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Autore: jean sebastien    12/05/2013    1 recensioni
Gli amici. Esseri ignoti. Non si può mai dire di conoscerli finché la vita non ci porta a determinate situazioni. "Era il mio migliore amico" è un racconto breve che narra la sparizione di Sandro, il miglior amico del protagonista. Quest'ultimo, attraverso un flashback, analizza gli eventi che hanno portato a questa misteriosa sparizione, dal principio fino alla sorprendente rivelazione finale.
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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ERA IL MIO MIGLIORE AMICO

 

 

 

Gli amici. Esseri ignoti. Non si può mai esser sicuri di conoscerli bene finché la vita non ci porta a determinate situazioni. Il mio amico ed io eravamo molto legati.

Il nostro era il rapporto di una buona fratellanza, abbiamo sempre condiviso ogni singolo respiro della nostra vita da quando ci siamo conosciuti: i drammi, i momenti d'estasi e le disquisizioni letterarie. La nostra amicizia non era solida solamente nei momenti di spensieratezza. Sapevo che potevo contare sul mio amico in ogni momento, come io avrei rinnegato la mia famiglia pur di difenderlo e di stargli vicino per confortarlo. Di certo lui non rinnegò il suo egoismo. Il velo del vizio gli coprì improvvisamente gli occhi gli oscurò la mente, come uno straccio bagnato gettato sul lume di una candela. Dopo tanto tempo mi chiedo: fui io a tradire lui? Signori miei, questione di punti di vista. Leggo il disgusto nei vostri sguardi, la ferocia provocata dalla sete di vendetta è dipinta con nitidezza nei vostri volti. Ebbene sappiate che vi compatisco. Non mi incutete il minimo timore. Se conosceste voi le ragioni che mi hanno spinto ad allontanarmi. Mi giudicate un mostro senza aver la minima idea di quanto siano pericolose a volte le amicizie. Voi non comprendete! O forse son io che non comprendo voi... chi hai mai stabilito che la bilancia della ragione penda da un lato solo? Allora mi si ascolti, che io abbia la possibilità di esprimere le mie ragioni. All'epoca dei fatti ero innamorato, signori miei. Perso. Un amore giovanile, candido. Inizialmente non provai desideri erotici, no. Mi bastava averla vicina, quella ragazza, e provavo un senso di grande completezza del mio essere. La sua anima si fondeva nella mia. Ma si sa bene come marcia il mondo: nulla è statico, tutti gli elementi della natura e dell'umanità mutano quasi inspiegabilmente, talvolta con il nostro dissenso. Col tempo aumentai il mio desiderio, non mi bastava più esserle solo amico. Maturai il mio amore per lei in pochi mesi, sebbene la conoscessi da quasi una vita. Mi accorsi improvvisamente di lei, della sua persona, della sua essenza. Ma io ero così imbranato. Non sono mai stato una grande bellezza, né tanto meno un abile seduttore. Nonostante questa mia consapevolezza un giorno decisi di sorprendermi: le dichiarai il mio amore. Si, lo feci. La sua risposta non fu immediata ma dal suo successivo dimenarsi in certi discorsi spezzati da parole confuse mi resi conto che qualcun altro aveva preso nel suo cuore il posto che credevo mio. Di fronte a me, in quel momento, non vi era una ragazza ma un gabbiano con le ali legate che lotta nel mare in tempesta. Nonostante il rifiuto non mi sentii minimamente ferito nel mio orgoglio e mantenni la speranza che un giorno sarei riuscito a conquistarla.

 

Passarono due anni ed io continuavo invano a credere nel mio amore per lei. Tenevo celato il mio affetto che d'un tratto divenne altalenante: quando credevo d'essere completamente guarito dalla mia malsana passione, eccola ritornare con veemenza. Confidai il tutto al mio amico, nella sua casa, sperando di trovare nel mio sfogo la pace che un vero amico riesce a trasmettere. Notai in lui una certa agitazione quando gli rivelai l'identità della mia adorata. Mi consigliò vivamente di dimenticarla, mi disse che riusciva ad avvertire un grande timore nel pensare a qualche pazzia che avrei potuto creare a causa di questo amore. Temeva la distruzione della nostra amicizia. Con la promessa che l'avrei dimenticata terminai la conversazione e decisi di tornare a casa. Ero stanco, furioso, sconfortato. Non avevo trovato la compassione che credevo di meritare. Tuttavia credo che riuscii a seguire il consiglio del mio amico: la dimenticai. Non mi feci più vedere da lei e lei non mi cercò. Questa era la prova definitiva della sua indifferenza per la mia persona. Il mio inseguimento fantasioso durato due anni era stato inutile. L'avevo certamente dimenticata. Il suo pensiero non provocava in me la minima reazione. Il mio ricordo di lei era confuso, non ricordavo appieno il suo volto. Non riuscivo più a ricreare la sua voce nella mia mente. Quella voce... che al solo pensiero, in un passato ormai lontano, ispirava nella mia mente delle dolce melodie. Volevo essere un pittore per poter imprimere il suo volto sulla tela; scultore per dare alla sua figura una concretezza maggiore, musicista per diffondere nell'aria la sua voce. Tutto questo ormai apparteneva al passato, non avevo più il minimo desiderio di rivedere la sua immagine. Ero certo di averla dimenticata. “Se l'avessi dimenticata davvero non penseresti a lei in ogni singolo istante della tua esistenza” mi avrebbe detto il mio amico. A proposito, mi ricordai che da due mesi non lo vedevo. Stranamente non avevo sentito la sua mancanza. Sollevato, uscii di casa. Controllai la cassetta delle lettere e vidi al suo interno un foglio. Lo aprii e vidi scritta una frase: “raggiungimi giovedì alle 17, se puoi, al parco, alla panchina che ben conosciamo.”

Così feci. Raggiunsi la panchina e vidi qualcuno seduto. Mi avvicinai e misi la mia mano sulla sua spalla.

 

Me la ricordo bene.” dissi. “fu qui che ci conoscemmo diversi anni fa.”

Mi dispiace d'averti dato una delusione, proprio in questo posto che per me ha significato tanto.”

E' tempo passato.” risposi.

Ti ho chiamato per una questione importante. Urgente. So che sei amico di Sandro da molti anni. Tu sai ogni suo segreto.”

Lo so bene. Ma non so nemmeno io dove sia andato.”

Come fai a sapere che è sparito?”

Sentii una vampata di calore assalirmi il volto.

Sono due mesi che non lo vedo” risposi prontamente. “Non sapevo che vi conosceste. Almeno fino a due mesi fa.” riflettei un momento e poi proseguii “l'ultima volta che l'ho visto.”

Ho le chiavi” disse lei.

Della sua casa?”

Ovvio. Siamo fidanzati da quasi un anno.”

Sapevo anche questo.”

Fin adesso non ho osato entrare di nascosto in casa sua.”

Bene” dissi “lo farai ora.”

 

Entrammo nella casa di Sandro. Tutto era stato lasciato esattamente come l'ultima volta in cui l'avevo visto. Alzai lo sguardo verso il fucile appeso al muro.

Come mai hai atteso due mesi prima di rifarti viva?” chiesi alla ragazza con tono lievemente accusatorio.

Perché Sandro mi aveva parlato, il giorno prima che sparisse, di una questione delicata che doveva risolvere. Ma non ho mai saputo cosa fosse. Sapendo il tipo misterioso che era ho deciso di attendere per tutto questo tempo.”

Perché questo atteggiamento da schiava?” le chiesi con la rabbia che invadeva tutto il mio essere.

Perché non capisci cosa voglia dire amare...”

Non ripeterlo. Non ripetere mai questa frase di fronte a me... io... io che per due anni ho gettato a terra il mio orgoglio, per cercare un minimo di quell'amore che hai sempre rifiutato di concedermi! Ero l'uomo giusto per te! E tu hai riso... il giorno in cui ti dichiarai il mio amore tu ridesti quasi e la sera stessa uscisti con le tue amiche a farti quattro grasse risate, chissà, magari brindando...

Cosa ne sai tu di quello che ho fatto quella sera? Cosa ne sai tu dei miei sentimenti?!” mi urlò contro.

Perché quella sera ti seguii... non staccai per un istante gli occhi da te. Come adesso non riesco a togliermi dalla testa le parole di Sandro.”

Mi avvicinai al fucile appeso al muro e lo osservai insistentemente.

Fu quella maledetta sera. Non riuscivo a levarmi la tua immagine dalla testa. Allora mi recai da Sandro e gli rivelai il tutto. Lui quella sera cercò inizialmente di confortarmi ma quando gli dissi il tuo nome si agitò. Mi incitò di dimenticarti. Capii allora che qualcosa non quadrava. Sandro non è mai stato bravo a nascondermi i suoi segreti. E' stata questa la sua disgrazia... mi ha raccontato tutto... del vostro improvviso amore. Il tutto per causa mia. Sono stato io a farvi incontrare...”

In quello stesso istante suonò il telefono nella casa. Prontamente mi diressi verso il telefono e sollevai la cornetta. Poche ore dopo mi trovai in un ospedale, scosso e terrorizzato. Incontrai un medico lungo il corridoio: alto, calvo, il naso aquilino e le spalle strette. Mi ricordò un corvo. Pochi istanti dopo mi accorsi di aver ragione a pensare a quei tremendi volatili, annunciatori di morte. Entrammo in in corridoio lungo e stretto che aveva molte porte ai lati. Avanzammo un poco lungo il corridoio ed vidi un gruppo di persone riunito attorno ad un lettino. Poi voltammo bruscamente a sinistra ed entrammo in una stanza bianca, vuota. Vi era solamente un lettino nel mezzo con una sagoma coperta da un velo. Ci avvicinammo al corpo e il medico scoprì il volto, senza il minimo tatto o preavviso.

D'altronde cosa ci si può aspettare da un corvo?” sussurrai.

Lo riconoscete?” mi chiese il corvo.

Nella mia mente l'immagine si fece chiara. Rividi me stesso nel salotto di Sandro: lui aveva lo sguardo fiero piantato sul mio volto. Sorrideva. Poi vedevo il fucile appeso al muro e la mia immagine che si avventava sull'arma. Pochi istanti dopo Sandro non aveva più il suo sguardo fiero posato sui miei occhi. Non aveva più uno sguardo. Il suo volto pronunciava un lieve sorriso e gli occhi erano rivolti al soffitto. Tenevo in mano il fucile che conteneva un ultimo proiettile in canna. Il cuore di Sandro, che tanto aveva amato, scopriva una macchia rossa sulla camicia bianca.

Lo riconoscete?” mi domandò nuovamente il corvo.

Si” risposi inghiottendo una lacrima: “era il mio migliore amico.”

  
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