#3
Grandma
take
me home.
-Isabella.
Molte
volte mi ero
immaginata la sensazione dell’asfalto freddo sulla mia
guancia.
Sul
mio corpo in caduta
libera.
Ogni
volte le emozioni
che mi assalgono sono sempre le stesse: pace, tranquillità,
nessun dolore.
Eppure
la paura di
morire mi ha sempre affiancato, impedendomi così di godermi
la mia eterna pace
interiore.
Lasciandomi
“vivere” in
questo cazzo di limbo in cui non vivo.
“Isabella,
vieni!”
Un’ultima
occhiata allo
specchio e mi vidi; perfetta.
Capelli
legati in una
coda alta, corpo fasciato da un vestito fin sopra il ginocchio, come
trucco
solo del mascara.
Perfetta.
La
perfetta Isabella Marie Swan.
Sentii
richiamare il
mio nome un’altra volta.
Sbruffai
silenziosamente, per dirigermi verso le scale che portano al salotto.
Lisciai
il vestito e
preparai un sorriso per salutare
gli ennesimi amici dei
miei genitori.
“Isabella,
bella come
sempre!” esclamò la Signora Miller.
Donna
sulla quarantina,
bella, viziata, fedifraga.
Ecco
il circolo di amici che
frequentavano i miei genitori.
“Come
stai dolcezza? Ti
ricordi mio figlio, John?”
Voltai
lo sguardo
appena sulla figura che si stagliava fiera accanto alla Signora Miller.
John,
ragazzo sulla
ventina con gli occhi verdi e capelli biondo cenere.
Decisamente
non il tipo
per Mallory.
Decisamente
il tipo per
Isabella.
Sorrisi,
allungando la
mano verso il giovane che mi scrutava con mal celato interesse.
“Ma
tesoro! Come mai
porti la borsa per stare in casa?” Mi guardò
sconvolta Reneè, mentre mio padre
al suo fianco mi intimava di non rispondere ciò che stavo
per dire.
“Perché
esco madre”.
Sorrisi
dolcemente,
salutando nuovamente i Miller, con particolare attenzione per
John… forse
questo sarebbe servito per calmare le
acque.
Lo
sperai vivamente.
Vidi
i miei genitori
guardarmi con felicità ed entusiasmo terrificante, ai miei
occhi, poco prima
che me ne andassi.
Trovai
come da
programma l’auto trasandata di Stefan sul vialetto e,
correndo, vi entrai.
“Ciao
Stefan!” mormorai
dandogli un bacio sulla guancia.
“Piccola
Swan!” mormorò
lui in risposta.
Tolsi
gli abiti dalla
borsa e mi spogliai degli indumenti di Isabella, per indossare poi
quelli di
Mallory.
Una
minigonna in jeans
e un top verde.
Le
scarpe con il tacco
restarono al loro posto.
“Cosa
dicevano gli Swan
quest’oggi?”
“Uhm,
volevano
accasarmi con il figlio dei Miller.”
“Perfetto
per Isabella
immagino”.
Sorridevamo
ancora,
quando il mio telefono squillò.
“Marie!”
dissi
entusiasta.
“Tesoro mio! Come sta la mia nipotina
preferita?”
“Ma
se sono la tua
unica nipote, nonna!” dissi ridendo, contagiando anche Stefan
che stava
prestando attenzione alla chiamata.
“Oh,
devo essermene dimenticata!” mormorò
sovrappensiero, scherzando.
Risi
nuovamente, con felicità.
Adoravo
mia nonna, la madre di mio padre.
Era
semplicemente fantastica.
Mi
comprendeva, ascoltava i miei silenzi e, cosa più
importante, li rispettava.
“Amore,
ho parlato con Renèe l’altro
giorno…” disse
con un tono annoiato.
“Cosa
ha detto, stavolta?”
“Le
solite cose, va bene a scuola, è una figlia
modello, è perfetta, e
bla bla bla,
tutte cose noiose insomma. Per questo volevo farti una proposta, amore,
per
movimentare la tua monotonia!”
Oh,
nonna, se solo sapessi che la monotonia la vivo soltanto di giorno.
“Che
ne dici di trasferirti a Londra? Ti iscrivo in
una scuola pubblica, dove non ci sono tutti quei figli di
papà e inoltre, ti
troverai un lavoro.”
“Ma
nonna, anche io sono una figlia di papà in
pratica!” le dissi ridendo.
“Tu
devi esserlo, non è che vuoi. E’ diversa la cosa
per te, figlia mia. Cosa ne pensi dell’idea,
comunque?”
Le
sue parole mi colpirono nel profondo.
Lei
sapeva.
Lei
mi capiva.
Lei
c’era.
E,
lanciando un’occhiata a Stefan, capii che anche
lui c’era.
“Dico
che devi preparare la mia stanza, nonna.”
Una
fuga; imperfetto per Isabella, perfetto per
Mallory.
-Edward.
Mi
accasciai stremato sul corpo di… Madison? Mandy?
Carla? Clara? O Marie?
“E’
stato stupendo, amore.” Mormorò lei.
Annuii
inespressivo, mentre mi alzai per prendere le
Malboro dal cassetto per accenderne una.
Aspirai
una lunga boccata, aprendo la finestra
dell’appartamento.
“Lo
sai che le donne odiano la gente che fuma, dopo
aver fatto l’amore?”
Amore.
Ancora
questa odiosa parola.
“Infatti
tu non lo odi, in quanto abbiamo soltanto
scopato.”
Si
alzò dal letto con lentezza, fino ad arrivare
dietro di me.
“Edward,
devi capire che una donna più la tratti
male, e più ti verrà dietro.”
Mormorò con voce bassa, seducente, mentre con
lentezza esasperante accarezzava il mio membro rilassato.
“Allora
dev’essere una donna davvero stupida, se
continua a farlo. Una intelligente se ne andrebbe.” Scacciai
la sua mano con
delicatezza e le indicai la porta.
“Sai
dove si esce.”
Entrai
nel bagno, senza aspettare oltre in camera da
letto.
Appoggiai
le braccia sul lavandino e guardai il mio
volto riflesso sullo schermo.
L’immagine
di un uomo distrutto.
L’immagine
di un uomo a pezzi.
L’immagine
di un uomo che va alla deriva.
L’immagine
di un uomo che si dirige tranquillamente
verso l’autodistruzione.
L’uomo
sospirò, e aprì l’anta delle “medicine”.
Mi
scostai dalla superficie riflettente e aprì
l’acqua della vasca; calda.
La
riempì e mi immersi totalmente.
Da
sotto l’acqua, mi sentivo in pace.
Ma
quando riemersi e aspirai una boccata di fumo, mi
sentì subito meglio.
L’erba
fece con calma il suo effetto,
tranquillizzandomi immediatamente.
Mi
sentii in pace.
Presi
una bottiglia mezza piena di Jack Daniel’s che
ti trovava riversa sul pavimento, e iniziai a bere avidamente, conscio
che
anche stanotte, i
suoi occhi tersi come
il cielo di Liverpool, non mi avrebbero
lasciato dormire.
Appoggiai
mollemente il capo contro le
mattonelle, quando
gli occhi iniziarono
a chiudersi da soli.
Sei
pronto a dormire con i tuoi fantasmi, Edward?