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Autore: indiceindaco    11/05/2013    4 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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XI L’ambizione dell’Axolotl

 

 

"L’axolotl è un tipo di salamandra
Con una straordinaria capacità di rigenerarsi.
Se perde una zampa, ne fa
Crescere immediatamente un’altra.
È in grado persino di rigenerare i suoi organi,
Compresi occhi, cervello e cuore.
Il suo potere di autoguarigione è in pratica,
Perfetto.
Ma alla fine poi muore.”

 
 
Erano le tre di pomeriggio e Draco non ne poteva già più. Quel giorno la lezione di Wang sembrava essersi cristallizzata in un non-tempo: come se tra i granelli di sabbia, quelli della clessidra tra le mani di Kronos, si fosse formato un grumo. Quel groviglio di eventi incombeva al centro della clessidra, e Kronos sembrava non essersene accorto.

Draco si carezzava col pollice quel filo di barba che aveva sorpreso sul suo viso, pensando palesemente ai fatti suoi. Non era da lui distrarsi durante una lezione, ma la storia evolutiva delle cure magiche era davvero troppo per lui. Aveva così improvvisamente notato quanto fossero affascinanti le venature del tavolo a cui era seduto. Non che quell’insolita passione l’avesse travolto per più di un minuto netto, ma aveva già perso il filo del discorso, tanto valeva continuare a rincorrere unicorni. Accanto a lui, Potter scarabocchiava geroglifici degni di Nefertiti. Draco si trovò ad osservarlo, e chissà come a far il punto della situazione. Era da sempre stato una persona riflessiva, che tendeva a rimuginare sulle cose, a mettersi in pari col destino, guardando al passato. Inutile dire che, purtroppo, era sua abitudine ripercorrere gli eventi nei momenti meno indicati.
Impugnò la piuma e scrisse elegantemente a margine della pergamena:

28 ottobre

 
Da quella data, quella che stava vivendo, avrebbe ripercorso tutto all’indietro, identificando problemi e possibili soluzioni. Sì, avrebbe funzionato. Funzionava sempre.
Poggiò il mento sul dorso della mano e guardò nel vuoto, mentre i ricordi si assemblavano nella sua mente, oltre ciò che sembrava star fissando.

Narcissa che lo lasciava, la casa vuota, il silenzio di quella sera, Blaise che poggiava la sua mano sul bracciolo della duchesse. Un brivido gli percorse la spina dorsale, ma Draco lo scacciò inspirando profondamente. Ecco il primo guaio, si disse, trovare casa, fare il trasloco.
Il Ministero, membri del Wizengamot tra i libri della biblioteca al Manor, le loro mani intruse fra le sue cose, i loro numeri e le vocette stridule, gli occhiali che scivolavano sul naso di quel tipo grassoccio, ed una pergamena fitta fitta di conti. Ecco il secondo impiccio, il pignoramento, i debiti.
L’addestramento Auror, gli esercizi, le lezioni, gli allenamenti che sarebbero cominciati di lì a pochi giorni, il primo mese trascorso inesorabile, il sentirsi inadeguato, il trovarsi invischiato in quella situazione, la voce di Shacklebolt, lui che barattava il suo futuro con la libertà di suo padre. Ecco qui, la frittata era fatta.
Tutti i pezzi al loro dannatissimo posto, incastrati come in un puzzle. Incastrati come lui.

Poi c’erano delle contingenze che rendevano il puzzle grottesco e nauseante, tipo il paesaggio del puzzle che Draco si sforzava di ricreare. Tipo Potter accanto a lui, Potter che faceva il bravo partner, che gli stava col fiato sul collo e che sembrava essere l’unica sua valvola di sfogo. L’unico con cui poter mantenere la facciata, nonostante il palazzo fosse stato raso al suolo. Potter con quella sua faccia da schiaffi e quel suo trasalire in continuazione, o quel disagio tra loro che Potter si ostinava a nascondere, senza il minimo successo. Potter che…

-Vuoi mettere radici, Malfoy?
Potter che gli metteva la mano sul braccio, in quel momento, facendogli perdere il filo del discorso e strappandolo alla sua sanità mentale.
-La lezione è finita.- diceva Potter, per l’appunto, sventolandogli con poca grazia la mano davanti agli occhi. L’aula era ormai deserta, a parte per gli ultimi studenti che chiacchieravano poco fuori dalla porta.
Draco alzò gli occhi al cielo, poi raccolse le sue cose e le mise ordinatamente nella borsa di pelle nera lucida. Poi si alzò, sistemò il mantello sulle spalle e fece per uscire.
Dannato, dannatissimo Potter che adesso gli strattonava l’orlo del mantello, per trattenerlo.
Poi Draco fece una cosa stupida, si voltò.
Gli occhi di Potter gli scavavano dentro: come quel brivido di quella sera, come quelle mani intruse fra le sue cose, come quel sentirsi fuori posto.
-Che diavolo ti prende, adesso?- ringhiò Potter fra i denti, con un smorfia di…risentimento?
Draco alzò le spalle, mettendo su la maschera, di nuovo, dopo un attimo d’esitazione. Rigenerando quel ghigno beffardo, dove prima sembrava esserci un taglio amaro.

Non rispose, si limitò ad avvicinarsi a Potter, che aveva lasciato sul suo mantello delle sgradevoli pieghe. Ecco cosa faceva Potter alla sua vita, la afferrava e la spiegazzava qui e lì, di modo che fosse ben visibile. E Draco si sorprese a fissare le pieghe sulla stoffa, e a dirsi che non gli dispiaceva quell’ondina che dava movimento all’orlo argentato del suo mantello.
-Sei schifosamente lunatico, Malfoy. Mi stai facendo impazzire. Io non so come mai comportarmi, cosa dire. Voglio dire io…-Potter era un fiume in piena, gesticolava, le guance congestionate, sembrava quasi in apnea.
-Io ci sto provando. Non sono la persona più felice al mondo ma…Ci sto provando ad andarti a genio, a tollerare le tue stravaganze e a cercare di dimenticare il passato, di convincermi che ho un’altra persona davanti ma…Malfoy, diavolo, fa’ qualche sforzo anche tu perché…-
Le dita di Draco raggiunsero quelle labbra, zittendole. Non sapeva quale strano impulso l’avesse portato a zittire Potter a quel modo, invece che con le sue solite battute acide. Non sapeva cosa trovasse di piacevole in quel calore sui suoi polpastrelli, non sapeva cosa fosse quell’energia tra le sue dita e le labbra di Potter.
Gli occhi dell’altro non scavavano più, erano persi e interrogativi.
-Ho mal di testa, Potter. Ed ho fame, andiamo a pranzo.
Quasi non riconobbe la sua voce, ma si complimentò con se stesso, per essere riuscito a salvarsi la pelle, ancora una volta.
 
***

Hermione, in anticipo rispetto al proprio turno, fissava i cartoncini color crema comprati quella mattina e riempiti da un'elegante calligrafia. Era sicura di aver dimenticato qualcosa eppure gli inviti erano in bella mostra fra le sue mani. La lista della roba da comprare era affissa sull’anta dell’armadietto metallico, c’erano già bicchieri e piatti colorati e rimpiccioliti fra gli scaffali. Tutto sembrava al proprio posto, così annuì decisa e chiuse magicamente l’armadietto. Zabini era seduto sulla panca di fronte gli armadietti ed Hermione trasalì per la sorpresa.

-Buon pomeriggio, Granger.- disse Blaise nascondendo un sorriso. Hermione fece un cenno col capo e sorrise apertamente. Nell’ultimo periodo aveva rivalutato Zabini e sospettava che anche il ragazzo avesse formulato un simile giudizio nei suoi confronti.
-A te, Zabini. Che reparto oggi?
-Terzo piano, un gioioso pomeriggio di avvelenamenti da pozioni. A te cosa tocca?- rispose Zabini, abbottonandosi il camice meticolosamente.
-Oh, sublimi le lesioni da manufatti: ritorni di fiamma di bacchette, esplosioni di calderoni, scontri tra scope e quei divertenti imprevisti magici…

Zabini fece un mezzo sorriso annuendo, poi la guardò accigliandosi. Hermione inclinò il volto da una parte, sorpresa da quella reazione. Poi Zabini allungò la mano verso il suo camice e con un movimento impercettibile, perfettamente calcolato, lasciò scivolare qualcosa nel suo taschino, proprio sul seno. Per un attimo ad Hermione si spezzò il respiro.
Poi Zabini tornò a sorridere, cristallino.
-Avevi dimenticato il ricostituente.- disse Zabini alzando le spalle.
Hermione arrossì lievemente e tolse abilmente le castagne dal fuoco:
-Oh, non solo quello! Aspetta un secondo…

Aprì velocemente l’armadietto e ne tirò fuori uno di quei cartoncini, tendendolo a Zabini, con poche cerimonie.
-Harry ha organizzato una serata a casa sua, sarà tra un paio di giorni. Niente di sfarzoso, cioè non è una festa in grande. Giusto un paio d’amici…Ecco, Harry inviterà Malfoy, e pensavo fosse corretto invitarti così…- come sempre, quando s’agitava cominciava a mettere mille parole una dietro l’altra e tendeva a diventare logorroica.
-Granger, stai per andare in iperventilazione, e dobbiamo farci trovare in reparto, praticamente…adesso. Ne parliamo dopo, sì?- disse Zabini lasciando scivolare l’invito in una delle tasche laterali del camice. Hermione deglutì ed annuendo guardò l’orologio da polso:
-Sì, in effetti…tra una cosa e l’altra s’è fatto tardi ed arriveremo in ritardo se non…- alzò lo sguardo, quando sentì la porta dello spogliatoio richiudersi. Zabini era già uscito.
 
***

-Cosa credi di fare?
-Credo di proteggerli, credo di proteggere te…è l’unica idea che abbiamo, è la migliore ed è mia, mi piacerebbe la rispettassi.
-Beh, la tua idea fa schifo.
La barba scura sfrega sulla cicatrice di quella guancia, stringendo quel corpo stanco.
-Non fare l’eroe, non farlo. Io…- il singhiozzo si perde sulla clavicola dell’altro.
-Shhhh…Tornerò, te lo prometto. Non faccio l’eroe, faccio ciò che è giusto. Li depisteremo, funzionerà.
Gli occhi d’argento schivano le lacrime, accarezzando quella schiena curva.
-Farà male, ma tornerò. Tieni il mio diario. Leggilo, farà meno male.
-È questo che ci rimane? Delle righe scritte su una pagina?- la voce si incrina di nuovo, coperta dal crepitio del camino.
Una mano artiglia delle dita, se le porta sul petto. Un battito impetuoso, vivo e caldo:
-No, è questo che ci rimane, e dobbiamo lottare per mantenerlo.
 
***
 
Si trovarono su quella panchina, quella che durante tutta l’estate aveva diviso con Ron, ed era strano non provare nessuna stranezza in quel quadretto, che solo un mese prima sarebbe stato esilarante. Avevano mangiato un tramezzino al volo, camminando per Diagon Alley, sotto un cielo carico di una pioggia che si faceva attendere. Erano stati per lo più in silenzio, il ronzare dei pensieri di Malfoy sembrava parlare per entrambi. Poi Harry si stiracchiò, attirando l’attenzione dell’altro, fino ad allora concentrato sul cielo cupo e denso di nubi.

-Non sono lunatico…- smozzicò Malfoy, guardandolo circospetto.
Harry inarcò un sopracciglio, fissando l’espressione cauta del ragazzo di fronte a lui.
-Sono un milione di cose, Potter, ma non contemplo l’essere lunatico.
-Ah no? Oggi non mi hai rivolto parola, mi fissi come se potessi guardarmi attraverso, neanche fossi Nick-quasi-senza-testa. Ieri sera eri a casa mia e non hai fatto che parlare, aiutarmi perfino…Io non ti capisco, Malfoy.- sbottò Harry, sulla difensiva.
Malfoy tornò a guardare il cielo, mentre un gelido vento di tramontana faceva rabbrividire entrambi sulla panchina.
-Non è un buon periodo, Potter. Ho solo troppa roba per la testa, per preoccuparmi delle mie relazioni col mondo o di come questo possa percepirmi.- disse Malfoy, come parlando a se stesso.

Harry fu inchiodato da quella risposta. Non aveva mai pensato che Malfoy potesse davvero fregarsene del mondo, cioè…era Malfoy. Le sue prerogative si riducevano a due obiettivi: che tutti gli occhi fossero su di lui e che ci fossero per ammirarlo. Di lì ad essere talmente disinteressato da riuscire persino a dirlo ad alta voce, ed a lui…Proprio non se l’aspettava. Rimase senza parole, mentre Malfoy continuò a parlare, sebbene nessuno glielo avesse chiesto.

-So che siamo partner, che è una situazione scomoda per entrambi e che dobbiamo collaborare. Che questa cosa non piaccia né a me né a te, non sembra essere rilevante. Dobbiamo andare d’accordo. E per farlo dobbiamo darci degli obiettivi e concentrarci su quelli, almeno non ci daremo addosso.
Malfoy sembrava improvvisamente ragionevole, amichevole forse. Ed aveva assolutamente senso quello che stava dicendo, era giusto ed Harry, seppur con fatica, annuì trovandosi d’accordo.
-Io non voglio sapere dei tuoi problemi con la tua ragazza, o con la sua famiglia. Non voglio sapere dei tuoi incubi, delle tue certezze, né dei tuoi amici. Non voglio conoscerti, Potter.- disse Malfoy, neutro e senza scherno. –E non voglio che tu sappia nulla di me, non voglio che tu voglia conoscermi, se mi spiego. Ma purtroppo, neanche ciò che vogliamo sembra essere rilevante. Ed il conoscersi sarà inevitabile, dato che lavoreremo insieme. Non per questo dobbiamo stabilire un giorno della settimana da dedicare alle confidenze, o a tutto quel genere di roba da dementi.

La sensatezza di Malfoy assumeva sempre più una logica schiacciante. Harry annuì di nuovo, cercando di non rimanere a bocca aperta.
-Dunque, Potter, queste sono le regole. Mi aspetto che tu le rispetti, e che tu mi lasci i miei spazi, evitando exploits come il precedente sul mio essere lunatico.
-D’accordo. Hai ragione, Malfoy.- disse Harry, troppo frastornato da quella valanga di razionalità, che gli opprimeva la mente, impedendogli di ribattere a tono.
-Ottimo…quanto a quegli obiettivi. Ricordi cosa disse la Chappels, alla prima lezione di duello?- chiese Malfoy, guardandolo con una luce diversa negli occhi.
-Volenti o nolenti collaborerete?- rispose Harry incerto, mentre cercava di identificare quel bagliore nel mercurio che lo scrutava guardingo.
- Ai due più meritevoli sarà data la possibilità di un'esperienza diretta sul campo- citò Malfoy, con un’esattezza inquietante.
Harry capì cos’era quel guizzo negli occhi di Malfoy esattamente in quell’istante: ambizione, tutta Serpeverde.
-Saremo noi a fare quell’esperienza sul campo. Saremo i migliori, Potter. Ecco il nostro obiettivo.
 
  
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