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Autore: justin lo pinguy    11/05/2013    1 recensioni
Charlotte Smith, meglio conosciuta come Lottie, è una semplice ragazza di Roma. Lei ha lunghi capelli di un colore quasi sconosciuto e inesistente. I suoi occhi blu, certe volte, sono anche capaci di parlare. Il suo fisico magro e la sua carnagione diafana fanno invidia. Sta attraversando un brutto periodo. La madre muore e suo padre, preso dal lavoro e dagli impegni, la spedisce a Doncaster dai suoi zii e suo cugino. I genitori di suo cugino lavorano lontano da Doncaster e quindi la casa sarà tutta per Lottie e suo cugino. Ed è proprio quel fattore a determinare tutto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3.


– Dici sul serio? – mi chiese. 
– Certo che sì, Lou – risposi. – Tu sei… speciale –
Lui sorrise. Arrivammo a casa. Entrammo e io esausta salii in camera mia e sprofondai nel mio letto. Poco dopo, bussarono alla porta. Si aprì e si richiuse. Io ero ad occhi chiusi, abbracciata al mio pupazzo. Sentii una carezza corrermi lungo il viso. Sorrisi. Aprii gli occhi. Seduto sul letto, non c’era Lou. Ma c’era Niall. 
– Ehi, ciao biondino – dissi sedendomi per bene sul letto. 
– Ciao, bella –
– Perché sei qui? Ci sono anche gli altri per provare? –
– Beh, sì. Abbiamo sorteggiato ed è toccato a me, per cui… Oggi non puoi assistere alle prove. È un pezzo nuovo e i ragazzi vogliono prima perfezionarlo e poi fartelo sentire –
– Oh… Certo –
– Scusami, non prendertela –
– No, macché –
Sorrisi. Non me l'ero presa. 
– Bene. Io ora scendo. Ci vediamo dopo – disse per poi scomparire da dietro la porta. 
Presi il mio pupazzo e me lo misi sulle gambe. Presi il cellulare. Avevo intenzione di chiamare papà, ma non sapevo se aveva tempo per me. In fondo io chi ero? Una sciocca ragazza che in comune con lui aveva solo il sangue. Mi convinsi e composi il suo numero. Il cellulare squillava. Al quarto squillo, papà rispose. 
– Ehi, tesoro –
– Ciao, papà –
Rimasi meravigliata dalla tanta felicità della mia voce. 
– Come stai? Ti trovi bene lì? E la zia? Come sta? Sei da sola in casa? E Louis? Ti tiene compagnia?... –
– Una domanda alla volta, papà – dissi ridendo.
– Come stai lì a Doncaster? –
– Sto bene… Sono qui da sole quarantotto ore –
– Oh, no – 
– Cosa c’è? –
– Ti trovi male, vero? – 
Pensai che se ne fosse accorto dalla mia voce, ed infatti era così. 
– Non sto poi così male. Lou è davvero simpatico. Tutti a scuola sono divertenti – mentii. 
– Dici davvero? Vuoi tornare a Roma? Per me, non ci sono problemi, ma sono molto occupato con il lavoro –
– No, tranquillo, papà. Sto bene –
Sentii una dolce melodia provenire dal piano di sotto. Subito fui distratta e le parole di papà non mi entrarono nella mente. 
– Scusami, papà. Ti richiamo dopo, okay? – dissi d’improvviso. 
– È successo qualcosa? –
– No, nulla… Devo… devo fare i compiti – mentii. 
Staccai velocemente e scesi dal letto. Aprii completamente la porta socchiusa della mia camera. La melodia aumentò e ci si aggiunsero delle voci. Scesi le scale in punta di piedi e rimasi ad ascoltare quella dolce canzone. Quando la canzone finì, ero pronta a risalire le scale, ma una domanda fatta da Harry m’incuriosì. 
– Ehi, Louis, cos’è successo tra te e Lottie? – sentii chiedere da Harry. 
Ero proprio curiosa di sentire la risposta. 
– Io e Lottie stiamo insieme – rispose Lou. 
– Che cosa?! – urlò Zayn. 
– Stiamo insieme – ripeté Lou. 
– Ma siete cugini – disse Niall.
– Io lo sapevo che c’era qualcosa sotto! – urlò Liam. 
– Lo sappiamo che siamo cugini e poi… Liam, devo minacciarti con un cucchiaio per farti stare zitto? –
“E ora che c’entrano i cucchiai?” pensai.
– Louis, è sbagliato! Voi siete cugini – disse ancora Liam.
– Ma ci hai fatto… sesso? – chiese Harry. 
“Sesso? Ma che gli viene in mente?” pensai. Sul mio viso nacque una smorfia. 
– No, ma aspetto solo quello – rispose Lou. 
– Poi la lascerai? – chiese Niall. 
– Certo che sì –
Quella risposta mandò in frantumi il mio cuore, rompendolo in migliaia pezzi, impossibili da ricomporre.
– No, Louis, no! Questo è sbagliato! – sentii da parte di Liam. 
– Sta’ zitto che quando sarà in lacrime cadrà nelle mie braccia… anzi, nel mio letto – disse Harry ammiccante. 
– No! Io le dirò tutto! – disse Liam. 
– Ho capito. Vado a prendere un cucchiaio – disse Lou. 
Dei piccoli passi si avvicinavano a me sempre più. Io ero immobile. Per quanto volessi in tutti i modi scappare via, non mi muovevo. Sentivo i piedi in un blocco di cemento, pesanti e doloranti. 
– Lottie – disse Lou. 
Lo guardai e sul mio viso scese una lacrima. 
– Tu… – azzardai. – Mi fai schifo! –
Salii le scale correndo. Andai in camera mia e chiusi la porta a chiave. 
– Lottie – disse Lou. 
Cascai a terra a piangere. I singhiozzi mi irritavano, ma non riuscivo a smettere di piangere. Tutto un gioco era per lui.
– Lottie, ti prego, apri – disse bussando alla porta. – Lottie – ordinò. – Lottie, apri ‘sta stramaledetta porta, diavolo –
Non risposi e continuai a piangere e singhiozzare. 
Dopo qualche secondo, mi ritrovai Lou in stanza. Era entrato dalla finestra. Avevo fatto un errore a lasciarla aperta.
– Vattene via! – dissi. 
– No! – rispose. 
Si avvicinò a me e si sedette a terra. Mi accarezzò il viso con una mano, che subito la scrollai di dosso. 
– Perdonami – disse. 
– Perché dovrei? Mi fai schifo – borbottai. 
– Perché io ti amo… – rispose sottovoce…
– Tu non mi ami – ribattei. 
– Ti prego, credimi – disse accarezzandomi il viso. 
– No, io non ti credo. Io ti odio! –
Mi asciugò le lacrime. Lui era calmo e sicuro di sé. Guardai per un attimo i suoi occhi azzurri. Benché in quel momento ero arrabbiata e ferita, mi fidavo di lui. Le lacrime si calmarono e i nostri occhi non si lasciavano. 
– Perché hai detto quelle cose? – chiesi. 
– Perché è sbagliato il nostro amore, ma non si può tornare indietro. Amore, noi siamo cugini e ho dovuto dire quelle cose, anche se non sono vere. Non voglio ascoltare le critiche dei ragazzi –
– Ma hai ferito me! Io non ti credo più! –
– Ti prego… fidati di me. Ti chiedo solo questo –
– E cosa succederà? Tu mi hai mentito –
– Io non ti ho mentito! – urlò spazientito. 
Si alzò. Mi porse la mano 
– Andiamo – disse. 
“Andiamo, dove?” mi chiesi nella mente. 
Lo guardai confusa. 
– Voglio dire la verità ai ragazzi – disse rispondendomi.
Mi alzai da sola e andai in bagno e mi sciacquai il viso. Uscii dal bagno e, come se Lou non ci fosse, mi sdraiai sul letto. Lui si sedette e mi accarezzò il viso. Gli tolsi la mano dal viso. 
– Amore… –
– Non chiamarmi amore! – l’interruppi. 
Guardavo fisso le coperte cercando di non piangere. 
– Lottie – si corresse. – Io ti amo –
Lo guardai negli occhi ed erano sinceri. Limpidi e sinceri. 
Qualcosa sul mio viso, forse la mia espressione, gli diede coraggio. Si avvicinò e mi baciò.
Dopo il bacio, mi prese la mano e mi portò al piano di sotto. Ero imbarazzata, sia per la mia mano intrecciata a quella di Lou, sia perché avevo appena pianto. 
– Ragazzi, io amo Lottie. Non m’importa se siamo cugini o no, io l’amerò per sempre. E non aspetterò che lei venga a letto con me per lasciarla. Io voglio averla accanto per tutta la vita –
Quel piccolo discorso mi mise in imbarazzo. Partì un fischio da parte di Zayn. E un applauso scherzoso partì da Niall. Non sapevo se stavano prendendo per il culo Lou, ma fu inevitabile per me ridere. 
– E per chiudere… – disse Lou guardandomi. – … un bel bacio –
Mi mise le mani sui fianchi e mi baciò. Un altro fischio partì, ma non era Zayn, era Liam. Guardai Liam con una faccia sbalordita. 
– Ehi, che c’è? – chiese Liam notando il mio sguardo. – Sono felice per voi – si giustificò. 
Cominciai a ridere, quasi non la finivo più. 
– Ormai devo rassegnarmi – disse Harry ridendo. 
Rise anche Lou. Ci sedemmo sul divano. Notai di nuovo la chitarra di Niall. 
– Sai suonare la chitarra? – mi chiese Niall. 
– Per qualche anno ho suonato la chitarra – dissi con un mezzo sorriso. 
– Vuoi suonarla? – mi chiese ancora. 
– Se posso… – sorrisi. 
Lui me la porse e, assieme ad essa, anche un foglio. 
– Qui ci sono le note – disse. 
Posizionai la chitarra. Era da tempo che non suonavo una chitarra. Mi portò alla mente mille ricordi. Mia madre che mi accompagnava ai corsi, lei che mi aiutava in un problema con la chitarra.
Mi scese una lacrima, che Lou subito asciugò. Cominciai a far scorrere le mie mani. Seguii le note. Partì una melodia, che io conoscevo. Torn, se non erravo. Cominciò a cantare Liam. Amavo quella canzone. 
Qualche ora dopo, i ragazzi andarono via.
Passarono settimane. Io e Lou tenevamo segreta la nostra relazione ai nostri genitori. Le cose andavano alla grande. Doncaster cominciava a piacermi davvero. Niall diventò il mio migliore amico. Quel ragazzo era davvero speciale. Riusciva a consigliarmi sempre. 
Una domenica sera, stavo assieme a Lou in camera mia. In casa, c’erano anche zia Johannah e zio Mark, per cui io e Lou non potevamo mostrarci innamorati. 
Eravamo seduti sul letto.
– Tesoro? – lo chiamai. 
– Dimmi, amore – disse lui.
– Quando pensi sia giusto dire della nostra relazione? –
– Oh, beh. Quando vuoi, tesoro –
– Ora –
– Ora? –
– Sì, chiedo troppo? –
– Ecco… – 
– Andiamo, scherzavo! – dissi ridendo. 
– Mi hai fatto prendere un colpo –
– Oh, e perché non sei ancora morto? –
Si avvicinò e mi baciò. 
– Perché in paradiso non saprei come fare senza di te – e mi diede un altro piccolo bacio. 
Risi. Dopo qualche minuto, Lou fu chiamato da zia. Scese di sotto e io rimasi sul letto ad aspettarlo. Impaziente, decisi di scendere di sotto con la scusa del bicchiere d’acqua. Mi fermai dietro la porta e fu inevitabile per me ascoltare la conversazione. 
– Louis, ma come hai potuto? È tua cugina! Non puoi amarla! – disse zia.
– Tua madre ha ragione, Louis – disse zio Mark. 
– Mamma, io la amo – rispose Lou. 
– Come se questa fosse una giusta giustificazione! Suo padre si fida di me e ora tu rovini tutto! Louis, devi lasciarla, altrimenti la rispedisco a Roma –
Mi cadde una lacrima. Era un problema il mio amore per Lou. Mi passò una decisione per la mente, la più coerente e razionale in quel momento: andarmene…
Sì, andarmene. Era l’unica soluzione, la più razionale, la più giusta per non complicare la vita a nessuno. Sapevo che avrei fatto male a Lou e un brivido mi percorse la schiena. 
Salii in camera mia, mi sedetti sul letto. Cominciai a pensare a come andare via. Come potevo? Sarei stata male. Ormai, Lou era diventato parte della mia vita. Non riuscivo a stare senza un suo sorriso; senza un suo bacio, un suo abbraccio; senza le sue carezze. Mi alzai dal letto e aprii il mio cassetto. Presi la calza dei risparmi. Ormai, avevo deciso: sarei andata via da Doncaster. Quando: non lo sapevo. Dove: sarei tornata a Roma. Lì sarei stata meglio, no? D’altronde, io amavo Roma. Contai i risparmi velocemente. Prima che entrasse Lou in camera mia, posai la calza. 
– Ehi, amore. Cosa facevi? – mi chiese. 
– Oh, niente, amore. Cosa ti ha detto tua madre? – chiesi. 
– Niente d’importante. Vieni qui che voglio baciarti – disse prendendomi la mano. 
Avvicinò le sue labbra alle mie e le appoggiò delicate. Dischiuse un po’ la bocca e il bacio divenne subito passionale. Un semplice bacio fu trasformato in un bacio indimenticabile. Mi strinse a sé, premendo forte il mio corpo sul suo. 
– Ti amo – disse. 
– Ti amo – risposi. – Ti amerò sempre –
Lui sorrise e appoggiò di nuovo le sue labbra alle mie. 
– Louis, Lottie, scendete – sentii dal piano di sotto.
Era zio Mark. Un’ansia sconosciuta crebbe in me. E se volevano dirmi che mi avrebbero rispedita a Roma?
E se mi avessero proibito di stare con Louis? 
Mi si immobilizzarono le gambe, come cemento. Lou mi prese la mano e mi tirò. 
– Amore, che succede? Non ti muovi da terra – disse. 
– Io… –
M’interruppe prendendomi per i fianchi. 
– Non dirmi che è stato il mio bacio da maestro a farti questo effetto –
– Vantati poco – dissi scompigliandogli i capelli. 
– Scendiamo, su –
Mi prese di nuovo la mano e mi trascinò giù alle scale. Mi lasciò la mano. Lì cominciò la recita, la nostra recita. Ero così stanca di dover recitare. Ormai sapevano tutto, perché fingere ancora? 
Le mie paure scomparvero del tutto quando vidi i bagagli di zio e zia. Sarebbero partiti quella sera stessa per il lavoro. 
– Noi dobbiamo andare – disse zia. 
– Non combinate guai – disse zio. 
– Tranquillo, papà – rispose Lou. 
Un abbraccio e partirono. 
Io e Louis ci ritrovammo soli. Non aspettammo un attimo per rendere quella serata abituale, come sempre. Ci sedemmo sul divano e cominciammo a guardare la TV. 
– Ho sentito tutto – dissi d’improvviso. 
Ero scoppiata. Troppo preoccupata per pensare ad altro. 
– Cosa? – fece il finto tonto. 
– Smettila. So che i tuoi genitori sanno tutto –
Lo guardai. 
– Oh, e allora? Meglio, no? – chiese. 
– Meglio un corno, Louis! Io creo solo problemi! –
– Amore mio, non devi neanche pensarlo –
– Tu non mi lascerai, lo so. Ma mi rimanderanno a Roma –
– Non ti rimanderanno da nessuna parte – disse. – Credimi –
Mi baciò. Quel bacio fu così prolungato, e così bello.
– Facciamone una notte speciale – mi sussurrò all'orecchio. 
Lo baciai teneramente. Lui mi prese in braccio e mi portò in camera mia. Mi sdraiò sul letto e si mise su di me. Mi alzò la maglia e me la tolse. La gettò a terra. Feci la stessa cosa. Era la mia prima volta ed ero nervosa… molto nervosa. Mi tremavano le mani e, ogni mio battito, rischiava di squarciarmi la pelle. Lui lasciò le mie labbra e cominciò a baciarmi il collo. 
Il suo petto era duro, ma morbido. I nostri respiri affannati si scontravano uno sulla pelle dell’altra. Un’emozione così non l’aveva mai provata, e mi piaceva…
 
Il mattino dopo, fui svegliata dalla luce debole del sole che filtrava dalla finestra. Avevo la testa appoggiata al petto nudo di Lou, le coperte mi coprivano fino al seno e mi lasciavano scoperti i piedi. Ero completamente nuda e i miei vestiti e quelli di Lou erano sparsi per il pavimento della stanza. Mi misi seduta sul letto e osservai la stanza. Mi sentivo felice, i miei occhi non era più gli stessi. La mia sensibilità non era più la stessa. Ogni cosa che toccavo, vedevo o sentivo mi lasciava delusa. Speravo di poter sentire quel benessere provato baciando Lou. 
Presi la mia maglia e me la misi. Andai in bagno e mi sciacquai il viso. Quando uscii dal bagno, Lou si stava vestendo. 
– Ehi, buongiorno, amore – mi disse con un sorriso malizioso. 
– Buongiorno – risposi imbarazzata. 
Ci preparammo e andammo a scuola.
Avevo ancora in mente di andare via da Doncaster, ma come avrei fatto dopo quella notte? Durante la lezione di trigonometria, pensai a... “un piano”. Louis non mi avrebbe mai lasciata sola e non avrei mai avuto modo di preparare le valigie e scappare. C’era solo un’unica soluzione: ferirlo. Dovevo arrivare a ferirlo per farmi lasciare andare. Dopo la mensa, presi Harry in disparte fuori l’aula di Lou e attesi che Lou venisse. Appena lo vidi, guardai Harry che continuava a chiedermi cosa fosse successo. 
– Baciami – dissi vedendo Lou.
– Eh? – rispose Harry. 
– Baciami e basta! – dissi. 
Lo presi per la maglia e lo baciai…
 
Ciaooo. Ho da darvi due notizie: una bella e una brutta. La bella è che tra 10-11 capitoli, ci sarà la fine di questa orrenda FF ʘ‿ʘ 
la brutta è che ne comincerò un’altra. Eh, già D:
Comunque, che ne pensate del capitolo? Il finale mi è stato suggerito da una fan, che ringrazio con il cuore 
Mi fece male, molto male. Ma dovevo. Mi staccai dalle labbra di Harry e guardai alla mia sinistra e Lou era paralizzato. Lo guardai per poco, poi abbassai la testa. 
– Ma cosa…? – chiese Harry. 
Non completò la domanda, perché vide Lou. 
– Louis, io… – disse Harry. 
– No, tu non parlare – disse Lou avvicinandosi. – Come cazzo hai potuto?! – mi chiese. 
Io ero a testa bassa e stavo per piangere. Dovevo essere forte. Alzai la testa e lo guardai. Mi pizzicavano gli occhi: di lì a poco, sarei scoppiata a piangere. 
– Volevo baciarlo, ecco tutto – risposi. 
– Vi lascio soli – disse Harry scomparendo in dietro la porta dell’aula. 
– Pensavo tu mi amassi – disse Lou appena fummo soli.
– Ti sbagliavi. È stato bello finché è durato. Ora mi sono stancata –
– No, non puoi dire questo – disse tra i denti. – Non puoi dire questo dopo questa notte –
Mi prese le braccia e mi sbatté contro il muro. 
– Guardami negli occhi, Lottie! – disse notando il mio sguardo basso. 
Alzai la testa. Mi scese una lacrima. Proprio quello che non volevo, piangere. 
– Ora piangi anche?! –
– Piango perché mi fai male –
Non mi facevano male le braccia, mi faceva male il cuore. Si stava sbriciolando lentamente e, ogni pezzo che cadeva, faceva sempre più male. 
Lui lasciò le mie braccia. Ritornai a guardare il pavimento.
– Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami – ordinò lentamente e sottovoce. 
Alzai nuovamente la testa, lo guardai negli occhi.
Pronunciai lentamente le parole: – Io non ti amo –
Il mondo ci crollò addosso. A me, mentendo. A lui, sentendo quella bugia che credeva verità. 
– Per poco, ho creduto che tu mi amassi – disse. 
Abbassò la testa e entrò nella sua aula, lasciandomi in quel corridoio. Lontana dagli occhi di tutti, potevo piangere quanto volevo. Ebbene, le lacrime cominciarono a rigarmi il viso incessanti. I singhiozzi soffocavano ogni mio respiro. L’ossigeno non entrava più nei polmoni e l’anidride carbonica voleva uscire dal mio corpo, ma non ce la faceva per i miei singhiozzi silenziosi. 
Lentamente mi trascinai fuori dalla scuola. Inviai un messaggio a Lou con scritto: “Io torno a casa” 
Tornai a casa, quella casa che non era mia, che non era mai stata mia, ma che era così accogliente e piena di ricordi. Salii subito in camera mia e presi le valigie. Dovevo essere felice che il mio piano avesse funzionato, ma non lo ero. Andando via da Doncaster, lasciando Lou, avrei lasciato una parte del mio cuore. Quando finii di preparare le valigie, chiamai un taxi. Scesi le valigie giù in attesa del taxi. “Sono tornata a casa mia. Ti chiamerò appena arrivata. Lottie” solo quel post-note lasciai a Lou. Non avevo il coraggio di scrivere altro. Arrivato il taxi, il taxista caricò le mie valigie e mi portò all’aeroporto. Comprai un biglietto per Roma, senza soste. Il volo era per le 03:50 p.m. Attesi, attesi e attesi. Sembrava che il tempo non passasse mai. Resi l’attesa sopportabile ascoltando musica. Nella playlist, nella mia playlist, c’era la canzone dedicatami da Lou. Amavo ascoltarla prima di dormire, perché mi dava sicurezza. “More Than This”, amavo quella canzone. Quella canzone, mi fu dedicata da Lou. Da allora non potevo far a meno di ascoltarla. 
– Attenzione: s’invitano i passeggeri a salire sull'aereo del volo Doncaster - Roma – sentii dall’altoparlante. 
Mi alzai e spensi la musica. Presi il mio bagaglio a mano e mi avviai verso l’aereo. Ero decisa, ormai. Sentii qualcuno prendermi il braccio. 
– Lottie, ti prego, fermati –
Era lui. Era Lou. 
– Che ci fai qui? – gli chiesi. 
– Sono venuto per fermarti. Non puoi tornare a Roma, non puoi –
– Io voglio tornare a Roma. Non voglio restare qui – mentii. 
– Cosa ti è successo, amore? –
– Io odio Doncaster… io odio te. Voglio andare via da questo inferno –
Lui mi lasciò il braccio e io salii su quell’aereo, separandomi per sempre da Doncaster e tutti i suoi simpatici abitanti. Lasciando Lou, ma non dimenticandolo mai. Ormai, il suo nome era inciso sul mio cuore. Cercai in tutti i modi di non pensare a Lou, a Niall, ormai diventato il mio migliore amico. 
“Mi mancherai. xo” inviai un messaggio a Niall. 
L’aereo decollò. Guardai dall’alto Doncaster. Le case erano minuscole, come l’ultima volta. Benché volare mi mettesse paura, quella era l’opzione più appropriata. 
Mi resi conto di essere molto stanca, così chiusi gli occhi e mi abbandonai al sonno. 
Mi svegliai di soprassalto e, stranamente, accanto a me c’era Lou.
– Amore, smettila di mentire e torna da me! – disse. 
– Lou, ti prego. Io voglio tornare a Roma – risposi.
 
“Credere nella croce è facile. La vera croce è crescere, perché non puoi più credere alle favole”, mi svegliarono quelle parole, quella musica: Emis Killa, Il Mondo Dei Grandi. Quanta verità in una sola canzone…
  
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