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Autore: IllyElric    12/05/2013    3 recensioni
Sakura Haruno è una giovane ispettrice di polizia. Ama il suo lavoro e ama essere al servizio degli altri, ma ama soprattutto le sue amiche, compagne di innumerevoli avventure.
Soprannominata "la donna di ghiaccio" perché dopo la rottura col suo ex non si lascia corteggiare da nessuno, ma ci sarà qualcuno che non mollerà finché non ci riuscirà.
Ma quale segreto celano i suoi occhi e gli occhi del bel dottore? Perchè qualcuno le sta segretamente dando la caccia? In quale mistero è coinvolta la protagonista?
Dal capitolo 3: "Non resistere Sakura, non giocare col fuoco, potresti bruciarti. E sai bene chi verrebbe a medicare le tue bruciature."
Dal capitolo 12: "Sasuke, ti dichiaro in arresto per l'omicidio del Raikage."
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Entrambi arrivarono nella stanza del Raikage per verificare l’accaduto, si trovavano lì il dottor Yakushi e la dottoressa Uzumaki.
-Che diavolo è successo qui!-
Sasuke era irato e anche spaventato, ma doveva sapere assolutamente.
-Chiamo subito gli altri.-
Sakura si allontanò dai medici per chiamare i colleghi, era più che sicura che si trattava di omicidio, lei le sue ipotesi le aveva fatte, ed erano state proprio quelle ipotesi ad allontanarla da Sasuke. Ma stavolta niente e nessuno l’avrebbe fermata, era sempre più convinta che quei tipi fossero immischiati in qualcosa, e che tutti gli ultimi avvenimenti erano collegati con l’omicidio dei suoi genitori.
-Sembra sia stato avvelenato.-
-Di nuovo?!-
Sasuke sembrava furibondo stavolta. Ma chi diavolo era stato? In ospedale per giunta; che ci fossero delle spie?
Dopo circa una ventina di minuti arrivarono altri poliziotti in ospedale, e tra questi era presente Itachi.
-Bene dottori, se non vi dispiace dovremmo ispezionare un po’ qua e là e farvi alcune domande. Innanzitutto, c’era qualcuno nella sala quando la vittima si è sentita male ed è morta? O qualche testimone che ha visto qualcosa di sospetto?-
A parlare era stato un uomo alto dai capelli castani e dei grandi occhi neri che avrebbero spaventato chiunque, e Sakura lo sapeva bene, il capitano Yamato quando voleva qualcosa la otteneva, anche con un semplice sguardo.
-A dare l’allarme sono stata io, ero entrata per i soliti controlli e per vedere come si sentiva, stavamo facendogli degli ultimi esami oggi.-
A rispondere fu Karin con voce scossa e tremante.
Il capitano le si avvicinò per osservarla meglio, e Karin indietreggiò, spaventata da quel gesto e anche da quella vicinanza, quell’uomo le incuteva terrore, era così serio, e i suoi occhi indagatori le facevano venire la pelle d’oca.
-E lei signorina, sarebbe?-
-Uzumaki Karin signore, sono un’infermiera.-
-Sakura? Tu hai visto qualcosa di sospetto invece?-
-No capitano.-
Il capitano Yamato era il superiore di Sakura, lavoravano da parecchio tempo insieme.
-Bene, purtroppo però sei nella lista dei sospettati, in fondo eri presente quando la vittima è morta, e hai anche avuto contatti con lei, perciò com’è il regolamento, verrai interrogata anche tu.-
La ragazza non si scompose, evidentemente tranquilla perché sapeva di non essere stata lei, di avere la coscienza pulita, e avrebbe risposto a tutte le domande senza esitazione e senza timore.
-Bene, voi ispezionate questa stanza, voi invece l’intero ospedale, e se trovate qualcosa di sospetto venite subito a fare rapporto, io nel frattempo interrogherò i qui presenti dottori.-
-Mi scusi capitano, ma lei non ha il diritto di farlo. Si trova in un luogo pubblico e sta anche importunando e ostacolando il nostro lavoro.-
L’uomo si abbassò quel tanto per poter leggere il nome di chi aveva parlato.
-Dottor Yakushi Kabuto, ci troviamo di fronte ad un presunto omicidio. Io sono un rappresentante delle forze dell'ordine e devo indagare insieme ai miei sottoposti. Le sembra che nella mia posizione debba chiedere il permesso a qualcuno per svolgere ordinariamente il mio lavoro? Credo che ci siano altri potenziali dottori in questo ospedale che possano prendersi cura dei pazienti, lasci a loro il lavoro, per oggi prenderete un “permesso extra”. E ora seguitemi tutti in commissariato grazie.-
-Che arrogante.-
-Signorina Uzumaki, non peggiori la sua situazione, le ricordo che anche lei è un sospettato, e visto che vuole tanto parlare, sarà la prima.-
Sakura e Sasuke si scambiarono una fugace occhiata, poi seguirono il capitano fuori e si recarono tutti in commissariato come detto. Gli interrogatori durarono circa 45 minuti per ciascuno.
-Possiamo andarcene ora?-
-No. Stanno per arrivare… Oh, eccoli.-
Itachi si avvicinò al capitano sussurrandogli qualcosa di incomprensibile all’orecchio, poi entrambi guardarono Sasuke.
-Signor Uchiha, mi segua, devo farle qualche altra domanda.-
-Yamato lascialo a me, a questo giovanotto ci penso io.-
Un uomo alto dai capelli di uno strano colore grigiastro e una maschera che gli copriva metà volto compreso un occhio si intromise. Come chiesto Yamato lasciò l’Uchiha nelle mani del collega, sarebbe passato anche sotto le sue grinfie, e quando Kakashi diventava serio le cose si mettevano davvero male per il malcapitato.
Sakura anche li seguì ma non entrò, rimase fuori a guardare il tutto dal vetro e ascoltare il “discorso” insieme ad Itachi.
-Hai avuto paura, vero?-
Sakura non staccò gli occhi dal vetro, Sasuke era visibilmente teso, ma non ne capiva il motivo, e la sua voce era rauca.
-No, affatto.-
Itachi sorrise divertito.
-Quanta determinazione, scommetto che eri tu a mettere in soggezione Yamato mentre ti interrogava e non lui. Sei troppo dura con te stessa e con gli altri.-
-Devo. Il mondo è crudele, e non posso mostrarmi debole di fronte all’altro, devo lottare ed essere forte. Solo così posso andare avanti a testa alta.-
Notò che la voce di Sasuke non si sentiva più, le sue mani tremavano, poi si strinsero a pugno.
-Non direte mica sul serio?!-
Aveva ricominciato a parlare, e il suo tono si era notevolmente alzato, e anche lui aveva gettato a terra la sedia in preda all’agitazione e alla rabbia, che diavolo stava succedendo lì dentro? Si era messa a parlare con Itachi e non aveva più prestato ascolto all’interrogatorio.
-Itachi, entra.-
Kakashi da dentro la stanza chiamò Itachi, sapendo che era in ascolto, e da quel momento, ogni parola fu uno shock.
-Calmati e siediti. Allora Sasuke, ricapitolando, hai detto che alle 10:50 eri andato a visitare il Raikage, dico bene?-
-Sì.-
-La signorina Uzumaki dice di essere entrata un’ultima volta alle 11:05 e di averlo trovato morto, dopodiché ha avvisato gli altri con il cercapersone. Dunque la vittima è morta durante questi 15 minuti. Giusto il tempo di permettere al veleno di arrivare nelle vene e di fare effetto.-
Sakura aveva sgranato ancora di più gli occhi se era possibile e aveva stretto i pugni contro il vetro come a volerlo frantumare in mille pezzi, non poteva crederci, stavano sospettando di Sasuke…
-Sasuke.-
-Itachi, anche tu?-
Sasuke aveva la fronte madida di sudore, sudore freddo, aveva le palpitazioni e il respiro irregolare, si sentiva così male che credeva sarebbe morto da un momento all’altro. Il cuore gli batteva così forte che il petto gli faceva male, il dolore martellante alla testa lo stava facendo letteralmente impazzire, vederlo in quello stato era impressionante, sembrava uno psicopatico rinchiuso in una clinica.
Vederlo in quello stato fu traumatizzante per Sakura, era a dir poco spaventoso.
Itachi sospirò e chiuse gli occhi, poi li riaprì e con determinazione improvvisa disse quelle parole che fecero crollare emotivamente, fisicamente e psicologicamente il fratello.
-È  stata trovata questa nella tasca della tua giacca.-
Estrasse da un taschino una bustina di plastica contenente una piccola fialetta di vetro vuota.
-Itachi, ma cosa…-
-Sasuke, ti dichiaro in arresto per l’omicidio del Raikage.-
Un incubo… Sakura voleva fosse tutto un incubo. Non poteva essere vero, non poteva essere stato lui, Sasuke non era quel genere di persona.
Vide dal vetro il ragazzo che urlava parole incomprensibili e cercava di dimenarsi dalla presa di Kakashi e Itachi, quest’ultimo si affrettò a cacciare le manette e ad imprigionargli le mani.
Sakura non poteva reggere quella visione, si sentì improvvisamente male, la testa le girava vorticosamente, fu proprio il capitano Yamato che la prese per le spalle e la condusse lontana da quel posto notando come la ragazza stesse reagendo.
Calde lacrime scesero involontarie sul suo viso, non singhiozzava e non tremava, quelle gocce di dolore cadevano e le facevano male, le bruciavano il viso, l’anima.
-Sakura, forse è meglio che torni a casa.-
Quello del capitano Yamato non era un ordine, ma un consiglio da padre, esatto, perché il capitano per lei era sempre stato un punto di riferimento, come quel padre che non aveva potuto vederla crescere e maturare come una donna, quel padre che le era stato tolto via come un oggetto, senza ritegno, le era stato strappato via, proprio come gli era stata strappata via la vita.
Si asciugò in fretta le lacrime e andò via da quel posto che da tempo le incuteva terrore, il luogo in cui lavorava le faceva paura adesso.
Tutto le faceva paura, ogni cosa, tutto il mondo, anche le persone. Doveva rifugiarsi, voleva fuggire da tutto questo, ma non poteva.
Tornò a casa distrutta come non mai, aveva gli occhi gonfi per le lacrime e le guance umidicce, senza pensarci due volte si gettò sul divano e chiuse gli occhi, sperando ardentemente di rivedere i suoi genitori quando li avrebbe riaperti.
 
Quel posto gli faceva paura e anche ribrezzo, stare in mezzo a veri criminali non era mai stato nella sua lista di cose da fare, ma soprattutto condividere una sporca e lurida cella con persone altrettanto luride gli fece salire un conato di vomito.
Gli avevano assegnato una cella da condividere con uno strano tizio dai capelli color arancio. Era seduto con le spalle rivolte verso le sbarre e la faccia al muro, si era rintanato come un bambino in un angolino, indossava anch’egli la divisa nera dei prigionieri, ma la sua era tutta strappata e bucata.
“In che razza di posto sono finito, dannazione!” era il pensiero che lo perseguitava da quella orribile mattina.
Era stato un colpo basso per il suo orgoglio essere ammanettato e arrestato dal suo stesso fratello. Cosa avrebbe pensato adesso il padre? Lui era innocente! Non doveva nemmeno trovarsi in quel posto che puzzava di piscio ovunque! Si sedette esasperato su quello che doveva essere un letto e si coprì il volto con le mani.
-Ehi novellino.-
Una voce proveniente dalla cella di fronte lo fece ridestare dai suoi pensieri, così alzò il volto per vedere chi gli avesse rivolto la parola.
-L’hai combinata grossa eh?-
Era un ragazzo sicuramente poco più grande di lui con capelli chiarissimi leccati dietro, lo guardava con sguardo divertito.
-Sta zitto! Non dovrei nemmeno essere in questo posto! Mi hanno incastrato!-
Lo strano ragazzo cominciò a ridere senza contegno, poi tornò a rivolgergli la parola.
-Mi chiamo Hidan, e questo imbecille dietro di me che dorme è Kakuzu.-
-Non mi interessa.-
Il tizio dai capelli arancioni sobbalzò e cominciò a tremare, Sasuke si voltò per osservarlo, poi distolse subito lo sguardo.
-Spero tu e il tuo amichetto facciate amicizia, ma soprattutto spero vivamente che tu gli vada e genio.-
-Che intendi?-
Gli occhi di Hidan si ridussero a due fessure e ghignò malizioso e Sasuke cominciò seriamente a spaventarsi.
-Si chiama Jugo. È  un tipo strano. Ha ammazzato tutta la sua famiglia una notte mentre dormivano, non ha risparmiato nemmeno la sorellina, poi tentò di suicidarsi ma senza successo; ha seri problemi psichici secondo me. Ogni tanto ha degli attacchi isterici o altro, comincia a urlare come un pazzo e dice di voler ammazzare tutti. L’ultima volta che ha avuto un attacco ha cercato di mordere le sbarre. Amico, ti conviene stare attento, se soffrisse anche di cannibalismo sarebbero davvero cazzi amari per te.-
Poi tornò a ridere disturbando il suo compagno di cella che si era svegliato e gli aveva urlato qualche parolaccia incomprensibile.
Doveva assolutamente risolvere quella situazione o non ne sarebbe nemmeno uscito vivo da lì, soprattutto se al suo nuovo “amico” non piaceva come compagno. Doveva contattare subito il suo avvocato, in effetti ne aveva il diritto, non sapeva quando l’avrebbero processato ma prima cominciava a difendersi e più possibilità avrebbe avuto di poter vincere quella battaglia.
Neji Hyuga era uno dei migliori avvocati in circolazione, si fidava ciecamente di lui, anche perché erano compagni di liceo ed erano cresciuti insieme, avevano avuto anche dei momenti di “guerra fredda” quando aveva cominciato a frequentare la cugina Hinata, ma la cosa non era stata seria e non era durata molto, erano troppo diversi per stare insieme.
Per il momento però era meglio svuotare la testa e non pensare a nulla, anzi, una cosa in mente ce l’aveva.
Era pur sempre un medico, voleva capire bene i problemi di quel Jugo.
-Ciao Jugo, io sono Sasuke.-
Non era uno psicologo, ma sapeva che con persone affette da questo genere di crisi bisognava procedere a piccoli passi, proprio come si fa con i bambini dell’asilo, doveva imparare a conoscerlo… ma doveva anche stare molto attento, non voleva diventare la sua “merenda” (non sapeva nemmeno se era davvero cannibale, ma quel tizio di nome Hidan gli aveva infilato in testa idee assurde che però non ne volevano sapere di uscire fuori).
-Vuoi farmi del male?-
-No Jugo, voglio solo parlare con te.-
Il ragazzo si voltò di poco, e Sasuke poté notare un’enorme macchia che gli sfregiava metà del volto, e a guardarlo bene anche metà del corpo.
-Non sei uno di quegli strizzacervelli con cui mi fanno parlare sempre? Quelli che mi fanno ingoiare tante pillole?-
Era una prigione certo, ma le persone non potevano essere trattate come degli animali. Le sue crisi potrebbero anche essere causate da tutti i farmaci con cui lo imbottivano.
-No Jugo, io sono solo un dottore non uno strizzacervelli. Da oggi saremo compagni di cella. Allora, vuoi parlarmi un po’ di te o preferisci che cominci io?-
Si vedeva lontano un miglio che Jugo aveva problemi a socializzare, aveva paura della gente, per questo forse si rintanava in quell’angolino.
Sì, lo avrebbe aiutato, almeno fino a quando sarebbe rimasto lì.
  
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