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Autore: Paul_LeonheArt    12/05/2013    0 recensioni
Una bambina particolare con insoliti curiosi ciuffi di capelli blu che sembrano inevitabilmente attirare l'attenzione su di lei, abita in un piccolo villaggio, un simpatico anziano signore che se ne prende cura sin dall'improvvisa scomparsa dei suoi genitori tempo prima, quando lei ancora aveva solo 2 anni... Ignara del suo originale luogo di provenienza, dei legami di sangue, dei motivi dell'abbandono prematuro della terra natia, delle inspiegabili misteriose cose che accadono puntualmente attorno a lei, non sa di essere tanto speciale quanto i suoi genitori e gli eventi che intrecciano la loro storia, tantomeno di possedere sangue reale, un nome famoso, delle doti, un'eredità segreta rimasta celata e ferocemente custodita. Un'incredibile viaggio che la segnerà per tutta la vita, la attende nel mondo magico al quale ella appartiene sin dalla nascita; ricordati dalla contea di Reks's Hollow come eroi e salvatori, i genitori di Sadhara, sacrificatisi per salvarla e sconfiggere le forze oscure che minacciavano e dilaniavano il loro mondo in una guerra coinvolgente tutte i popoli e le creature magiche esistenti, lasceranno la figlia con molti interrogativi, poche risposte e ricordi fra cui un misterioso pendaglio violaceo incorniciato da un drago d'argento.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mirghaul – La chiave del bosco

Quel piccolo villaggio costruito in cima a un pendio, tutto circondato dal verde degli alberi fitti agganciati ai piedi delle montagne che li sovrastavano, era la sua casa sin da quando ricordò di esserci giunta tanto tempo prima. Portata in braccio da un uomo che la aveva accudita tutto il tempo, dopo il loro arrivo in quel posto mezzo sperduto e quasi del tutto isolato; sebbene lei fosse tanto piccola all'epoca da non poter certo conservare tanti ricordi nella mente, non avrebbe mai dimenticato quel giorno in tutta la sua vita, il cui ricordo era come marchiato a fuoco nella testa. Quando fece il suo ingresso in città quel tardo pomeriggio di tanti anni fa, sotto un manto denso di nuvole grigie che non volevano cedere spazio al minimo raggio di sole, lei era tenuta in braccio, beata e cullata da quell'uomo con la folta barba argentea di cui ignorava completamente l'identità o la provenienza, avvolta in una coperta rosso cremisi. La tranquilla piccola cittadina, col loro arrivo, sembrava esser stata scossa da chissà quale evento insolito e anormale, dal quale chissà come mai, sembrava non si sarebbe mai più ripresa. Mai più. Il tempo da allora passò e in fretta.
Sathara era ormai divenuta una bambina di 11 anni, sempre molto timida, nota a quasi tutti gli abitanti del minuscolo villaggio in cui abitava, Little Fenride. Si trattava di un villaggio piccolo, tranquillo, quasi isolato, costruito su una singola strada che puntava in una sola direzione dritta e in cui variava solo la percorribilità: tendeva a ad effettuare delle salite e discese ad alternanza in cui il suolo in pietra si protraeva imperfetto e scosceso; il villaggio era coperto tutt'intorno ai due lati, oltre le case e altri edifici in legno e cemento, da un paesaggio boscoso, decorato con una moltitudine di alberi e prati di tante sfumature verdi da impedire quasi la percezione dei contrasti di colori.
Era
quasi del tutto distaccato dal resto delle città più in basso, che si ergevano lì intorno, distanti poche decine di chilometri, unite da quella singola ampia strada di terra che si estendeva sempre in una via costantemente dritta, scendendo lungo la ripida altura sulla quale il villaggio si ergeva...
La piccola bambina di Little Fenride pareva essere oggetto di bisbigli e sussurri provenienti dagli abitanti nelle immediate vicinanze, ai quali lei sembrava ormai averci quasi completamente fatto l'abitudine; erano discussioni costanti quelle che si accendevano fra i passanti intorno a lei non appena la scorgevano in lontananza lungo la via, soprattutto alla vista dei suoi
curiosi, lunghi capelli marroni scuro che le arrivavano fino alla vita, alternati a piccole, sottili ciocche di un inspiegabile e quantomeno improbabile blu acceso... Talvolta alcuni non si risparmiavano occhiate curiose ed esplicite o mormorii congiunti al suo passaggio che mettevano lei, la dolce timida bambina, un po' a disagio, disagio che se possibile
contribuiva ad aumentare la sua regolare insicurezza. Normalmente questo accadeva, durante le sue passeggiate avanti e indietro lungo l'unica via che si protendeva fino in fondo alla periferia,
segnata da un piccolo cartello piantato per terra a un chilometro dall'ultimo edificio che delimitava la città da un lato. Un piccolo deposito chiuso e abbandonato da anni con il tetto spiovente... Il cartello che, con una vaga ironia date le circostanze, diceva: “BENVENUTI A LITTLE FENRIDE: LA STRADA CHE ACCOGLIE CHI SI E' PERSO LUNGO LA VIA!”. Dall'altro lato invece era abituata a scorgere in lontananza la città più vicina. A prima vista sembrava più estesa, più grande ed animata, pur vedendola a chilometri di distanza da dove si trovava lei, dall'alto delle pendici ripide e scoscese, guardandola protrarsi addirittura fino all'orizzonte, sia in lungo che in largo. Quella città arrivava a ridosso di un fiume lì vicino che la costeggiava; quasi arrivava a sfiorare i piedi delle alture da dove guardava lei, solo grazie a quell'unica strada che scendeva fino a valle. Quella strada di terra e sabbia, macchiata di sassi e polvere, sembrava l'unica via percorribile in tutta la zona, decisa a puntare persistentemente in un unica sola direzione, senza svolte, senza incroci, percorsi alternativi, scorciatoie o altro. Tutti gli abitanti di Little Fenride comunque non sembravano trovarsi a disagio, salvo per quella bambina quasi sconosciuta che gli era capitata lì fra capo e collo da quasi un decennio ormai e che da allora gironzolava in mezzo a loro, sempre accompagnata da quell'altrettanto misterioso vecchio...
Nessuno sapeva di preciso chi fosse la bambina dallo strano nome, Sathara; molti se lo chiedevano, pochi avevano una o due o più
teorie pronte di cui confabulare con i loro vicini, o i compagni di chiacchiere e pettegolezzi alla locanda di città. In principio, colti alla sprovvista, non sapevano che pensare, adesso a distanza di anni, ormai si erano abituati abbastanza alla presenza sua e del vecchio, strano, ignoto e discusso al pari della bambina. Di tanto in tanto capitava quel qualcuno convinto di saperla lunga, avendo già creato qualche propria congettura su di lei; del resto però non era il solo ormai da tanto. Quasi nessuno però provava ad avvicinarla
per farle domande...Erano tutti troppo perplessi dalla sua stranezza, da quei suoi ciuffi di capelli blu, o forse troppo rispettosi o magari timorosi di quello strano vecchio, pallido e smunto ma dall'aria curiosamente carismatica, dallo sguardo così penetrante, sempre a fianco della bambina durante i loro spostamente; forse era solo la loro comparsa nella cittadina che li aveva irreversibilmente turbati. A detta del vecchio, erano giunti da una terra sconosciuta 9 anni prima. Di quel loro improvviso arrivo in città, tutti ancora si ricordavano e parlottavano come fosse successo pochi giorni prima, per non parlare della storia oscura che si erano lasciati alle spalle... Tanto bastò per decidere che in fondo forse era il caso lasciar stare la piccola Sathara tranquilla, in pace, serena, in compagnia di quell'unica persona con la quale l'avevano sempre vista sin dall'inizio, della quale lei sembrava fidarsi ciecamente, come l'unico parente che avesse mai avuto; una persona del tutto fidata. Fra i più calmi e ragionevoli c'era chi ipotizzava con razionalità che riguardo a quella stupida storia dei suoi capelli blu, tanto discussa da alcune timorose, agitate signore di città -come se si fosse trattato di un contesto macchiato col malocchio-, potesse trattarsi semplicemente di un colore del quale la ragazzina se li poteva probabilmente esser tinti; giovane com'era e come per tanti altri bambini giocosi e spensierati alla sua età, chiaramente poteva esser un modo di giocare, di personalizzare il proprio aspetto, per distinguersi da tutti gli altri magari; forse quella bambina cercava solo di apparire di più, attirare prontamente l'attenzione su di sé, farsi notare maggiormente rispetto a chiunque altro da quelle parti. In effetti questa ipotesi, fra tutte la più plausibile, sembrò aver iniziato a prevalere su tutte le precedenti altre, una più improbabile e strampalata dell'altra. A poco a poco cominciava a convincere gruppi di persone, ad esser condivisa da sempre più gente. Questa teoria, si diceva la bambina -che più di una volta riuscì a captare certi discorsi che di tanto in tanto prendevano corpo attorno a lei-, sarebbe stata accettabile e rassicurante; più buone erano le probabilità che si affermasse quella storia meglio era, soprattutto non tanto per la serenità degli altri quanto per la sua: intorno a lei sembrava aleggiare sempre un inspiegabile alone di fascino, una sorta di misterioso velo d'attenzione destinato a volteggiare su di lei, velo che sembrava aver effetto su tutti coloro che si trovavano nelle immediate vicinanze. Ultimamente però, stava imparando a non farci più tanto caso; era così che andava sin da quando Sathara era arrivata in quella piccola città tempo prima, giunta da una terra lontana ignota persino a lei, in braccio a un viaggiatore che l'aveva portata via da chissà dove, chissà per quale motivo, per farla restare lì, a stabilirsi con lui in quello strano villaggio. Quel posto era sempre stato privo di novità di cui far discutere a lungo gli abitanti, di eventi speciali che potessero stuzzicare la curiosità dei presenti che potevano avervi assistito, di fatti particolari che potessero mai scuotere la monotonia e la tranquillità solite di quel luogo, fin quando improvvisamente non capitò lei. Sathara Nadil, questo era il suo nome; questa era una delle poche cose affiorate su lei col tempo, da quando gli abitanti del villaggio
9 anni fa, accolsero un altrettanto strano individuo che portava con sé in braccio lei, ancora bimba, di appena 2 anni con un ciuffo di capelli di un insolito blu indaco
che le incorniciavano la fronte rotonda, già allora. L'uomo dai lunghi capelli grigi confusi con la barba argentea, i baffi bianchi come marmo, era giunto in un lungo mantello da viaggio perlaceo, da un posto di cui nessuno aveva mai sentito parlare. Quel giorno, davanti a un gran boccale d'idromele offertogli alla taverna locale Vecchio Lupo Selvaggio, lui raccontò a Sam il proprietario, e alla enorme ammucchiata di gente desiderosa di sapere tutto -che lo avevano scorto in lontananza prima di varcare l'ingresso scosceso in città-, di venire da Reks's Hollow: unvillaggio situato nella contea di Harpery; eppure nessuno aveva la più vaga idea di cosa stesse parlando; nessuno riusciva a credere alla storia di quell'uomo, il quale parlò per ore, narrò senza tanti intervalli, le parole che scorrevano fluide e ininterrotte, come il fiume accanto alla città vicina alla loro oltre la discesa, e alle montagne che coprivano appena la vista al lato est della città. Gli abitanti rimasero altrettanto sbigottiti e senza parole quando lui spiegò che aveva
tratto in salvo la piccola bimba da un terribile scontro all'ultimo sangue con degli individui ignoti, oscuri; purtroppo in quello scontro erano stati coinvolti e rimasti
tragicamente uccisi i suoi genitori e la loro creatura domestica -di cui lei la piccola Sadhara forse avrebbe potuto solo sentir raccontare un giorno, da chi li potesse aver mai conosciuti-, un animale sul quale però il vecchio preferì non soffermarsi troppo. L'anziano uomo tutto imbacuccato nel suo mantello da viaggio dal colore opaco che celeva gli abiti che indossava fino alle calzature, e il suo grande curioso cappello a punta rosso acceso, chissà perché cercava sempre di sviare quanto più possibile la domanda che più di una volta gli era stata posta quel giorno, su di che animale dovesse trattarsi, data la curiosità feroce degli ascoltatori, affamati di dettagli, di racconto, di storia da andare a raccontare a loro volta ad altri come quelli riuniti là in quella tavera, quel tetro giorno...
Molti fra gli abitanti del villaggio, inizialmente increduli al racconto del vecchio, non sembravano neanche del tutto convinti; alcuni ritenevano addirittura che il vecchio fosse pazzo, un folle, uno svitato o addirittura pericoloso, forse anche per la stessa bambina che veniva sempre visto portare con sé al suo fianco senza mai lasciarla sola un minuto...

   
 
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