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Autore: Sly thefc    11/05/2013    14 recensioni
Mi ricordo di quel giorno a malapena. Un parco verde, enorme, pacifico. I capelli neri come la pece, lunghi fino alla schiena, seguivano il ritmo del suo continuo saltare con la corda. Non saprei dire quanto questa bambina si stesse divertendo, dato che era di spalle, e ancora non avevo avuto il piacere di guardarla in viso. Era una bambina, avrà avuto non più di dieci anni. Eppure qualcosa mi ha colpito, non so con precisione cosa, ma sono rimasto folgorato da… qualcosa.
La piccola smise di zompare, posò la corda a terra e si girò verso di me.
Sta succedendo una cosa orribile, la peggiore che mi sia mai capitata. Sto dimenticando, non mi ricordo più del volto di quella particolare bambina.
Avevo all’incirca la sua stessa età, ma solo ora mi sto veramente interessando a quella fanciulla.
Ma perché mai mi sono sentito, e mi sento tuttora, attratto da una piccola bambina?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Black Flame

Capitolo 1- Un giorno come gli altri

È un giorno come tutti gli altri. Sveglia alle 6:30 del mattino, una mezz’oretta di lavarsi, vestirsi e mangiare, e via, si va a lavoro.
Niente università, odio lo studio. Non ho nemmeno finito il liceo. Non avevo il tempo di occuparmi della scuola e dei compiti. Sinceramente nemmeno avevo voglia.

Con mia madre costretta a letto, ero io che dovevo fare tutto in casa. Lavare i piatti, stirare, pulire i pavimenti e tutte le cose che un adolescente non si sognerebbe mai di eseguire. Ma da una parte ho preferito questo, all’andare a quel liceo che tanto odiavo, in quella classe che disprezzavo ancora di più. Non avevo legato con nessuno, ero solo, e vedere tutti i miei compagni parlare e divertirsi mi metteva una rabbia dentro che non riuscivo a sopportare. Ero preso in giro dagli altri, escluso, perché non potevo uscire a mangiare un gelato o a fare una passeggiata.
Ho sempre cercato di relazionarmi con i miei compagni, ma ogni volta che rivolgevo loro un timidissimo “ciao, come state?” mi squadravano dalla testa ai piedi, si voltavano e ridevano. Ma non gli facevo nemmeno un po’ pena? Sapevano della mia situazione, di mia madre malata e paralizzata, che presto se ne sarebbe andata.

I professori invece erano veramente comprensivi, forse troppo. Non m’interrogavano mai, non avevo voti, eppure mi promuovevano. Ai colloqui con gli insegnanti nessuno dei miei familiari si è mai presentato. Mio padre, perennemente ubriaco, non ne voleva sapere. Mi odiava con tutto il suo cuore, perché, anche se di pietra, ne aveva uno.

Questa storia va avanti da anni ormai, io non ce la faccio a proseguire. Mi sento colpevole di tutto questo, e forse lo sono. Di quel giorno non ho memoria, ma sto cercando di recuperarla.

Anche quello era un sabato come tutti gli altri. Ero piccolo, avevo dieci anni. La mattina andavamo tutti insieme al parco, mamma, papà, mio fratello ed io. Giocavamo a palla, ci divertivamo. Sono bastati pochi minuti. Mi ero allontanato un attimino, incuriosito da una piccola bambina che saltava con la corda, sola. La fissavo, lei non si voltava.
Ad un tratto arriva mia madre disperata, correndo. Mi sarebbe piaciuto tanto vederglielo fare di nuovo.
“Tuo fratello!” urlava “tuo fratello non è con te?”
Ricordo di essermi guardato intorno, e di non averlo visto. È a quel punto che la bimba smise di saltare e si voltò. Ma come faccio a ricordarmi del suo viso, con mia madre urlante di sottofondo e la sua corsa rumorosa verso mio padre, per dirgli che il loro caro figliolo era scomparso?
Lui era il preferito della famiglia, l’ho sempre saputo. Era sempre coccolato da loro.
Così quei due irresponsabili dei miei genitori corrono verso non so dove, per cercare mio fratello. Io, come farebbe un qualunque bambino, li ho inseguiti, ma forse era meglio se non l'avessi fatto.

Arrivato in strada, li vidi. Non so com’era successo, e sinceramente non m’importava. C’era mio padre, accasciato accanto a mia madre, e quest’ultima, sotto un camion enorme. Pochi minuti e arrivarono non so quante ambulanze e volanti della polizia, ma io, spaventato come non mai, tornai indietro, da quella bambina. Non so esattamente perché, fatto sta che non ho esitato a tornare da lei. Purtroppo però, era scomparsa, sicuramente si era impaurita ed era andata via.

È così che io sono rimasto solo al mondo. Senza nessuno su cui contare. Forse se io avessi portato mio fratello con me, ora saremmo una famiglia felice.

Quando ero in terzo liceo, mia madre mi ha chiesto di lasciare la scuola e di rimanere con lei.
Non avevamo i soldi per pagare una badante, o qualcuno che lo faccia al posto mio. Non ho potuto rifiutare. È un mio dovere, in fondo, la colpa è solo mia.
Avevo 19 anni, era un giorno di maggio e faceva veramente caldo. Ero andato a comprare un po’ di pane. Torno a casa e mia madre non respirava più. Se n’era andata. I medici avevano detto che presto sarebbe successo. Inutile dire che a pochi giorni da questo spiacevole evento, mio padre si è suicidato.
Sono contento per loro. Ora tutta la migliore parte della famiglia si trova in cielo, ma cosa più importante, mio fratello, mia madre e mio padre sono insieme, come hanno sempre voluto. In realtà non so se mio fratello sia con loro, ma lo spero con tutto me stesso.
Non voglio morire, no, non lo farò. Non rovinerò la loro pace un’altra volta, non sprecherò la mia vita per rattristarli ancora di più. Io non sono debole come loro.

Sono le 7, meglio che vada a lavoro, sto facendo tardi. 
   
 
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