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Autore: VahalaSly    13/05/2013    1 recensioni
"[...]Improvvisamente vidi un'ombra vicino al Platano Picchiatore; sembrava essere appena uscita dal tronco, cosa altamente improbabile. Severus sembrò vederla a sua volta, poiché si lanciò all'inseguimento. Raggiunse il Platano Picchiatore e lanciò un incantesimo, così che l'albero smettesse improvvisamente di muoversi.
Sentii letteralmente la mia mascella in caduta libera.
Prima che potesse fare anche solo un altro passo però, un'altra figura si diresse correndo verso di lui. Lo raggiunse e lo bloccò, parandoglisi davanti."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Camminammo per un po' fianco a fianco, il rumore dei nostri passi che risuonavano sul vialetto.

Non volevo tenere il broncio, non ne avevo motivo: Black aveva semplicemente detto ciò che pensava e di sicuro Lupin non ne era responsabile.

Tuttavia, anche se non riuscivo a spiegarmi il perché, ciò che mi aveva ferita di più era stato il silenzio da parte degli altri mentre Black parlava. Nessuno aveva speso nemmeno una parola per difendermi.

Certo, Lupin gli aveva detto di smettere, ma non l'aveva contestato. Erano tutti d'accordo con lui.

“Mi dispiace.” sussurrò all'improvviso il ragazzo, interrompendo i miei pensieri.

“Non c'è niente per cui tu ti debba scusare. Black ha semplicemente dato voce ai suoi pensieri, ne ha tutto il diritto” risposi più fredda di quanto desiderassi.

“Non mi sto scusando. Sopratutto non per quello che ha detto Sirius.” rispose, al che io lo guardai confusa.

“Mi dispiace che tu abbia dovuto subire le conseguenze di una guerra tra case che va avanti da secoli e di pregiudizi che esistono da sempre. Se c'è qualcuno che ti capisce, fidati, quello sono io.”

Mi fermai, girandomi a guardarlo. Quasi avevo dimenticato la sua "condizione”.

Sentii come se ora fossi io a dovermi scusare.

Lui mi guardò serio, il viso segnato da una tristezza che potevo solo immaginare. Avrei voluto dire qualcosa, qualunque cosa, ma non ne fui capace, perciò gli presi lentamente la mano, stringendola piano. Lui guardò le nostre mani unite, sorpreso, poi mi sorrise.

“Dovremmo rientrare” borbottai imbarazzata, ritraendomi.

“E' ancora presto. Perché invece non facciamo un giro?” mi chiese dondolando avanti e indietro sui talloni, le mani nelle tasche.

Annuii, ancora a disagio per via del mio gesto, e tornammo indietro per la strada appena percorsa.

“Sarebbe da maleducati chiederti com'è?” domandai, incapace di trattenermi.

“Com'è cosa?” rispose gentilmente.

Arrossii, indecisa se era il caso di fare una domanda così personale. “Com'è... trasformarsi, essere un animale. Un essere completamente libero.” spiegai in un sussurro. Lui rimase in silenzio, guardando avanti, e io temetti di averlo offeso. Prima che potessi scusarmi però, lui ruppe il silenzio: “La trasformazione in sé è terribile. Non credo mi abituerò mai. Perdi completamente il controllo dei tuoi sensi, tutto ciò che percepisci è paura e dolore. Senti le ossa spezzarsi, i muscoli tendersi, il cervello annebbiarsi. Poi non rimane niente. Niente tranne la rabbia e la fame. Non sono libero, non sono nemmeno io. L'animale prende completamente il controllo, mi impedisce di ragionare, di chiamare aiuto, anche solo di rendermi conto di ciò che sta accadendo. Attaccherei il mio migliore amico se me lo trovassi davanti. Attaccherei un bambino in fasce...” la voce gli si spezzò. Si voltò, fermandosi. “Ti ho turbata.” constatò malinconicamente.

“No, non è così. E' solo che me l'ero immaginato in maniera diversa.” ammisi, incapace di guardalo negli occhi. La verità è che ero turbata sì, ma non dalle sue parole, quanto dall'angoscia che ne trapelava. Me ne sentii oppressa, schiacciata. Desiderai poterlo liberare da un tale peso.

Se capì la verità, di certo non me lo fece pesare. Ridacchiò cupamente e riprese a camminare, dandomi le spalle.

Il vento soffiava più forte adesso e i miei capelli iniziarono a volare dappertutto; cercai di tenere il passo di Lupin e contemporaneamente domare i ricci, ma con scarsi risultati.

Quando finalmente entrammo in un negozio ormai sopra la testa avevo un cespuglio che appiattii con le mani, peggiorando solo la situazione.

Ci trovavamo a Mielandia, il negozio di dolciumi per maghi più fornito di tutta l'Inghilterra.

File di scaffali di caramelle occupavano l'intero negozio, centinaia di tipi diversi di dolciumi divisi per colore e sapore erano sistemati in essi.

Mi guardai attorno meravigliata, avvicinandomi ad un barile pieno di Gelatine Tutti i Gusti +1 e sforzandomi di non gettarmici dentro.

Lupin ridacchiò, un po' sorpreso. “Non sei mai stata da Mielandia? In genere è la prima tappa di qualunque viaggio a Hogsmeade.”

“Troppo affollata per i miei gusti” farfugliai, cercando di chiudere in fretta il discorso. Il terzo anno mi era capitato spesso di passarci davanti e sentire il desiderio di entrare, ma qualcosa me l'aveva sempre impedito. Vedevo i ragazzi all'interno ridere tra loro e pensavo, per qualche stupido motivo, che se fossi entrata tutti si sarebbero accorti del fatto che io ero, invece, completamente da sola.

Dopo un po' di tempo avevo semplicemente cambiato strada.

“Vieni, devi assolutamente assaggiare una Piperilla Nera, le trovi solo qui!” esclamò per poi afferrarmi il polso e trascinarmi verso il fondo del locale.

Passammo almeno due ore nel negozio, assaggiando tutti i tipi di dolci che potevamo. Il proprietario ci seguiva vigile, appuntandosi con attenzione ogni dolcetto che prendevamo, scrutandoci diffidente.

Scoprii che le Piperille, per quanto molto buone, avevano l'effetto collaterale di farti sputare fuoco. Dopo aver quasi incenerito la barba di un commesso, iniziai a ridere istericamente, tenendomi la pancia con le mani, incapace di smettere. Lupin rise con me, insistendo perché ne mangiassi un'altra e sputacchiando fuoco a sua volta.

Fu poi il turno delle Bolle Bollenti, che bruciavano incredibilmente in bocca. Finii per saltellare sul posto per mezz'ora prima di decidermi a sputarla. Topo aver mangiato un Topoghiaccio rifiutai decisa delle Lumache Gelatinose, che avevo già avuto la sfortuna di assaggiare un paio di volte, poi sfidai Lupin a mangiare una Gelatina Tutti i gusti +1 di un invitante color ratto, che si rivelò essere al gusto di cemento. Prima che potesse prendere un fazzoletto per sputarla gli rubai il pacchetto, obbligandolo a inseguirmi per tutto il locale. Alla fine si arrese e la ingoiò, tossendo mentre mi malediceva.

Quando ci ritenemmo soddisfatti Lupin pagò tutto, ignorando i miei tentativi di contribuire almeno in parte; comprò inoltre una busta di Calderotti, che ci mangiammo nella strada di ritorno a Hogwarts.

Passeggiammo lentamente verso il castello, chiacchierando tra noi.

Non menzionammo più la questione “lupesca”, ma ci limitammo ad argomenti più leggeri, concentrandoci sopratutto sulla scuola. Scoprii che entrambi avevamo scelto Babbanologia e Divinazione come materie supplementari, nonostante lui in quest'ultima andasse molto bene mentre io il massimo che riuscivo a fare era leggere l'oroscopo da un giornalino babbano.
Era riuscito ad ottenere tre G.U.F.O. con l'Eccezionale, tra cui Difesa contro le Arti Oscure, nella quale ammise di essere particolarmente bravo anche grazie a tutti gli incantesimi che faceva insieme a Black, Potter e Minus.

Era stato bocciato in Astrologia poiché costretto ad assentarsi più volte al mese e aveva ottenuto solo un Accettabile in Erbologia, materia nella quale anche io ero un disastro. Non riuscivo proprio a capire cosa ci fosse di così affascinante nelle piante, a dirla tutta.

Stavo spiegandogli il disastro che avevo combinato l'ultima volta a incantesimi quando, improvvisamente, sentii qualcosa di bagnato sfiorarmi la mano.

Un enorme cane nero mi stava annusando, scodinzolando contento. Sobbalzai sorpresa, e avrei potuto giurare che il suono che fece l'animale in risposta fosse un sogghigno.

“Felpato!” esclamò Lupin accanto a me. Il cane sollevò il muso verso di lui, poi tornò ad annusarmi la mano, ignorandolo.

“Lo conosci?” domandai, chinandomi ad accarezzare Felpato dietro le orecchie. Non era affatto male, pensai osservandolo. Il pelo nero era lucido e curato, le zampe muscolose e gli occhi... beh, quelli erano piuttosto inquietanti in effetti: sembravano quasi umani.

“E' il cane di un amico” borbottò, guardandolo di traverso. Lo osservai, ancora confusa, ma Lupin non sembrò curarsene, continuando invece a fissare il cane con uno sguardo di pura disapprovazione.

“Non dovremmo riaccompagnarlo a casa?” chiesi incerta.

“Direi che se la può cavare da solo. E' abituato, immagino.” finalmente staccò gli occhi dall'animale “Noi invece dovremmo sbrigarci, o rischieremo di arrivare tardi per la cena”.

Annuii, dando un'ultima pacca sul muso a Felpato, poi raggiunsi Lupin e insieme tornammo a Hogwarts.
Quando arrivammo al portone lo guardai un po' imbarazzata, incerta di quanto avesse effettivamente significato questo pomeriggio. Potevo considerarlo un amico? Un conoscente? Oppure dal momento in cui fossi tornata al mio dormitorio avrei dovuto fingere di non conoscerlo?

“Non è stato un completo disastro alla fine, no?” commentò scherzosamente lui, interrompendo i miei pensieri.

“Se dimentichiamo Black, immagino di no.” ribadii.

“Sì, se dimentichiamo quella parte.” ammise.
“Posso chiederti... perché li frequenti? Potter e Black intendo. Siete così diversi...”
Sembrò soppesare un attimo le parole prima di rispondere. “Immagino sia perché, anche se gli piace fingere che non sia così, alla fine sono le persone migliori che io conosca. Mi sono stati sempre vicini, hanno accettato ogni “parte” di me. Sono stati i primi che non si sono allontanati dopo aver scoperto cosa fossi. Gli devo tanto” si fermò, per poi riprendere a parlare, questa volta con una nota divertita nella voce: “Inoltre sai, non sono così male come sembrano! Un po' troppo orgogliosi di tanto in tanto, e spesso esagerano con gli scherzi, però non si tirerebbero mai indietro se si trattasse di aiutare qualcuno.” concluse.
Nonostante ci fossero delle parti nel discorso in cui avrei volentieri obbiettato, mi ritrovai ad invidiarlo. Degli amici così, immaginai, dovevano essere più unici che rari.

“Vedrai che a Sirius passerà. Anche se non lo ammetterebbe mai, è solo spaventato. La minaccia di Tu-Sai-Chi si fa sempre più presente e lui è costretto a guardare la sua stessa famiglia combattere con lo scopo di distruggere tutte le persone a cui vuole bene.
Loro lo ritengono un traditore del proprio sangue, lo hanno addirittura cacciato di casa. Ora, quando non è qui a Hogwarts, vive a casa dei Potter, i genitori di James.”

Rimasi in silenzio, riflettendo su ciò che mi era appena stato riferito.

Io, nel mio piccolo, non avevo mai davvero sentito la presenza di Tu-Sai-Chi. Per me, egli non era altro che una mera e lontana minaccia. Immaginai cosa dovesse essere, invece, viverci così a stretto contatto, vedere la tua famiglia allearsi con il mago oscuro più potente di tutti i tempi.
Mi resi improvvisamente conto di quanto avessi esagerato la mia situazione, vittimizzandomi, quando in realtà ero piuttosto fortunata.

“Signorina Whincester!” mi chiamò una voce in lontananza.

Mi voltai e vidi il professor Lumacorno, l'insegnante di pozioni, nonché direttore della mia casa, venire a grandi passi verso di me.

“Credo per me sia arrivato il momento di andare” dissi al ragazzo, indicando con un cenno Lumacorno. “Ci vediamo Lupin” lo salutai, avviandomi verso il panciuto professore.

“A presto!” mi urlò dietro “E chiamami Remus!” aggiunse un po' impacciato, dondolandosi sui talloni. Gli risposi con un cenno, sorridendo a mio malgrado.

“Aaah, signorina Whincester, sono felice di averla trovata!” mi accolse caloroso Lumacorno.

Lo guardai dubbiosa, stupita perfino che ricordasse il mio nome. Raramente in classe mi aveva degnata di più di uno sguardo, se non per controllare come andasse la preparazione di una pozione.

“Ho recentemente controllato la pozione che ha preparato per l'ultimo test e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. Ho visto di rado una Soluzione Corroborante così ben riuscita! Aggiungere della polvere di luna al composto per diminuirne l'amarezza è stata davvero un'ottima trovata.” Si schiarì la voce, portando un po' in fuori il petto. “Ho pensato che magari potrebbe interessarle unirsi a un piccolo club fondato da me, una cosuccia tanto per passare il tempo tra amici...” l'occhiata che gli lanciai lo convinse a interrompersi.

“Non credo di essere interessata a niente del genere al momento, grazie” asserii “E la polvere di luna l'ho aggiunta per sbaglio” continuai borbottando, per poi girarmi e lasciarlo lì nel corridoio, un'espressione incredula sul volto.

Mentre avanzavo verso il bagno del secondo piano, mi ritrovai a pensare a Remus. Quel pomeriggio era stato indubbiamente qualcosa di nuovo, ma non di negativo.

Dopo essere uscita dai Tre Manici di Scopa mi ero sentita una stupida ad aver accettato quell'invito: avrei dovuto sapere che non ci sarebbe stato modo di far funzionare una cosa simile. Tuttavia, dopo che Remus mi aveva raggiunta, esso era incredibilmente migliorato. Mi ero divertita come non mi accadeva da tempo; troppo tempo, forse.
Mi ero sentita felice.

Mi ritrassi a quel pensiero, inquieta, senza neanche sapere perché.

Arrivai davanti alla porta del bagno e la spinsi piano, entrando. Chiamai Mirtilla un paio di volte prima che sbucasse dallo scarico di un lavandino, il viso corrucciato.

“Ti ho portato un regalo, proprio come ti avevo promesso!” annunciai contenta, frugando nella borsa, per poi rendermi conto che all'interno non vi era niente. Mi guardai preoccupata ai lati, come se mi fosse in qualche modo potuto cadere senza che me ne accorgessi, quando mi ricordai di averlo poggiato accanto al tavolo... da I Tre Manici di Scopa. Imprecai a bassa voce, portandomi le mani al volto.

Come diamine avevo fatto a dimenticarlo?! Maledetto Black, la colpa era solo sua. Di nuovo.

“Allora?” chiese Mirtilla impaziente. Alzai lentamente la testa verso di lei, il viso contratto in un'espressione colpevole “L'ho... emh... lasciato in camera, solo che ora non ho tempo di … ehm... di tornare, sai, la cena, il coprifuoco.”
“Non ti sei mai fatta troppi problemi con il coprifuoco fino ad oggi.” mi fece notare acida, una smorfia sul volto.

“Si ma, ecco, oggi ci sono un sacco di professori in giro e... beh...” iniziai a balbettare, gesticolando con le mani. “Te lo porto domani, va bene?” chiesi infine, sorridendo debolmente. “Mi sto comportando peggio di un Tassorosso” mugugnai nella mia testa.

“Ti sei dimenticata di comprarlo, non è così?!” mi urlò contro Mirtilla istericamente. Negai in fretta, cercando di calmarla “No, no, giuro che domani te lo porto! Sono sicura ti piacerà!” le assicurai.

“Sarà meglio.” borbottò, prima di sparire nel tubo da cui era arrivata.

Sospirai esasperata, calciando la borsa che mi era scivolata ai piedi. Dovevo assolutamente recuperare il bracciale o avrei potuto scordarmi di passare anche solo dieci minuti in quel bagno per i prossimi sei mesi; quando voleva Mirtilla sapeva davvero renderti la vita impossibile.

  
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