Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
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Autore: Clarrie Chase    14/05/2013    1 recensioni
Dal 4° capitolo:
« Perché ti comporti da bambina?? », le gridò contro, ormai privo di pazienza.
« Perché non so nemmeno il tuo nome, e questo non è giusto perché tu sai il mio! » gridò altrettanto forte lei, scendendo dal tavolo. « Mikan… io ti ho già detto il mio nome. » mormorò lui, stupito.
« Che cosa? Non è vero! » negò lei, spaventata. Il ragazzo si fece serio: « Come sei finita dentro stavolta? », le chiese nuovamente.
Mikan iniziò a piangere: « Io… non me lo ricordo. »
SPOILER ALERT!
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ecco il nuovo capitolo ^^ Spero sinceramente che sia il più lungo che scriverò, perchè la stesura è stata estenuante xD Okay... Vi lascio alla lettura ^^ E se lasciate una recensione, ve ne sarò grata e sicuramente aggiornerò prima ^^ 

***


Somebody made you cold
But the cycle ends right now
Cause you can’t lead me down that road
And you don’t know, what you don’t know
 
 
Il primo viaggio in aereo per Natsume era andato parecchio meglio di quello di Ruka, che aveva attraversato un ora e mezzo di turbolenza sorvolando il mare; ora, i due attendevano l’arrivo di Hotaru, seduti sulle confortevoli poltroncine riservate a coloro che aspettavano i voli.
« Credo di avere lo stomaco in gola. » mormorò Ruka, mentre il viso gli si colorava di una strana sfumatura di viola. Natsume, seduto di fianco a lui, gli mise una mano dietro la nuca e gli spinse la testa tra le ginocchia. « Rimani così per un po’. » gli suggerì il ragazzo dagli occhi rossi, vagamente divertito ed altrettanto preoccupato.
« Non ti scoraggia niente, eh, Natsume? » domandò Ruka, prima di chiudere la bocca con un verso gutturale. Natsume scosse la testa allegro, e si sistemò più comodamente sulla poltroncina: « Non parlare. ». « Devo alzarmi, non voglio che Hotaru mi veda in queste condizioni… »
Mormorò sconsolato il ragazzo, prima di tapparsi la bocca con entrambe le mani.
« Hotaru non si impressionerà, lo sai. Non la impressiona niente. » disse con disinvoltura, la mente già rivolta altrove. L’altoparlante si attivò mentre Ruka stava per protestare, coprendo la sua voce: « Il volo 375 è in arrivo. »
Natsume balzò su dalla poltroncina e si stiracchiò pigramente; lanciò uno sguardo all’amico, ancora con la testa fra le ginocchia e sorrise incoraggiante: « Forza Romeo, Miss Due di picche sta arrivando. ». Ruka alzò lo sguardo solo per lanciargli un occhiataccia, pentendosene subito dopo.
« Dov’è il bagno? » borbottò, offeso. Natsume si guardò intorno, cercando l’indicazione per il bagno sulla segnaletica sparsa in aeroporto. « Non lo so. Non si capisce niente, questo posto è un labirinto. » commentò, sbuffando. « Vado a cercarlo. » lo avvisò Ruka, alzandosi e dirigendosi in una direzione a caso.
 
***
 
Venne fuori che Ruka aveva un intossicazione alimentare dovuta al sushi che aveva mangiato in aereo; Hotaru, una volta arrivata, non perse tempo né si fece scrupoli per la salute del fidanzato, trascinando i due in un taxi che li stava aspettando appena fuori dall’aeroporto.
Scesero in un quartiere residenziale ai piedi di una costruzione moderna, in marmo bianco, che aveva un che di solenne, circondata da un immenso giardino verde.
Hotaru pagò in contanti il tassista, che si offrì di portar loro le valigie fino al loro nuovo appartamento e poi se ne andò.
« Ripetimi per quale motivo devo vivere con voi. » chiese per l’ennesima volta Natsume, dando un’occhiata alla grande sala d’ingresso del loro nuovo appartamento.
Hotaru era troppo impegnata a disfare la sua valigia nella sua stanza – quella con la finestra più grande – per rispondere all’amico. Ruka si era fermato in sala, invece, ad ammirare il fantastico schermo piatto che impegnava il muro principale del salone. « Oh, non farti convincere in questo modo. » disse sconsolato Natsume, resosi conto dello sguardo ammaliato che l’amico riservava al maxi schermo.
« C-certo. », lo rassicurò il biondino, distogliendo lo sguardo da quel favoloso parto della tecnologia moderna. In quel momento la porta della stanza di Hotaru si aprì, e lei venne fuori con un corto asciugamano che avvolgeva a mala pena le sue grazie e delle strane –stranissime – ciabbatte rosa a forma di coniglio. Così com’era apparsa, scomparve dietro quella che doveva essere la porta del bagno.
« Io me ne vado. » comunciò Natsume scuotendo la testa scandalizzato e alzando le mani in segno di resa, mentre afferrava la sua valigia e si dirigeva nuovamente verso la porta d’ingresso. Ruka era ancora più scandalizzato di Natsume e non riusciva a trovare le parole, così giunse la voce di Hotaru, ovattata dal suono dello scroscio dell’acqua nella doccia.
« Non andrai da nessuna parte. Hai idea di quanto costano gli  affitti a Tokyo? Non avete nemmeno un lavoro. ».
Non che Natsume non ci avesse mai pensato, ma quelle parole lo riscossero dal suo proposito. « Come hai intenzione di pagare questo appartamento? » chiese incredulo, cercando di contare a mena dito i metri quadrati di ciascuna stanza. La testa di Hotaru fece capolino dalla soglia, avvolta da un asciugamano bianco che le dava un’aria buffa. « Vi ho già fissato dei colloqui, presto andrete in contro al vostro futuro lavorativo! »
Natsume inarcò un sopracciglio e guardò scettico verso Ruka, che nel frattempo si era steso sul divani stringendosi le braccia intorno alla pancia con aria dolorante.
« Come sarebbe a dire? Che tipo di colloqui? », chiese il ragazzo dagli occhi rossi, infastidito.
« Ruka andrà a parlare in un ambulatorio veterinario, per te ho contattato un Agenzia di Taxi. »
Prima che Natsume potesse ribattere, la ragazza si chiuse la porta alle spalle con grazia.
« Un agenzia di Taxi. », ripeté lentamente, cercando di capire il senso di quelle parole, ma soprattutto di quell’azione.
Com’era venuto in mente ad Hotaru che lui potesse mai voler guidare un taxi come lavoro? Per l’amore del cielo, non aveva neanche la patente!
 
***
 
Le ricerche iniziarono la mattina dopo: Hotaru aveva stillato una lista di tutte le Mikan Sakura di 23 anni che si trovavano a Tokyo, escludendo quelle di colore, con problemi di droga, alcool e affini, quelle in prigione, quelle sposate e quelle divorziate.
Dopo ciò, la lista era stata divisa per quartieri: Natsume sapeva che Tokyo era una grande città, ma non si era mai reso conto di quanto lo fosse in realtà. Era un casino: più di trecento quartieri solamente nei dintorni del loro appartamento. E meno male che avevano iniziato la ricerca da lì!
I mezzi pubblici costavano un occhio della testa.
La prima Mikan Sakura della sua lista aveva - ovviamente – 23 anni e lavorava in un Discount nella zona industriale poco lontano dal suo quartiere. Natsume era esattamente fuori dal Discount, quasi paralizzato dalla possibilità concreta di incontrare Mikan. Che cosa le avrebbe detto?
Senza pensarci troppo – non sapendo cosa pensare in realtà – Natsume entrò nel Discount: l’aria condizionata lo colse di sorpresa all’ingresso, facendolo rabbrividire dal freddo. Passò di fianco alle casse dando uno sguardo alle cassiere: una donna sulla 40ina, una ragazza di colore all’incirca della sua età, ed un ragazzo altrettanto giovane. Cercò di reprimere la delusione che provava – aveva già messo in conto l’altissima probabilità di non trovare Mikan al primo tentativo.
Comunque, non aveva ancora visto tutti i commessi di quel Discount, così, con rinnovata fiducia, prese a girare tra i vari scaffali: incontro altri due commessi, entrambi uomini, che aggiustavano alcune confezioni di farina su dei ripiani. Arrivò al bancone dei salumi, ma non c’era nessuno: gli impiegati erano nel retro, Natsume si sporse appena un po’ per dare un’occhiata dalla finestrina rotonda sulla porta. Colse indistintamente un groviglio di braccia, spalle e capelli, sentì una risata del tutto femminile. Senza accorgersene, il ragazzo si ritrovò a trattenere il respiro: proprio in quel momento il tremore che aveva nel petto si spense in un respiro, quando una ragazza emerse dall’abbraccio e vedendolo da oltre lo specchietto corse fuori per servirlo.
« Salve, cosa desidera? » chiese imbarazzata, con le guance rosse e gli occhi lucidi. Aveva capelli biondi cortissimi e dei vivaci occhi castani. Le spalle di Natsume si rilassarono:anche se la targhetta posta sul suo grembiule portava il nome  “Mikan Sakura”, quella ragazza non era la sua Mikan.
Una volta uscito dal discount con un etto di mortadella – che nemmeno aveva mai assaggiato – depennò dalla lista il nome di quel primo fiasco.
 
***
 
Hotaru e Ruka non furono più fortunati di Natsume, quel primo giorno di ricerca; nonostante ciò, furono i primi a tornare a casa. Soli, dopo due settimane di distanza, si lasciarono a piccoli accenni di coccole, accortezze che davanti a Natsume – ma anche di fronte a chiunque altro – tenevano nascoste.
« Mi sei mancata tanto. » le sussurrò il ragazzo all’orecchio, mentre guardavano un film sul divano, abbracciati.
« Natsume non è ancora tornato. » ribatté invece Hotaru, tenendo gli occhi fissi sullo schermo.
Ruka trattenne un sospiro: « Sono solo le undici. E poi, non siamo i suoi genitori. »
« La nostra casa non è un albergo! » esclamò Hotaru contrariata, incontrando gli occhi tristi di Ruka per un solo istante, prima di distogliere nuovamente lo sguardo.
« Beh, la nostra casa non è casa nostra. E’ anche casa di Natsume. », affermò il ragazzo, imitando il tono indifferente di lei.
Prima che Hotaru potesse rispondere, la serratura della porta scattò e Natsume entrò in casa a testa basse, senza fare troppo rumore: quasi cadde all’indietro, nell’intravedere i profili dei volti dei due ragazzi seduti sul divano rivolti verso di lui.
« Dove sei stato? E’ tardi. », chiese Ruka, dando un’occhiata al suo orologio da polso. Natsume fece spallucce: « Una delle ragazze della mia lista, oggi aveva il turno di notte nella farmacia in Borgo Novo. Non era lei. Sono sfinito, vado a letto. Buonanotte. » disse, defilandosi nella sua stanza.
Quando i due sul divano sentirono la serratura della stanza di Natsume scattare, Hotaru si voltò verso Ruka e gli fece il verso, scocciata: « “Sono appena le undici, non siamo i suoi genitori.” ».
Ruka si alzò dal divano bruscamente, infastidito. « Sono preoccupato per lui. », disse, indietreggiando verso il corridoio. La giacca nera di Natsume, giaceva malamente abbandonata per terra, probabilmente era scivolata dall’appendiabiti. Ruka la raccolse e la rimise al suo posto, e nel farlo notò un foglio bianco, la lista, scivolare nuovamente sul pavimento. La raccolse, e nel leggerla rimase parecchio sorpreso. « Ha finito la lista. » affermò incredulo, a bassa voce.
Hotaru si voltò a guardarlo dal divano, senza alzarsi. « Non mi aspettavo niente di diverso, da lui. In effetti, la sua lista era anche più lunga della nostra, così da compensare il nostro lavoro mancato. ». Ruka rimise la lista nella tasca della giacca e indicò Hotaru con indice accusatore: « Lo hai fatto di proposito? Non capisco. Credevo volessi trovare Mikan prima di tutti noi. »
Hotaru abbandonò la testa sulla spalliera del divano, fissando il soffitto candido: « L’importante è trovarla. ».
« Ma tu eri la sua migliore amica. » insistette Ruka, senza capire. La ragazza dai capelli neri non negò, ma quando aprì nuovamente bocca le sue parole sembravano stanche: « Mikan credeva che Natsume fosse morto, Ruka. Se n’è andata via prima che io riuscissi a riportarlo indietro. In un certo senso, non ho mantenuto la promessa che le ho fatto. Per questo, credo di doverglielo. Deve vedere prima Natsume. Deve vederlo prima di vedere tutti noi. Solo così, potrà ricordare e perdonarmi. »
« Ma Mikan era sicura che tu ce l’avresti fatta, Hotaru. Io ero con lei, il giorno in cui l’hanno portata via dall’Accademia, e lei credeva fermamente che tu avresti riportato indietro Natsume. »
Ribattè il biondino, incredibilmente dispiaciuto. Hotaru era così convinta, a volte era proprio impossibile farle cambiare idea. Era sempre troppo severa con se stessa, anche quando si trattava del suo stesso Alice.
 
***
 
La mattina dopo, Natsume si svegliò tardi: erano le 11 e nell’appartamento non c’era nessuno. Probabilmente, Hotaru e Ruka si erano svegliati prima ed erano già usciti per continuare le ricerche. Si sentiva incredibilmente strano, come se le ore che aveva trascorso dormendo gli fossero state del tutto inutili. Entrò in bagno, e guardandosi allo specchio quasi si spaventò: aveva il volto stravolto. Uscì dalla doccia poco dopo, e dopo essersi rivestito, finalmente era pronto. Hotaru aveva lasciato la sua lista per quella giornata sul tavolo della cucina, all’ingresso. Il ragazzo se la infilò in tasca, lasciando sul tavolo la lista vecchia, e si diresse all’ingresso per uscire.
Quella mattina, così come quel pomeriggio, non produssero risultati, esattamente come le ricerche di Ruka e Hotaru.
« Non dobbiamo perderci d’animo », stava dicendo il ragazzo dai capelli biondi due settimane dopo, seduto al tavolo di fronte a un Natsume ormai caffeinomane  e ad un Hotaru incredibilmente scoraggiata. « Basta allargare le ricerche. Il Giappone è pieno di grandi città. Mikan è lì fuori, da qualche parte. ». Anche se i due non avevano l’aria di stare ascoltando, Hotaru rispose a voce bassa, coprendosi gli occhi con le mani. « Potrebbe non essere più in Giappone. »
Natsume gemette frustrato, e scalciò allontanandosi con la sedia dal tavolo.
« Potrebbe essere ovunque. ». Ruka non ne poteva più di quella tensione: anche lui voleva trovare Mikan, ed era motivato allo stesso modo dei suoi amici, eppure non perdeva la speranza di ritrovarla. Natsume e Hotaru, invece, sembravano quasi rassegnati.
 Natsume in particolare, era sfinito. Aveva passato più tempo a cercare Mikan di lui e Hotaru messi insieme, e tutto questo inutilmente. In più, aveva smesso di dormire e il suo amico non ricordava più l’ultima volta che lo aveva visto consumare un pasto decente. Anzi, lo ricordava bene: in Accademia, il giorno prima della cerimonia di laurea.
Ruka poteva capire bene la delusione che provava. Anche Hotaru era visibilmente provata.
Natsume si alzò dalla sedia con tanta violenza da far tremare il pavimento, iniziò a girare intorno al tavolo come un lupo affamato. Hotaru sembrava sull’orlo delle lacrime, e Ruka non sapeva come consolarla in presenza di Natsume.
« D’accordo. », disse all’improvviso Hotaru, strofinandosi gli occhi con ritrovata determinazione. Ruka si sporse verso di lei, sorpreso, e Natsume si fermò nel mezzo della stanza, guardandoli. « Fate le valigie. Domani ce ne andiamo. Ci rivediamo di nuovo la prossima settimana, a Kyoto. », affermò la ragazza, incrociando le braccia al petto.
« Che cosa?? Ma domani io e Natsume abbiamo i colloqui di lavoro. » obiettò debolmente Ruka, accigliandosi. « Lo so che ci tenevi a lavorare in un ambulatorio, ma dobbiamo trovare Mikan. »
Mormorò Hotaru con gli occhi chiusi, massaggiandosi le tempie con le dita. « Non è per il lavoro, Hotaru. Le ricerche a Tokyo non sono ancora finite. Mikan potrebbe essere qui. Dobbiamo allargare il campo d’indagine e sono sicuro che… »
« Di cosa sei sicuro?? », lo interruppe la ragazza, battendo un pugno sul tavolo. « Mikan non è qui, me lo sento. », affermò lei sconsolata, le mani tremanti.
Natsume sospirò rumorosamente, stressato: « Piano, Hotaru. » disse, con voce impassibile: « Ruka ha ragione. Dobbiamo restare qui, almeno finchè non avremo terminato la lista. »
Il suo tono non ammetteva repliche, era di nuovo l’abile stratega delle Abilità Pericolose tra le mani di Persona. Nel guardarlo nei suoi occhi rossi, incredibilmente freddi per la prima volta dopo anni, l’amico rabbrividì: frustrato, Natsume tirò un calcio al tavolino su cui erano soliti lasciare le chiavi.
Una grande busta gialla cadde giù dal tavolo, facendo un paio di giravolte.
Natsume la raccolse da terra: « E’ vostra? », chiese agli amici seduti al tavolo, mostrandogliela.
Non c’era scritto niente, nessun nome e neppure l’indirizzo. Non c’era neanche un francobollo.
Hotaru e Ruka scossero la testa all’unisono, indicandosi l’un l’altro: « E’ lì da una settimana, almeno. Credevo fosse vostra: siete così disordinati! » disse Hotaru, facendo spallucce.
Natsume sbuffò, imbarazzato: « Io sono stato a casa così poco tempo che non avevo mai visto questa busta. » disse, stizzito. Ruka alzò gli occhi al cielo, vedendo quelli dei suoi amici puntati contro di lui: « Non sapevo di chi fosse e non l’ho mai chiesto, d’accordo? » sbottò esasperato.
Natsume e Hotaru si lanciarono uno sguardo d’intesa, e il ragazzo tornò a sedersi al tavolo con i suoi amici, posando al centro la busta gialla e aprendola lentamente: fece scivolare il suo contenuto sulla liscia superficie in legno. Dentro, c’erano fogli e foto: il primo foglio, era giallo ed estremamente fino. Ruka lesse: « E’… un certificato di incarcerazione? » domandò, stranito, cercando conferma negli occhi confusi di Natsume, seduto davanti a lui. « Che cosa? » domandò Hotaru, l’incredulità ben visibile sul suo viso: allungò la mano per prendere il foglio dal tavolo, scoprendo una foto agghiacciante. Una ragazza giovanissima, i capelli arruffati intorno al visto, gli occhi lucidi e il viso macchiato di mascara sugli zigomi. La foto la ritraeva a mezzo busto, e tra le mani reggeva un cartello con un numero sopra. Gli occhi castani di Mikan li guardavano da quella foto, la sua espressione era a metà tra la vergogna più pura e la disperazione più nera.
« Che diamine significa questo? » ringhiò Natsume, il petto che gli si alzava e gli si abbassava velocemente, in iperventilazione. Hotaru tirò via quella foto per scrutarla da più vicino: era davvero Mikan? Ruka si sporse verso di lei per poter guardare anche lui quella foto tanto strana.
« E’ lei. », disse il biondino incredulo, scuotendo la testa. « Che cosa le è accaduto? » chiese Hotaru, spaventata. Natsume prese il foglio sotto la foto: era un certificato di scarcerazione.
« La custodia della signorina Akari Miho viene affidata al centro di tossico dipendenza del Tokyo Hospital. » lesse a voce bassa il ragazzo, passando il documento a Ruka.
« Mi sento male. » annunciò Hotaru, allontanando la sedia dal tavolo con uno scatto improvviso. Ruka le prese la mano, ma con l’altra continuò a scorrere i documenti sul tavolo: altre foto, par lo più parti del corpo. Segni di morsi sulle spalle, lividi sulla schiena, i segni violacei di più siringhe sulle braccia. Ancora, nuove foto di Mikan, il suo volto da bambina appena riconoscibile sotto fitti strati di tristezza e dolore: altri documenti, varie riabilitazioni, cartelle cliniche a non finire.  
Nonostante Natsume sentisse il suo corpo che si ribellava a quella vista, tenne gli occhi fissi sui fogli sul tavolo, scrutandoli uno per uno, finchè non gli capitarono tra le mani due fogli uniti da una graffetta: il primo era giallo e molto fino, scritto a macchina: « 1 Gennaio 2010. Akari Miho. 19 anni. Suicidio. » lesse a tratti, come se quelle parole insieme non avessero alcun senso. Dietro il primo foglio, una foto: una giovane ragazza stesa innaturalmente sul tetto di un’auto, il volto circondato dai capelli scuri e il corpo pieno di tagli e pezzi di vetro. A giudicare da come era accartocciata l’auto sotto di lei, doveva essere caduta da un’altezza indicibile. Doveva essersibuttata da un’altezza indicibile. Mikan.
« No. No… Nonononononono! »
Natsume si alzò nuovamente dalla sedia, le mani sulla testa che gli doleva e gli girava.
Prese a tirare calci al muro, e poi le gambe non lo ressero più e cadde in ginocchio, con un tonfo.
Ruka era pietrificato sulla sedia, sembrava quasi avesse smesso di respirare. Hotaru, invece, si riscosse nel notare l’ultima foto della risma.
Mikan era ritratta al centro di un mirino, mentre addentava con voracità una ciambella, seduta al tavolo di un bar su una terrazza da cui si vedeva la torre di Tokyo. Portava i capelli sciolti ad incorniciarle il volto roseo e appena un po’ abbronzato; guardava verso il basso, con la stessa espressione che aveva quando da bambina non riusciva a risolvere un complesso problema di geometria.
« Guardate qui. ». La foto era datata a quattro settimane prima.
 
 

Qualcuno ti ha reso così freddo
Ma il ciclo si conclude ora
Perchè tu non puoi condurmi su questa strada
E tu non sai, quello che non sai…

   
 
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