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Autore: Kumiko_Walker    11/05/2013    4 recensioni
Tyki ed Allen, a causa di una Innocence, si ritrovano nel mondo Reale.
Ad ospitarli sarà una quindicenne italo-giapponese, amante di D.Gray-Man e della coppia Poker.
Riusciranno i due a tornare nel loro mondo ancora sani di mente?
[Ci saranno molti nuovi personaggi] [Probabili Spoiler!]
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Nuovo personaggio, Tyki Mikk
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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In The Real World

Capitolo 9: Mille Maschere

 

Hanabi si svegliò prima che la sveglia suonasse e decise di far dormire quei due che sembravano sfiniti dal lavoro del loro primo giorno da bidelli. Andò in bagno, scompigliandosi leggermente i capelli neri, lavandosi la faccia per cercare di svegliarsi.

Il suo sguardo si posò sul polso destro, con ancora incisi i lividi della sera prima. Non posso farli vedere, pensò con un ringhiò. Ma perché tutte a lei? Non era il momento per stare lì a pensare a quel sogno fin troppo reale per i suoi gusti, quindi lavò quei segni con sapone e strofinò bene, ma nulla, erano sempre lì.

- Fanculo - sibilò, uscendo e cercando di non sbattere la porta, con una vena pulsante sulla tempia e pronta a scoppiare da un momento all’altro. Ma perché solo lei faceva quei sogni bizzarri?! Erano perfino peggio della fine del mondo sognata da Lenalee e da Allen.

Hanabi prese un bel respiro e si intrufolò nella stanza di Ichigo che stava ancora dormendo e cercò tra le sue cose, per poi trovare quello che voleva: un polsino nero abbastanza lungo da nasconderle tutti i lividi. Non è molto, ma per il momento dovrebbe funzionare, pensò mettendoselo e andandosene dalla camera del fratello per paura di svegliarlo, il quale poteva fare molta paura appena sveglio e lei non voleva assolutamente essere rincorsa per mezza casa la mattina presto, non perché non la divertisse, ma per il semplice fatto che in quel momento non era nelle condizioni mentali necessarie per una partita a rincorrersi con Ichigo.

Ritornò in camera ed accese la luce, accecando sia Tyki che Allen, che dissero qualcosa di incomprensibile ed aprirono gli occhi. Hana semplicemente li ignorò ed andò a spegnere la sveglia prima che questa suonasse come un’ossessa. Non importava quanto tempo era passato, il suo suono le dava un fastidio allucinante, l’avrebbe spaccata contro al muro (infatti una volta era successa una cosa del genere e sua madre l’aveva rincorsa per tutta la casa con una scopa in mano… non erano bei ricordi…).

L’albino sbadigliò e si strofinò le palpebre, mentre il moro si grattava la testa con i capelli che erano tutti scompigliati e lo faceva apparire come un barbone senza nulla di sexy. Si vedeva proprio che faceva una doppia vita, il caro Sir Tyki Mikk.

Appena uscì dalla stanza, Hanabi si scontrò con Ichigo e questo diede molto fastidio al suo naso, che strofinò per la botta subita contro il torace d’acciaio del fratello maggiore.

- Tieni, te li sono andati a comprare ieri - disse lui mettendole tra le mani una ventina di biglietti dell’autobus - sono per te e per quei due… a parte, fin quanto hanno intenzione di stare a scroccare a casa nostra? - chiese lui, alzando un sopracciglio mentre osservava come Tyki si metteva i pantaloni neri dopo aver potuto ammirare i suoi boxer giallo fosforescente.

- Hanno ottenuto un lavoro alla mia scuola… non scroccano mica… no, aspetta, cancella l’ultima parte - rifletté Hanabi, per poi spingere via il fratello che era intenzionato a chiederle un botto di cose. Ichigo stava diventando troppo pericoloso, bisognava tenerlo assolutamente a distanza dai manga e dalla sua camera, altrimenti sarebbe saltato fuori un casino!

La ragazza andò in cucina a preparare la colazione: pane e marmellata di fragole, ovviamente ne preparò molti, tanto Allen avrebbe mangiato tutto quello che si avanzava.

Come se fosse posseduto da qualcosa, l’albino entrò nella cucina e prese un pezzo di pane, mangiandolo in meno di due secondi, mormorando un “buongiorno” impastato. Hana gli tirò sulla mano il coltello (ovviamente dalla parte che non tagliava, avere un ferito in casa era l‘ultima cosa che desiderava).

- Vai a tavola, quando finisco potrai mangiarne ancora - disse, ignorando le lamentele del ragazzo che alla fine si arrese e si trascinò su una sedia come se fosse uno zombie appena uscito dalla tomba.

Dopo un po’ di minuti, Hanabi portò una valanga di fette pane con diversi tipi di marmellata sul tavolo (perché quella alle fragole ad un certo punto l’aveva finita, per questo aveva messo sottosopra la credenza per cercare dell‘altro). I tre mangiarono in silenzio perché erano tutti mezzi addormentati ed odiavano parlare la mattina presto, soprattutto farsi delle domande a vicenda.

Quando Allen prese l’ennesima fetta, le venne rubata da una mano e subito fulminò con gli occhi il colpevole di tale atto, che però si rivelò essere un punk con a disposizione un’occhiata assassina capace di uccidere anche uno yakuza quindi l’Esorcista stette zitto.

- Calmati, ragazzino, ce ne sono ancora - disse Ichigo con la cresta che gli cadeva dalla parte sinistra del viso, ed addentava la colazione, facendo la linguaccia ad Allen. A quanto pare non gli stava ancora bene che il ragazzo si fosse “fidanzato” con la sorella.

- Questa me la lego al dito - sussurrò l’albino, bevendo del succo d’arancia. Hana e Tyki stavano per scoppiare a ridere ma si trattennero, dandosi il cinque sotto al tavolo, ma il tocco delle due mani si sentì lo stesso, così Ichigo chiese ai due cosa avevano da sghignazzare con un sopracciglio alzato ed un’aura oscura dietro di lui che presagiva male fisico. Molto male fisico.

- Nulla - rispose in coro, evitando l’ennesima risatina, guardandosi un momento di sottecchi con fare di complicità. Quanto si divertivano a vedere come Allen si arrabbiava, perché sembrava un piccolo gattino bianco innocuo, quindi ai due veniva da fargli un po’ di bullismo e ridere alle sue sfortune. Poi però avevano male al cuore a vedere la faccia triste dell’albino, perché tutti volevano bene all’inglese, non si poteva essere immuni al suo fascino da ragazzino innocente. Ecco, questa illusione spariva nello stesso istante in Allen prendeva in mano un mazzo dapoker e con aria gentile chiedeva agli altri di fare una partita, promettendo di non barare. Sì, certo, se lui non barava allora Hanabi era una ragazza innocua.

Dopo aver finito la colazione, essersi lavati e messi i vestiti, poterono uscire di casa. Hanabi era in maglietta a maniche corte viola, con sopra la scritta “Il Principe Azzurro è Gay” in bianco, poi aveva dei semplici jeans azzurri con alle caviglie un piccolo ricamo di un fiore, infine si era messa delle comode scarpe da ginnastica blu. Tyki aveva una camicia nera e dei pantaloni marroni, mentre calzava delle scarpe blu scuro. Allen indossava una maglietta a maniche lunghe aderente rossa, dei jeans color pece e delle scarpe bianche.

- Bene, andiamo a prendere il pullman! - disse la ragazza, trascinandosi dietro i due. Fu difficile evitare di far distruggere la macchina che timbrava i biglietti a Tyki, ma in qualche modo gli altri due riuscirono a destare le ire dell’uomo verso il “dannato-aggeggio-che-non-gli-timbrava-il-biglietto”.

Il Noah e la italo-giapponese si sedettero uno a fianco all’altra parlando di Doujinshi e Fan Fiction Rosse con un sorriso malizioso stampato sul viso di entrambi, mentre ad Allen toccò chiedere se poteva mettersi al fianco di una strana ragazza: aveva i capelli lunghi fino alla vita e di un colore verde pallido che doveva essere tinto ma all‘attaccatura dei capelli Allen non riusciva a vedere neanche un briciolo di colore naturale, la testa era bassa e piuttosto allungata, gli occhi avevano grandi ciglia nere e le iridi erano di un rosso acceso come quelli di un vampiro affamato in cerca di una preda, era così pallida da far invidia ad uno di quei lenzuoli bianchissimi che si vedevano in televisione, magra e bassa, indossava una felpa nera e dei pantaloni scozzesi blu. Era silenziosa e misteriosa, non pronunciò una parola per tutto il viaggio, eppure aveva un grande fascino, sembrava una bambola vivente, composta e dritta, senza neanche le cuffie per ascoltare un briciolo di musica. Non sembrava appartenere a quel mondo, esattamente come Tyki ed Allen. Sembrava un’estranea in quel quadro movimentato.

Appena arrivarono a Santa Sofia tutti scesero, e Hanabi e Tyki cominciarono a camminare, ma poi la mora si bloccò, con uno strano presentimento che le vorticava al centro del petto.

- Ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa… - disse, cominciando a guardarsi intorno, poi i suoi occhi neri incrociarono l’oro del Noah che aveva lo stesso identico presentimento ed entrambi ebbero una realizzazione.

- ALLEN! - urlarono in coro, prendendosi i capelli tra le mani in segno di disperazione. Ma dove diavolo si era cacciato quel ragazzo dai capelli bianchi?! Proprio il secondo giorno di scuola/lavoro doveva perdersi?! Maledetto lui ed il suo senso dell’orientamento pari a quello di una bussola senza ago!

L’albino, intanto, si era perso alla fermata ed aveva incominciato a seguire la misteriosa ragazza dai capelli verdi. Lo incuriosiva troppo, e non aveva resistito alla tentazione, dimenticandosi completamente di Hanabi e di Tyki, quasi come se non fossero mai esistiti.

Ovviamente questa lo sapeva benissimo di essere seguita, ma fece finta di nulla, continuando ad ascoltare musica punk rock che le martellava le orecchie (appena scesa dal pullman aveva tirato fuori da chissà dove il suo cellulare e si era messa ad ascoltare la musica). Dopo dieci minuti era arrivata a casa e prese le chiavi dalla tasca, mentre spegneva la musica e si toglieva le cuffie. Si girò così velocemente che Allen non riuscì ad inventarsi una scusa, così venne sottoposto allo sguardo da vampiro dell’altra.

- Perché mi stai seguendo? - chiese, ma il suo tono di voce non era arrabbiato, era neutro, come e la cosa non le importasse sul serio, ed anche il suo viso era inespressivo. Sembrava di guardare una maschera, aveva sempre la stessa espressione e non si riusciva a capire chi c’era dietro, come una pietra, come un “oggetto” incapace di provare qualsiasi sentimento.

- Ehmm… mi sono perso… - rispose imbarazzato Allen, grattandosi la nuca con un sorriso.

- Non dovresti essere a scuola? - chiese l’altra, mentre infilava la chiave nella porta e girava la maniglia, mantenendo la solita espressione senza emozione. Ora che l’Esorcista guardava meglio la casa, notò che era piuttosto diroccata, a malapena stava in piedi ed era molto piccola, con i muri screpolati e pieni di una fitta coltre di polvere e ragnatela da tutte le parti.

- In realtà io lavoro nella scuola, faccio il bidello all’alberghiero - rispose l’albino, avvicinandosi di qualche passo - però la domanda te la rigiro tale e quale, signorina - aggiunse, cercando di non essere maleducato, sorridendole gentilmente.

- Non mi piace la scuola, quindi appena ho avuto la possibilità di lasciarla mi sono ritirata… ma non parliamo di questo fuori, entra - disse indicandogli la porta, con un tono così gelido da sembrare una scheggia di ghiaccio. Non era una domanda, ma un ordine. Normalmente Allen avrebbe rifiutato, ma gli occhi rossi gli mettevano un po’ di ansia, e non ne conosceva il motivo, ma quella strana ragazza sembrava che volesse parlargli di qualcosa di molto importante, quindi a passo incerto entrò, guardandosi intorno. La casa era spoglia, i muri gialli sporchi e crepati, le piastrelle erano quasi tutte in polvere ed i mobili erano di un legno così vecchio che avevano buchi dappertutto. Era meravigliato che la casa non cadesse ancora a pezzi.

L’altra lo portò in cucina, dove si sedettero su un tavolo e delle sedie, anch’esse rovinate dal tempo, ma erano ancora stabili, seppur traballanti.

- Non fare caso al casino… mi piace questa casa, finché resterà in piedi la abiterò, anche se mio padre non è d’accordo… - pronunciò quelle parole a mala voglia, mentre appoggiava un gomito sul tavolo, ribattendo alle affermazioni mute dell’Esorcista maledetto.

- Capisco… - rispose l’albino sorridendo - io sono Allen Walker - si presentò. Gli dava una strana sensazione parlare con qualcuno senza sapere il nome.

- Sono Rachele Pavoni… e so già chi sei - disse lei, accarezzandosi una ciocca di capelli verdi, osando arricciare le labbra in un minuscolo sorriso divertito. Questo stupì non poco Allen, ma prima che potesse chiedere qualcosa a proposito del perché lei lo conoscesse già, un’occhiata di Rachele lo zittì, facendogli morire tutte le domande che gli erano venute in mente in gola.

- Perché mi avete invitato a casa vostra, signorina Pavoni? - chiese direttamente l’albino, guardandola negli occhi rossastri. Senza dire una parola, lei si alzò e fece cenno al ragazzo di seguirla. Passarono in uno stretto corridoio prima di arrivare in una piccola stanza: dentro c’erano moltissime maschere bellissime, era impossibile contarle, però Allen non riusciva a distogliere lo sguardo da esse. Ne era affascinato e desiderava toccarle ed indossarle, ma si trattenne, non volendo essere maleducato, eppure esse avevano un’aura di fascino fortissima.

- Le maschere sono delle creature strane… attendono che qualcuno, ammaliato dalla loro bellezza le indossi e poi si beffano degli esseri umani, ma per ringraziare il loro “padrone” nascondono il viso di esso, per proteggerlo… - spiegò Rachele, poi prese una maschera bianca con una lacrima rossa sotto il foro per l’occhio sinistro e se la rigirò tra le mani.

- Perché mi dici questo? - chiese Allen, cominciando ad avere una strana sensazione.

- Perché io lo so… so che tu e quel ragazzo dai capelli neri non fate parte di questo mondo, e che anche tu hai una maschera sul viso - fu in quel momento che l’Esorcista si bloccò sul posto, non sapendo più che cosa dire. Il suo cervello era andato improvvisamente in corto circuito e non riusciva neanche a fiatare, il respiro era esattamente in mezzo alla gola, ma non voleva uscire, era troppa assurda quella situazione, inimmaginabile.

Allen continuava a guardarla con gli occhi sbarrati e la bocca aperta, le mani erano ai suoi fianchi eppure continuavano a tremare come se ci fosse un terremoto. In realtà un terremoto c’era ed esso era nel suo cuore, che continuava a pompare sangue ad una velocità incredibile. Credeva di morire a causa di un infarto da un momento all’altro.

Finalmente, dopo qualche minuto passato nel silenzio più totale, Allen mosse la bocca e pian piano riacquistò la voce che gli era stata bloccata.

- Ma tu… chi sei? - chiese, guardandola in quei suoi occhi rossastri, che sembravano divorarlo in un istante.

Rachele sorrise divertita posando la maschera per poi riaddrizzarsi, ma così facendo alcune ciocche verdi le andarono davanti all’occhio destro, facendola sembrare ancora più spaventosa di quanto non le era già.

- Io sono… -

- IO LO UCCIDO! - urlò Hanabi, mentre, insieme a Tyki, cercava per le vie di Santa Sofia, nella mera speranza di ritrovare Allen. Nulla da fare, lo avevano cercato da più di un quarto d’ora senza risultati. Ormai il secondo giorno di scuola/lavoro era saltato a causa di Allen… ma avrebbe pagato, oh sì quanto avrebbe pagato!

- Farò tardi a scuola! - continuò a lamentarsi la mora, non volendo fare una brutta figura già dal secondo giorno, ma ormai non credeva neanche lontanamente di poterci andare, infatti aveva fatto un‘affermazione per rompere l‘aria di “voglio-uccidere-Allen“ che lei stessa aveva creato con la sua aura assassina che sprizzava da tutti i pori. Il Noah, invece, guardava in tutte le direzioni alla ricerca di una chioma albina, ovviamente senza successo, poi posò lo sguardo sulla ragazza al suo fianco, che si fermò di botto, sgranando leggermente gli occhi.

- Cosa? - chiese lei con i nervi a fior di pelle.

- Mi sembrava… che avessi le tette più grosse - disse senza giri di parole lui, osservandole il petto. Una qualsiasi ragazza gli avrebbe urlato contro e lo avrebbe preso a pugni, ma Hanabi non era una comune fanciulla, quindi si palpò e gli rispose con aria da chi ammetteva una colpa.

- In effetti sono passata dalla 2 XL alla 3 S… - dopo queste breve scambio di affermazioni (?), i due ritornarono al loro obbiettivo originario, cioè ammazz… no, cercare Allen Walker.

- Uffa… ma dove si è cacciato? E’ mezz’ora che lo cerchiamo! - sbuffò la italo-giapponese, guardando l’orologio: erano le 8.06, esagerando sul passare del tempo, ma era troppo stufa di quella situazione!

Improvvisamente il suo già poco equilibrio svanì e scivolò a terra perché aveva messo un piede sul marciapiede male, e così cadde rovinosamente a terra. E per lei nessun bel ragazzo la salvò come succedeva nelle Fan Fiction o nelle Doujinshi.

CRACK!

Un solo suono sordo si era sentito per quella via deserta, mentre Hanabi era senza parole e continuava a guardarsi avanti, con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta in un muto urlo.

Posò lo sguardo sul braccio destro: era completamente girato. Il suo cervello cominciò ad elaborare cosa era successo ed un dolore lancinante la colpì.

- Ah… Tyki… - si lamentò con le lacrime agli occhi, mentre con la mano opposta cercò di tastarsi la pelle dell’arto rotto. Sembrava quasi… di avere il braccio staccato dal corpo, e non sapeva neanche lei come faceva a non urlare con tutte quel dolore. A quanto pare esso era così forte che non riusciva a prendere aria in modo corretto e quindi non riusciva a chiedere aiuto a Tyki più forte. Era la prima volta che si rompeva qualcosa, quella era la prima volta che provava un dolore così forte propagarsi nel suo corpo. E non era affatto una bella cosa.

Sta così solo per un braccio rotto? pensò il Noah, aiutandola ad alzarsi. Nel suo “mondo” un braccio rotto era nulla, quindi proprio non capiva perché la mora si comportasse così.

Hanabi riusciva a malapena a stare in piedi, ma non perché fosse ferita ad una caviglia, bensì a causa del dolore al braccio, che le impediva di concentrarsi bene sull’equilibrio. Faceva malissimo, c’era troppo dolore, non riusciva a respirare!

Siccome Tyki non voleva più assistere a quello spettacolo pietoso, la prese e cominciò a portarla sulla schiena, arricciando le braccia intorno alle gambe di Hanabi ed tirandola su con un unico movimento veloce.

- Accidenti… è solo un braccio rotto! - disse lui con un ringhio, facendo attenzione a non toccarle l’arto rotto, per evitare di procurarle altro dolore.

Hanabi socchiuse gli occhi, che prima aveva tenuto chiusi e strinse il braccio sinistro al collo dell’altro, facendo un piccolo sorriso triste che però Tyki non riusciva a vedere, siccome troppo conctrato sulla strada, mentre la ragazza a fatica gli diceva dove andare.

- Io… non sono abituata al dolore come voi Noah e Esorcisti, qui non c’è tutto il dolore che vivete voi nel vostro “mondo”, quindi non capisco i tuoi sentimenti e forse mai lo farò… sono un po’ terribile, vero? Ti sto dicendo queste cose un po’ fastidiose… - sussurrò, con la voce piena di dolore, nascondendo la faccia nell’incavo del collo di Tyki.

- Se mi arrabbiassi per una cosa del genere, saresti già morta - rispose il Noah, annoiato, notando che la ragazza era più leggera di quello che sembrava, eppure questo fatto la sua mente non lo spiegava: mangiava come un orso appena uscito dal letargo!

- Sì… grazie… - disse, mentre una lacrima cadde da uno dei suoi occhi scuri, stringendosi più all’altro, ascoltando il battito del cuore del Noah.

Tyki stava diventando più umano di quello di credeva, forse era merito di quella mocciosa che si portava sulle spalle? Incontrarla era stata una fortuna o una sfortuna? Aveva l’impressione di averla già incontrata da qualche parte, molto prima che l’Innocence li trasportasse in quel mondo, ma non riusciva a ricordare, come se un muro gli impedisse di vedere attraverso i suoi stessi ricordi. Che fastidio! Basta! Non ci doveva più pensare!

- Devi andare sempre avanti, lì c’è l’ospedale - la voce della ragazza gli fece riprendere il controllo dei suoi pensieri, così continuò a camminare, quando improvvisamente un’immagine fece strada nella sua testa: un mare di sangue e qualcuno che piangeva. Come accecata diede un piccolo urlo e questo Tyki lo notò bene, girando un attimo la testa verso di lei, per accertarsi che non si fosse fatta male.

Hanabi era spaventata da quella visione, ma poi come era venuta essa sparì in un istante non lasciando più traccia.

Strinse i denti e cercò di non pensarci più, ma aveva un brutto presentimento, come se fosse successo qualcosa di molto più terribile tempo prima, qualcosa che non poteva essere ricordato perché troppo doloroso.

- Tutto bene? - chiese il Noah, che si era fermato proprio per accertarsi delle condizioni della ragazza sulla sua schiena. Per un attimo gli era sembrato che… Hanabi non ci fosse. Era presente fisicamente, ma non mentalmente, eppure era durato tutto un secondo, per poi sparire nel nulla, così come era venuto, distrutto facilmente come una tazza di porcellana al contatto con il suo suolo.

Improvvisamente si scontrò con qualcuno, che venne sbalzato indietro di qualche centimetro facendo perdere al moro il filo dei suoi pensieri.

- Ah, mi scusi, non stavo guard- Tyki? - chiese una voce innocente mentre osservava il viso abbronzato del Noah con un’espressione ebete.

- Piccolo? - rispose il moro, stringendo di più le gambe di Hanabi.

Allen Walker era proprio davanti a lui, ma aveva una faccia strana, in quei minuti che si erano separati cosa diavolo gli era successo…?

- Cosa ti è succ-? - per poi essere tagliato proprio dall’albino che si era sporto verso Hanabi, che intanto era mezza-addormentata sulla schiena di Tyki. “Addormentata” non era la parola giusta, forse era meglio dire “mezza-svenuta”, dopotutto il dolore che provava era ancora palpabile, eppure era riuscita a sorridere tristemente ad Allen.

- Ma cosa ti è successo?! - chiese Allen preoccupato, portandosi le mani al petto.

- Questo lo dovrei chiedere io! Per colpa tua che sei sparito lei è caduta a terra mentre ti cercava e si è rotta un braccio! - lo sgridò Tyki guardandolo con ira, per poi stringere le gambe della ragazza e posizionarla meglio sulla schiena con un movimento.

- Ah… mi dispiace… - sussurrò Alle abbassando la testa in segno di scusa. Non sapeva proprio cosa dire, era molto dispiaciuto, dopotutto Tyki aveva ragione, era colpa sua, perché lui aveva deciso di seguire Rachele dimenticandosi di loro due… solo che… ancora non poteva credere a quello che lei gli aveva detto, per questo Allen era fuggito via da quella ragazza dagli occhi da vampiro, per nascondersi, per scappare dalla cruda realtà che l’altra gli aveva sbattuto davanti senza troppo cerimonie. Eppure, nel profondo del suo subconscio, Allen sapeva che Rachele aveva perfettamente ragione, nonostante lui non volesse ammetterlo.

- Tyki… ho bisogno che tu mi porti all’ospedale, ORA! - l’ultima parola Hanabi la urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, rendendo Tyki per un attimo sordo da un orecchio.

- Sì, sì, adesso ti porto! Piccolo, parliamo dopo, adesso dobbiamo portare questa rompiscatole dal dottore! - e così Tyki cominciò a correre verso il grosso edificio bianco un po’ più lontano da lì, seguito a ruota da un preoccupato Allen.

Il Noah praticamente sfondò la porta dell’ospedale ed ovviamente tutte le infermiere lo guardarono sorprese.

Tyki, dal canto suo, non le degnò neanche di uno sguardo, facendo scendere dalla sua schiena la dolorante Hanabi che cercò il suo portafoglio e si avvicinò a passo lentissimo verso un bancone, per poi mostrare alla donna davanti a lei la sua tessera sanitaria.

In seguito la mora venne condotta in una stanza, mentre Tyki ed Allen vennero lasciati nella sala d’attesa, seduti su delle sedie scomodissime blu acceso.

Dopo un’interminabile ora, finalmente Hanabi ve ne uscì con tutto il braccio ingessato e tenuto al collo con una “benda” apposita.

- Osa ridere e ti uccido - avvertì Tyki la ragazza, guardandolo con un’occhiata mortale, mentre questo tentava in tutti i modi possibili di non rotolarsi a terra come un idiota.

- E tu! - fulminò Allen, facendo saettare il suo sguardo di morte verso di lui - cosa diavolo hai fatto tutto questo tempo?! Lo sai quanto ti abbiamo cercato?! - chiese, quasi isterica. Ma dopotutto ne aveva tutte le ragioni, era finita addirittura all’ospedale a causa sua!

- Beh… ecco… come dire… - cercò di giustificarsi Allen, facendo girare gli indici tra loro con la testa bassa. Non poteva dirglielo, dopo tutto quello che lei aveva fatto per lei…

Venne salvato dall’arrivo di Marta che aveva preso la macchina ed aveva superato i limiti per arrivare dalla figlia nel minor tempo possibile, peccato che avesse trovato un traffico assurdo e che quindi era riuscita ad arrivare dopo più di un’ora.

- Tesoro mio, cosa ti è successo?! - chiese la donna tastando Hanabi per vedere se fosse tutta intera.

- Non preoccuparti mà, ad eccezione di un braccio rotto sto benissimo! - le rispose con un sorriso la mora, indicandosi il braccio ingessato.

- MACCHE’ NULLA! - le urlò istericamente la madre, cominciando a tastare la durezza del gesso per constatare che fosse vero.

- Mà, guarda che l’ospedale psichiatrico è proprio qui dietr- non finì neanche la frase che Marta le dirò uno schiaffo dietro alla testa che le fece abbassare il viso ad una velocità pazzesca.

- AHI! Sono già ferita! - le disse Hanabi, con un occhio chiuso e l’altro semiaperto mentre alzava la testa e guardava negli occhi la madre.

- Tanto siamo già nell’ospedale - le rispose Marta con un sorrisetto strafottente guardandola dietro ai suoi spessi occhiali.

- Ehi… quel sorriso sembra troppo simile al mio… - le sussurrò Hanabi tra i denti, mentre l’aria si faceva sempre più pesante e sembrava come delle scariche elettriche fossero unite ad essa. Tutto con Allen e Tyki che guardavano lo scontro tra la madre e la figlia un po’ spaventati.Le donne arrabbiate erano spaventose!

Improvvisamente Tyki, per alleggerire l’aria pesante che si era formata, pose una domanda alquanto ovvia.

- Ma… se Hanabi ha il gesso… chi farà la principessa nella recita? - chiese il Noah, verso la mora infortunata.

Il piano del ragazzo sembrò funzionare perché le due donne smisero di lottare come due pazze e guardarono Tyki.

- Beh, un’idea ce l’avrei… - disse la ragazza, sorridendo malvagiamente.

Ed improvvisamente Allen si trovò gli occhi tutti puntati contro.


 

 

Angolo demenziale

Kumiko: dopo molto tempo sono tornata!!!!! Finalmente direte! E vorrei dirvi che Kumikoe Vanessa sono tornate la stessa persona, per la vostra infinita gioia!

Allen e Tyki: yeee *senza particolare entusiasmo*

Kumiko: bene, questo capitolo vi avrà fatto apparire tanti punti di domanda, ma è meglio così, dopotutto è questo il bello! E tra parentesi a me piace l’Angst quindi…

Allen: lo usi su di noi, vero?

Kumiko Esatto! Come hai fatto a capirlo?!

Tyki: Non era difficile da capire…

Kumiko: Vabbè, ragazzi, scusate ma non ho voglia di fare le schede… già che ho scritto il capitolo è un miracolo! Quindi ci vediamo al prossimo capitolo, il dieci!

Tyki ed Allen: bye e mi raccomando, se avete tempo lasciate una recensione, che sono sempre gradite!

   
 
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