a mettere più distanza possibile tra me e lui, che tuttavia non demorse. Dopo pochi secondi lo sentii proseguire silenzioso al mio fianco.  

  
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