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Autore: eleanor89    28/11/2007    6 recensioni
YoshinoxShikaku
«Non voglio più sentirti dire che è colpa tua.»
«Non fare finta di essere un uomo.»
[spoiler sul nome del quarto Hokage]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve!

Questa fanfiction è una prova per me, un allenamento per imparare a scrivere ShikakuxYoshino, in vista di una futura longfic, visto che ormai mi sono appassionata a queste coppie e al loro mondo, grazie anche alla fiction di Hinata-chan. Ormai il mio universo personale che li comprendere è già creato, questo è solo uno scorcio su quei due.

I nomi delle madri di Ino e Choji, ovvero Miyoko e Akiko, me li sono inventata, pur pensando bene a quali sarebbero stati adatti ai miei futuri personaggi, mentre per chi non lo sapesse Shikaku e Yoshino sono i genitori di Shikamaru, e Fugaku e Mikoto di Sasuke.

Buona lettura!

Una ragazza alta e mora dallo sguardo severo camminava velocemente per le strade di Konoha, con le mani infilate in due delle innumerevoli tasche dei suoi pantaloni e una coda alta e lunghissima che dondolava da un lato all’altro della schiena ad ogni suo scatto in avanti.

I suoi occhi scuri guizzavano da un lato all’altro della strada alla ricerca della figura familiare che cercava, mentre ogni tanto era costretta a tirare indietro nervosamente i ciuffi che le ricadevano sul viso o si scioglievano dal laccio della coda, troppo lisci per essere trattenuti.

Sempre più nervosa accelerò il passo, sentendo una goccia gelida scivolarle su una spalla. Aveva indossato soltanto una semplice canottiera nera, che invece delle maniche aveva dei lacci che le avvolgevano le braccia, e si maledisse per aver abbandonato il locale in fretta e furia lasciando indietro il giubbotto. Alzò lo sguardo verso il cielo plumbeo che prometteva pioggia, ed un'altra goccia la colpì sulla schiena, scorrendo sotto il tessuto e facendola rabbrividire; quasi per una reazione a catena il freddo si insinuò sin nelle ossa, facendo sì che cominciasse a tremare. Non che non avesse freddo sin dall’inizio, ma nella foga si era scordata anche di questo, così decise di cominciare a correre, impedendosi di pensare ad altre cause per farlo se non la voglia di scaldarsi. L’elastico cominciò a sfilarsi e lei se lo stracciò definitivamente lasciandolo cadere a terra, così che i suoi capelli sempre tirati su in una crocchia o in una coda ricadessero fino alla vita e la scaldassero come una giacca. O almeno questa era l’intenzione, se non fosse che le ciocche davanti alle spalle s’incastravano tra le braccia ed il corpo mentre correva; la tentazione di estrarre un kunai da una tasca dei pantaloni e tagliarli via almeno all’altezza delle spalle fu forte, ma resistette pensando che la sua amica Miyoko non glielo avrebbe mai perdonato, visto che ci teneva più di lei.

Inghiottendo l’orgoglio dovette ammettere che non era la possibilità che piovesse da un momento all’altro a farla preoccupare, ma che non trovando quella persona distesa come al solito sull’erba cominciava ad angosciarsi. Nel locale aveva sentito dire che il gruppo InoShikaCho era tornato dalla missione contro Suna quella mattina stessa e si era subito resa conto che qualcosa non andava. Vuoi perché Chouza avesse fame, vuoi perché Inoichi volesse farsi bello con le ragazze e in special modo Miyoko stessa, entrambi avrebbero trascinato Shikaku lì entro l’ora di pranzo, eppure nessuno li aveva visti. Nessuno aveva saputo dirle altro, e Yoshino che era la più veloce era scattata a cercare Shikaku per saperne di più, essendo lui quello con cui era più in confidenza dei tre. In quel momento però le sarebbe andato bene chiunque, purché le avesse detto che stavano tutti bene.

Si addentrò in mezzo a dei cespugli, l’ultima sua speranza, graffiandosi le braccia e maledicendo ancora una volta la sua avventatezza nel correre via a quel modo senza prendere nulla per ripararsi. Sobbalzò, vedendo infine il ragazzo che cercava: questa volta non era disteso per terra, era invece seduto con la schiena poggiata contro il tronco di un albero.

Una garza che gli copriva la tempia le impediva di vedergli il viso, ma anche a quella distanza avrebbe giurato che era macchiata di sangue; cominciò a tremare ancora di più senza rendersene conto. Doveva essere accaduto davvero qualcosa se si trovava da solo in quel luogo e se non si era ancora fatto curare.

Riprese a muoversi, stavolta lentamente, cercando di evitare di mostrarsi preoccupata, accortezza inutile poiché lui perso nei propri pensieri non la sentì arrivare, o almeno non ne diede segno.

Da quando lo aveva conosciuto non avevano fatto altro che litigare, o meglio: Yoshino gli urlava contro, lo colpiva occasionalmente, gli dava ordini e gli lanciava frecciatine; Shikaku in genere si limitava a subire indifferente e alle volte a provocarla sebbene involontariamente, accorgendosi di essere stato insensibilmente schietto solo quando vedeva gli occhi della ragazza lampeggiare, oppure la stuzzicava quando la trovava poco reattiva o triste e fuggiva via quando una volta esagerato rischiava di farsi picchiare da lei. Il loro rapporto non era comprensibile agli occhi degli estranei, ma i loro amici sapevano bene che quel continuo litigare era il loro modo di dimostrarsi affetto.

E infatti ora la ragazza si angosciava, temendo di guardare il viso del ragazzo e trovarlo devastato, non perché le ferite la impressionassero ma perché non avrebbe saputo come consolarlo, lei che era così impedita in quelle situazioni.

«Shikaku?» azzardò, chinandosi sull’erba bagnata. Toccandola si rese conto che aveva cominciato a piovere e proprio come lui trovò rifugio sotto la chioma dell’albero poggiando la schiena contro il tronco e piegando le gambe contro il petto. Capì solo allora di essere rimasta a guardarlo più a lungo di quanto pensasse, senza accorgersi di essersi inzuppata di pioggia.

«Yoshino, vattene.» sillabò il ragazzo, più cupo del solito. Era furibondo e non aveva intenzione di sfogarsi su di lei, ma si rese conto subito che con una frase del genere rischiava non solo di aizzarla allo scontro fisico ma anche di cominciare una litigata che in quelle condizioni avrebbe distrutto il loro rapporto. «Non voglio parlare ora.» aggiunse per rabbonirla.

Con sua grande sorpresa la ragazza rimase in silenzio accanto a lui.

«Non ce l’ho con te.» specificò perplesso.

«Non me ne vado perché piove e sono già fradicia, mi manca solo un'altra corsa e prenderò una polmonite.» spiegò lei irritata. Shikaku non si voltò a guardarla come aveva sperato mostrandole il lato del viso coperto dalla benda, ma piegando il busto in avanti si sfilò il giubbotto da jonin che teneva sulle spalle e glielo porse allungando un braccio.

«Visto che resti qui, copriti almeno con questo.» le disse soltanto. Quel gesto non era da lui, e Yoshino si preoccupò ulteriormente.

«Mi dici cos’è successo? O almeno dove sono… dove sono gli altri due?» chiese incerta. Notò i pugni del ragazzo stringersi e temette il peggio.

«Inoichi è ricoverato all’ospedale, è ferito al petto ma non grave. Chouza gli fa compagnia.» rispose a denti stretti Shikaku.

Yoshino sospirò di sollievo, poi tornò seria. «Va bene. E tu come stai?» chiese, reprimendo la domanda che voleva fargli su cosa le stesse nascondendo.

«Tutto bene.»

«Vedo.»

«È solo un graffio.»

«Shika…» stavolta il tono di lei si addolcì, mentre con una mano gli voltava delicatamente il viso e si spostava di fronte a lui.

Contemporaneamente notò sia l’espressione distrutta del ragazzo, sia dell’entità della ferita che si intravedeva sotto la garza e che fortunatamente sembrava non toccare l’occhio. «Allora? Cosa mi nascondi?» domandò con la stessa dolcezza.

Shikaku la guardò sorpreso, cercando in quella ragazza dall’aria delicata qualche traccia della strega che conosceva. Spinto dal calore di quella mano sul suo viso decisa di tentare di aprirsi con lei, ancora meravigliato da quella dolcezza e dal fatto che non si fosse ancora spostata; si accorse anche che la vedeva per la prima volta coi capelli sciolti che, a dispetto di come gli sembravano sempre legati in una crocchia, erano davvero lunghissimi, e per di più di quanto gli apparisse seducente in quel momento, e con sgomento analizzò il pensiero “È proprio il mio tipo, così.”, che gli era balzato alla testa.

«Questa ferita poi, l’hai fatta controllare?» chiese ancora la ragazza, interrompendo gli improperi mentali che si stava lanciando Shikaku.

«Non ancora, mi hanno sfregiato, dannazione! Scommetto che la cicatrice non andrà più via, che palle…» sbottò il ragazzo, prima con tutta l’energia che stava usando per scacciare quei pensieri sbagliati e poi con il solito tono annoiato.

Yoshino incrociò le braccia e afferrò i lembi del giubbotto per coprirsi ulteriormente, rabbrividendo per il freddo e lasciando andare così il viso di Shikaku. Neppure lei sapeva da dove venisse quell’atteggiamento comprensivo, in genere lo usava soltanto coi bambini o con gli animali, quando era certa di non essere osservata. Ma alla vista dello sguardo di Shikaku così ridotto non era riuscita a trattenersi.

«Almeno avrai un’aria vissuta.»

Shikaku la guardò sarcastico, e lei sospirò ancora.

«Dimmi cos’è successo. Stavolta è un ordine, o approfitterò delle tue ferite per ammazzarti di botte.» dichiarò.

«E se ti dicessi che quel coglione si è ferito solo per salvare me che ero distratto?» l’aggredì improvvisamente, «E se ti dicessi che ero distratto perché come al solito stavamo litigando e stavolta ho esagerato e l’ho ferito sul serio? Me ne sono accorto ma sono stato zitto, e poi è successo il casino, e rischiavo di vederlo morire senza avergli neanche chiesto scusa, addirittura per salvare me… bella merda…» come si aspettava Yoshino lo guardò ad occhi spalancati. Ciò che non si aspettava era che gli ponesse una mano sulla spalla, con aria scettica.

«Come hai fatto a ferire uno come Inoichi a parole, scusa?»

«Gli ho detto che se non è ancora diventato jonin è solo perché pensa troppo alle ragazze e troppo poco ad allenarsi, e che il capovolgimento spirituale funziona solo se ci sono io, da solo è inutile e quindi avrebbe dovuto allenarsi di più anche in altre tecniche.»

Yoshino parve perplessa. «Ma non glielo dici sempre?»

«Il tono di voce è cambiato. Stavolta ero incazzato sul serio.»

«E perché eri incazzato?» domandò lei.

“Ovvio che me lo avrebbe chiesto.” pensò lui dandosi ancora una volta dell’idiota.

«Non sarà…» cominciò Yoshino, con un lampo di comprensione.

«Non dirlo.» la bloccò imbarazzato.

«… la nostra discussione.» concluse lei.

Prima che Shikaku partisse avevano litigato come sempre, però per la prima volta non si erano neppure salutati. Quindi anche se nessuno li aveva presi particolarmente sul serio, non era sfuggito che Yoshino non si fosse presentata la mattina alle porte di Konoha con le altre e il ragazzo sin dall’inizio sarebbe voluto tornare indietro per chiarire.

La ragazza s’incupì, intuendo parte dei suoi pensieri.

«Yoshino?»

«L’unico motivo per cui non sono venuta a salutarti è che mi sentivo male. Non sono riuscita ad alzarmi dal letto per la febbre. E anche quando abbiamo litigato ero così nervosa per colpa del mal di testa, perché ero malata.» spiegò tetra.

«Va bene.» accettò inquietato. .

«No, non va bene lo contraddisse lei, incrociando le braccia e guardando da un'altra parte.

«Yoshino?» si trovò a ripetere per la seconda volta nel giro di un minuto.

“Lo sfregio è stato colpa mia... se era distratto è stata colpa mia, quindi anche per Inoichi è stata colpa mia…” rifletté la ragazza, guardando la pioggia continuare a cadere. Sarebbe bastato che il vento cambiasse appena per venire inzuppata di nuovo.

«Stai tremando per il freddo, avvicinati a me.» la chiamò ancora il ragazzo tirandola per un braccio. Non era particolarmente vigliacco, ma dovette dar fondo a tutto il suo coraggio per compiere un’azione simile. Nessuno si prendeva tanta confidenza con quella ragazza, se non le sue amiche.

I loro sguardi s’incontrarono, ma Yoshino gli sfuggì subito, abbassando il capo e tornando a sedersi di fianco a lui.

«Dimmi a cosa stai pensando, ragazza strana. Ti conosco, e se non mi picchi dopo una cosa del genere devi stare davvero male per qualcosa.»

«…Io… Ragazza strana?!»

«Beh… lo sei. » rispose semplicemente lui.

«Ha parlato…» ironizzò lei. «E comunque penso solo che ho freddo.» mentì.

Entrambi rivolsero la loro attenzione alla pioggia, che sembrava cominciasse a diminuire.

«Non ho avuto il coraggio di andare con loro in ospedale. Ci metterei una mano sul fuoco, Inoichi non ha neanche capito cosa non andava, stava già facendo l’idiota come sempre, eppure…» confessò infine il ragazzo, stringendo un ciuffo d’erba con forza.

«Se è successo tutto questo era perché eri distratto per colpa di un’altra persona, vorrei ricordarti.» ribatté Yoshino.

Shikaku si voltò di scatto a guardarla, comprendendo solo allora che si stava addossando tutte le colpe per ciò che le aveva detto. “E meno male che è Inoichi l’idiota…”

«Vorrei ricordarti che in missione non sono ammessi pensieri che vanno oltre la missione stessa. È stata colpa mia. E se non fossi così vigliacco almeno gli avrei chiesto scusa.»

«Non sei un vigliacco.» borbottò Yoshino.

«Come dici scusa?» si meravigliò Shikaku.

«Ho detto…» ricominciò lei, stavolta voltando il viso per guardarlo negli occhi, «…che non sei un vigliacco.»

«Allora troppo orgoglioso. Quello che ti pare. Francamente a volte mi chiedo chi ve lo faccia fare di starmi attorno, è chiaro che io non sono fatto per stare in mezzo alla gente. Anche tu, cosa ci fai qui? Sai benissimo che finirò per innervosirti, anzi peggio, oggi ti ho addirittura depressa… è meglio se mi lasciate solo tutti quanti.» si sfogò il jonin, pensieri maturati riflettendo in quel luogo da quando era tornato a Konoha, ancora scosso per via dell’agguato. Sapeva già da se che stare da soli per delle ore in quelle situazioni poteva generare cattivi pensieri, ma si era reso conto che tolti i suoi due compagni di squadra non sapeva dove andare, e maggiormente amareggiato si era diretto nel suo nascondiglio preferito, dove i superiori non lo potevano trovare facilmente.

La risposta che gli diede Yoshino però, bastò per cancellare ore di recriminazioni e ragionamenti come un colpo di spugna.

«A me va bene così. A me piaci così come sei.»

Per qualche minuto si udì soltanto il rumore leggero della pioggia, mentre entrambi pensavano a quella frase con fare quasi ossessivo.

Yoshino si fece coraggio, incrociando le braccia sulle ginocchia e poggiandoci il viso. «Penso che… anche ad Inoichi e Chouza tu piaccia così come sei, no? Sei duro con te stesso solo perché sei rimasto qui’ da solo troppo tempo, ne sono sicura. Saresti dovuto venire da noi, io ero… noi eravamo preoccupate per voi. Non sapevamo cosa fosse successo, abbiamo saputo soltanto poco fa che siete tornati stamattina e nessuno ci ha saputo dire nulla. Io mi ero anche scordata di aver litigato con te, stupido. Saresti dovuto venire da noi e dirci tutto. Ti avrei fatto compagnia almeno. Non che io sai meglio di te nei rapporti umani, figuriamoci. Anzi, sono molto peggio, e infatti ci sono persone che hanno addirittura paura di me. Però ho sempre pensato che tra noi non ci sarebbe stato bisogno di specificare sempre le cose, che fosse ovvio che le nostre discussioni non fossero serie. Se non è così, specificherò ora.»

Shikaku la guardava come se fosse la prima volta in cui lo faceva davvero, ascoltandola con attenzione, e quando lei ricambiò lo sguardo, sussultò.

«Secondo me tu sei un bravo ragazzo. Ti prendo sempre in giro perché sei pigro, è vero, ma lo faccio solo perché ci tengo a te e non voglio che ti accada nulla. Non è per questo che tu hai sgridato Inoichi? Si, vero? Quindi hai fatto la cosa giusta, e Inoichi lo sa, sa anche che eri arrabbiato a causa mia, ecco perché di sicuro ha già scordato tutto. Perciò non devi prenderti colpe, devi solo non distrarti più in missione. E io magari eviterò di darti da pensare prima di partire, come avrei dovuto fare prima.» gli disse, arrossendo tantissimo poiché non era affatto abituata a certi discorsi. Appena terminato di parlare nascose il viso in fiamme contro le braccia, lasciando che i capelli la coprissero e mormorando un’offesa incomprensibile contro di lui e la sua ottusità.

«Non posso credere che sia stata tu a dirmi una cosa del genere.»

«Siamo in due.»

«Ammetterai che non è normale.»

«Certo che no. Ho parlato come una ragazza.» gli fece notare lei, tornando finalmente a sollevare la testa.

Shikaku sghignazzò chinando il capo a sua volta. Yoshino lo guardò stupita, poi si fece maliziosa.

Se vogliamo, tutto il suo autocontrollo già precario andò a farsi benedire.

«Hai riso. Shikaku Nara ha riso…» cominciò estatica.

«Ridacchiato se proprio dobbiamo…» precisò lui.

«Fammi vedere come sorridi allora! Voglio un sorriso, per dirmi che sei tornato tranquillo!»

«Le parole non bastano?» chiese, sapendo già che era una domanda superflua.

«Non da sole!» rispose infatti subito lei, strattonandolo per un braccio.

«Dammi tregua…»

«Nooo! Fa un sorriso alla zietta, Shicchan!» lo scosse lei.

«Ma che zietta se sono più grande di t… Shi-cosa?!»

«Shicchan!» ripeté lei con convinzione, simile ad una bambina.

E fu così che anche l’autocontrollo di Shikaku andò in pezzi, mentre il ragazzo scoppiava a ridere finalmente rilassato.

Non sapeva come, ma mentre si trovava a ridere lì con lei, la persona che in genere lo debilitava psicologicamente più di chiunque altro, lo faceva sentire sereno come non mai.

Si chiese da quando gli importasse tanto di lei.

Ed ebbe paura di rispondersi.

«Ora però andiamo, tu devi farti visitare e le altre mi staranno cercando come pazze.» disse infine Yoshino, quando entrambi si furono sfogati abbastanza.

«Non mi ero accorto che avesse smesso di piovere.» notò il ragazzo, tirandosi in piedi.

Yoshino fece per restituirgli la giacca, ma lui la bloccò.

«C’è ancora freddo, e tu sei vestita leggera.» disse con un’occhiata critica.

«Grazie tante, sono scappata a cercarti subito.» rispose piccata, tradendosi e mordendosi subito la lingua.

«Oh.» fece soltanto lui, imprimendo il quel monosillabo un’eccessiva dose di compiacimento.

«Ricominciamo a litigare?» lo sfidò.

«Prima accompagnami all’ospedale. Così incontrerò subito anche quello»

«Sissignore…» si rassegnò la ragazza, tirandolo nuovamente con uno strattone potentissimo.

“È davvero una ragazza?” pensò allibito, notando solo allora che si tenevano per mano. Arrossì istantaneamente, pur non sottraendosi a quel contatto.

«… comunque non ti preoccupare per la cicatrice, ti darà l’aria da uomo vissuto.» stava dicendo lei.

«Ah si?» fece poco convinto. Non gli dispiaceva neppure più tanto averla, visto che grazie a quel guaio aveva scoperto quel lato nascosto di Yoshino.

Forse era giunto il momento di ringraziarla, del resto era un uomo.

Più o meno.

«Yocchan…» la chiamò ironicamente, prendendo spunto dallo sfottersi di poco prima.

Lei gli rivolse un’occhiata pur continuando a camminare davanti a lui tirandolo per una mano.

«Scherzi a parte… » fu subito interrotto da lei che scosse la testa.

«Non dire niente, è stata colpa mia.»

Lui si fermò di scatto, impuntandosi coi piedi e facendo sì che si bloccasse anche lei. Yoshino si voltò sorpresa.

«Non voglio più sentirti dire che è colpa tua.»

«Non fare finta di essere un uomo.» ribatté contro il suo tono perentorio la ragazza. Shikaku fu tentato di drammatizzare come Inoichi e spostarsi nel primo angolo buio della strada a fare cerchi per terra. «Comunque sia diciamo che è colpa di entrambi e basta.» gli concesse.

«Va bene allora. E comunque sia, grazie.» confermò lui, con un sorriso. Yoshino sentì il proprio cuore accelerare e tornò a voltarsi per riprendere il cammino.

«E questa tregua è solo momentanea, da domani non sarò così gentile. Sia chiaro.» specificò imbarazzata.

Shikaku intuì quanto poco fosse abituata alla riconoscenza, e percepì parte della solitudine della ragazza, che si nascondeva dietro il muro che lei stessa si era creata, nato dal suo carattere forte e dalle incomprensioni con gli altri.

Anni che la conosceva, e in un giorno solo aveva buttato all’aria tutte le sue certezze.

Era certo che a Yoshino non sarebbe mai importato nulla di nessuno, tantomeno della sua opinione, invece si rese conto finalmente che era anche lei un essere umano, e come tale poteva essere ferita dalle sue parole o al contrario resa felice. Di certo Yoshino sapeva che era considerata senza cuore e fingeva non le importasse, ma tutte le volte in cui qualcuno aveva bisogno di lei, era sempre stata lì.

«Sei una bella persona anche tu… e approfittando di questa tregua che come sottolinei tu è momentanea, ti faccio sapere che qualunque cosa ti serva, anche tu puoi venire da me.»

Intravide il profilo della ragazza seminascosto dai capelli mentre questa voltava appena la testa per dare segno di averlo sentito, troppo colpita per poter rispondere qualsiasi cosa.

“Probabilmente avrà bisogno di un po’ di tempo per assimilare quello che ho detto, e conoscendola mi risponderà all’improvviso senza spiegarmi nulla prima o poi…”

Qualche minuto dopo incrociarono le amiche di Yoshino che la cercavano freneticamente, e che salutarono Shikaku festose e sollevate.

«Inoichi è in ospedale? Quel cretino deficiente idiota stupido maniaco mi sentirà!» sbottò Miyoko furibonda, sorpassando tutti non appena le diedero notizie.

«Miyo-chan…» mormorò Akiko allungando una mano verso di lei, come a sfiorare quella che ormai era soltanto una chioma bionda lontana. Era felice che Chouza, per cui ormai aveva una cotta leggendaria, stesse bene, ma dubitava che sarebbe rimasto in piedi qualcosa in quell’ospedale se Miyoko ci si fosse scagliata contro.

«Immagino che… non riuscirai più a vedere i tuoi compagni di squadra…» sospirò Yoshino.

«Che palle… dovrò studiare un nuovo schema d’attacco per me da solo…»

Yoshino captò lo sguardo di Akiko parecchio gongolante indirizzato alle loro mani che ancora si stringevano, e lasciò andare di scatto Shikaku per cominciare a correre.

«Io tento di calmarla!» li avvertì già lontana.

I due rimasti si fissarono.

«Quella donna non la capisco…» commentò asciutto Shikaku.

«Però è fantastica, non trovi?» sorrise l’altra.

Shikaku non se la sentì di rispondere.

«Mammalucco.»

«Miyo-chan…» si lamentò il ferito.

«Ringrazia che l’ho calmata, oppure ora saresti di nuovo in terapia intensiva…» lo informò Yoshino incrociando le braccia.

«Ti sembra il caso di distrarti in missione?!» lo rimproverò aspramente l’altra, mentre gli amici stavano a debita distanza.

«È colpa di Shikaku!» si lagnò Inoichi, indicando il moro accanto alla porta, «Era lui distratto! Io l’ho salvato! Io sono l’eroe!»

Shikaku sentì una vena pulsare sulla propria tempia più del dovuto. Non solo Inoichi l’aveva accolto come un cagnolino che ritrova il proprio padrone perduto, segno che aveva scordato veramente il litigio, ma ora gli addossava con tutta tranquillità ogni colpa per farsi bello agli occhi di Miyoko, che non era neppure una delle sue innumerevoli fidanzate.

«Che t’avevo detto?» disse ovviamente Yoshino tornando accanto a lui.

Il jonin non rispose, prendendo la sedia per portarla accanto al letto dell’amico e sedendocisi a cavalcioni con le braccia poggiate sullo schienale.

«E l’occhio?» si premurò di chiedere Chouza.

«Tutto bene. Lo sfregio mi piace meno, ma si sa: gli uomini sfregiati sono sicuramente i più affascinanti.»

Inoichi lo guardò sbalordito mentre Chouza approvava con convinzione, sebbene quello non fosse il solito modo di ragionare di Shikaku.

«Sono d’accordo!» proclamò Miyoko.

«Allora guarda me!» la chiamò Inoichi indicandosi il petto.

«Sei impossibile…» si lamentò Chouza.

«Vado a prendere qualcosa da mettere sotto i denti… ma… Yoshino-chan, il giubbotto?» chiese Akiko.

«Scordato al locale. Torno là. Inoichi, ti passo a trovare domani, dopo aver spiegato agli altri come hai fatto l’eroe…» ghignò Yoshino.

«Non dirlo anche a quella persona… non farlo perché mi sfotterebbe a vita…»

Entrambi pensarono a Fugaku Uchiha, che non aveva mai preso bene le premure di Inoichi verso la ora fidanzata Mikoto.

«Basterà avvertire Minato e sarà presto sulla bocca di tutti…» sospirò Shikaku tornando ad alzarsi.

«E tu dove vai?» chiese subito Miyoko.

Shikaku volse lo sguardo verso Yoshino, che alzò le spalle.

«Non ce n’è bisogno, posso andare da sola! E anche voi, andate a farvi un giro, tanto questi due devono parlare…»

«Strega.» asserì soltanto Shikaku, che aveva già in mente di lasciar perdere le proprie scuse.

«Di che?» si stupì Inoichi.

Yoshino fece qualche passo avanti, tornando verso Shikaku.

«Ehm… strega nel senso che…» cominciò spaventato.

«Comunque grazie anche a te, per quello» disse lei, chinandosi verso di lui e scoccandogli un bacio sulla guancia. Shikaku sgranò gli occhi, ringraziando di essere ancora poggiato alla sedia. Anche gli altri restarono basiti, mentre lei con un sorriso si allontanava salutando.

Con una scusa tutti sparirono dietro di lei, per tentare di capirci qualcosa, mentre Shikaku fissava apparentemente un angolo della stanza con interesse.

«Magari… quello che mi dovevi dire, me lo dici dopo, che ne pensi?» suggerì l’amico già in difficoltà.

Shikaku non smise di fissare il muro.

«Le parole non bastano?»

«Non da sole!»

«Sono felice che la pensi così…»

«Eh?»

«Eh?»

«Eh cosa?»

«Eh cosa cosa

«…Ecco perché siamo diventati amici. Una bella ragazza e siamo dementi uguali.»

«È sempre un piacere parlare con te, Inoichi.»

«Anche per me. Intanto quelle due noi ce le sposeremo, vedrai.»

«Il giorno in cui sposerò Yoshino, Minato sarà Hokage.»

«Scommettiamo?»



Ovviamente Inoichi ha vinto di brutto XDDD

La storia ruotava più che altro sulla cicatrice di Shikaku, che mi stuzzica molto la fantasia…

Questo è un periodo di stress pauroso, ormai mi sfogo solo così, ma mi riprometto di migliorare, visto che ho la spaventosa sensazione di essere regredita nel mio modo di scrivere…

Nonostante non sia una meraviglia, la dedico a Recchan, ad Akami e ad Hinata-chan! Vi voglio bene sorelle!!!

(ci starebbe un bel “BELLAAAAA!!!” stile Scary Movie qui XD)

Spero vi sia piaciuta, alla prossima!

   
 
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